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Autore: eos75    06/07/2007    6 recensioni
Ricordi di scuola tornano prepotenti nella vita dell' SGGK, portando un con loro malinconia e una dolce sensazione, come se niente sia ancora perduto per quel cuore chiuso a doppia mandata che si ritrova nel petto. Troverà la donna in possesso della chiave giusta per aprirlo? Forse lo aiuterà un vecchio libro...
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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epilogo

La luce abbagliante del sole inondava la pista candida, entrando a fiotti dalle grandi vetrate dalle quali si ammirava l’azzurro brillante del cielo autunnale sopra Monaco.
Piccole schegge schizzarono dal ghiaccio quando le lame lo percossero dopo il salto e una cicatrice sottile lo segnò quando il giovane atleta tagliò la pista, eseguendo un angelo perfetto.
Occhi castani seguivano l’esercizio, attenti, severi ed anche, in fondo, un po’ preoccupati. Un sospiro spazientito sfuggì dalle labbra quando la ricezione da un salto non fu perfetta, l’equilibrio ristabilito a fatica, ed una piccola smorfia scompose il  volto bambino.
Un’ultima sequenza di passi ed un’ultima trottola, velocissima. I capelli quasi neri, un po’ lunghi, si appiccicarono al viso ed un sorriso soddisfatto siglò la fine dell’esercizio. Negli occhi scuri, dal taglio morbido orientale, un lampo furbo.
“Hiroshi! Vorresti fare un po’ più di attenzione quando sei in aria e concentrarti di più sul salto? Dove eri con la testa, si può sapere?”
Il ragazzino si mise una mano tra i capelli, dietro la nuca, e strizzando gli occhi fece una boccaccia, ridendo  “Scusa, mamma, hai ragione!”
Un sospiro spazientito ed una scollata di capo nascosero il sorriso compiaciuto della donna.
La disciplina prima di tutto.
“Riprova la parte tra le trottole basse, e questa volta concentrati!”
“Sissignora!”  rispose, mimando uno scherzoso salto militare, guardato con occhio di finto rimprovero.
Una trottola bassa.
Un salto.
L’angelo.
Un altro salto.
Si sentì cingere da dietro, un bacio caldo le sfiorò il collo e le diede un brivido nella schiena.
“Con l’agilità e la potenza che ha nei salti, sarebbe stato un ottimo portiere… Penso che potrei chiedere il divorzio, per questo!”
Si voltò di scatto, cercando di divincolarsi, indispettita da quell’affermazione, ma la stretta si fece più salda e non potè altro che farsi avvolgere dal profumo caldo e dallo sguardo scuro dell’uomo, che la osservava maliziosamente con un sorrisetto ironico stampato sulle labbra.
“Mi sembra  ci sia in circolazione un altro piccolo Wakabayashi che potrebbe diventare un ottimo portiere, magari superando il padre…”  replicò tagliente, gli occhi da cerbiatto stretti a fessura ed un’espressione furba sul viso.
Non terminò la frase, zittita da un morbido bacio che, ancora una volta, le tolse il respiro.
No, non ci si sarebbe mai abituata…
Quando la liberò, rimase un istante a guardarla da vicino, lasciando che si riprendesse un attimo e poi di nuovo riattaccò quel gioco cominciato poco più di otto anni prima  “Anche il secondo piccolo Wakabayashi, ti ricordo, è stato messo sui pattini non meno di sei mesi fa…”  insistè, scherzoso.
Per tutta risposta ricevette un bacio sulla guancia ed un sorriso dolce  “Ed ha anche ricevuto un pallone appena nato, se ti ricordi…”
L’SGGK sospirò vinto,  scuotendo il capo con gli occhi rivolti al cielo.
Fece per controbattere  ma un tonfo sulla pista catalizzò la loro attenzione, facendoli voltare di scatto.
“Hiroshi! Pensa a quello che fai!”  non era facile essere l’istruttrice di suo figlio, pensò…
Il ragazzino, seduto su ghiaccio, fece spallucce, sconsolato e ripetè uno “Scusa mamma” sospirante, cercando sostegno nel padre, che per tutta risposta gli fece cenno col capo di ricominciare l’esercizio.
I due sorrisero, vedendo il giovane atleta ripetere daccapo le figure eseguendole perfettamente, ed in fine fermarsi al centro della pista, rivolgendo loro una strizzata d’occhio sbarazzina.
Si sentì stringere di nuovo mentre un bacio le veniva posato sui capelli “Sei un’ottima maestra…”  le disse, carezzando il collo con il fiato e dandole di nuovo un brivido. Era orgoglioso di lei. E di quel ragazzino che ora correva allegro sul ghiaccio rincorrendo e facendosi rincorrere dagli amici.
Lei si lasciò affondare tra le sue braccia, carezzandole piano con amore, reclinando il capo all’indietro, appoggiandolo al suo torace e respirando ancora il suo profumo.
Avrebbe potuto rimanere in quella posizione per ore, ma la voce squillante del figlio la riportò alla realtà.
“Mamma! C’è una signora che ha bisogno di parlarti!”  gridò trafelato e sorridente, quasi sbattendo contro la balaustra, ed indicando una donna dall’altra parte del palazzetto.
Fece per sciogliersi svogliatamente dal caldo abbraccio del portiere, che le diede un ultimo bacio leggero sul capo prima di lasciarla andare, e cercò con lo sguardo la persona a cui si riferiva il piccolo atleta, già peraltro tornato a giocare in mezzo al ghiaccio.
Rimase senza fiato, e per un istante si aggrappò al bordo pista.
“Vado io…” la voce baritonale dell’uomo risuonò fredda e micidiale.
“No.”  si voltò di scatto, posandogli un rapido bacio sulle labbra e richiamando l’attenzione degli occhi scuri su di se, sorridendo tranquillizzante  “Ci penso io.”
Tirò un sospiro e si diresse con passo deciso all’ingresso della struttura.
Era sempre bellissima, eppure, man mano che le si avvicinava, potè notare che era visibilmente invecchiata.
Al suo fianco, una bimbetta di circa cinque anni, biondissima e con profondi occhi azzurri.
“Lena…”
“Angela…”
Rimasero un attimo a guardarsi, in silenzio, poi una vocina dal basso le riportò al presente.
“Mamma…”
La donna si riscosse, si chinò accanto alla figlia, rivolgendole un sorriso dolcissimo.
“Com’è cambiata…”  pensò Lena in un lampo.
“Greta, questa signora sarà la tua maestra…”
Al momento non comprese, soprappensiero com’era, ma non appena afferrò il significato di quelle parole, sgranò gli occhi, restando di stucco.
“Ma?... Io? Tu sei benissimo in grado…”
L’altra scosse il capo, rialzandosi  “Ho saputo che sei diventata un’ottima istruttrice. E voglio il meglio per mia figlia.”
Senza volere, a quelle parole  fece correre lo sguardo alla mano sinistra dell’ antica rivale, che se ne accorse e sorrise triste  “No, Lukas non mi ha sposata, alla fine… Ho tentato di tenerlo legato a me, in qualunque modo… Greta è l’unica cosa che mi rimane di lui…”  stava evidentemente trattenendo le lacrime.
Nakazawa le aveva accennato qualcosa, ma lei non aveva voluto sapere nulla. Erano cose che riguardavano un passato col quale aveva chiuso per sempre.
Angela rialzò lo sguardo, sorridendo sincera  “Sei stata fortunata… Hai colto ciò che avevo gettato ai rovi e il vostro è un matrimonio bellissimo, ho saputo.”
Rivolsero entrambe lo sguardo alla pista: il giovane pattinatore aveva costretto padre e fratello minore a scendere sul ghiaccio ed i tre scivolavano piano vicini al bordo.
“Portiamo in pista la nostra piccola allieva?”  Lena sorrise, allungando una mano allegramente verso la piccola.
Angela non gli si avvicinò. Seguì la lezione della figlia, evitando accuratamente lo sguardo del portiere, che rimase dalla parte opposta del palazzetto.
Dopo circa un’ora, Lena le riportò la bimba, stanchissima ma entusiasta, le gote candide arrossate e gli occhi luccicanti  “Mamma, dobbiamo proprio andare?”  supplicò.
Le due donne si guardarono sorridendo, poi la madre rispose  “La lezione è finita, Greta. Torneremo dopodomani…”
Negli occhi della piccola, una tenera disperazione, e Lena venne in soccorso  “Beh... visto che Erik non ha ancora aperto al pubblico e che Hiroshi sembra non voler uscire di qui, ti va di giocare un po’ con lui?” disse, facendole l’occhiolino.
Il ragazzino accolse volentieri la nuova “allieva”, mentre il fratellino tirava un sospiro di sollievo uscendo dalla pista per andare a saltare al collo del padre.
“Lena…”
“Si?” si volse, sorridendole.
“Vorrei chiedergli scusa… davvero…” negli occhi azzurri lesse un sincero dispiacere e la lasciò fare.
Non volle sapere cosa si dissero.
Vide solo l’espressione serena sul volto del suo ex capo mentre recuperava finalmente la figlioletta dal ghiaccio uscendo dal palazzetto ed i tratti del viso dell’adorato marito che si distendevano.
“Hiroshi! Ce ne andiamo?!”
“Si mamma! Ancora un attimo…”  e schizzò via.
Passò un braccio attorno alla vita del suo uomo, scuotendo il capo “Mi ricorda qualcuno... ai tempi delle medie… Qualcuno che non usciva mai dal campo da calcio se non a tarda sera…”
Lo sentì sorridere e stringerla con delicatezza.
“Papà...”  un vocina annoiata lo richiamò all’ordine  “Quando mio fratello si decide ad uscire di qui, andiamo a fare una partita?”
“Certo, Shiro, anche prima, direi!”  rispose, rivolgendo un sorrisetto malizioso alla consorte, la quale aveva affondato il viso nella sua spalla, soffocando una risata.
“Ok”  disse, sfiorandogli le labbra con un bacio  “Con questa siamo pari!”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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