La luce abbagliante del sole inondava la pista candida,
entrando a fiotti dalle grandi vetrate dalle quali si ammirava l’azzurro
brillante del cielo autunnale sopra Monaco.
Piccole schegge schizzarono dal
ghiaccio quando le lame lo percossero dopo il salto e una cicatrice sottile lo
segnò quando il giovane atleta tagliò la pista, eseguendo un angelo
perfetto.
Occhi castani seguivano l’esercizio, attenti, severi ed anche, in
fondo, un po’ preoccupati. Un sospiro spazientito sfuggì dalle labbra quando la
ricezione da un salto non fu perfetta, l’equilibrio ristabilito a fatica, ed una
piccola smorfia scompose il volto bambino.
Un’ultima sequenza di passi
ed un’ultima trottola, velocissima. I capelli quasi neri, un po’ lunghi, si
appiccicarono al viso ed un sorriso soddisfatto siglò la fine dell’esercizio.
Negli occhi scuri, dal taglio morbido orientale, un lampo furbo.
“Hiroshi!
Vorresti fare un po’ più di attenzione quando sei in aria e concentrarti di più
sul salto? Dove eri con la testa, si può sapere?”
Il ragazzino si mise una
mano tra i capelli, dietro la nuca, e strizzando gli occhi fece una boccaccia,
ridendo “Scusa, mamma, hai ragione!”
Un sospiro spazientito ed una
scollata di capo nascosero il sorriso compiaciuto della donna.
La disciplina
prima di tutto.
“Riprova la parte tra le trottole basse, e questa volta
concentrati!”
“Sissignora!” rispose, mimando uno scherzoso salto
militare, guardato con occhio di finto rimprovero.
Una trottola bassa.
Un
salto.
L’angelo.
Un altro salto.
Si sentì cingere da dietro, un bacio
caldo le sfiorò il collo e le diede un brivido nella schiena.
“Con l’agilità
e la potenza che ha nei salti, sarebbe stato un ottimo portiere… Penso che
potrei chiedere il divorzio, per questo!”
Si voltò di scatto, cercando di
divincolarsi, indispettita da quell’affermazione, ma la stretta si fece più
salda e non potè altro che farsi avvolgere dal profumo caldo e dallo sguardo
scuro dell’uomo, che la osservava maliziosamente con un sorrisetto ironico
stampato sulle labbra.
“Mi sembra ci sia in circolazione un altro
piccolo Wakabayashi che potrebbe diventare un ottimo portiere, magari superando
il padre…” replicò tagliente, gli occhi da cerbiatto stretti a fessura ed
un’espressione furba sul viso.
Non terminò la frase, zittita da un morbido
bacio che, ancora una volta, le tolse il respiro.
No, non ci si sarebbe mai
abituata…
Quando la liberò, rimase un istante a guardarla da vicino,
lasciando che si riprendesse un attimo e poi di nuovo riattaccò quel gioco
cominciato poco più di otto anni prima “Anche il secondo piccolo
Wakabayashi, ti ricordo, è stato messo sui pattini non meno di sei mesi
fa…” insistè, scherzoso.
Per tutta risposta ricevette un bacio sulla
guancia ed un sorriso dolce “Ed ha anche ricevuto un pallone appena nato,
se ti ricordi…”
L’SGGK sospirò vinto, scuotendo il capo con gli
occhi rivolti al cielo.
Fece per controbattere ma un tonfo sulla pista
catalizzò la loro attenzione, facendoli voltare di scatto.
“Hiroshi! Pensa a
quello che fai!” non era facile essere l’istruttrice di suo figlio,
pensò…
Il ragazzino, seduto su ghiaccio, fece spallucce, sconsolato e ripetè
uno “Scusa mamma” sospirante, cercando sostegno nel padre, che per tutta
risposta gli fece cenno col capo di ricominciare l’esercizio.
I due
sorrisero, vedendo il giovane atleta ripetere daccapo le figure eseguendole
perfettamente, ed in fine fermarsi al centro della pista, rivolgendo loro una
strizzata d’occhio sbarazzina.
Si sentì stringere di nuovo mentre un bacio
le veniva posato sui capelli “Sei un’ottima maestra…” le disse, carezzando il
collo con il fiato e dandole di nuovo un brivido. Era orgoglioso di lei. E di
quel ragazzino che ora correva allegro sul ghiaccio rincorrendo e facendosi
rincorrere dagli amici.
Lei si lasciò affondare tra le sue braccia,
carezzandole piano con amore, reclinando il capo all’indietro, appoggiandolo al
suo torace e respirando ancora il suo profumo.
Avrebbe potuto rimanere in
quella posizione per ore, ma la voce squillante del figlio la riportò alla
realtà.
“Mamma! C’è una signora che ha bisogno di parlarti!” gridò
trafelato e sorridente, quasi sbattendo contro la balaustra, ed indicando una
donna dall’altra parte del palazzetto.
Fece per
sciogliersi svogliatamente dal caldo abbraccio del portiere, che le diede un
ultimo bacio leggero sul
capo prima di lasciarla andare, e cercò con lo sguardo la persona a cui
si riferiva il piccolo atleta, già peraltro tornato a giocare in mezzo al
ghiaccio.
Rimase senza fiato, e per un istante si aggrappò al bordo
pista.
“Vado io…” la voce baritonale dell’uomo risuonò fredda e
micidiale.
“No.” si voltò di scatto, posandogli un rapido bacio sulle
labbra e richiamando l’attenzione degli occhi scuri su di se, sorridendo
tranquillizzante “Ci penso io.”
Tirò un sospiro e si diresse con passo
deciso all’ingresso della struttura.
Era sempre bellissima, eppure, man mano
che le si avvicinava, potè notare che era visibilmente invecchiata.
Al suo
fianco, una bimbetta di circa cinque anni, biondissima e con profondi occhi
azzurri.
“Lena…”
“Angela…”
Rimasero un attimo a guardarsi, in
silenzio, poi una vocina dal basso le riportò al presente.
“Mamma…”
La
donna si riscosse, si chinò accanto alla figlia, rivolgendole un sorriso
dolcissimo.
“Com’è cambiata…” pensò Lena in un lampo.
“Greta, questa
signora sarà la tua maestra…”
Al momento non comprese, soprappensiero
com’era, ma non appena afferrò il significato di quelle parole, sgranò gli
occhi, restando di stucco.
“Ma?... Io? Tu sei benissimo in grado…”
L’altra
scosse il capo, rialzandosi “Ho saputo che sei diventata un’ottima
istruttrice. E voglio il meglio per mia figlia.”
Senza volere, a quelle
parole fece correre lo sguardo alla mano sinistra dell’ antica rivale, che
se ne accorse e sorrise triste “No, Lukas non mi ha sposata, alla fine… Ho
tentato di tenerlo legato a me, in qualunque modo… Greta è l’unica cosa che mi
rimane di lui…” stava evidentemente trattenendo le lacrime.
Nakazawa le
aveva accennato qualcosa, ma lei non aveva voluto sapere nulla. Erano cose che
riguardavano un passato col quale aveva chiuso per sempre.
Angela rialzò lo
sguardo, sorridendo sincera “Sei stata fortunata… Hai colto ciò che avevo
gettato ai rovi e il vostro è un matrimonio bellissimo, ho
saputo.”
Rivolsero entrambe lo sguardo alla pista: il giovane pattinatore
aveva costretto padre e fratello minore a scendere sul ghiaccio ed i tre
scivolavano piano vicini al bordo.
“Portiamo in pista la nostra piccola
allieva?” Lena sorrise, allungando una mano allegramente verso la
piccola.
Angela non gli si avvicinò. Seguì la lezione della figlia, evitando
accuratamente lo sguardo del portiere, che rimase dalla parte opposta del
palazzetto.
Dopo circa un’ora, Lena le riportò la bimba, stanchissima ma
entusiasta, le gote candide arrossate e gli occhi luccicanti “Mamma,
dobbiamo proprio andare?” supplicò.
Le due donne si guardarono
sorridendo, poi la madre rispose “La lezione è finita, Greta. Torneremo
dopodomani…”
Negli occhi della piccola, una tenera disperazione, e Lena venne in
soccorso “Beh... visto che Erik non ha ancora aperto al pubblico e che
Hiroshi sembra non voler uscire di qui, ti va di giocare un po’ con lui?” disse,
facendole l’occhiolino.
Il ragazzino accolse volentieri la nuova “allieva”,
mentre il fratellino tirava un sospiro di sollievo uscendo dalla pista per
andare a saltare al collo del padre.
“Lena…”
“Si?” si volse,
sorridendole.
“Vorrei chiedergli scusa… davvero…” negli occhi azzurri lesse
un sincero dispiacere e la lasciò fare.
Non volle sapere cosa si
dissero.
Vide solo l’espressione serena sul volto del suo
ex capo mentre recuperava finalmente la figlioletta dal ghiaccio uscendo dal palazzetto ed
i tratti del viso dell’adorato marito che si distendevano.
“Hiroshi! Ce ne
andiamo?!”
“Si mamma! Ancora un attimo…” e schizzò via.
Passò un
braccio attorno alla vita del suo uomo, scuotendo il capo “Mi ricorda
qualcuno... ai tempi delle medie… Qualcuno che non usciva mai dal campo da
calcio se non a tarda sera…”
Lo sentì sorridere e stringerla con
delicatezza.
“Papà...” un vocina annoiata lo richiamò all’ordine
“Quando mio fratello si decide ad uscire di qui, andiamo a fare una
partita?”
“Certo, Shiro, anche prima, direi!” rispose, rivolgendo un
sorrisetto malizioso alla consorte, la quale aveva affondato il viso nella sua
spalla, soffocando una risata.
“Ok” disse, sfiorandogli le labbra con
un bacio “Con questa siamo pari!”.
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