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Autore: Nightrun    20/12/2012    4 recensioni
Quackmore Coot non è il difensore mascherato che crede di essere. Via via che va riacquisendo la sua memoria, infatti, l’ombra di un vigliacco inizia a delinearsi alle spalle della sua immagine eroica. Così, quando viene chiamato in causa proprio da Uno, d’istinto il papero rifiuta di vestire nuovamente i panni del vendicatore mascherato. Il peso di un tragico passato comincia a farsi sentire su di lui come un macigno, ma dovrà gettarsi tutto questo alle spalle e trovare la volontà per risorgere dalle proprie ceneri… o per Paperinik non ci sarà più alcuna speranza…
Note: Devo dire che è assai difficile costruire una storia di Pkna partendo dal presupposto che l'eroe di turno non sarà Pk ma il Paperinik classico. Forse è per questo che lo scriverla mi ha rubato così tanto tempo. La storia è incentrata sul personaggio di Quackmore, perciò ho appena abbozzato le vicissitudini dei personaggi di contorno, puntando tutto su di lui. La voce di Quackmore è ispirata a "Donald's dream voice", un corto del 1948 che consiglio a tutti di guardare. Spero di aver fatto la scelta stilistica giusta. Come sempre, lasciate un commento per farmi sapere se vi è piaciuta. Buona lettura! ;)
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'PKNA - Shattered Dimensions'
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Prologo:
 
Il paesaggio innevato che si stendeva di fronte a lui gli metteva una certa malinconia.
Aveva sempre adorato l’inverno, in special modo il periodo natalizio! Passare intere giornate a costruire pupazzi di neve, a sciare, a fare la guerra coi nipotini! Certo, il più delle volte subiva l’offensiva “nemica”, ma non per questo disdegnava una buona battaglia a suon di palle di neve!
Ad ogni modo, non si trovava lì per divertimento.
Starnutì: beh, del resto il costume non era tanto imbottito da proteggerlo dal freddo. Ma non sarebbe mai uscito in missione senza indossarlo.
Anzi! Col senno di poi, avrebbe indossato l’uniforme speciale progettata da Uno proprio per resistere alle basse temperature. Eh, se avesse saputo che in quella dimensione era pieno inverno…
Prese a guardarsi attorno, vedendo solo neve e sassi scuri attorno a sé: “Che paesaggio desolato… Chissà se qui Paperopoli esiste ancora…” Si domandò, facendo qualche altro passo.

Gli stivali affondarono nella neve fin quasi all’altezza delle caviglie.
A quanto sembrava, anche in quella dimensione era inverno, seppur decisamente più rigido rispetto a quello della sua realtà.
Ragionò su quanto dettogli dall’intelligenza artificiale, pochi giorni prima: “Uhm… Uno mi ha spiegato che le dimensioni sono tutte incastonate tra loro… -o una cosa del genere- e che il tempo non è fisso per tutte. Per quanto ne so, questo potrebbe essere il passato… o forse il futuro, di questa dimensione. Questo spiegherebbe perché non c’è alcuna costruzione umana, nei dintorni.”
Continuò ad avanzare, cogitabondo: “Ad ogni modo, non voglio restar qui un secondo di più! Ho le piume della coda completamente congelate. Dovrei proprio fare un piccolo cambio di design nel costume, magari aggiungendoci una bella toppa per il…”
Si fermò, ridacchiando. Gli occhi avevano intravisto qualcosa: “Oh, bene! Finalmente, un po’ di fortuna!” Commentò, guardando dinanzi a sé.
In mezzo alla bufera, a pochi metri da lui, vi era uno strumento davvero bizzarro. Poteva sembrare un fiore, a prima vista… Ma c’era qualcosa di diverso: qualcosa di sintetico!
A cominciare dal globo che ruotava al suo interno, fatto di un materiale estremamente amorfo. Se poi si osservava meglio, si potevano notare i “petali” decisamente meccanici.
L’insieme lasciava intendere che quell’oggetto non appartenesse decisamente al paesaggio circostante.
Il papero si avvicinò, staccando dalla cinghia legata al petto una granata a impulsi elettromagnetici. A dire la verità, era armato fino ai denti di diverse diavolerie supertecnologiche!
Tornando all’azione, il piccolo oggetto si attivò, estendendo delle zampine alle sue estremità e prendendo la forma di uno strambo ragno meccanico bianco e nero.
L’eroe lo posizionò quindi su di un “petalo”, settando il timer per 30 secondi. Il conto alla rovescia partì: “Beh… E’ stato decisamente facile. Eheh! Più facile del previsto…”
-Vmmmm… Tsuuuuuu…-
Il meccanismo emise uno strano rumore e, proprio in quel momento, andò a richiudersi su sé stesso, proprio come una Bella di notte. Quel ripiegamento fece sparire il “ragnetto”, portato all’interno.
Paperinik inclinò il capo, perplesso: “Eh? Ma che succede?” Commentò, sorpreso.
E solo allora si accorse di un particolare non di poco conto… Il secondo rumore che aveva sentito non proveniva dallo strano marchingegno, bensì…
“Lo squarcio! Lo squarcio si è richiuso!” Disse, volgendo la testa alle sue spalle e constatando la cruda verità.
“Ok… Ok… Niente panico… Niente panico!” Disse, rivolto a sé stesso. Mosse lo sguardo sul braccio destro, quello che brandiva un Paralizzatore bradionico modello “Bazooka”. Su di esso si trovava un minuscolo oggettino dotato di antenna.
“Se premo sullo switch di ritorno, potrò comunque andare a cas-“
In quel momento, una luce abbagliante gli tappò un occhio. Quel che vide fu semplicemente una specie di semicerchio azzurro circolare innalzarsi dal perimetro del fiore. Esso andò ad allargarsi di colpo, espandendosi come una bolla di sapone gigante.
Come aveva potuto esser tanto stolto! Quella catena di eventi gli aveva fatto dimenticare un particolare importantissimo!
“Oh, no! E’ la granata a impulsi!”
Cercò di allontanarsi dalla bolla di energia venutasi a creare.
Era sempre più vicina a lui. Prese a correre e cliccò sullo switch, sperando di fare in tempo… PREGANDO di fare in tempo!
Sentì una specie di vento alzarsi, e constatò che la sua sagoma si stava lentamente facendo trasparente. Lo switch stava per riportarlo a casa… Ancora pochi secondi… 2… 1…
“Sì! Ce la faccio, ce la faccio, ce…”
Si guardò attorno. Il vento era cessato, ed il paesaggio era sempre lo stesso.
Un altro fiocco di neve gli finì sul becco: “Noooo! Non è possibile!” Cliccò sul congegno attaccato alla sua arma.
-Click! Click! Click!-
Non funzionò… Nessun rumore venne prodotto dall’apparecchio, nessun vento tachionico andò ad alzarsi.
-Click!Click!Click!Click!Click!Click!Click!Click!Click!-
“Eddai! Accenditi!” Sbraitò, cliccando il tastino con maggiore insistenza.
-Click!Click!Click… Stump!-
Picchiò sul congegno, adirato.
E fu allora che la sfortuna di Paperino si mostrò nella sua completezza.
-GrzzGrzz… Fzzz!-
Notò una certa ironia perversa in quel che era successo. Il dispositivo s’era attivato, miracolosamente… trasportando però solo sé stesso. Gli sparì tra le mani, come fosse stato fatto d’aria.
Represse la rabbia che gli cresceva dentro, capendo che era un comportamento assolutamente inutile. Poi ci ripensò, e prese a picchiare con forza gli stivali sulla neve: “Quaaaack!!!” Starnazzò.
Provò a riprender la calma.
Chiuse gli occhi, inspirando profondamente: “Calma, Paperinik. Calma…” Espirò, muovendo lo sguardo con estrema attenzione. Notò un masso nero come la pece dalla sommità estremamente appiattita. Vi si diresse trascinando le gambe, col busto reclinato in avanti e lo sguardo affranto.
Prese posto sopra la fredda roccia, poggiando il Paralizzatore bradionico ormai inservibile al suo fianco.
Portò le mani vicino al becco, alitandovi sopra per cercare tempore: “Beh… Non mi resta che confidare in Uno, a questo punto. Sperando che per allora non mi sia già trasformato in una statua di ghiaccio… Brrr!”
 
Che ne sarà di Paperinik? E, soprattutto, com’è finito in una situazione del genere? Per rispondere a questa domanda, bisogna fare qualche passo indietro nel tempo ed iniziare dal principio… raccontando la storia di qualcun altro.
 
-Paperopoli, una stanza come un’altra…-
 
Che cosa sono i sogni? Che significato hanno, se davvero ne possiedono uno? Immagini, visioni, rumori, odori… Il sogno non è poi così differente dalla realtà. Anche quest’ultima è fatta di immagini, visioni, rumori e odori. La differenza? Da un sogno, per quanto brutto possa essere, ci si sveglia prima o poi…
Si rigirò tra le coperte.
Un lampo accecante: una luce eterea gli illuminò il campo visivo, rendendolo cieco per qualche istante.
Riaprì gli occhi, accorgendosi di trovarsi per strada. Era giorno: una giornata di pieno sole.
Dal clima, poteva dedurre che fosse estate.
Si trovava ben sdraiato sulla sua amaca preferita, a sorseggiare una limonata ghiacciata emettendo sospiri in segno di relax: “Aaah… Questa è vita.” Bisbigliò, ondeggiando il posteriore per mettersi ancor più comodo di quanto già non fosse: sonnellino in arrivo…
I nipoti giocavano a palla in cortile, improvvisando una serie di passaggi diretti verso la “porta”, costituita dal cancelletto in legno della casa.
Non gli davano noia… Anzi, niente sembrava infastidirlo, quel giorno. E niente gli avrebbe impedito di godersi un’oziosa dormita sotto al caldo sole estivo…
Poi, qualcosa mutò: una nube scura andò a macchiare la volta del cielo, addensandosi fino a ricoprirla completamente. Tutto si scurì, mentre la temperatura calò drasticamente.
Aprì gli occhi, guardando in alto con viso lievemente corrugato: “Ehi, ma che succede? –Starnazzò:- E’ proprio vero: non si può mai stare un po’ in pace, da queste parti!”
Sbuffò, scendendo dall’amaca e preparandosi a rientrare, prima di beccarsi le prime gocce di pioggia.
Stava per voltarsi verso i nipoti per dirgli di rincasare, quando… accadde.
Dalla nube sbucò fuori un’astronave gigantesca, la cui particolarità era quella di disporre di un becco gigantesco, ben incastonato nella struttura.
Ora sì che era preoccupato!
“Evroniani…” Mormorò, a becco stretto.
Si volse verso i nipoti, proferendo: “Ragazzi, presto! Tutti dentro casa…”
Strabuzzò gli occhi non appena andò a posare lo sguardo su di loro.
Lievi fiamme azzurrine divampavano sopra la testa dei suoi nipotini, che avevano assunto un’espressione quasi assonnata.
Stava per muovere un passo, quando un altro particolare lo lasciò di sasso: “N-no…”
Da dietro ai tre paperotti, infatti, una creatura ben incurvata e dall’uniforme violastra puntava la sua arma in direzione di Paperino. Niente pupille nei suoi occhi azzurri. Nessun vacillamento nel suo sguardo.
L’Evroniano ghignò, mostrando la sua dentatura… innaturale per qualsiasi papero.
 
Disteso sul letto dell’appartamento in cui viveva, Quackmore si agitava in preda a quello che, a prima vista, appariva essere un incubo. Il suo corpo emetteva diversi fremiti, come fosse sotto shock. Il viso, madido di sudore, era corrugato in un’espressione terrorizzata. Lievi gemiti uscivano dal becco del papero, disteso sulla schiena.
 
Il becco dell’astronave andò ad aprirsi, liberando diversi Dischi individuali contenuti al suo interno. Gli parve di vedere uno sciame d’api attorno all’alveare: un’immagine rilassante. Peccato che tale nube fosse diretta proprio su Paperopoli.
Paperino strinse i pugni, mormorando a becco stretto: “Qui… Quo… Qua… I miei nipoti… Ve la farò pagare!!!” Sbraitò infine, sollevando i pugni in alto. Si accorse così di non esser più in tenuta da marinaio, ma d’indossare un’altra uniforme… decisamente più indicata alla scena.
 
I sogni raramente seguono un filo logico. E, in ogni caso, il papero non si era ancora accorto di stare sognando.
 
Puntò la pistola multiuso proprio in direzione del becco dell’alieno, preparandosi ad azionare il grilletto: “Falli tornare al loro stato naturale o ti spenno!!!”
Ancora una volta, l’Evroniano non mostrò segni d’esitazione. Il suo ghignò crebbe.
“L’hai voluto tu!” Il colpo partì.
L’arma si colorò di tanti colori, mentre un raggio luminoso venne sparato fuori dalla canna, proiettandosi in avanti con estrema rapidità e precisione, come l’eroe aveva potuto appurare diverse volte.
Ma, in questo frangente, qualcosa andò storto.
Il colpo neanche sfiorò l’Evroniano, passandogli attraverso come se l’essere fosse stato fatto d’aria. La cassetta delle lettere s’incenerì all’istante.
 
Le molle del letto emisero lievi rumori mentre il papero andava a voltarsi su un fianco, stringendo forte il cuscino con una mano, quasi volesse affondare le dita all’interno della federa.
Sussultò di botto, tornando supino.
I mugugni aumentarono, divenendo parole distinte: “N-non è possibile…” Sussurrò.
 
“N-non è possibile…” Mormorò Paperinik, abbassando il braccio che brandiva la pistola multiuso.
L’alieno invece sollevò di nuovo la sua Evrongun, mirando in mezzo agli occhi del papero.
“Rassegnati, eroe da strapazzo. La Terra oramai appartiene all’Impero Evroniano! Hai fallito…” Gridò, con voce sprezzante.
Un raggio azzurro partì dall’arma, comprendo in pochi istanti il campo visivo dell’eroe. Tutto si colorò di bianco, virando rapidamente al nero. Poi, più nulla… Se non una lieve sensazione di soffocamento…
 
“Aaaaaaaaaaaahhhhh!!!” Si alzò seduto, quasi rischiando di cadere dal letto. Le braccia ben strette alle coperte, il becco aperto il più possibile.
Ansimò vistosamente, guardandosi attorno. Gli ci volle qualche minuto per ricordarsi in che luogo si trovava e, soprattutto, che tutto quel che aveva appena visto non era reale.
“L-l’incubo…” Sibilò, mentre lo sguardo andava lentamente a normalizzarsi. Gli occhi si ridussero a due piccole fessure: “Ancora quell’incubo…”
Guardò le sue mani, ben strette attorno alle coperte, per poi portare gli occhi in giro per la stanza. Riacquistò in breve tempo un ritmo cardiaco regolare, mentre la respirazione andava normalizzandosi via via che la mente riprendeva lucidità.
Si passò una mano sulla fronte ad asciugarla, mentre lo sguardo finì istintivamente sulla sveglia: “Le quattro del mattino? Oh… Ho ancora parecchio tempo, prima di dovermi alzare. Posso tornare a dormire…”
Guardò fuori dalla finestra.
“Dormire…” Il buio della notte andò rischiarandosi.
“Dormire…” La luce si fece pian piano più forte, illuminando i tetti dei palazzi più bassi.
“Dormire…” Il sole era ben alto nel cielo.
Alla fine, allontanò lentamente le coperte da sé e si alzò dal letto, stiracchiandosi: la sveglia prese a suonare.
Controllò l’orario: le sette e trenta.
La spense, sbadigliando e grattandosi il posteriore, per poi recarsi verso il bagno.
No, non si domandò neanche cosa fosse quell’incubo. Sognava quella scena già da parecchio tempo, ed oramai era divenuta una specie di costante.
Si concesse una calda e rilassante doccia, godendosi quel momento di puro relax, seppure la testa gli ronzasse per via dell’ennesima notte passata insonne.
Aprì gli occhi, osservando il getto che veniva fuori dalla cipolla posta sopra di lui: “Oh, già… Oggi è il grande giorno. Speriamo bene…” Mormorò.
 
-Poco dopo…-
 
Le porte scorrevoli della palazzina andarono ad aprirsi, mentre un papero dalla chioma bionda ben tirata all’indietro e vestito con un giubbone arancione ed una sciarpa verde si affacciava sulla strada. Indossava un paio di occhiali da sole dalla lente scura che, uniti alla parrucca ed al suo vestiario, lo facevano sembrare una specie di turista in vacanza. Sbadigliò, facendo qualche passo. Prese quindi ad incamminarsi lungo la via.
“Il mio primo giorno di lavoro… E questa volta devo prendere la cosa seriamente. Non sarà facile. Già mi viene sonno, solo al pensiero…” Bisbigliò tra sé e sé, arrivando di fronte ad una gigantesca struttura.
Sollevò lo sguardo per ammirarne la facciata: l’edificio, imponente, aveva vetrate su ogni facciata e, subito in cima all’entrata, un logo gigante riportava la scritta “STARCORP”.
Entrò, sedendosi su una delle pratiche poltroncine disposte lungo la sala d’attesa. Venne chiamato poco dopo da una gentile quanto attempata papera: “Il signor Coot? Da questa parte, prego.”
Gli faceva ancora strano rispondere al nome di Quackmore Coot.
Insomma, lui era Paolino Paperino… e nessun altro!
Ma… Non si poteva fare altrimenti: due paperi uguali nella stessa dimensione era già un problema più che serio, figurarsi se poi entrambi portavano lo stesso nome e cognome! (*Se fin qui ci state capendo poco, vi consiglio di leggervi PKNA#51: “Squarcio dimensionale”)
Per sua fortuna, qualcUno aveva finemente reso plausibile la nuova identità che aveva assunto, aggiungendo negli archivi anagrafici dati fasulli ed informazioni inesistenti.
Il tutto col fine di permettere al clone di crearsi un futuro… o quantomeno un presente.
“La ringrazio.” Disse, con voce grave. Ecco, un'altra cosa a cui aveva dovuto rinunciare: la sua voce. Non era prudente, sebbene fosse assai improbabile che qualcuno avrebbe riconosciuto nel suo timbro lo stesso di un certo papero in blusa da marinaio. Ma bisognava esser cauti: un marchingegno posto sopra al palato lo aveva trasformato da tenore a basso.
Entrò in una stanza, sedendosi su uno sgabello messo apposta per lui. Di fronte a Quackmore c’erano ben tre uomini. Probabilmente, quelli che l’avrebbero valutato.
 “Dunque, signor Coot… Devo dire che il fascicolo che vi riguarda è corposo, considerata la vostra età… PIUTTOSTO corposo…” Mormorò ad un certo punto uno dei tizi, carezzando un volume bello alto. Gli ricordò il dizionario di latino che usava a scuola quando era solo un paperotto.
L’uomo continuò: “Qui leggo che avete prestato servizio come guardia del corpo. Il che è già un grosso punto a vostro favore… Ma è il resto delle referenze che ci rende senz’altro assai propensi a valutare la vostra richiesta…” Proseguì, sollevando gli occhi dal foglio di valutazione e scrutando il papero.
Quackmore deglutì, stringendo un lembo della sciarpa tra le mani, cercando di smorzare la tensione.
“Leggo infatti nel vostro curriculum una lista di nomi composta da personaggi di spicco per cui avete lavorato…”
“A-ah… -Ehm...- Sì… Ma sempre per brevi periodi…” Rispose con voce incerta, cercando di sottrarsi agli sguardi indagatori dei membri della commissione.
Iniziò a sudare freddo: “Chissà che razza di nomi ci sono, su quella lista… -Pensò:- Qua va a finire male, me lo sento!”
Calò il silenzio per alcuni secondi, poi…
“Un periodo di prova, di durata variabile, superato il quale diverrete un membro effettivo della Starcorp: questa è la nostra offerta. Mi spiace tenervi sulle spine, ma preferiamo testare il personale che assumiamo direttamente “sul campo”, se capite cosa intendo. Allora, che ne pensate?”
Quella proposta lo sorprese talmente tanto che per poco non cadde dalla sedia: si erano davvero bevuti tutta quella roba?
Sorrise, raggiante: “M-ma certo! E non vedo l’ora di cominciare!”
Intervenne un anziano papero di fianco all’uomo che aveva parlato prima: “Ahah! Quanta foga, figliolo. Avrai modo di sfogarti quanto prima, visto che inizi da domattina!”
“Vi ringrazio davvero, signor…”
“Comandante Bloom.” Intervenne l’uomo.
“Mortimer va più che bene.” Lo corresse l’anziano papero, riportando gli occhi su Quackmore.
“Riga dritto e soprattutto sii puntuale, e vedrai che non avremo problemi a lavorare insieme.” Concluse, ammiccandogli.
 
-Esterno della Starcorp-
 
Terminato il colloquio, il papero attraversò le porte scorrevoli dell’uscita, ritrovandosi all’esterno dell’edificio.
“Uff…” Si stiracchiò, sorridendo al cielo. Sì, era andata senz’altro meglio di quanto sperasse!
Chinò lo sguardo appena in tempo per incrociarlo con quello di un papero vestito da marinaio.
“Allora? Com’è andato il colloquio di lavoro?” Domandò Paperino, fermo vicino alla sua macchina.
Quackmore gli si avvicinò, rimettendosi gli occhiali da sole: “Molto, molto bene. Domani dovrò presentarmi qui alle 8.00 in punto. Però, credo che Uno abbia un po’ esagerato con le referenze! Mi hanno accolto tra loro come se fossi una specie di veterano… Ma io non ho mai fatto nulla di simile!”
Il papero in blusa se la rise di gusto: “Ahahah! Suvvia! Ti sei già occupato della Ducklair Tower, in passato. Quindi hai una discreta esperienza in materia…”
L’altro portò gli occhi altrove: “Il periodo in cui ero custode Ducklair Tower, già… Peccato che non ne abbia che pochi ricordi.” Pensò, lievemente sconsolato.
Si riscosse quasi subito, visto che Paperino l’aveva cinto con un braccio, spingendolo verso la macchina: “Vieni, ti do uno strappo fino a casa. O, se preferisci, puoi venire con me alla Torre.”
Aprì la portiera, entrando nella 313: ah, come la conosceva quella macchina… Gli faceva così strano sedersi al posto del passeggero…
“No. Non è prudente farci vedere assieme alla Torre. E poi… vorrei riposare. Ho passato la notte in bianco…” Disse, socchiudendo gli occhi.
Paperino, nel mentre, aveva fatto il giro dall’altro lato e si apprestava ad aprire la portiera: “Come preferisci. Notte in bianco? Dì la verità: il pensiero di iniziare a sgobbare ti ha tenuto sveglio tutto il tempo, eh? Eheh!” Commentò, sorridendogli.
Lui si passò una mano sugli occhi, stropicciandoli: “Se vogliamo metterla così. Diciamo che ho avuto dei cattivi pensieri…” Per un attimo, gli tornò in mente l’immagine dell’Evroniano con l’arma puntata su di lui.
“Glom! Sarà bene muoversi. Non è possibile sostare qui e quel vigile sembra avercela proprio con noi…” Mormorò Paperino, fissando preoccupato alle sue spalle la figura di un funzionario pubblico dallo sguardo decisamente accigliato.
Diede gas, lasciando rapidamente la zona e prendendo la via del ritorno.
“Ah… Stavi dicendo qualcosa, prima. Scusa se ti ho interrotto, ma non è il caso di prender multe, considerando la paga che mi danno…” Disse ad un certo punto il papero.
Quackmore lo guardò per qualche secondo: erano uguali, quindi avrebbe potuto parlargliene. Ma a che sarebbe servito? I suoi non erano che incubi senza senso.
Volse lo sguardo dall’altro lato, a fissare le vetrine di negozi che già sfoggiavano i loro addobbi natalizi: “Io… Nulla. Non era niente d’importante…”
“?”
 
-Qualche minuto dopo-
 
La 313 si fermò a ridosso del marciapiede, permettendo a Quackmore di scendere proprio davanti al palazzone tutto finestre nel quale alloggiava. Scrutò l’edificio per qualche secondo, come se fosse sorpreso dalla sua forma: in verità, si stava semplicemente chiedendo se fosse giusto definire quel luogo “casa”… Se fosse giusto definire quella DIMENSIONE “casa”.
La voce di Paperino lo riscosse dal torpore: “Allora, io vado. Cerca di non fare tardi, stanotte. Non vorrai rischiare di non sentire la sveglia! Eheh!”
“Certo… Hai ragione.”
“Se vuoi, domattina passo a prenderti…”
“Non serve, mammina. Andrò a lettuccio bello ad un orario decente.”
Ricevette  una pacca sulla spalla: “Ahahah! E’ buffo farti simili raccomandazioni, sapendo che sei me stesso…” Gli bisbigliò nell’orecchio. Non era prudente parlare di quel minuscolo particolare ad alta voce.
“Beh, a presto.”
“A presto.” Rispose Quackmore, congedandosi.
La 313 partì quindi a tutta birra verso la Ducklair Tower, scomparendo alla vista del papero.
Si aggiustò gli occhiali da sole, muovendosi verso l’interno dell’edificio.
 
-Ducklair Tower, mezzogiorno-
 
Le porte scorrevoli dell’ascensore si aprirono, permettendo così a Paperino di entrare all’interno del Piano segreto. Ad accoglierlo trovò, come suo solito, una certa intelligenza artificiale…
“Oh, ben tornato socio! Come se l’è cavata Quackmore?” Domandò.
Il papero si lasciò cadere sulla poltroncina: “E me lo domandi? Dice che il suo curriculum ha sortito… un certo effetto, sulla commissione.”
Una testa verde gli sbucò di fianco: “Beh, dovresti saperlo che sono un perfezionista. Secondo il calcolo delle probabilità, aveva appena lo 0,00002% di esser scartato, con delle referenze simili.”
“Umpf! Spero che nella sua dimensione non sia sfortunato come lo sono io… Se qualcuno dovesse fare un controllo…”
Un’altra testolina più piccola sbucò direttamente dal bracciolo della sedia, facendolo sobbalzare:
“Quack!”
 “…troverebbe che è tutto vero. Dì, mi hai preso per un fesso? Ho modificato gli archivi per rendere plausibile il suo passato.”
Ripresosi dallo spavento, mormorò solo: “Bah… Se lo dici tu, ci credo…”
Uno continuò: “Piuttosto, parliamo di cose serie: è quasi ora di pranzo!”
Un cappello da chef digitale gli si materializzò sulla testa, mentre diversi vani andavano ad aprirsi nel pavimento. Ne uscirono tavole imbandite con ogni genere di leccornie: “Dovrebbero essere i tuoi piatti preferiti, no?” Disse, con voce gioviale.
Paperino lì fissò per un poco, mugugnando: “Mmm…”
Lo sguardo si spostò sulla testa nell’ampolla: “Uno… So bene il motivo di questa tavolata… e ti ringrazio per la premura, ma…” (*Vedere numero precedente)
Il cappello da chef scomparve all’istante dalla sua testa, mentre Uno si faceva più vicino all’eroe: “Beh, ho pensato che avessi bisogno di rimetterti in forze… Sai, per il secondo round…”
Chiuse gli occhi, continuando: “Del resto, se proprio non hai appetito…”
Alcuni dei tavoli iniziarono a scendere lentamente nel pavimento con un sonoro “Viiirrr!”
A quelle parole, Paperino schizzò giù dalla poltrona, dirigendosi verso il cibo ed afferrandone il più possibile: “Non ho detto che non ho fame! Molla l’osso!” Sbraitò, iniziando a cacciarsi in bocca un bel pezzo di pizza.
“Eheh!” Ridacchiò Uno, osservandolo compiaciuto.
“Gnam-gnam… Parlando di “secondo round”… A che punto sono le modifiche all’Extransformer?” Prese un piattino, gettandoci sopra una copiosa fetta di torta. Affondò il cucchiaio nella glassa, cacciandosene in bocca un bel pezzo.
L’intelligenza artificiale tacque per qualche secondo: “Stazionarie. Purtroppo, ci vorrà ancora del tempo. Sto facendo dei test a cui lo scudo non sta rispondendo come dovrebbe. E’ un’arma assai più elaborata di quanto credessi…”
Paperino chinò il capo sul cibo, demoralizzato: “Sgrunt! Mi duole ammetterlo, ma ho bisogno dell’Extransformer per affrontare ad armi pari la “Pupazzona”... Cerca di far presto.”
“Sto sfruttando all’osso le mie risorse, socio. Vedrai che non ci vorrà ancora molto.”
“Lo spero, Uno… Lo spero.” Disse, pulendosi il becco con un tovagliolo.
 
-Cielo, un punto indefinito a qualche chilometro da Paperopoli-
 
L’inverno si stava facendo sentire, e diversi uccelli avevano iniziato come di consueto le loro migrazioni. Uno stormo cinguettava allegramente, muovendosi in modo estremamente compatto nella direzione da prendere per raggiungere la località nella quale avrebbero svernato.
Di colpo, accadde qualcosa d’insolito: una scintilla, appena percettibile, a cui ne seguirono altre.
-B… Fzzzz!!!-
Si formò una specie di foro, della grandezza di una moneta.
Il frastuono improvviso mise in fuga gli uccelli, che presero a volare in modo assai disordinato in ogni direzione.
Il foro andò allargandosi all’inverosimile, fino ad ottenere la grandezza di una galleria. L’aria iniziò a filtrare all’interno di esso, risucchiando così le nubi più vicine al fenomeno. Uno degli uccelli si staccò dallo stormo, incapace di mantenersi a distanza dallo squarcio.
Era sempre più vicino. Non importava quante volte battesse le ali o quanta forza mettesse nel movimento. Prese a cinguettare, sempre più forte, muovendo affannosamente le penne timoniere cercando di stabilizzare quel volo disperato.
Nulla da fare: sentì la forza del vento aumentare e, volgendo appena il capo, vide il disco luminoso farsi sempre più vicino.
Pochi metri, poi pochi centimetri, poi… poteva allontanarsi di nuovo: il vento era cessato.
Si volse indietro, cinguettando stupito. Constatò che il foro non c’era più!
Di certo non rimase lì a chiedersi il perché, in ogni caso. Ritrovò lo stormo, seguendolo per riunirsi al gruppo.
 
-Nello stesso momento, alla Ducklair Tower-
 
-Eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!-
Una sirena prese a suonare a tutto volume, mentre dei lampeggianti tinsero l’intera stanza di rosso con la loro luce intermittente.
“ALLARME ROSSO, SOCIO!!!” Gridò Uno a squarciagola.
“Quaaaaaaack!!!” Starnazzò in rimando Paperino, dopo aver sputacchiato in giro per la stanza il boccone di cibo che aveva nel becco.
Balzò in alto di tre o quattro metri buoni, avvinghiandosi alla sfera verde del supercomputer e tremolando come una foglia.
Quando finalmente si riprese, la sua fronte andò aggrottandosi.
Fissò la testa verde a pochi centimetri da lui: “Uno, sei impazzito? Per poco non mi facevi venire un infarto!” Sbraitò.
Il papero virtuale, ancora coi lineamenti del viso visibilmente contratti in un’espressione preoccupata, mormorò: “Perdonami. Ho ricevuto un segnale davvero molto, molto preoccupante.”
Paperino chiuse un occhio, squadrando con l’altro all’interno della sfera verde, come a vedere in profondità all’interno di essa: “Mmm… Sei stato infettato da qualche virus informatico? Non sarebbe la prima volta, del resto…” (*Come?! Non ricordate Uno e le sue simpatiche copie digitali di PKNA#23: “Vuoto di memoria”?)
Una mano robotica uscì da uno scomparto, afferrando il papero in blusa per la coda e posandolo delicatamente a terra.
“Il mio processore non ha niente che non vada. Il segnale che ho ricevuto proviene dall’esterno. Siamo nei guai, Pikappa: di nuovo…” Rispose.
“Ma che bellezza. E proprio ora che eravamo vicini alle ferie natalizie… Di che si tratta? Minacce aliene? Beati?”
La testa si volse verso la sua sinistra, dicendo: “Guarda tu stesso.”
Lo schermo gigante si accese, mostrando una serie di grafici senza senso. Senza senso per Paperino, chiaro. Eppure, in mezzo a tutti quei calcoli e quelle linee ondulate, l’eroe riconobbe qualcosa di familiare… Del resto, aveva già visto qualcosa di simile appena qualche settimana prima.
“Glom! Un altro… squarcio dimensionale?!”
“Sono lieto di notare che hai buona memoria… -Commentò Uno, abbozzando un sorriso e facendolo scomparire quasi subito:- Ad ogni modo, stavolta è avvenuto a qualche chilometro da Paperopoli.”
Paperino si mosse verso l’ascensore: “Vado a controllare!”
“Non serve. Per ora sembra che si sia richiuso, ma dubito resterà a lungo così. Monitorerò la zona, così da accorgermi se ci saranno altri segnali strani. Sai questo cosa significa, vero?”
Il papero afferrò al volo un altro trancio di pizza, strappandone un pezzo e prendendo a masticare: “Mmm… Munch-Munch… Sì, che dovrò mettermi nuovamente a ricucire tutto.”
“Già… Sperando che stavolta funzioni, oppure…” Mormorò una testa computerizzata minuscola comparsa di fianco al tavolo.
Lo sguardo del papero si fece serio: “Non ricordarmelo… Se possibile, preferirei evitare di fare un altro viaggetto in una dimensione parallela.”
Si mosse quindi verso il televisore: “Bah… Nell’attesa, penso proprio che mi stravaccherò a guardare qualche bel film. Ah… Ozio, relax… che passione!”
La testa verde si spostò vicino a lui: “Non credo proprio, furbetto! Ricordati che oggi sei di turno.”
Il papero si ficcò il restante trancio di pizza in bocca: “Gnam-gnam! Eddai, Uno. Mi manderesti davvero a lavorare, sapendo che ci troviamo in bilico di fronte ad una situazione del genere?”
“Sì, sapendo che sei in bilico anche con la tua occupazione! Negli ultimi tempi, sei andato davvero poche volte a lavorare. Tuo zio ti ha rinnovato il contratto, questo è vero, ma non mi sembra un buon motivo per prendere la cosa alla leggera!”
Sbuffando, Paperino scese giù dal suo comodo sedile, ingobbendosi e portando le mani ai fianchi: “Sgrunt! E va bene, va bene… Posso almeno finire di mangiare, o devo andare subito a farmi schiavizzare da Angus?”
Un orologio gigante comparve sullo schermo tv, scandendo persino i secondi che passavano: “Naaa… Goditi i tuoi ultimi 48 minuti e 10 secondi di relax. 11… 12… 13… 14… 15…”
“Umpf! E sia! Tanto sicuramente il fenomeno si ripresenterà, come la volta scorsa… Quindi non sarà una cosa lunga.” Sbuffò di nuovo l’eroe, incrociando le braccia al petto e guardando altrove.
 
La giornata passò lentamente… Assai lentamente. Uno non registrò alcuno strano fenomeno, di nessun tipo. Ma se il supercomputer poté se non altro dilettarsi con un buon film di fantascienza, lo stesso non si poteva dire per il nostro Paperino, che al contrario ritornò al piano segreto con un mal di schiena da oscar! Biascicò qualcosa a proposito dell’archivio dei servizi in cassetta, prima di andarsene diretto a fare la ronda notturna.
Intanto, alcune delle subroutines del’intelligenza artificiale si concentrarono sullo scandagliamento, alla ricerca di eventuali segnali anomali, mentre le restanti vennero impiegate ad ascoltare… uno dei tanti racconti di un certo Evroniano loro ospite. Racconti che durarono un po’ per tutta la notte, e terminarono più o meno all’alba, quando l’alieno pensò di andarsene finalmente a dormire.
 
-Ad ogni modo, parlando di Evroniani…-
 
“NOOOOOOOO!!!” Gridò Quackmore, alzandosi a sedere sul letto con sguardo allucinato. Le mani presero a tremolargli, mentre la testa si muoveva in ogni dove, come ad esser sicuro che l’incubo fosse finito.
Portò le mani sotto alle coperte: “Ma perché ho questo incubo… E dire che ho affrontato gli Evroniani per…” Si zittì.
Già, quante volte aveva affrontato gli Evroniani?
Ragionò, perplesso: “Uhm… Non riesco a ricordare. Il che non dovrebbe essere una novità, però… Accidenti, a sentire il Paperino di questa dimensione, dovrebbero essere stati i miei più acerrimi nemici. Dovrei avere in mente milioni di battaglie combattute contro di loro a difesa del mio pianeta, e invece… Buio, buio totale. A parte quest’incubo. Io… Non capisco. Non riesco a capir-“
Lo sguardo gli andò sulla sveglia: le otto meno un quarto!!!
“Glab! Devo fare presto! Sono in ritardooooooooooo!!!”
Lanciò via le coperte, prendendo a correre verso il bagno ed uscendone subito dopo, con indosso la parrucca bionda.
Si infilò i primi abiti che gli si erano parati davanti aprendo l’armadio. Li indossò, correndo come un razzo fuori dalla stanza e chiudendo la porta alle sue spalle.
Scese le scale con estrema fretta, uscendo dall’edificio e prendendo a correre per strada. Non si fermò neanche al bar per fare colazione: il che, assai insolito, era segnale inequivocabile che la preoccupazione di esser licenziato in tronco ancor prima di cominciare andava crescendogli dentro.
“Il bus! Che fortuna!” Commentò a piena voce, vedendo il mezzo pubblico sfrecciargli vicino.
Accelerò, sperando di raggiungere la fermata in tempo: ce la fece per un soffio.
Si concesse qualche secondo per riprendere un contegno, quindi…
Andò a varcare la soglia d’entrata e, proprio in quel momento, una sagoma gli venne addosso.
-Tump!-
“Oh, mi scusi… Non l’avevo vista.” Disse educatamente, chinandosi per raccogliere gli occhiali: durante la colluttazione gli erano caduti.
“Mpf! Fa attenzione a dove metti le zampe, quando cammini!” Gli rispose sgarbatamente l’altro.
Alzò lo sguardo, curioso di vedere la faccia di chi gli aveva dato quella risposta acida. Raggelò.
Di fronte a lui, un certo kiwi con tanto d’impermeabile lo fissava con noncuranza: “Insomma, vuoi rimanere lì impalato per tutta la giornata? Coraggio! Non ho tempo da perdere!” Sbraitò di nuovo.
Quackmore si schiacciò gli occhiali sul viso, muovendosi leggermente incurvato in avanti verso un angolino e liberando così la via: “I-io… Sì, sì. Mi scusi per l’inconveniente.”
Il kiwi lo squadrò ben bene, mugugnando: “Mmm…” Fece poi spallucce, scendendo alla fermata successiva.
Quanto al nostro papero, passò il resto del tempo a rimuginare su quanto era accaduto, prima di scendere di corsa alla sua fermata. Se non altro, la tappa in bus gli aveva fatto riprendere un po’ di fiato…
“Ma guarda tu se di tanti paperopolesi dovevo incontrare proprio quell’inviato da strapazzo di Angus Fangus! C’è mancato un soffio…” Commentò nella sua mente, facendosi più vicino al palazzone. Quella mattina non gliene stava andando giusta una…
Raggiunse la struttura in un batter d’occhio, infilandosi tra le due porte scorrevoli ancor prima che si fossero distanziate completamente.
“Alla buon ora! Pensavo di dover metter radici!” Sbraitò un tizio, accogliendolo in tal maniera.
Iniziava già male…
Il papero si passò una mano dietro la testa, visibilmente imbarazzato: “Ehm… S-scusate per il ritardo. Sapete, il traffico mattutino…”
Si ritrovò davanti l’anziano comandante del giorno prima, assieme ad altre tre persone vestite come lui. Decisamente più giovani dell’anziano papero, in ogni caso…
E proprio uno di questi, quello che aveva rivolto a Quackmore il commento acido, lo squadrò da capo a piedi, con un’espressione truce ed al contempo severa.
Mortimer diede un’occhiata all’ora sul suo pratico orologio d’epoca, commentando: “Beh, sei arrivato in perfetto orario, ma proprio per un soffio. In futuro, ti consiglio di svegliarti un po’ prima.”
Il tizio, a quelle parole, indicò l’orologio appeso alla parete: “Eeeeeh?! Ma se sono le otto passate!”
Il comandante si rimise la cipolla in tasca, rispondendo: “Il mio invece segna le otto in punto, ti dico. Sii buono, Fitzroy: non farne una questione di principio.”
“Sgrunt!”
Mortimer ammiccò a Quackmore, che ricambiò con un sorriso imbarazzato che lasciava intendere: “Grazie… In futuro mi sveglierò all’alba pur di non arrivare tardi.”
Venne dunque introdotto agli altri membri del gruppo: “Signori, vi presento Quackmore Coot. E’ in prova, ma sappiate che ha già maturato una grande esperienza, nel settore. E’ una specie di guest star, in un certo senso.”
“Ecco… Grazie ancora, Uno. Ora si aspettano di avere davanti Arnold Schwarzenducker.” Pensò Quackmore, ancor più giù di morale.
“S-salve a tutti.” Disse, con un filo di voce.
“Beh, proseguiamo con le presentazioni…” Continuò l’anziano papero, indicando un omaccione grosso e robusto che gli stava di fianco.
“Lui è Rupert Fotomac. Potrà sembrarti un cliché da film, ma ti assicuro che se hai dei problemi con qualcuno, lui è la persona giusta da chiamare.”
“Ma certo. Infondo, saremo presto colleghi, no? Ti darò senz’altro una mano, in caso di necessità. Eheh!” Rispose il gigantesco papero, stringendo la mano a Quackmore.
“Urgh… M-menomale… Perché credo di averne appena persa una.” Commentò quest’ultimo, ben celando la sua sofferenza dietro ad un sorriso ebete.
Agitò la mano per allontanare il dolore, spostandosi quindi verso il prossimo membro del gruppo: il tizio che sembrava già odiarlo.
“Hai avuto il piacere di conoscerlo prima: lui è Fitzroy. Avrete modo di familiarizzare “sul campo”.”
“Oh, sì… Sarà una goduria.” Rispose il tizio, guardandolo storto.
“Un vero piacere, Fitz.“ Disse Quackmore in rimando, ricambiando l’occhiataccia.
“E in conclusione, quando si dice lasciare il meglio per la fine… -Proseguì Mortimer, indicando a questo punto l’ultimo membro del gruppo, ossia una ragazza:- Lei è la signorina Tempest Gale. La più tosta del gruppo, forse persino dell’intera Starcorp!”
“Piano coi complimenti, che poi mi monto la testa…” Disse sbadatamente la ragazza, portando quindi le iridi nere su Quackmore: “Chiamami solo Tempest.”
“Tempest…” Ripeté cogitabondo. Si domandò che tipo di ragazza fosse una dedita ad un lavoro simile.
“Comunque… Bell’accostamento di colori.” Concluse quella, chinando gli occhi verso il basso e squadrando il papero.
A quelle parole, anche Rupert ridacchiò sotto ai baffi.
“Ma che…” Bisbigliò Quackmore, osservandosi. Sussultò.
“Ti verrà data un’uniforme provvisoria, per oggi. Ma, per il futuro, assicurati d’indossare abiti più… Ehm-ehm… sobri.” Disse il comandante, dirigendosi verso una porta. La aprì, varcandone la soglia.
Quanto al Nostro, trattenne un grido a stento: “!!!”
Indossava un maglioncino giallo, piuttosto aderente. Ma il vero problema erano i pantaloni: viola, viola purpureo. Decisamente, un accostamento di colori che dava fastidio agli occhi.
“M-ma come mi sono conciato? Accidenti a me, quando faccio le cose di fretta!” Imprecò contro sé stesso.
Mortimer ritornò quasi subito, dando al papero un uniforme incelofanata: “Ecco qui. Purtroppo non ce n’erano della tua misura…”
“Ah-ehm… N-non importa. Porterò pazienza.” Rispose, togliendogliela di mano. Anche perché non voleva rimanere un secondo di più con quegli abiti addosso!
L’anziano papero gli indicò quindi una porta recante la scritta WC: “Puoi cambiarti in bagno. Fa presto, però. Siamo già in ritardo.”
“M-ma certo! Sarò un razzo!”
 
-E infatti, circa dieci minuti dopo…-
 
“Che figura… Dopo di questa, parto sicuramente malissimo. E questa roba, poi… Quando mai ho avuto un maglione giallo?” Osservò il capo, scrutandolo con attenzione: “Mah… Sarà un rimasuglio del precedente inquilino, immagino. L’amica di Paperino… Cioè, dell’altro Paperino. Com’è che si chiamava?” Rifletté.
“L-Lyl- -Balbettò, per poi gettare il maglione in una busta:- Bah, non ho tempo per queste cose! Mi stanno aspettando!”
Aprì la porta, muovendosi verso il gruppetto.
Via via che si avvicinava, iniziò a sentire dei mugugni: stavano confabulando… su di lui, probabilmente.
E infatti…
“L’avevo detto che era un piantagrane!”
“Eddai: gli piace solo vestirsi in quel modo strano. E’ un po’ eccentrico, nient’altro.”
“L’importante è che sappia far bene il suo lavoro…”
“Sssh! Eccolo che torna.”
Arrivato nei pressi del gruppetto, alzò la mano in segno di saluto, dicendo: “Eccomi… Dov’è il comandante?”
“Snort!” Mormorò Fitzroy, avviandosi verso l’uscita.
Tempest lo fissò per qualche secondo senza batter ciglio, e quindi si mosse anche lei verso l’esterno della struttura.
Rimase solo Rupert, che gentilmente rispose: “Ha cominciato ad avviarsi. Non preoccuparti: non mi è sembrato irritato con te. E poi, per far arrabbiare uno come il Comandante Bloom ce ne vuole!”
Sospirò: “Sigh… Capisco. Ad ogni modo, dov’è che dobbiamo andare?”
Il gigantesco papero lo guardo con sguardo ricolmo d’eccitazione: “Come? Non te l’hanno detto?”
Presero ad avviarsi: “E’ un posto gigantesco. Di sicuro lo conoscerai, visto che è piuttosto rinomato…”
Continuarono a camminare, fino a raggiungere l’esterno: “Del resto, da quando è stata riaperta al pubblico ho sempre sognato di poterci andare a dare un’occhiata…”
Giunti in strada, si mossero con passo leggermente più spedito. Quackmore portava ancora con sé la busta, contenente i panni che indossava prima. Ad ogni passo, essa ondeggiava leggermente in avanti e poi di nuovo indietro, strusciando sulla gamba del papero e producendo il rumore tipico del cartone che sfrega.
“Mmm… Quindi? Di che parliamo? Un vecchio museo? Una villetta diroccata?” Domandò, ansioso di sapere dove avrebbe dovuto dar prova delle sue –finte- capacità.
Rupert alzò il mastodontico braccio, indicando una struttura in lontananza che, altissima, sembrava quasi estendersi fino al cielo: “Oh, niente di questo genere. Eccola lì, la vedi? La Ducklair Tower!”
Sgranò gli occhi: “Non ci credo…”
 
-Ducklair Tower, Piano segreto-
 
“Yawn…” Sbadigliò Paperino, ben disteso sulla sua poltrona.
La sfera verde si volse verso di lui, squadrandolo: “Che brutta cera… Dovresti vederti, socio: hai due occhiaie…”
Con sguardo assonnato, il papero rispose: “Non ho chiuso occhio, stanotte. Ho perlustrato le strade in cerca di Beati, ma neanche l’ombra. Tornato qui, mi sono messo a letto ma non ho potuto fare a meno di pensare allo squarcio che hai registrato appena ieri e… si è fatta mattina. Yawn…” Sbadigliò di nuovo, portando la mano davanti al becco.
“Capisco. Beh, mi dispiace dirtelo, ma non ho registrato alcuna anomalia del film dimensionale. Il che non va a nostro vantaggio. Senza altri elementi utili, sarà assai difficile investigare sul fenomeno.”
Si aprì uno scomparto nel pavimento, da cui uscì un tavolino imbandito: era proprio uno di quelli del giorno prima. Su di esso, un po’ tutte le leccornie tipiche delle colazioni da hotel di lusso: c’erano arance, torte, crostate, croissant, frittelle, yogurt, succhi di frutta vari, tisane e tè per tutti i gusti… Insomma, un bell’assortimento di golosità sulle quali Paperino puntò gli occhi sin da subito, con la lingua portata di fianco al becco e lo stomaco che già brontolava, reclamando cibo.
Scese dalla poltrona, avvicinandosi alla tavolata ed iniziando a riempire un piattino con una buona manciata di frittelle, chiaramente la sua colazione preferita. Afferrò la bottiglietta dello sciroppo d’acero, lasciandolo colare lentamente sulla sommità del piccolo mucchietto ancora fumante.
Una mano robotica, da dietro al tavolino, iniziò a versare acqua bollente in una pratica teiera. Il papero afferrò quindi le varie bustine disposte nell’apposita scatola, scegliendo la tisana che più sembrava trovare di suo gusto.
Optò per una bustina di colore violetto: ne rimosse la copertura, immergendola poi nella teiera d’acqua calda: “Mmm… Hai ragione. Beh, se non altro posso consolarmi con questa colazione impeccabile…”
Un sublime odore di fragole si levò dalla teiera, permeando di lì a poco l’ambiente circostante e solleticando i sensi del papero che, nonostante fosse ancora preoccupato per quella faccenda, nonché per quella dei Beati, trovò in tal maniera il modo di rilassare i nervi.
In attesa che la tisana si fosse raffreddata un poco, prese una forchettata di frittelle dal piatto, cacciandosela in bocca. Quindi un’altra, e un’altra ancora. E poi ancora un’altra! Iniziò a mangiare con estrema fretta.
“Ehi, ehi. Piano, socio! Nessuno ti corre dietro. Se ti ingozzi a quella maniera, ti resterà tutto sullo stomaco.” Gli disse Uno.
Paperino masticò ben bene, deglutendo rumorosamente il boccone che si era cacciato nel becco: “Gnam-gnam! Glub!!!”
Si pulì il becco col fazzoletto, rispondendo: “Lo so, ma voglio finire questa colazione perfetta, finché posso… Sai, non vorrei che te ne uscissi con un’altra sirena d’allarme, come ieri.”
L’intelligenza artificiale sghignazzò: “Ih!Ih! No, non preoccuparti. Per ora, nessuno dei miei sistemi è in allarme. Perciò…”
Si zittì, per poi spalancare il becco, come se fosse sorpreso: “Ah…”
Il papero portò le dita a tapparsi le orecchie, ingobbendosi come a cercare di attutire il fracasso che si sarebbe sentito di lì a poco: “Ecco, lo sapevo!!! Sigh… Addio colazione…”
Una testa verde più piccola gli comparve di fianco, spiegando: “No, socio. Non c’è alcun allarme. Ero solo sorpreso… Vedi, secondo i miei sensori, è appena entrato nella Torre un papero con la tua stessa fisionomia.”
Allontanò le mani dalla testa, fissando sorpreso il supercomputer: “Davvero? E’…”
“Sì. E’ Paperino… O meglio, è l’altro Paperino. Quackmore è venuto a farci visita.”
“Ah, buona a sapersi…” Commentò, sorridente.
 
-Ducklair Tower, pianterreno-
 
Superata l’entrata, Rupert e Quackmore si ritrovarono nella Hall dell’edificio. Ad attenderli, trovarono il gruppetto composto dal Capitano Bloom, Tempest Gale e Fitzroy.
Il gigantesco papero solcò col braccio l’intero spazio circostante, esclamando estasiato: “Che te ne pare? Bella, vero?”
Sentì una certa nostalgia a ritrovarsi lì dentro. Nonostante gli addobbi natalizi, rammentava bene gli interni del luogo: questa parte della sua memoria gli era tornata. Ricordò di come avesse odiato con tutte le sue forze lo zione per averlo costretto a fare il custode di quella torre gigantesca. Ricordò la sorpresa, quando si accorse che la struttura possedeva in realtà un piano in più rispetto a quanto detto da suo zio. Ricordò… il flusso dei ricordi s’interruppe: li stavano chiamando.
“Ben arrivati. Ora venite qui: devo darvi le direttive primarie.” Disse Mortimer, alzando la voce ma mantenendo comunque un tono assai pacato.
Non appena Quackmore e Rupert si unirono al gruppetto, l’anziano papero si schiarì dunque la voce, iniziando: “La Ducklair Tower ha una storia piuttosto lunga e complessa. Cercherò di farvi un sunto utile, evitando le informazioni superflue… Dunque: la torre venne eretta per volere di Everett Ducklair, papero e scienziato plurimiliardario da cui ereditò anche il nome…”
Portò le mani dietro alla schiena, proseguendo: “Ducklair vi condusse diversi esperimenti e l’edificio è stato disegnato e strutturato personalmente da lui. Per esempio, l’impianto elettrico, nonché il suo sistema di telecamere, risulta essere piuttosto all’avanguardia. Questo solo per farvi capire di chi stiamo parlando…”
Fece una breve pausa, mentre Rupert di fianco a Quackmore mostrava uno sguardo rapito, a quelle informazioni.
L’anziano papero riprese: “Ad ogni modo, dopo la misteriosa scomparsa del suo creatore, la torre è stata messa all’asta ed poi acquistata dal magnate locale Paperon de’ Paperoni. Da allora, credo che l’evento più importante sia stato il trasferimento di 00 News dalla sua sede principale al settantacinquesimo piano della Ducklair Tower… Ed è proprio questa parte che ci riguarda.”
Mortimer riportò le mani lungo i fianchi, prendendo a camminare: “Assegnerò ad ognuno di voi dei settori. Non sarà difficile: dovrete semplicemente occuparvi della sicurezza, in vista dell’evento che si svolgerà qui, nella giornata di oggi. Non sarà nulla d’impegnativo, ma voglio che mostriate di che pasta sono fatti quelli della Starcorp. Sono stato chiaro?”
Nuova pausa, mentre il papero volgeva le spalle ai presenti, scrutandoli poi con la coda dell’occhio: “Tempest e Fitzroy, con me. Rupert, fa fare a Quackmore una breve visita guidata della torre e poi raggiungeteci entrambi nella redazione di 00 News.” Disse quell’ultima frase con un sorrisetto.
Sorriso che Rupert ricambiò con uno sguardo di pura gioia.
Quackmore capì al volo la verità: “Eheh! Il Capitano Bloom è senz’altro una gran brava persona. Sa che Rupert stravede per questo posto, ed ha voluto venirgli incontro… -Sorrise, continuando a riflettere:- Se non altro, per me sarà un’occasione concreta di riportare alla luce qualche ricordo... Inoltre, conoscere il luogo mi permetterà di fare sicuramente una buona figura. Devo solo stare attento a non farmi scoprire da Angus… Per fortuna, con questo travestimento e col trambusto provocato dall’evento, difficilmente farà caso a me. Oh, a proposito…”
Il gruppetto scomparve alla vista dei due, che rimasero così da soli nella Hall, assieme a qualche altra persona che si trovava lì di passaggio.
Quackmore prese a incamminarsi assieme al gigantesco papero, domandando poi a quest’ultimo: “Stavo pensando… Ehm… Qual è l’evento in programma, quest’oggi?”
“Come, non li leggi i giornali? Devi sapere che, tra poche ore…”
 
-Ducklair Tower, settantacinquesimo piano-
 
Grazie all’ascensore, Paperino si fece lasciare da Uno proprio al piano del palazzo in cui aveva sede 00 News.
Era leggermente su di giri: forse aveva assunto troppi zuccheri, grazie alla supercolazione propinatagli da Uno…
Ad ogni modo, si mosse verso la porta d’ingresso alla redazione: “Beh… Ecco che comincia l’ennesima giornata di torture. Oltretutto, oggi dovrò anche stare attento a non farmi vedere troppo insieme a Quackmore: qualcuno potrebbe insospettirsi, vedendo due paperi così simili confabulare. E, sinceramente, dubito che si berranno la storiella del “cugino d’oltre oceano”…”
Aperta la porta, il papero rimase basito: “Ma cosa…” Disse, incredulo.
La redazione di Canale 00 era piena di gente! Paperino stentò a crederci. Era dai tempi in cui combatteva contro gli Evroniani che non vedeva un simile viavai di persone!
Ne vide persino alcuni del servizio di vigilanza della Starcorp, con le loro uniformi rosse e grigie.
Angus, come sempre, sbraitava a più non posso. Cos’è che diceva?...
“Ma tu guarda come mi sono ridotto! Adesso mi tocca anche fare le interviste agli attori mediocri! Dov’è finita la notizia? Lo scoop da premio Pulitzer?”
Aguzzando la vista, a Paperino scappò un sorrisetto: vide una benda sulla testa del kiwi. Probabilmente, dovuta al pessimo “servizio di cortesia” ricevuto quando era andato a intervistare uno dei dirigenti della Eastern, azienda ora chiamata semplicemente Ducklair Enterprise: ma questo a Paperino ancora sfuggiva. (*Vedere numero precedente)
“Mmm… Deve proprio avere una testaccia dura, se si è già ripreso da un simile incidente… -Pensò il papero, guardandosi attorno:- Mmm… Non c’è Camera 9… La sua telecamera sarà ancora fuori uso…”
L’ufficio era ben arredato in tipico stile natalizio, e proprio in un angolo si ergeva un minuscolo quanto sintetico alberello ricolmo di decorazioni.
“Alla buon ora, pelandrone!” Una voce lo risvegliò dal turbinio di pensieri che l’avevano intorpidito. Spostò lo sguardo, incrociandolo con quello del Direttore.
Si passò una mano dietro la testa, grattandosi la nuca e facendosi piccolo: “Ehm… Scusi per il ritardo. Mi metto subito al lavoro.”
“Ecco, bravo. Oggi voglio vederti sveglio e scattante, in vista dell’evento!”
“Evento?!”
Dan sospirò, scuotendo il capo come a dire “Ma perché tutte a me?”, quindi…
“Una star di Patemi ha deciso di parlare della nuova puntata a tema natalizio in programma, e svelerà trama e retroscena in diretta… Ci ha concesso l’esclusiva.” Disse, con gli occhi chiusi ed un indice sollevato, come se stesse spiegando un qualcosa di una certa importanza.
Paperino strabuzzò gli occhi, sognante: “U-una star di Patemi? E’ per caso… Paperilla Starry?”
Nello stesso momento in cui disse il nome dell’attrice, prese a formarsi nella sua mente una scenetta da film.
 
Lui nei panni di Paperinik avvolto dal mantello che, con sguardo annoiato, soffiava sulla canna fumante della sua pistola multiuso. Una serie di Beati svenuti e contusi ai suoi piedi. E, ovviamente, l’attrice che lo fissava estasiata: “Oh, mio eroe… Come potrò mai ripagarti?”
“Non devi. E’ un mio dovere…”
 
Scenetta che si infranse in pochi istanti quando Angus Fangus, sentendo il dire del papero, rispose: “Macché! Magari… E’ quell’attorucolo da strapazzo di Sean LeDuck! Dice che sarà un evento straordinario. Una puntata indimenticabile. Puah! Secondo me, vuole solo cercare di avere di nuovo tutti i riflettori puntati addosso… Ed ha persino assunto delle guardie del corpo direttamente dalla Starcorp… Commentando che così sta più al sicuro. Come se qualcuno potesse avere il minimo interesse a sequestrarlo! Una montatura! Come quel suo presunto rapimento ad opera di “alieni”, mai confermato…” Commentò mettendo le virgolette con le dita.
Chissà perché, per una volta Paperino sentì di dover dar ragione al kiwi. Ad ogni modo, il sogno che gli si era infranto davanti agli occhi lo colpì nel profondo: “Urgh! Ed ecco che la cruda realtà si fa avanti. Sigh…” Pensò il papero, affranto.
 
-Intanto, nello stesso momento-
 
Le porte dell’ascensore si aprirono di nuovo, e due paperi ne vennero fuori.
“E questo è quanto.”
“Ah… Non sapevo che Brad van Beck fosse stato sostituito, per un certo periodo. Si sa come mai i produttori fecero questa scelta?”
Rupert fece spallucce: “Solo indiscrezioni. Qualche fanatico della Teoria del complotto ha portato avanti la teoria secondo cui van Beck fosse stato rapito dagli alieni.”
“Alieni?!” Domandò Quackmore, volendone sapere di più.
“Sì, sai… -Rupert prese a gesticolare, riducendo la sua voce ad un sussurro:- Paperi viola altissimi, con gli occhi completamente azzurri. Le solite storie. Oltretutto, hanno usato lo stesso artificio anche nella soap, per dare spiegazioni… Secondo me è stata solo un’idea per rilanciare la serie.”
Lo sguardo di Quackmore si fece cupo: “Già… Probabilmente hai ragione.” Nel mentre, pensò: “Questa me la farò raccontare per bene da Paperino, non appena ne avremo il tempo. Non immaginavo che anche gli Evroniani si interessassero di soap…” (*Se neanche voi lo pensavate, andate a rileggervi PKNA#15: “Motore/Azione”)
“Sarà meglio muoversi…” Disse ad un certo punto Rupert, puntando gli occhi sul Capitano Bloom. Il papero aveva messo mano alla sua cipolla, controllando l’ora. Essì, era decisamente il caso di darsi una mossa!
Lo raggiunsero in pochi passi, mentre Quackmore andava a scoccare una rapida occhiata alla sua “controparte”. Forse proprio per questo il papero non si accorse di battere nuovamente contro Angus Fangus. Il kiwi sussultò, smettendo di sbraitare, e si volse verso chi gli era venuto addosso. Lo sguardo, all’inizio piuttosto aggrottato, si rilassò in un’espressione di lieve sorpresa: “Mmm…” Mugugnò, ispezionando il papero.
“Sbaglio, o sei lo stesso tizio di poco fa?” Domandò.
Quackmore abbassò la visiera davanti al cappello, nel vano tentativo di nascondere il viso, commentando: “Temo si sbagli. Non la conosco affatto, signore.”
Lo sguardo indagatore dell’inviato non gli si scollò di dosso.
Per fortuna, ci pensò Rupert a risolvere la questione. Frappose il braccio tra i due, guardando in cagnesco in direzione del kiwi: “La prego di scansarsi, signore. Stiamo lavorando.” Disse, secco.
Beh, l’inviato ci mise pochi secondi a comprendere che non gli sarebbe convenuto rispondere come suo solito a quella gentile richiesta… Anche perché portava ancora in testa i segni dell’ultima volta in cui s’era mostrato sgarbato al cospetto di qualcuno piuttosto ben piazzato.
Bofonchiò qualcosa a mezza bocca, facendosi da parte. Paperino, da lontano, non poté che gustarsi compiaciuto la scena con le braccia incrociate al petto: “Eheh! Ben ti sta, Angus!” Pensò, prima che qualcuno lo riportasse alla realtà.
“Allora??? Ti vuoi dare una mossa o no?” Sbraitò il Direttore.
“Urgh! V-volo!” Rispose il papero, afferrando il carrello ricolmo di materiale ed iniziando a spingerlo verso l’uscita della stanza.
 
Il viavai continuò per diversi minuti. C’era gente che correva in ogni direzione: chi indaffarato con delle scartoffie, chi trasportando cavi e cavetti. Ad ogni modo, pian piano il grosso delle persone andò a spostarsi verso la sala di registrazione, dove presto sarebbe giunto l’attore.
Il Capitano Bloom diede le direttive anche a Rupert ed a Quackmore: quest’ultimo si sarebbe occupato semplicemente di sorvegliare l’entrata. Non era un grande impiego, ma dopotutto si trovava ancora in prova…
Non avrebbe neanche indossato l’uniforme, se la situazione… non l’avesse richiesto. In effetti, portava ancora con sé la busta con dentro i suoi panni. Gettarla via era impensabile: anche se aveva sbagliato colori, almeno il pantalone viola avrebbe potuto conservarlo… Non che intendesse indossarlo ancora, chiaramente!
Ad ogni modo, dopo qualche minuto, la “grande star” fece la sua entrata in scena. Una macchina si fermò proprio di fronte alla torre e la portiera si aprì, permettendo all’attore di scendere dalla vettura e salutare con un gesto infantile… le poche persone lì radunate.
 
Una giovane papera portò il microfono vicino al becco, guardando dritto nell’obbiettivo della telecamera: “E’ finalmente con noi Sean LeDuck, uno dei due cugini Royce nella famosa soap opera Patemi. Non ci sono molti fan ad attenderlo ma, del resto, non c’erano ancora notizie ufficiali…”
Quest’ultima parte la disse con un sorriso volutamente forzato, mentre gli occhi mostravano una lieve perplessità.
Angus, che guardava direttamente dallo schermo della sala di registrazione, si batté un palmo sulla fronte, stando bene attento a non picchiare sulla “zona lesa”: “Accidenti! Questo servizio sarà un fiasco… Già me lo sento.” Commentò.
 
-E così…-
 
L’attore passò di fronte all’entrata, superando Quackmore che, sforzandosi di rimanere impassibile, non mosse neanche gli occhi per seguire il movimento della star.
“Oh, che emozione… Anche se avrei preferito che fosse Paperilla. Va beh, immagino che dovrò accontentarmi…” Pensò.
 
LeDuck entrò nell’ascensore, seguito a breve distanza da Tempest. La donna sembrò a malapena considerarlo, dirigendosi nell’ascensore e premendo il tasto del settantacinquesimo piano senza mostrare alcuna emozione. Il papero ne rimase colpito.
“Però! Accidenti, che professionalità. Si trova vicino ad una star di quel calibro, e neanche batte ciglio…”
Povero Quackmore: non poteva sapere che la popolarità di quell’attore era in declino già da parecchio tempo. Del resto, lui non sapeva neanche che Brad van Beck era stato sostituito. O meglio, poteva immaginarlo, visto che l’ultima volta che l’aveva visto, l’attore era stato quasi coolflamizzato dagli Evroniani… Già… Gli Evroniani.
Cercò di ricordare il suo primo scontro con la letale razza di vampiri succhia-emozioni…
 
Un’immagine di lui, in costume e maschera, che brandiva lo scudo tecnologico di Ducklair di fronte ad un guerriero evroniano. L’alieno teneva in ostaggio proprio Paperilla, ed era ben restio dal lasciarsi convincere a liberarla. Ricordò come aveva usato benissimo il prototipo fornitogli da Uno, riuscendo in breve tempo a portare a casa una schiacciante vittoria. Ma… ricordò anche che van Beck era stato rapito dagli Evroniani!!! Se non sapeva della sua liberazione, doveva esser successo dopo che lui era finito in questa nuova dimensione, giusto? Ma…
 
Un flash improvviso, ed un dolore lancinante gli attraversò la testa.
Il papero si afferrò le tempie, chiudendo gli occhi e chinandosi appena in avanti: “Nngh…” Gemette.
“E’ tutto ok?” Gli domandò la giornalista di poco prima, preoccupata.
Lui riprese un contegno, rialzandosi e riprendendo fiato: “S-sì. Non è niente… Sa, l’emozione di trovarsi davanti ad una grande star…” Si giustificò.
Nuovamente, la papera mostrò un sorriso volutamente forzato, congedandosi e andando per la sua strada.
“Perché non riesco a ricordare bene gli ultimi momenti della mia precedente vita? Non capisco…” Neanche si sforzò di rifletterci su: sentiva ancora dolore per la sensazione provata poco prima!
 
-Spostiamoci per un attimo al settantacinquesimo piano…-
 
Sean LeDuck raggiunse il piano dell’emittente televisiva ricolmo di orgoglio. Sorrise infantilmente a tutti quelli che gli passavano vicino.
Quando giunse in sala di registrazione, trovò solamente Angus, seduto su di una poltrona e vestito di tutto punto. C’era un’altra poltrona a qualche metro dal kiwi: probabilmente quella su cui l’attore avrebbe dovuto sedersi.
Allungò la mano verso il giornalista, con lo stesso sorriso ebete in faccia.
“Tsk! Non ci sperare…” Gli rispose acido l’altro.
Qualcuno in sala ridacchiò, mentre lo sguardo smarrito di LeDuck andava ad incrociarsi con quello del Direttore… Inutilmente, visto che quest’ultimo aveva le iridi ben puntate su Angus, mentre il colorito del suo viso si era fatto rosso di collera.
Angus grugnì, alzandosi ed afferrando svogliatamente la mano dell’attore: “Sgrunt!”
Diede un’occhiata altrove, pensando: “Sarà meglio cominciare… Così mettiamo subito fine a questo scempio!”
La spia sulla telecamera si accese, mentre le immagini in diretta cominciavano ad esser visibili sugli schermi dello studio di registrazione.
Angus si sforzò di parlare, pur mantenendo la solita espressione amareggiata: “Buonasera, cari telespettatori. Si trova oggi qui con noi una vera e propria star, che di certo non farete fatica a riconoscere: l’attore Sean LeDuck, alias Perceval Bently Royce nella soap opera Patemi… Allora, Sean. Ti trovi qui con noi per parlarci della puntata natalizia. Come…” Biascicò, cercando di mantenersi calmo.
Il papero piegò i lati del becco in un sorriso stupido, portando le mani avanti: “Non così in fretta, se non ti dispiace… -Volse lo sguardo dritto verso la telecamera, continuando a mostrare la solita espressione infantile:- Prima, se non ti dispiace, vorrei ripercorrere assieme a te ed ai miei TANTI ammiratori in ascolto gli anni trascorsi sul set. Sempre se non ti dispiace…”
Tre volte “Se non ti dispiace”… Aveva ucciso per molto meno, il nostro kiwi.
L’inviato portò lo sguardo sconvolto oltre la telecamera, puntando le iridi sul Direttore della redazione. Quest’ultimo si limitò ad un semplice cenno della testa, come a dire “Lascialo fare”.
Angus trattenne a stento un’imprecazione, rivolgendosi direttamente all’attore e dicendo: “M-ma certo, faccia pure. Siamo qui per questo…”
“Molto bene! Allora comincerei proprio dagli albori! Dunque… Avevo appena ottenuto la parte come Perceval Bently Royce al posto di Dan van Beck. Non Perceval Bently Royce il cugino ricco, ma proprio l’unico e il solo Perceval Bentley Royce. Essì, se ben ricordate, a quel periodo c’era un solo Perceval Bently Royce e…”
“Sob…”
 
Intanto, proprio dietro alle telecamere, Paperino sghignazzava sotto ai baffi: “Ihihih! Decisamente non è la tua giornata fortunata, Angus!” Pensò.
In quel momento, Ziggy gli si avvicinò, dicendo: “Ehi, Paperino. Qualcuno ti vuole al telefono.”
Il papero si volse: “Qualcuno?! Chi?”
Ed il papero coi rasta ripeté: “Qualcuno. Mi ha detto: “Dì a Paperino che qualcuno lo vuole”…”
Il papero si grattò dietro la testa, quindi realizzò: “Aaah… QualcUno! Ho capito. Ti ringrazio, aspettavo giusto una chiamata da parte di qualcUno!”
Ziggy rimase basito, seguendo Paperino con lo sguardo: “Bah, chi lo capisce è bravo…”
 
Lo sguardo del papero in blusa da marinaio si fece torvo.
“Mmm… Mi sa che ci sono dei guai in arrivo…” Pensò, una volta raggiunto l’apparecchio telefonico.
-Driiin! Driiin!-
Diede un’occhiata alle sue spalle: “Perfetto! Sono tutti impegnati a seguire la diretta. Nessuno farà caso ad un fattorino che silenziosamente si defila…”
-Driin! Drii…-
Passò di fianco al telefono, superandolo senza neanche alzare la cornetta. Nello stesso istante, l’apparecchio non emise più alcuno squillo: “…anche perché non saprei proprio che scusa inventare, nel caso mi fermassero.”
Arrivato di fronte all’ascensore, vide le porte aprirsi da sé. Un’ultima occhiata in giro, per esser sicuro che nessuno lo notasse e… entrò deciso all’interno della cabina.
L’ascensore si attivò senza che il papero avesse premuto alcun bottone e prese a salire su, sempre più su, verso il Piano segreto.
Non appena le porte tornarono ad aprirsi, Paperino si mosse rapidamente verso l’intelligenza artificiale: “E’ quello che penso?”
La testa verde si volse verso l’eroe, mostrandosi estremamente rilassata: “Oh, sì. A quanto sembra, lo squarcio dimensionale si è nuovamente aperto. Solo che…”
“Solo che?”
Un grafico si disegnò sullo schermo gigante, mostrando una curva piuttosto bassa e rettilinea: “Questo mi dice ben poco, Uno…” Mormorò Paperino con sguardo amareggiato.
“Beh… Allora vedrai direttamente quando sarai giunto lì.”
 
-Poco meno di un’ora dopo, qualche piano più sotto…-
 
Noia… Noia totale. Era dunque questo il nuovo lavoro che s’era scelto? Stare fermo immobile a fare la guardia, aspettando e forse sperando che le cose volgessero al peggio per muoversi?
Beh… Ad una parte di lui questo non dispiaceva affatto.
“Massì… Sta procedendo bene.  Se tutte le successive mansioni saranno così, potrò guadagnare un buono stipendio senza alzare neanche un dito…” Pensò, portando le mani dietro la testa e poggiandosi con la schiena al muro.
“Del resto, se le cose volgessero al peggio ci penserebbe Rupert, no? Eheh! Non avrò bisogno di alzare neanche un dito…”
-Driin! Driin!-
Il telefono squillò proprio in quel momento. Un addetto alla sorveglianza rispose: “Pronto?”
Quindi, dopo aver messo la mano sul foro della cornetta per attutire il suono, disse a gran voce: “Quackmore Coot? C’è una chiamata per Quackmore Coot.”
Le ultime parole famose.
“Sgrunt!” Esclamò il papero, lasciando il suo posto e muovendosi verso l’apparecchio. L’addetto gli passò la cornetta con estrema gentilezza e lui se la pigiò subito vicino all’orecchio: non ci voleva un genio per capire chi fosse a cercarlo.
E non ci voleva un genio per capire che c’erano dei problemi, se qualcUno l’aveva chiamato, proprio in quel momento.
Dall’altro capo del telefono, una voce sintetica esclamò: “Vieni subito al Piano segreto!”
“Che succede, Un- Ehm… Che succede, zia?” Rispose, mordendosi la lingua. Non era il caso di far sapere al mondo che stava avendo una conversazione con un supercomputer.
Uno continuò: “E’ troppo lunga da spiegare al telefono! Mi serve il tuo aiuto.”
Le dita si strinsero forte attorno alla cornetta: “Mi pareva di esser stato chiaro, l’ultima volta… -Diede ancora un’occhiata in giro, prima di portare la mano davanti al becco e sussurrare:- Non voglio finire in mezzo a faccende strane. Sono solo un anonimo papero in prova come addetto alla sorveglianza: niente di più!”
“Ascolta… Non ti avrei chiamato,  se la situazione non lo avesse richiesto. Ma ho bisogno di te! Paperinik potrebbe essere in pericolo!”
“In che guaio s’è cacciato Paper- Ah-ehm… Il cuginastro è nei guai?” Ennesima occhiata in giro.
L’addetto che si trovava vicino a lui lo squadrò, perplesso.
“Il tempo stringe… Allora, che hai deciso?”
Ma perché doveva chiedere a lui? Non era tagliato per queste cose… Qui non si trattava di sgominare una banda di rapinatori… Chissà in quale incubo sarebbe stato trascinato dall’intelligenza artificiale…
Si rigirò per un po’ il filo del telefono tra le mani, quindi disse senza rimpianto: “Ne riparliamo dopo. Io al momento sto lavorando… A presto, zia.”
“Oh, accidenti! Ehm… Ti do qualche altro minuto per pensarci… La situazione peggiora… Click!” La chiamata cadde.
“Che succede? Ehi! Pronto?!”
-Ffffffzzzz…-
Tutto si fece buio di botto. Era saltata la corrente.
 
“Eh? Chi ha spento le luci?” Disse una voce, al settantacinquesimo piano.
Un’altra, in risposta, disse: “Qualcuno lassù che mi deve voler bene. Igh! Igh!”
 
-Tornando al pianterreno…-
 
“Un blackout?!” Mormorò Quackmore, avanzando a tentoni. Non si vedeva ad un palmo dal naso! L’unica era puntare deciso verso l’uscita…
-Stump!-
“Ouch!” Dritto contro il vetro dell’entrata. Tastò la superficie trasparente, dannando sé stesso per non aver considerato che le porte scorrevoli non funzionavano quando la corrente era staccata.
Un momento…”Corrente staccata?! E’ impossibile che salti la luce, qui!” Pensò, sconvolto.
“Accidenti alla mia solita sfortuna. Possibile non me ne vada mai una giusta?” Sbraitò.
“Ehi, calmati. Non è successo niente di grave.” Gli rispose l’addetto.
“UNO!” Continuò lui a gran voce, volgendosi verso l’oscurità.
“Ehm… Veramente siamo in due. Come facciamo ad uscire da qui?” Rispose una voce.
Si trattava di due giovani papere: una era la giornalista che gli era passata davanti poco prima.
L’addetto alla sicurezza si tolse il berretto dalla testa, tenendolo con entrambe le mani vicino al petto: “Ah… Non preoccupatevi. Vedrete che la corrente tornerà presto.” Disse, tentando di rassicurarle.
Ma Quackmore non era dello stesso avviso: “Ne dubito… Anzi, se l’istinto non m’inganna, i guai sono appena cominciati…” Era paura quella che si leggeva nella sua voce? Probabile. Lo sguardo del papero era serio all’apparenza, ma non era che una maschera.
-Brrrrooooommmm!!!-
Neanche fece in tempo a dire ciò, che tutto attorno al gruppo prese a tremare fragorosamente.
Le due papere, nonché l’addetto, stentarono a crederci! Era impossibile pensare che a Paperopoli, proprio in quel momento, ci fosse…
“Un terremoto!!!”
“Aaaah!!!” Gridò una delle due ragazze, mentre Quackmore poté vedere chiaramente la sua sagoma ricadere a terra su un fianco.
Si volse verso la porta: “Ok! D-dobbiamo assolutamente uscire da qui!” Si fiondò verso le porte scorrevoli, infilando le dita nel piccolo spazio tra le due lastre di vetro e prendendo a premere più forte che poté: “Nnnnngh!!! Andiamo… Apritiiiiiiiii!!!” Mugugnò, prendendo a tremolare per lo sforzo.
“Non voglio… Non voglio finire così!” Gridò l’altra papera, venuta in soccorso dell’amica caduta a terra.
Quackmore si staccò dalle porte, muovendosi a tentoni fino a trovare quello che, al tatto, gli sembrò essere un portaombrelli: “Niente panico, per cortesia!” Cercò di dire con voce autoritaria, per poi sussurrare tra sé e sé: “Sono già fin troppo spaventato di mio…”
La scossa di terremoto continuava, perciò gli fu assai difficile mantenere l’equilibrio. Sollevò il portaombrelli fin sopra la testa con un po’ di fatica, quindi flesse il corpo leggermente all’indietro: “Beh… Spero che anche in questa dimensione lo zione sia assicurato contro i danni!”
-Scrump!-
Il vetro s’incrinò in più punti, ma rimase ben intero: vetro di fattura “Ducklair”, senz’altro.
“Aspetta, ti aiuto.” Disse l’uomo, avvicinandosi. Raccolsero di nuovo il portaombrelli, portandolo sopra le loro teste.
“Uuuff! E menomale che sarebbe stato un lavoro tranquillo e rilassante… Mi rimangio quel che ho detto…”
-CRASH!-
Liberata la via dall’ostacolo delle lastre di vetro, l’addetto si diresse verso le due ragazze, prestando loro soccorso.
“Coraggio, da questa parte!” Gridò Quackmore, che intanto stava togliendo eventuali frammenti di vetro dalla via.
La paura iniziò a farsi sentire, ma il papero cercò di tenerla a bada. Sentì un formicolio, inizialmente localizzato nella zona della coda, salirgli rapidamente per tutta la schiena. Un terremoto a Paperopoli non l’aveva mai sentito, che ricordasse. O almeno non di quell’intensità!
Tornò indietro a dare supporto all’uomo. Del resto, svolgevano più o meno la stessa mansione, quindi potevano considerarsi “colleghi”. Accelerò il passo.
Uscire all’esterno comportò un gran dispendio di energie, considerando che doveva stare attento non solo a mantenere l’equilibrio del suo corpo, ma anche di quello delle due papere.
“Attente ai vetri!” Esclamò, raggiunto l’esterno.
C’era diversa gente radunata in strada, a formare un mucchio più o meno compatto: decisamente nessuno voleva rimanere dentro la propria casa, durante un terremoto di quella portata.
Staccatosi dalle due papere, Quackmore si volse nuovamente verso l’entrata della Ducklair Tower: “Rimanete qui! Io vado dentro a cercare di dare una mano agli altr- Uh? Perché guardano tutti il cielo?” Disse, dando un’occhiata attorno a sé e stupendosi del fatto che tutte quelle persone tenevano il capo rivolto verso l’alto. Qualcuno tese perfino il braccio ad indicare la volta celeste.
Reclinò la testa all’indietro, per poi sgranare gli occhi: “Quack! E quello cos’è???”
Il cielo era plumbeo, scuro… inquietante. Di nuovo quella sensazione istintiva. Paura, terrore… Un brivido lungo la schiena, che lo fece per l’ennesima volta raggelare.
-Crrr-crroooooommmm!!!-
Le iridi erano ben fisse sul gigantesco disco chiaro, dalla forma evanescente. I bordi, frastagliati, emettevano di tanto in tanto sottili scariche elettriche che s’irradiavano ramificate verso il centro dello squarcio. Ma se questo già di per sé costituiva motivo di sbigottimento, c’era un altro particolare assai insolito che senz’altro toglieva il fiato: dal foro cadevano fiocchi di una sostanza biancastra, soffice… fredda.
Ora sì che Quackmore iniziava ad aver paura!
“N-n-neve?!” Mormorò, con un filo di voce.
Così non andava affatto bene! Quella specie di fenditura aveva tutta l’aria di potersi allargare ancor di più… Ed Uno aveva detto che Paperinik non era in circolazione. Strinse i pugni: “Perché dev’essere un problema mio?” Pensò, muovendosi rapidamente verso l’interno della struttura.
“Salverò più gente possibile nel palazzo! Svolgerò la mia mansione… Io non sono un supereroe! Riesco a stento ad essere un eroe…”
Stava per imboccare l’entrata, quando uno dei presenti indicò il cielo: “Guardate!” Disse.
Istintivamente, reclinò di nuovo il capo in su.
E mentre il papero era ancora stretto nella morsa gelida della paura, il foro si richiuse sotto ai suoi occhi: esso divenne sempre più piccolo, per poi scomparire in brevissimo tempo. Rapidamente, come se fosse stato ricucito con forza. Le scariche si affievolirono, fino ad esaurirsi in un singolo, violento tuono che riecheggiò nell’aria per diversi istanti.
-CRAKOOOM!!!-
Persino il cielo si fece rapidamente più chiaro, mentre le nubi scomparvero alla vista, come si fosse trattato di un brutto sogno. E tutto, esclusa la scossa tellurica, parve tornare alla normalità. Un ultimo fiocco di neve cadde al suolo, sciogliendosi immediatamente sul manto stradale.
Le luci della Torre si riaccesero nello stesso istante.
E, sempre nello stesso istante, l’apparecchio telefonico della Hall riprese a suonare.
-Driin! Driin! Driin!-
Iniziò ad iperventilare: “Perché proprio io? Io sono solo Paperino… O al massimo Paperinik… Il difensore della giustizia… Come posso io da solo…”
-Driin! Driin! Driin!-
Il telefono continuò a squillare. Udì il suono fin dentro l’anima. Gli tornarono in mente diverse frasi sconclusionate:
Paperinik è scomparso!”
“Notte in bianco? Dì la verità: il pensiero di iniziare a sgobbare ti ha tenuto sveglio tutto il tempo, eh? Eheh!”
“E’ buffo farti simili raccomandazioni, sapendo che sei me stesso…”
 
-Driin! Driin! Driin!-
Accidenti! Non voleva esser coinvolto… E allora perché stava… La mano lentamente si avvicinò alla cornetta. Ne sfiorò la superficie per diversi secondi, quindi…
“Solo per questa volta, Uno… Ma, non appena vengo su, sarà bene che tu mi racconti per filo e per segno come si è svolta la faccenda…” Sibilò a becco stretto, riagganciando senza dare il tempo di controbattere al supercomputer.
 
-Un’ora prima, stesso luogo-
 
Paperino s’era cambiato in fretta e furia, mettendosi l’uniforme da Paperinik e dirigendosi verso il parcheggio all’interno della torre. La Pi-kar era sempre lì ad aspettarlo. Con essa aveva quindi imboccato una delle tante uscite segrete della Torre ed aveva preso a volare, diretto verso il punto indicato dal supercomputer. Così, quando giunse sul luogo…
 
“Ma… E’ minuscola!!!” Esclamò, sgranando gli occhi mentre il cappellino gli si alzava sopra la testa. Stavolta il foro s’era aperto parecchio in basso, quasi a ridosso del terreno. Attorno, solo una landa deserta, con qualche rara macchia di verde.
Una voce proveniente da una specie di auricolare gli disse: “Non lasciarti ingannare dalle apparenze! E’ molto più  violenta della volta scorsa. Comunque, se i miei calcoli sono esatti -E di solito lo sono!-, il diametro del foro è di appena… cinquanta, forse sessanta centimetri.”
Il papero si passò una mano sotto al mento, volgendosi alle sue spalle: “Beh… Potrei richiuderlo con gli “attrezzi del mestiere”, però… -Mugugnò, dando un’occhiata agli strani oggetti che Uno gli aveva fornito. Uno sembrava proprio una pistola con una piccola parabola davanti:- E se fosse un altro di quegli strani “fiori” dell’ultima volta a produrre il fenomeno?” (*PKNA#51: “Squarcio dimensionale”)
“Beh, visto e considerato che il film è stato alterato più volte, direi che decisamente non si tratta di un qualcosa di naturale. Questo foro potrebbe essere solo il primo di una lunga serie. Forse se ne sta per aprire proprio adesso un altro, mentre indugiamo. Non c’è più tempo, Pikappa: devi intervenire subito!”
 “Senza Extransformer…” Rispose prontamente il papero, sospirando.
“Già, senza Extransformer. Ma con un arsenale da far paura ad un esercito!”
Un lieve sorriso andò formandosi sul lato del becco dell’eroe. Afferrò uno degli oggetti posti nel mucchietto alle sue spalle, brandendolo come fosse un bazooka.
“Il Paralizzatore bradionico. E’ analogo a quello dell’Extransformer, perciò non avrai problemi ad usarlo. Inoltre, come avrai notato, è molto meno pesante di quel che sembra.”
“Oplà!” Esclamò Paperinik, passandosi l’arma da un braccio all’altro con estrema facilità e puntandola poi verso una direzione a caso.
“Un’intero sacchetto d’incrementatori gravitazionali!” Proseguì Uno.
L’eroe si passò tra le dita il minuscolo congegno simile ad una biglia verde: “Eheh! Più sono grossi, più fanno fracasso quando cadono a terra… Con questo gioiellino anche con quelli più piccoli ottengo lo stesso effetto.”
“E come dimenticare le granate a impulsi elettromagnetici? Certo, ti serviranno per la missione, ma potrai benissimo usarle anche come arma di difesa.”
L’eroe sorrise, beffardo: “Dovrò assicurarmi di esser ben lontano, quando il timer arriverà a zero.”
Si infilò l’imbragatura a tracolla contenente le granate.
Gonfiò il petto, guardando verso il cielo. Se avesse avuto uno specchio, lì con sé, di certo si sarebbe sentito come il classico eroe da film d’azione! Gli mancava solo la bandana rossa in testa.
“Oook! Adesso ti senti più sicuro, eh? Ihih!”
La voce di Uno prese un tono più serio, ora che andava a dare quella che riteneva essere l’informazione più importante: “Ora, ascoltami bene. Se qualcosa dovesse andare storto, rammenta che dovrai usare lo switch di ritorno. Si trova vicino al calcio del Paralizzatore bradionico.”
Gli occhi di Paperinik si spostarono verso la zona dell’arma indicatagli dal supercomputer, constatando che il minuscolo congegno con tanto di antennina si trovava proprio lì. Era meglio tenerlo a mente, considerando che non voleva neanche minimamente considerare l’ipotesi di rimaner bloccato in un’altra dimensione: gli era già bastata la faccenda del rientro a casa di Urk!
Fece un sorriso di sufficienza: “Tsé! Non preoccuparti, Uno! Filerà tutto liscio come l’olio. Del resto, cosa mai potrebbe andar storto?” Concluse, passando attraverso il minuto squarcio.
Non appena andò a trovarsi dall’altra parte, le comunicazioni con Uno cessarono. Del resto, era ovvio che fosse così: ora si trovava in un’altra dimensione.
“Mh… Curioso…” Commentò, guardandosi attorno. Un fiocco di neve gli finì sul becco.
Tremolò: “Brrr! Sarà bene trovare subito l’origine del problema, prima di diventare un ghiacciolo.”
Prese dunque a incamminarsi per la landa desolata…
 
-Ducklair Tower, tempo presente-
 
“E’ così che si è svolta la faccenda. Le alterazioni del film si sono rigenerate, ma ne sto tenendo una aperta di proposito. E’ molto instabile, perciò non ho idea di quanto potrà ancora reggere.” Disse l’intelligenza artificiale, fissando dei grafici sul grande schermo rettangolare.
Un papero in divisa da sorvegliante se ne stava lì in piedi, tambureggiando con la zampa. La parrucca bionda, nonché il cappello, erano adagiati sulla poltrona dove l’altro sé stesso era solito sedersi. Non lui, però… Già, forse all’esterno poteva apparire identico a Paperino, ma il loro carattere era ben differente.
Sospirò: “Ammettendo che io abbia capito ogni particolare del tuo racconto – il che, è tutto un dire- ti ripeto la domanda: perché ti serve il mio aiuto?”
All’interno del Piano segreto, Uno mostrava un’espressione assai preoccupata: “Perché il vecchio mantello è rimasto bloccato nell’altra dimensione senza possibilità di ritorno, visto che l’alterazione originale è scomparsa…” Un vano si aprì, mostrando un apparecchio di minute dimensioni, dallo schermo lievemente incrinato e bruciacchiato: “Questo è lo switch di ritorno. Te ne abbiamo già mostrato uno, ricordi? Bene, senza di questo, Paperinik è spacciato.”
Il papero deglutì, incerto: “Quindi… Come farò ad aiutarlo?”
Il supercomputer tacque per qualche secondo, come se cercasse le parole giuste… “Dovrai andare nell’altra dimensione a prenderlo. Poi, entrambi userete lo switch per tornare qua.”
Se lo aspettava… Ecco una situazione pazzesca… Perché proprio lui?
Quackmore si diresse verso la vetrata, poggiando il palmo su di essa e scrutando la città… la SUA città, in subbuglio per via del terremoto.
No… Non era la sua città! Non più. Lui non era un supereroe! Perché aveva bisogno proprio di lui, ora che la situazione verteva al peggio?
Si girò di scatto, aggrottando la fronte: “Non lo farò!”
“Eh?”
“Non puoi mandare proprio me a risolvere una cosa del genere. Io… Non so nemmeno a cosa vado incontro! L’altro me stesso è stato impulsivo! Io non lo sono…”
“Stai parlando della stessa persona, socio…”
Un ennesimo moto di rabbia. Divenne rosso di collera: “No, Uno! Io non sono il tuo “socio”! Non sono Paperinik… Non sono neanche Paperino!”
Calciò un macchinario lì vicino, facendosi un male assurdo al piede. Tuttavia, l’adrenalina gli consentì di non darlo a vedere troppo. Agguantò cappello e parrucca, recandosi senza esitazione verso l’ascensore.
“Se attraversi quelle porte… -Disse Uno, con estrema calma:- …non potrai più fare niente. C’è un altro foro dimensionale proprio al di sotto di Paperopoli, a qualche metro di distanza dalla superficie. Dovrò presto chiuderlo,  attingendo a tutta l’energia disponibile nella Torre, come ho fatto prima…”
Quackmore esitò di fronte all’entrata, rimanendo in attesa.
La testa verde proseguì: “Ma… tieni presente che, sistemata anche quest’ultima alterazione, non avremo più alcun modo di raggiungere Pikappa, ovunque egli sia… Dobbiamo agire ora che il tessuto dimensionale è ancora instabile…”
Il papero tremolò visibilmente, lasciando cadere il capo in avanti: “Non mi lasci scelta…” Mormorò infine.
“Non ho alternative.” Rispose Uno, spiccio.
Il papero inspirò profondamente.
 
-Qualche minuto dopo, fuori da Paperopoli-
 
“Dunque… Questa è la stessa latitudine e longitudine nella quale Paperinik si trovava al momento dell’entrata attraverso il film dimensionale. Non solo! Sono riuscito a posizionarti esattamente dove si trovava lui…” Commentò una voce computerizzata.
“Lo vedo, Uno… Ci sono persino le sue impronte…” Rispose un’altra voce, lievemente più stridula ma senz’altro naturale.
“Piuttosto…” Proseguì la voce stridula.
Il papero si osservò, in qualche modo sentendosi estasiato a indossare quell’uniforme bianco immacolato che si ritrovava ora addosso: “Mi spieghi dove tenevi nascosta questa tua dote segreta? Eheh! Non sapevo fossi anche uno stilista.”
Doveva ammettere che quel computer sapeva davvero farci! Nonostante indossasse dei guanti, poteva sentire con chiarezza ogni sensazione tattile, proprio come se non li avesse affatto portati. Ed il resto del corpo… Non solo non avvertiva il minimo freddo, nonostante fosse quasi il periodo natalizio, ma avvertiva persino un tenue tepore!
Il supercomputer esclamò, con superbia: “Ih!Ih! A dirti la verità, la tuta tattica che indossi era nel ripostiglio già da un bel po’ di tempo. Il socio l’ha usata una volta soltanto, parecchio tempo fa…” (*Sulle vette innevate di Cape Dominion in PKNA#07: “Invasione!”)
Il papero si osservò ancora, mentre la voce computerizzata continuava a uscire dalla cintura della tuta: “Non c’è più tempo… Ora ti spiego i dettagli della missione, ascoltami bene.”
Inspirò profondamente, cercando di calmarsi: oramai era in ballo, tanto valeva ballare.
“Dunque… E’ stata una vera e propria fortuna che lo switch di ritorno di Pikappa sia ritornato. In questo modo, abbiamo la giusta frequenza per aprire un portale nella dimensione giusta.”
“D-dimensione giusta? Stai dicendo che ce n’è più di una?” In verità, la vera domanda che frullava nella mente di Quackmore era un’altra: “Sta dicendo che potrei finire nella dimensione sbagliata???”
“Più di una, Quackmore. E tutte s’intersecano l’una sull’altra. Basta un millimetro, una quantità lievemente insufficiente di energia, e potremmo aprire lo squarcio nella dimensione errata. Per fortuna, come ti ripeto, lo switch ha tracciato tutte le variabili possibili per permetterci di non sbagliare.”
 
Ovviamente, il computer si guardò bene dal dire al papero che c’era una minima possibilità di errore. Non si sognò nemmeno di accennarlo! Del resto, aveva bisogno che il clone facesse quanto pattuito… In altra maniera… “Se la faccenda dovesse andare storta… Sarò costretto a chiedere aiuto a Zheron. Spero di non arrivare a questo.” Rifletté il computer, all’interno della Torre.
 
Il papero incrociò le braccia: “Ah, sì. Ora ricordo… Ne abbiamo già parlato la volta scorsa, anche se in quell’occasione ero troppo sconvolto per ricordare perfettamente.”
Afferrò uno degli strumenti che Uno gli aveva fatto portare dietro: sembrava una pistola con attaccata una parabola satellitare: “Beh… Mi dici tu dove sparare?”
La voce computerizzata rispose con tono concitato, seppur assai serioso: “Un’ultima cosa, prima che tu vada. Quando avrai trovato Paperinik, dovrai stargli ben appiccicato per sfruttare il suo tracciato biocinetico e poter così tornare indietro. Solo in questa maniera imboccherete sicuri la via del ritorno… Hai una sola possibilità: non appena avrai attraversato la distorsione, chiuderò il foro che si trova sotto a Paperopoli, e quindi si andrà a riformare il film anche in questa zona. Assicurati di tornare col socio, perché se fallisci…“ Non concluse la frase: era intuibile cosa volesse dire.
“Mh, tutto chiaro… Posso andare? Inizio ad avere caldo…”
Un commento dovuto senz’altro al fatto che Quackmore, come Paperino del resto, mal sopportava quei discorsi da “mammina premurosa”. Ciò nondimeno, non voleva dare al suo cervello il tempo di prendere a speculare sui possibili “se” e “ma” di tutta quella faccenda.
Uno comprese appieno i sentimenti del papero, e dunque disse senza più indugiare: “Fai circa due passi alla tua destra, poi solleva le braccia parallelamente al terreno e spara. L’arma è già settata.”
Il papero in costume bianco chinò lo sguardo, fissando gli stivali e cominciando a muovere incerti passi: si chiese se avrebbe funzionato, chiaramente…
Sollevò l’arma, premendo il grilletto…
-Vuuuummm!-
Diverse onde di forma circolare si liberarono nell’aria, davanti a lui. Sulle prime, non parve succedere nulla. Ci volle qualche secondo prima che Quackmore potesse vedere all’effettivo la realtà distorcersi di fronte a lui come fosse uno specchio deformante, per poi far posto a quella che sembrava apparentemente una membrana liquida palpitante. Oltre di essa, una specie di panorama incomprensibile: il colore dominante sembrava essere il bianco, in ogni caso.
Inspirò profondamente, mantenendo lo sguardo fisso di fronte a sé.
“Quackmore…”
“Prepara una manciata di frittelle per quando torniamo…”Lo zittì subito, lanciandosi all’interno della distorsione.
Dallo schermo gigante del Piano segreto, Uno aggrottò lo sguardo, mentre diversi pannelli attorno a lui andavano ad accendersi.
La luce principale si spense, venendo sostituita da una verde intenso, d’emergenza.
 
Al settantacinquesimo piano, una voce commentò nell’oscurità più totale: “Oh, no! Un altro blackout! Forse dovremmo abbandonare la Torre… Anche se è strutturata per resistere ai terremoti, non mi fido…”
“S-sì, andiamo via…” Rispose un’altra.
“Tsk! Pappemolli. Dalle mie parti, un sisma di questa portata lo chiamano “scossa di lieve entità”!” Commentò una terza voce, acida.
-Brrroooo…-
“Eh? N-non trema più!”
-Flash!-
“…E si sono riaccese le luci!!!” Concluse, il Direttore.
Angus incrociò le braccia: “Ve l’avevo detto… Igh! Igh!”
Nascosto sotto al tavolo, LeDuck se ne stava ben nascosto, tremolante. Si alzò in piedi e cercò di riprendere un contegno, pur tremando ancora: “Ehm… Vogliamo proseguire?”
Entrambi fissarono basito il papero: “Ma… Ne è sicuro?”
“C-certo… N-non sono affatto spaventato. E poi anche lui ha detto c-che non c’è da preoccuparsi…”
Il kiwi si passò una mano sul viso: “Perché non imparo a tacere?”
 
L’illuminazione tornò anche al Piano segreto, mentre i grafici sullo schermo gigante andavano a mostrare valori in rapida discesa, fino a tornare ad una situazione di normalità.
La testa verde spense lo schermo, chinando il becco verso il basso e lasciando trasparire una leggera tensione sul volto digitale.
“Buona fortuna… Pikappa!”
 
-Altra dimensione-
 
Una folata di vento gelido gli fece vibrare violentemente la coda. Strinse il mantello a sé per tutta la sua lunghezza, arrivando quasi a lacerarlo. Quanto tempo era passato? Forse gli sarebbe convenuto cercarsi un riparo, invece di rimanere lì a beccarsi tutto quel gelo.
“B-b-brrr… Finirò s-s-surgelato in una d-d-dimensione apparentemente deserta… N-n-nientemale come ultimo atto della mia vita come s-s-supereroe…” Commentò il papero, oramai allo stremo delle forze.
Non sentiva più le estremità. Anzi, a dirla tutta, più volte si era trovato ad osservare gli stivali, chiedendosi se, al loro interno, vi fossero davvero le sue zampe.
I polmoni gli bruciavano: respirare quell’aria era come prendere un mattone in pieno petto. Le forze lo stavano lentamente abbandonando: “Brrr…”
Si agitò un poco: in parte per cercare di scaldare i muscoli, un po’ per far cadere la neve che si era accumulata sul mantello.
Il tempo stringeva pericolosamente. Non avrebbe resistito a lungo. O forse… non avrebbe resistito affatto.
Iniziò a vaneggiare: “Che freddo… Come vorrei potermi scaldare al fuoco… Sì… Il fuoco del camino di Nonna Papera. Come ogni N-Natale…”
 
La mente iniziava a giocargli brutti scherzi. Vide il paesaggio mutare, mentre un’eterea quanto irreale stanza arredata prendeva forma attorno a lui.
Il fuoco nel camino, le poltrone disposte tutte attorno, l’odore di zuppa di legumi… Inspirò profondamente, sentendo il dolce profumo venir quasi alle sue narici.
“Coraggio, Paperino! E’ pronto in tavola. Vieni, prima che si raffreddi!” Disse un’anziana voce, dalla stanza accanto.
 
Il papero si accasciò in avanti, ricadendo sul manto innevato: “Arrivo, nonna… Arrivo…” Bisbigliò, con le ultime forze. Poi si addormentò.
Passò un tempo indefinito, prima che una sagoma si andasse a definire all’orizzonte.
L’ombra tirò fuori dalla neve il corpo esanime del papero, scrutandolo con attenzione, quindi mormorò: “Paperinik?! Non è possibile…”
Lasciò cadere lo strano strumento a forma di fiore che teneva sottobraccio. Il grosso oggetto sprofondò appena nella neve.
-Frump! Frump! Frump!-
Un rumore di passi! La sagoma si voltò di scatto, come allarmata da quel suono.
La luce del sole andò a donarle forma e colori. L’armatura color porpora luccicò per qualche istante sotto ai tenui, esigui raggi che riuscivano a superare la coltre e giungere fino al terreno.
“Chi mai…” Sussurrò.
L’occhio bionico scrutò sulla lunga distanza, davanti a sé, mettendo quindi a fuoco l’immagine di un altro papero. Anzi, dello STESSO papero! Solo, vestito in modo diverso…
“Capisco…” Commentò dopo qualche secondo, volgendosi verso il corpo esanime dell’eroe, alle sue spalle: “Dunque, non sei il Paperinik di questa realtà. Ora mi spiego come sia possibile che tu sia vivo… Mi domando…”
Un ghigno comparve sul becco di rapace: “…mi domando se anche nella dimensione da cui provieni abbiamo condiviso del TEMPO assieme…”
Batté i poderosi pugni l’uno contro l’altro, facendoli illuminare di verde: “Parlando di tempo… il tuo non è ancora giunto. Forse sei qui per me, forse per… la strana distorsione di prima. Forse ne hai persino compreso l’origine… o lo scopo…”
Spostò lo sguardo sul “fiore”, oramai visibilmente danneggiato, prima di riportare gli occhi sull’eroe. I pugni erano oramai carichi d’energia…
“Ad ogni modo, il tempo è denaro. E’ ora di salutarci, Paperinik. Ihih!”
Puntò le braccia verso il Nostro, sparando un fascio di luce verdognola direttamente sul corpo riverso a terra. La neve andò liquefacendosi quasi subito, lasciando il papero svenuto al centro di una piccola zona dove era possibile scorgere il marrone naturale del terreno. Lievi fili di vapore acqueo sbucavano dalla terra.
-Frump! Frump! Frump!-
I passi si facevano sempre più vicini! Era il momento di sparire.
“Devo lasciarti, papero guastafeste…” Continuò il rapace, raccogliendo di nuovo da terra la struttura causa dello squarcio dimensionale.
Un dito del papero prese a tremolare, mentre un mugolio si levava dal suo becco: “Oooh…”
Un ennesimo sorrisetto andò dipingendosi sul volto del Razziatore, mentre quest’ultimo veniva avvolto da un turbine verdognolo, sparendo alla vista.
Prima di sparire, sussurrò: “Vorrei poter dire “ci rivedremo in futuro”, ma chi può sapere come si muoveranno le sabbie del tempo, tra una dimensione e l’altra?”
La figura dell’altro Paperinik arrivò celermente poco dopo, mostrando un’espressione visibilmente scossa: “Ehi! Paperino! Paperino, sei vivo?” Gli disse, preoccupato. Lasciò cadere le armi a terra, fiondandosi verso il corpo riverso a terra.
L’altro lo allontanò con un lieve movimento della mano: “Mmm… Non… Paperino… Quando indosso questo costume, devi chiamarmi… Paperinik. Certe volte mi viene da pensare che tu non sia davvero il mio clone…” Si sollevò quasi subito da terra, per gran stupore di Quackmore.
Stava bene! Si osservò le mani: “Parlando d’altro… Che bel tepore! Eheh!”
“Eh? Tepore?!”
Una folata d’aria gelida lo costrinse ad ingobbirsi di nuovo, avvolto nel mantello: “Brrr!!! Torniamo a casa… Questa dimensione non mi ha portato altro che grane…” Concluse spicciamente, mentre l’altro gli porgeva lo switch.
Quackmore decise di non aggiungere altro, e così si appiccicò al papero, di modo da non rischiare di restare bloccato anche lui in quella dimensione assurda.
Un turbine verdastro avvolse i due, facendoli sparire.
Un fiocco di neve cadde esattamente sull’impronta lasciata dal papero in divisa bianca mentre, poco distante, i fiocchi di neve andavano lentamente a coprire l’orma ben più grande di un certo pirata del tempo.
 
Epilogo:
 
L’interno della Ducklair Tower era ancora intatto, tuttavia sedie, vasi e qualunque oggetto appeso alle pareti era finito rovinosamente al suolo.
Rimuginava su tutta quella faccenda. Sulle scelte che aveva fatto, sulla serie di eventi che l’avevano portato a trovarsi seduto lì.
Rimase immobile in quella posizione per tutto il tempo, prima che qualcuno gli sbraitasse contro: “Ah, sei qui! Dov’eri finito?”
Sollevò il capo con estrema lentezza, focalizzando lo sguardo sull’uomo vestito come lui. Ovviamente a parlare era stato quell’antipatico di Fitzroy.
“La trasmissione è finita da è un pezzo,  e LeDuck, nonché gran parte del personale della Torre, è stato evacuato. Cosa ci fai ancora qui?”
“Fatti gli affari tuoi!” Gli rispose, prontamente.
Una seconda voce zittì Fitzroy prima che potesse replicare.
Il papero si volse verso Mortimer: “Perché eri lontano dal piano assegnato, figliolo? L’edificio sta per esser sgomberato e tu non sei in posizione…”
Ci mancava solo quella, adesso! Come glielo spiegava? Non poteva certo dirgli la verità!
“Ehm… Io…”
Mortimer chinò il capo in avanti, troncando lì la faccenda: “Bando alle ciance. E’ tempo di tornare alla sede principale.”
Nessuno aggiunse altro, ed il gruppo prese dunque ad avviarsi verso l’esterno della Torre.
L’anziano papero si fermò pochi metri dopo, trattenendo Quackmore per il braccio. Gli altri proseguirono la loro marcia, distanziandoli.
Sicuro di non esser udito da nessuno, l’anziano papero mormorò: “Mi è giunta voce che sei stato tu a portare in salvo il personale, al pianterreno. Encomiabile… La prossima volta, però, cerca di eseguire alla lettera i miei comandi. Sono dell’idea che non si dovrebbe mai provare a fare gli eroi, specialmente se non si è tagliati per esserlo…”
“Parole sante!” Rispose mentalmente il papero.
“Ma… -Continuò l’altro, accennando un sorriso:- Ci sono situazioni in cui ci è imposto di fare delle scelte… di comportarci in questo modo. Situazioni che richiedono soluzioni rapide… Ed è lì che si vede davvero il carattere di qualcuno. Bel lavoro, Quackmore…”
“Eh? G-grazie…” Disse il papero, con un filo di voce.
Notò diverse squadre di soccorso che entravano di corsa per assicurarsi che la struttura avesse retto bene alla scossa.
“Come se qualcosa potesse davvero distruggere la Ducklair Tower!” Pensò, ironico.
Mortimer riprese a camminare, fermandosi poco dopo e dando le spalle al papero.
“Resterai ancora in prova… -Disse, proseguendo::- E’ troppo presto per dare un giudizio sul tuo operato. Voglio vederti ancora “all’opera”, prima di assumerti… Nel frattempo, non essendoci altri ingaggi previsti, direi che possiamo rivederci direttamente a Gennaio.”
Volse lo sguardo verso Quackmore: “Buone vacanze natalizie, figliolo.” Notò sul suo becco un sorriso gioviale.
Gli venne spontaneo fare altrettanto: “Buon Natale anche a lei…” Rispose, mentre il Comandante andava a congedarsi.
Rimase fermo sul posto, con lo sguardo perso nel vuoto.
Quella giornata non aveva fatto altro che portargli guai su guai… E allora perché si sentiva stranamente felice? Cacciò una mano in tasca, estraendone un biglietto: il numero di cellulare della giornalista che aveva tratto in salvo. Gliel’aveva dato il tizio della sorveglianza, non appena era uscito dall’ascensore. Scrutò le informazioni sul biglietto, ridacchiando: “Beh… Buon Natale, Quackmore Coot!”
Commentò, portando le mani in tasca e dirigendosi verso casa.
In fin dei conti, cercò di vedere il bicchiere mezzo pieno. La sua vita era senz’altro una sequela di stranezze, da quando si era ritrovato in quella diversa quanto familiare dimensione, ma cercò di tenere duro. Del resto lui non era un supereroe, non era tagliato per esserlo… Ma poteva comunque provarci!
Controllò la busta contenente i panni fatiscenti, concludendo: “Sarà bene che scelga un vestito adatto, in caso mi chieda di uscire. Eheh!”
 
-Fine-
 
 
 
 
-Coming soon-
 
I Beati sono oramai divenuti il chiodo fisso di Paperinik. Si muovono nell’ombra, cospirano… Si sono trasformati in poco tempo in una vera e propria piaga per la città di Paperopoli… Una piaga che l’eroe vorrebbe definitivamente debellare. Ma come stanarli? Sia lui che Uno non hanno la benché minima idea di dove scovarli, a meno di non utilizzare le doti di Zheron per rintracciarne le emozioni. Ma ecco che un’opportunità assai ghiotta viene offerta al vecchio mantello tarlato: una fonte attendibile gli fornisce delle prove concrete contro la Ducklair Enterprise. Che sia quello il covo segreto dell’Entità? Paperinik ha un solo modo per appurarlo: dare un’occhiata all’interno della struttura, stando bene attento a non farsi scoprire…
  
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