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Autore: Medea00    20/12/2012    22 recensioni
Blaine è un pianista, Sebastian un violinista, entrambi studenti al conservatorio Franz Liszt di New York. Si ritrovano costretti a suonare insieme per un concorso importantissimo che, lo sanno bene, se vinto determinerà la loro carriera.
Ma chi lo dice che non determinerà anche qualcos'altro tra loro due?
Tratto dal capitolo 9:
"Per questo Liszt ammirava molto Chopin. Per questo Liszt era l'unico in grado di suonare i brani di Chopin, come diceva lui stesso. Si capivano. Forse erano gli unici in grado di farlo.”
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 24

 

 

Tu sei per me la porta del Paradiso. Per te rinuncerei alla fama, al genio, ad ogni cosa.
--Fryderyk Chopin



 



Ognuno di noi porta una musica nel cuore.
Può essere qualcosa di semplice, come il suono della porta che si chiude quando torni a casa da tua moglie, la musica che trasmettono tutte le volte durante quei pomeriggi estivi, passati in un lampo, tra cotte, amici e divertimenti.
Può essere una canzone. Può essere una musica scelta, oppure, una inventata.
Ad ogni modo capita a tutti di fermarsi nel bel mezzo di un’azione: rimanere un po’ incantato, contemplare il vuoto ascoltando quella melodia che si estende tra le vibrazioni del tuo cuore, le amplifica, in modo più o meno giusto; perchè non si possono cambiare i ricordi, e se una volta ti è capitato di associare una musica ad una scena, una immagine, un pensiero, allora questa non cambierà.
Per Blaine e Sebastian era la musica classica, inutile a dirlo; se ne erano innamorati, in un modo travolgente ed inevitabile. Non lo avevano scelto: uno non sceglie quale musica amare, piuttosto avviene il contrario.
Ma allora perchè classica, e non pop, jazz, o qualunque altro genere?
Perchè la musica può esprimere emozioni. Ma la classica, lei le risveglia.
 
 
 
“Secondo te sono pronti?”
Kayla si era voltata facendo cenno a suo marito di sistemarle la lampo del vestito, cercando di ignorare le strilla dei nipoti che saltellavano intorno a loro ammirandoli estasiati: erano vestiti a modo per la serata e, assieme alla loro eleganza nel portamento, assomigliavano a entità di un’altra epoca. Robert, in risposta alla moglie, borbottò qualcosa restando sul vago, tipiche frasi fatte di chi non sa cosa dire.
Era il giorno del concorso e, a dire il vero, non si era mai sentito così agitato in vita sua, neanche dovesse suonare lui. Continuava a guardare l’orologio, sistemarsi la cravatta, aggiustarsi gli occhiali sul naso e ignorare qualsiasi domanda inopportuna della moglie.
“Beh, in ogni caso, sarà una bella serata, no?” La sentì esclamare con un sorriso un po’ forzato mentre si avvicinava per sistemare la cravatta al marito. Era un modo per ricordargli tutti i passi avanti che avevano fatto, sia lui, come insegnante, che loro, come studenti. Aveva riscoperto l’amore per la sua professione e la fiducia nelle nuove generazioni.
Non importa come sarebbe andata a finire. Lui era fiero di quei ragazzi.
 
 
 
Mancavano cinque minuti.
Cinque minuti, e si sarebbe deciso tutto.
Cinque minuti nei quali Sebastian Smythe avrebbe deciso le sorti della sua carriera, del suo futuro, della sua vita. Cinque minuti, raccolti tutti in un’unica esibizione.
E lui se ne stava lì, seduto su uno sgabello di una stanza vuota, con i gomiti sulle ginocchia e le mani tese, che stringevano saldamente l’archetto del suo violino; teneva gli occhi fissi davanti a sè, contemplando un punto vuoto ed inesistente. Continuava a sospirare, tramite respiri che si facevano sempre più affannati, gli occhi che avevano cominciato a pungere terribilmente senza che lui potesse fare nulla per impedirlo.
Aveva paura. Dio, Sebastian Smythe aveva paura. Perchè sua madre era lì; perchè quella era l’esibizione più difficile della sua vita. Perchè, in quel momento più che mai, sentì le sue parole che gli sibilavano di non farcela, e tremò.
Ce l’avrebbe fatta.
Ce l’avrebbe fatta?
Ogni suo pensiero fu interrotto bruscamente dal rumore di una porta che si aprì di scatto, mostrando un Blaine alquanto scombussolato dal trambusto del concorso e dall’agitazione per prima. Aveva appena finito il suo brano, era stato splendido; come sempre, del resto.
“Sebastian, eccoti”, soffiò con una sola mandata di fiato mentre cercava di riprendere aria e farsi più vicino a lui. Ma Sebastian non lo considerò, continuava a fissare quel punto del muro e il suo corpo non accennava a volersi calmare.
“Ti ho cercato dappertutto”, sussurrò, “Tra poco tocca a te, si può sapere che ci fai in questo stanzino di strumenti dimenticati?”
“Buffo.”
Blaine lo guardò confuso, fermandosi di scatto a pochi centimetri da lui: “Che cosa è buffo?”
“Strumenti dimenticati. Suona bene. E’ il posto esatto per me, un posto dimenticato da Dio che nessuno ha più voglia di cercare.”
“Io l’ho cercato. Io ti ho cercato, Sebastian”, mormorò dopo un breve silenzio, accovacciandosi di fronte a lui e perdendosi nei suoi occhi chiari, adesso, così spaventati. E fu per colpa di quella dolcezza; per colpa del suo tono soffuso, del suo tocco delicato, delle parole così dolci, che Sebastian abbandonò a terra l’archetto per afferrare di scatto la sua mano e stringerla con forza.
“Non ce la farò.”
Blaine non credeva di aver sentito veramente quelle parole e, per un attimo, restò immobile.
“Non ce la farò, Blaine. E’ tutto sbagliato. Io non posso vincere questo concorso, non posso suonare quel pezzo, non sono in grado.”
“Va bene, va bene, adesso guardami. Sebastian, guardami.”
Lo fece. I suoi occhi ambrati gli ricordarono miele caldo, spalmato con attenzione e delicatezza; gli ricordarono quella sfumatura di oro nel suo violino, misto tra un marrone e un rosso cremisi.
“Ricordi dopo la prima fase del concorso, quando ci siamo ri-presentati?”
Come dimenticarla. La prima volta che si erano parlati, senza odio o rancore. La prima volta che si erano visti davvero.
“Tu mi hai detto che eri così, come ti vedevo io. Vuoi sapere cosa ho visto, quella volta?”
Annuì. In un certo senso, era una cosa che desiderava conoscere da tempo.
“Ho visto un ragazzo, che era tutto ciò che avrei voluto essere. Ho visto una persona forte, tenace, che non aveva paura ad affrontare tutti i problemi del mondo, perchè per lui erano soltanto dei piccoli fastidi. Ho visto colui che sarebbe diventato il primo violino della polifonica di New York, perchè aveva un talento naturale. Ho visto l’uomo di cui mi sarei innamorato intensamente, con tutto il mio cuore.”
Con un piccolo gesto, gli occhi di Sebastian si spalancarono, il suo cuore che ormai stava rischiando di esplodere per quanto battesse forte.
“Sebastian, tu vincerai quel concorso. Perchè tu sai di poter vincere. Nessuno può privarti della tua bravura.”
Dopo un momento di silenzio, Sebastian si alzò. Trascinò Blaine verso di sè, facendolo aderire completamente al suo corpo e stringendolo in un abbraccio che sapeva di emozione, passione, riconoscenza. Lo baciò, per molti secondi: aveva bisogno si sentire che quelle parole fossero vere, perchè credeva in lui. Si fidava ciecamente, in realtà: non aveva mai fatto così tanto affidamento su qualcuno.
Così, quando si scostarono con un certo malincuore, Blaine che teneva ancora gli occhi socchiusi per assimilare il sapore delle sue labbra, lui gli diede un ultimo piccolo bacio a bruciapelo, sussurrandogli “grazie”, con dolcezza.
“Aspettami qui – bisbigliò – vado a vincere il concorso e torno.”
Lo vide annuire, con ancora gli occhi chiusi, e si prese del tempo per accarezzargli la schiena e contemplare quell’espressione sicura e rilassata. Andò via a sua insaputa, raccogliendo violino e archetto e uscendo frettolosamente dalla stanza.
 
Blaine ci mise un po’ di tempo prima di riuscire a ricomporsi e assumere un atteggiamento normale: Sebastian riusciva ancora a provocargli quei brividi che lo assalivano fin dentro al cuore e gli impedivano di respirare. Ma no, non sarebbe rimasto chiuso dentro quello stanzino per tutto il tempo senza vedere il suo ragazzo conquistare milioni di persone con il solo potere di un violino: si diresse verso l’atrio, attraversò il lungo corridoio pieno di studenti e maestri intenzionati a fargli i migliori complimenti, perchè in quel momento, non gli importava.
Però non riuscì a ignorare la presenza di Eliane Deneuve proprio accanto alla porta che conduceva all’atrio, in un impeccabile abito da sera che le risaltava la carnagione pallida e gli occhi chiari. Si fermò con calma, rallentando il passo pian piano fino a fronteggiarla con la sua stessa freddezza e austerità; aveva capito, ormai, che con quella donna non sarebbe mai riuscito ad andare d’accordo.
“Buona fortuna.” Commentò lei. Lo disse più per formalità che per vera convinzione: a Blaine non sfuggì l’espressione finta e costruita ad arte per far bella figura con gli altri presenti, quindi, educatamente, si limitò a rispondere: “Grazie, ma non ne abbiamo bisogno.”
Eliane gli rivolse un’occhiata piuttosto accigliata. “Non è mai prudente essere troppo sicuri di sè.”
“No, infatti, ha ragione. Ma si dovrebbe essere sicuri del proprio figlio.”
Non aggiunse altro. Con quella frase, si erano detti tutto.
Superò la piccola folla creatasi nel corridoio per poi arrivare dentro alla stanza dei concerti, e Sebastian era già sul palco, un solo riflettore puntato su di lui, l’espressione assorta e seria mentre si metteva in posa e sistemava il suo violino.
Poi, una voce forte e appena robotizzata annunciò il suo debutto: Paganini, Capriccio numero 24.
Vide la gente intorno a lui guardarsi confusa, come se non fosse possibile che un simile pezzo fosse suonato da un ragazzo così giovane. Blaine si fece da parte, appoggiando la schiena contro la parete in cartongesso e limitandosi a sorridere: sapeva che Sebastian avrebbe suonato pensando a lui.
Per questo, sarebbe andato sicuramente bene.
 
 






 
 
Cinque anni dopo

 
 
“Blaine. Blaine!”
Non era possibile che finisse così tutte le Sante volte. Per quanto ancora avrebbero continuato in quel modo? Sebastian era stufo. Era letteralmente stufo; adesso avrebbe messo la parola fine a quella stupidissima storia che andava avanti da anni.
Nel momento esatto in cui aprì la porta del camerino, scovò Blaine con ancora la cravatta abbandonata sulle spalle e le mani nel sacco; o meglio, dentro a un tubetto di gel. Quanto meno si era degnato di farsi la barba.
“No Sebastian, ti prego lasciami spiegare, non lo facevo da mesi, per favor-“ Ma nessuna supplica bastò a calmarlo: fu raggiunto in due ampie falcate e gli sfuggì il tubetto dalle mani, che finì contro il muro e, tramite un rimbalzo, dritto nel cestino. Blaine guardò quello che ai suoi occhi fu un omicidio con la bocca spalancata e gli occhi pieni di terrore.
“Ti rendi conto di quello che hai fatto?”
“Blaine, cazzo, manca un quarto d’ora al concerto e tu ancora non sei pronto?”
“Sono pronto. Prontissimo.” Detto quello, fece il nodo alla cravatta come meglio potè e si lisciò i pantaloni neri ed eleganti. “Come sto?”
“Come un disperato.”
Ah ah, certo, prendi in giro il povero pianista.” Roteando gli occhi al cielo, lasciò che il suo ragazzo gli aggiustasse il nodo alla cravatta, facendosi lentamente più vicino. Cercavano di essere rilassati, ma in realtà la tensione era papabile da parte di entrambi: non avevano mai suonato in un’orchestra così grande, con un direttore così importante e di fronte a mezza New York venuta solo per sentire loro due, il pianoforte e il primo violino. Non riuscivano ancora a crederci che stesse succedendo veramente.
“Hai preso i biglietti per Amanda e Sarah?”
Sebastian fece una piccola smorfia nel sentire quelle parole: Blaine glielo aveva ripetuto almeno cento volte.
“Per l’ennesima volta, sì. Ci sono tutti, Brittany e Santana sono già ai loro posti.”
“Ultima fila come sempre, per nascondere le lacrime che verseranno?”
“Probabilmente”, sghignazzò lui. “Jodie è con Kayla e il professore. Credo che si siano portati i ragazzini al completo.”
“Spero solo che Molly non scoppi a piangere come l’altra volta.”
“Io spero solo che smetta di chiamarci zio Seb e zio Blaine.”
Blaine fece una smorfia, giusto un attimo prima di ricevere un piccolo colpetto sulla spalla, come per incitamento; adesso, vestiti di tutto punto, le spalle tese e gli sguardi persi a ripassare le loro battiture, sembravano davvero due musicisti pronti per il loro grande debutto. Sebastian fece una piccola pausa prima di mormorare: “Mi dispiace che non siano potuti venire i tuoi.”
“Non sono riusciti a trovare un volo economico, ma hanno detto che non si perderanno la prossima volta.” Si voltò di nuovo verso lo specchio con l’intenzione di ricontrollarsi per l’ultima volta. Cercò di non gioire troppo all’idea che il suo ragazzo fosse dispiaciuto per l’assenza dei suoceri, non era ancora il momento: dopotutto, sua madre continuava ancora a tirare fuori quella storia di lui che sussurrava cosacce al telefono solo per fare uno stupido scherzo da bambini.
“Sempre se ci sarà una prossima volta.”
Il tono pragmatico e serio di Sebastian lo fece rabbrividire: “Non tutto ottimismo insieme, per carità.”
E poi, dopo essersi scambiati un sorriso divertito, il suo diventò leggermente più serio, mentre sviava lo sguardo a terra e chiedeva di Eliane; a giudicare da come il ragazzo scosse la testa, e da come mormorò qualcosa simile a un “Non lo so”, capì che non fosse ancora giunto il momento della riappacificazione. Dopo il concorso Kuznets, i loro rapporti si erano incrinati pericolosamente, senza mai riallacciarsi del tutto.
“Spero che venga.”
“Anche io”, rispose Sebastian, ed era sincero; tuttavia, non era ancora riuscito a perdonare il modo con cui si era comportata al suo primo incontro con Blaine.
Avevano ancora qualche minuto prima di uscire dalla stanza che, per la loro tempra, assomigliava molto ad una sorta di camera iperbarica. Sebastian si avvicinò a Blaine rubandogli un bacio sulla bocca, per poi godersi la sua espressione imbambolata, per niente mutata nel tempo. Forse potevano esserci qualche accenno di barba in più e lineamenti più marcati, ma era sempre lui, il pianista che continuava a farlo impazzire in tutti i modi possibili.
“Hai mai pensato a cosa faremo?” Lo sentì dire, e quella domanda lo prese un po’ in contropiede.
“Quando?”
“Quando tutto questo sarà finito”, precisò Blaine. “Quando saremo troppo vecchi anche solo per tenere in mano uno strumento.”
“Un po' tipo il professore?”
Si abbandonarono a una piccola risata, eliminando un po’ dell’ansia accumulata. Era presto per pensarci, ma loro erano fatti così: nel giorno del loro primo concerto ufficiale stavano già pensando a quando avrebbero smesso di suonare. Un po’ come quando avevano pensato al giorno in cui si sarebbero lasciati mentre discutevano sullo stare insieme; Sebastian provò una fitta piacevole all’altezza del petto, ricordando come le sue previsioni di uno, due anni al massimo, si fossero rivelate completamente sbagliate. Così, ancora una volta, si ritrovò a riflettere su un futuro incerto, ma allettante.
“... Non saprei.” Ammise infine. Quella risposta non piacque a Blaine, che lo fissò deluso chiedendo: “Non hai nemmeno un desiderio?”
Ne aveva tanti. Troppi, per essere elencati. Voleva finire quel concerto il prima possibile così da poter tornare a respirare con regolarità; voleva che continuasse a essere felice con Blaine come succedeva ogni giorno da quasi sei anni. Voleva vedere Santana e Brittany impazzire con i preparativi per il loro matrimonio; voleva sapere da Molly quale strumento avrebbe scelto di suonare, perchè lui, a riguardo, era stato chiaro: tutto, tranne il flauto traverso.
“... Forse...” mormorò infine, sentendosi anche un po’ stupido per quello cui stava pensando. Ma a Blaine poteva dirlo, lui lo ascoltava sempre.
“Forse sarei davvero come il professore.”
... Anche se non sempre lo prendeva sul serio.
“Sebastian, non scherzare.”
“Non sto scherzando.”
Aspettò pazientemente che sparisse dal suo viso quell’espressione da bambino confuso e allibito, leggermente irritante, così da poter aggiungere: “Sì, insomma... insegnare.”
Fare il professore. Essere da guida per altri ragazzi. Il sorriso sornione che, finalmente, gli rivolse Blaine gli fece capire che, magari, non era una così cattiva idea.
“Sarebbe perfetto!” Lo sentì esclamare, non riuscendo a trattenersi dal dargli un altro bacio. “Tu saresti perfetto.”
“Insomma, non lo so. Di certo finirei per far piangere un sacco di ragazzini.”
“Sicuramente”, asserì Blaine, “E poi ameresti alla follia i piccoli spacconi che ricordano tanto te.”
Oh, sì, era molto probabile.
“All'inizio forse sì”, mormorò Sebastian, con un sorriso sghembo: “Ma poi farei capire chi comanda.”
Blaine ridacchiò a quell’affermazione, perchè ce lo vedeva proprio un Sebastian di qualche anno più grande dare filo da torcere alle sue versioni in miniatura.
“E poi ci sarebbe il ragazzo carino e un po' impacciato, che ti incanterà al pianoforte con i suoi riccioli”, commentò con un tono vago e provocatorio, guadagnandosi una lunga occhiata del violinista. “E a quel punto io sarò cornuto.”
“Idiota. Lo sai bene che non potrebbe mai succedere.” Lo attirò a sè in un abbraccio, avvicinando le labbra sottili al suo orecchio sinistro; esitò, facendo scorrere una mano lungo la schiena, beandosi del profumo del balasmo di Blaine. E poi, tutto d’un fiato, lo disse.
“Innamorarmi di te è stato un evento del tutto eccezionale.”
Blaine fece finta di niente; in modo del tutto naturale, sciolse l’abbraccio, sfoggiò un tenero sorriso e riprese ad osservarsi attentamente allo specchio. Un atteggiamento piuttosto insolito, visto quello che aveva appena detto.
“Blaine? Mi hai sentito?” Nervosamente, portò il peso da un piede all’altro, con le mani in tasca, le guance che diventarono un po’ più rosse per l’imbarazzo. Odiava quando il suo ragazzo si divertiva a prenderlo in giro in quel modo, perchè era ovvio che avesse sentito, era ovvio che stesse facendo tutto quello solo per fargli perdere il senno, e così, mosso dall’agitazione, aggiunse: “No perchè, giusto per la cronaca, ho appena detto che...”
Si fermò.
“Che?” Lo incitò Blaine con un sorriso diabolico, dedicandogli la sua completa attenzione. Oh, va bene, doveva proprio dirlo?
“Che sono innamorato di te.”
Che strano. Fu come se il suo cuore si fosse riempito di qualcosa di nuovo, forse, la certezza; forse, la sensazione di aver fatto la cosa giusta, o la consapevolezza di essere inevitabilmente legato a qualcun altro. E quando Blaine si gettò tra le sue braccia, non servì nessun’altra conferma, per capire quanto fosse vero quello che provava.
Una prima risposta avvenne tramite un bacio. Uno di quelli che si scambiavano giornalmente, appena svegli, o prima di andare a dormire.
“Lo so”, disse infine Blaine.
“Lo sai?” Lo prese per le braccia, cercando qualsiasi traccia di menzogna nei suoi occhi ambrati. “Ma come... non te l’ho mai detto.”
“Ma me lo fai capire.” Sussurrò lui. “Sempre. Anche quando non te ne accorgi.”
Allora era vero. Allora c’erano delle coppie destinate a non finire.
Allora lui e Blaine sarebbero andati avanti, proprio come avevano fatto in quegli anni. Prendendosi in giro, criticandosi, litigando per chi avesse suonato meglio, ma sostenendosi l’un l’altro. Sempre.
“Quindi ho fatto una cosa del tutto inutile nel dirlo, e per di più facendo la figura del cretino.” Disse allora Sebastian. Blaine intrecciò una mano alla sua completamente estasiato e divertito, facendogli anche l’occhiolino: “Oh, niente affatto. Perchè adesso che l'hai detto ad alta voce ti costringerlò a dirmelo ogni giorno. Siamo d’accordo?”
Esitando giusto un momento, con il cuore più leggero disse: “Siamo d’accordo.”
Proprio come cinque anni prima, quando erano soltanto due ragazzi che sognavano di vincere un concorso.
Non avevano vinto.
Ma quel concorso li aveva riempiti di entusiasmo; li aveva avvicinati a Robert, a Kayla, a Jodie e a moltre altre persone. Li aveva dato la spinta necessaria per andare avanti per arrivare fino a lì.
Appeso alla porta socchiusa, oltre la quale i due ragazzi si stavano dando il bacio della buona fortuna, c’era un manifesto:

 

Chopin, concerto numero uno per pianoforte e orchestra.
Direttore d’orchestra: Maurice Diderot
Pianoforte: Blaine Anderson
Primo violino: Sebastian Smythe











***
 

Angolo di Fra

 
 
Si penserebbe che dopo due capitoli in cui non ho scritto nessun commento, abbia tantissime cose da dire.
Invece no. A parte che terminare con il capitolo 24 e usare il Capriccio numero 24 di Paganini è davvero una finezza.
Questa storia è stata, dal punto di vista di scrittura, la più facile e piacevole da scrivere. E’ stato semplicemente bello. Mi ha divertito, mi ha emozionato, mi ha fatto riscoprire il mio amore per la musica classica, che avevo messo anche io un po’ da parte. Eggià.
E poi vorrei ringraziarvi, come sempre.
Voglio ringraziare SeleneLightwood perchè questa storia ha preso forma nel momento in cui l’ho raccontata a lei, in quella piccola piazza di Macerata mentre si esaltava quasi più di me. Ti voglio tantissimissimo bene. Sallo.
Voglio ringraziare Ilarina per la grafica e il supporto morale e Irishmarti per essere stata la mia ancora di salvezza in diverse occasioni. Voglio ringraziare tutte le persone che hanno letto la storia e tutte le fan art che mi avete regalato. Ogni tanto vado nella mia pagina e me le guardo una ad una. Sì lo so, sono patetica.
Voglio ringraziare tutte le klainer che mi hanno dato una possibilità, anche se non era la loro ship, anche se odiavano la seblaine e, invece, hanno voluto fidarsi di me, accompagnandomi ancora una volta in questa storia. Non so come ringraziarvi, davvero.
Ma soprattutto, ringrazio chi l’ha commentata passo passo: Mimi311, Astrid 002, Carly 90, Lucy Liu, alessandra_carparelli80, Aires89, somochu, Elbereth_, ZukunftSehnsucht, viviola, nem, Chuzzah, _zia cla_, hiccup, Chartraux.
E adesso, la vostra Medea farina (zero zero) se ne va in ferie! Eggià. I telefilm vanno in pausa invernale, e così anche io. No a parte scherzi, ho bisogno di un po’ di pausa da word per studiare e dedicarmi ad alcune cose personali. Non vi sto abbandonando, tranquilli. Però non so dirvi quanto durerà la pausa. Non lo so.
Spero di ritrovarvi qui il prossimo anno (lol che cosa bella da dire).
Medea, Sebastian, Blaine, Robert e tutti gli altri vi augurano buon Natale e vi ringraziano!
 

 
 

   
 
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