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Autore: Lady A    21/12/2012    11 recensioni
| Goku/Chichi | Ambientata cento anni dopo la conclusione di Dragon Ball GT |
Dopo un intero secolo trascorso in un’altra dimensione assieme al Drago Shernon, Son Goku ritorna finalmente sull’amato pianeta Terra, ma ciò non sarà una cosa permanente, difatti vi rimarrà per soli quattro mesi, giusto il tempo per assicurarsi che la tanto bramata pace regni sovrana… e se in questo lasso di tempo scoprisse un qualcosa di sconvolgente sulla sua amata Chichi? E se questa fosse rinata con le stesse sembianze e lo stesso carattere originario, ma con una memoria della vita passata completamente rimossa dalla sua mente, ma mai definitivamente dal suo cuore?
Il Destino riallaccerà nuovamente le loro strade e riunirà ancora una volta i loro cuori… ma quell’amaro e dolente passato, stagliato dai perenni abbandoni dell’unico amore della sua vita, riemergerà dolorosamente a galla nella mente e nel cuore della fresca diciottenne, portandola inevitabilmente a scontrarsi con i rancori e i rimorsi dell’orgogliosa se stessa della vita passata.
Riuscirà mai a perdonare Goku se poi quest’ultimo allo scadere dei suddetti mesi abbandonerà per sempre la vita terrena?
Come si concluderà la storia d’amore dei nostri due protagonisti?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chichi, Goku, Nuovo personaggio | Coppie: Chichi/Goku
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Reborn 
for you.


Prologo: "Uno scherzo del destino."


 
I giorni, le settimane, i mesi e gli anni erano volati quasi con un’inverosimile rapidità sul pianeta Terra: era trascorso per l’esattezza un intero secolo da quando il celebre eroe aveva seguito il Drago Shernon, sottostando alla condizione stipulata da questi dopo aver esaudito l’ultimo desiderio, svanendo repentinamente, quasi fosse un sogno alle primi luci dell’alba, tra le nitide nubi del ceruleo firmamento, sotto gli sguardi colmi di incredulità e confusione di coloro per la quale si era perennemente battuto affinché su quell’amato Pianeta che in principio avrebbe dovuto distruggere, ritornasse a regnare la tanto bramata  pace. Con lui, anche le sette sfere scomparvero, ma ciò in realtà fu solo una sorta di prova che Shernon stesso serbò ai terrestri; difatti se autonomamente avessero mantenuto la pace, esse sarebbero ritornate assieme a Son Goku.
I primi sporadici e dorati raggi solari di inizio mattino, quasi cercassero in un tacito e subliminale gesto di elargire il loro amorevole saluto al saiyan finalmente ritornato sul suo amato monte, irradiarono con la propria sfolgorante luminosità la sua aitante e prestante figura, mentre le aride e policrome foglie autunnali cosparse omogeneamente al suolo quasi ad incorniciare elegantemente la ramificazione degli annosi alberi, coinvolte esplicitamente da una gelida brezza lusinghiera, diedero vita ad una vorticosa danza spirale. Con quella peculiare indole briosa e puerile rimasta totalmente invariata nonostante il fluire dei lunghi anni trascorsi in un’altra dimensione  ad allenarsi costantemente al solo scopo di superare i suoi limiti e un mite sorriso ammantato di tripudio ad increspargli le labbra, avanzò adagio, inebriandosi ad inspirare a pieni polmoni lo stuzzichevole e soave aroma autunnale variegato a quello spumeggiante silvestre, rimirando con sguardo verace e nostalgico quelle sinuose alture, giungendo infine proprio dinanzi l’umile e decrepita capanna appartenuta al suo caro nonnino, colui che fra tutti fu il primo ad amarlo e a proteggerlo, mentre il vorticoso tremito del suo cuore quasi cercasse di emulare una dolce e serafica melodia ultraterrena, prese a risuonare per l’emozione in quel placido silenzio imposto da  Madre Natura. Un silenzio che tuttavia con il suo muto ma suggestivo agire, sembrava volergli esprimere la propria riconoscenza, perché era esclusivamente grazie a lui, alla sua gran lena di non desistere mai di fronte agli ostacoli, a quel limpido cuore che sapeva insegnare ad amare e proteggere chiunque incondizionatamente, a quella peculiare e forse sconsiderata temerarietà con cui affrontava gli ostinati nemici di turno e a quel carezzevole sorriso ingenuo e disarmante con la quale aveva sempre cavalcato l’onda della vita, se tutto alla fine, dopo illimitati conflitti aveva riacquistato nuovamente un proprio equilibro naturale. Un equilibrio che lui stesso purtroppo, aveva continuamente messo in pericolo, ma che prontamente aveva difeso a spada tratta, mettendo a repentaglio la proprio incolumità pur di salvaguardare la salvezza comune.
Ponendo con un gesto spontaneo le mani sui fianchi senza smettere di scrutare lo straordinario scenario di fronte a lui, si ritrovò a sorridere calorosamente e grattandosi ingenuamente la nuca con la mano, dapprima palesemente esitante, fletté il capo nella direzione della dimora dove visse la sua adorata famiglia, avvertendo repentinamente una dolce euforia infervorargli amabilmente l’animo nel rimuginare che come stipulato precedentemente con il Drago, una volta ritornato sulla Terra per conoscere il suo promettente pronipote e appurarsi che non vi fossero incombenti pericoli, vi sarebbe rimasto  per soli quattro mesi, ove se ne avesse avuto la possibilità, li avrebbe utilizzati per forgiare – seppur in poco tempo – un nuovo combattente, dopodiché  anche per lui sarebbe giunto il fatidico momento di congedarsi definitivamente dalla vita terrena per riabbracciare finalmente i suoi cari e vivere per sempre uniti nell’eterna armonia dell’aldilà.
Niente più lotte e nemici avrebbero intralciato la sua esistenza.
Niente più pericoli e morti avrebbero stagliato il suo cammino.
Niente più abbandoni o separazioni alla perenne ricerca di superare se stesso lo avrebbero diviso da loro… il suo nucleo, quel punto concreto di inizio e di ritorno che lui e la sua dolce metà avevano originato dal nulla, pura e semplice magia nata dall’unione di due giovani cuori all’apparenza diversi tra loro, lui un alieno e lei una terrestre, che in realtà si erano cercati, inseguiti e attratti solo e soltanto per unirsi e completarsi a vicenda, alimentando con uno dei fuochi più roventi quel loro pudico e indissolubile amore che aveva saputo insegnare ad entrambi ad essere un solo ed unico cuore in due corpi anche se distanti.
Distanti… soppesando sulla loro storia vi si poteva  notare che erano stati più distanti che vicini…
Troppo distanti forse, provocando in quella gran donna all’apparenza caparbia e austera, solo e soltanto sofferenza, un’ingiusta sofferenza.
Inevitabilmente, nel rimuginare ciò la sua mente venne inesorabilmente pervasa da meticolosi e nitidi frammenti di vita condivisi con lei, gettando il suo cuore da ingenuo ma al contempo  innamorato in un vorticoso turbinio di oscillazioni. Inutile negare quante volte avesse avvertito la sua mancanza, quante volte si fosse ravveduto per averla abbandonata per l’ennesima volta senza neppure aver avuto il coraggio di salutarla.
Lui, lo stoico ed impavido eroe che si batteva per la giustizia del Mondo, aveva finito per mancare di coraggio proprio nei suoi confronti, infrangendo ancora una volta quell’impegno che aveva giurato forse inconsciamente, non potendo evidentemente allora comprenderne il reale significato, nelle vesti di marito, di restarle sempre accanto.
 Lo sguardo eloquente del guerriero vagò quasi distrattamente per i sinuosi colli, mentre la brezza adulatrice ne rasentò le fattezze; repentinamente, sbattendo le palpebre a più riprese e scrollando le spalle per ridestarsi dallo stato di torpore, volse ingenuamente gli occhi verso il cielo, sperando quasi che esso  da buon saggio qual era comprendesse quell’impellente e forse anche egoistico desiderio di ricevere ancora una volta  l’ennesimo perdono di sua moglie. Un perdono che nonostante tutto  in passato non era mai tardato ad arrivare, conferendo un’unica certezza nella sua vita: il devoto sentimento che la sua donna per sempre avrebbe serbato  solo e soltanto per lui… il suo grande e immenso amore per la quale suo malgrado, si era ritrovata infinite volte in assoluta solitudine a versare lacrime che mai nessuno avrebbe potuto asciugare. Il ricordo della sua voce armoniosa,  le sue perenni e celebri strigliate, i suoi sporadici nonché pericolosi  attacchi di stizza, i suoi caldi abbracci, il suo arrossire come una  timida bambina, il sapore dei suoi dolci baci e il sublime gusto dei suoi prelibati manicaretti,  inebriarono giovialmente il suo animo, tant’è che a quest’ultima golosa riflessione, un rinomato senso di languore serpeggiò spudoratamente in lui, arenando in una parte remota del suo spirito tutte le relative preoccupazioni a riguardo. Con un moto di fervore ed uno sguardo netto e pimpante come quello di un bambino, sfregò famelicamente le mani e permeato da un senso di pura curiosità, incrociando le braccia dietro il capo si avvicinò pacatamente verso la propria abitazione tondeggiante, ove lasciando giocosamente che le sferzanti raffiche del dispotico vento gli scompigliassero la peculiare capigliatura a palma, con un’azione risoluta aprì l’uscio di casa e senza particolari indugi si accinse ad entrarvi. La smunta luce diurna trapelante dai deteriorati e intorbiditi vetri di una finestra, osteggiò la predominante oscurità, ravvivando  seppur  fiaccamente la stanza e mettendo in rilievo quel fatiscente arredamento che nelle vesti di spettatore aveva assistito allo sbocciare del loro sentimento. Goku da buon sprovveduto qual era, massaggiandosi goffamente lo stomaco  e rischiando più volte di incespicare sulla pavimentazione, dato il disordine vigente, aprì con una palese gaiezza quella che anni or sono fu la dispensa, scoprendola logicamente vuota e vacillante! Dopo aver infantilmente bofonchiato, vagò con sguardo per l’ambiente circostante, finché un indumento dalla sagoma altamente familiare, di una sgargiante tonalità arancione posto con un’ inconcepibile cura su una sedia, attirò la sua attenzione.  
«Urca! Ma è la mia vecchia tuta!». Si ritrovò ad esclamare con voce squillante, sorridendo raggiante come una pasqua, afferrandola maldestramente e soffermandosi a scrutarla per indefiniti istanti con occhi lievemente sgranati, saturi di genuina incredulità. Facendo un futile giro su se stesso, non poté non notare con dovuto stupore come essa, sebbene fossero trascorsi più di cento anni dall’ultimo utilizzo, sembrava la sola tra tutto ciò che lo circondava, a non aver minimamente risentito dello scorrere del tempo, risultando inspiegabilmente ancora  ben pulita e intatta, con un inconfondibile e fresco aroma di lavanda ad esaltare gradevolmente le narici. Chichi difatti, seppur conscia di sperare in qualcosa dall’acre e mesto sapore di utopico come in un suo ritorno, l’aveva custodita con premura fino alla fine  dei suoi giorni, usufruendo disperatamente di essa quasi come diversivo per colmare quella logorante perdita, nel vano tentativo di rimarginare quella lancinante ferita che mai nessuno sarebbe riuscito a disinfettare.
Con fare ballonzolante e un sorriso stampato sulle labbra, si liberò con un gesto fulmineo dei vecchi indumenti,  rindossando gioiosamente l’amato capo arancione con lo stagliante stemma della Kame House.
Prima di varcare la soglia d’uscita, con una mano poggiata sul pomello della porta, ascoltando inerme il battito sordo del cuore echeggiargli prepotentemente nella mente quasi cercasse di comunicargli qualcosa, scrutò con uno sguardo guardingo e gaudio una fotografia posta su un mobile contiguo all’ingresso, che ritraeva la sua famiglia al completo in periodo di immensa pace, poco dopo la sconfitta del terribile Majin Bu .
«Chichi, Gohan, Goten… tra quattro mesi saremo di nuovo insieme!». Proruppe risoluto, precipitandosi subito all’esterno e ritrovandosi repentinamente a rabbrividire nel percepire sulla propria pelle il graduale accrescimento del gelo dovuto all’approssimarsi della stagione invernale. Dopo aver starnutito goffamente rischiando di originare un sisma e varie crepe, volendo approfittare del tempo rimanente per visitare nuove zone dell’amato Sol levante, si innalzò leggiadro  svanendo adagio tra quell’infinita massa celeste che da sempre, testimoniando tacitamente l’incessante susseguirsi di promesse, amori, gioie e dolori della vita umana, sovrastava benevolmente l’intero creato.
Dopo aver girovagato per svariati minuti, sorvolando su varie metropoli, quali la Città dell’Ovest e quella in onore del “campione del Mondo” Mr. Satan, planò  zampillante d’entusiasmo nonché di  fame, nella remota e pacifica Oskar City
L’avvolgente e ninnante tempore natalizio della solerte cittadina che si apprestava freneticamente nei preparativi dell’esimia festività, coinvolse ulteriormente il saiyan, che con occhi di un verace bambino dinanzi una nuova scoperta, osservò come incantato per vaghi secondi, con i piedi puntellati alla scivolosa superficie ghiacciata e il volto inclinato di un lato, gli sgargianti e dilettevoli giochi di luci provenienti dalle molteplici vetrine dei lussuosi negozi, mentre gli abeti che incorniciavano elegantemente le vie del centro quasi come per un prodigio ad opera di Madre Natura, si rivestirono in breve di una candida coltre innevata.
Quasi a presagire un qualcosa di sconvolgente e imprevedibile che sarebbe avvenuto nell’arco di quella giornata, una scarica elettrica  valicò fulmineamente la sua spina dorsale, ridestandolo bruscamente da quell’eloquente e spontanea contemplazione.  Successivamente, sbattendo inebetito le palpebre a più riprese e scrollando le spalle, totalmente inconsapevole di ciò che lo attendeva, si diresse con un mite sorriso ilare e famelico in un bar propenso a consumare una gustosa e considerevole colazione.
 Nessuno avrebbe mai potuto realmente immaginare in quali circostanze lo schernente Destino avrebbe unito nuovamente due anime e due cuori da troppo tempo divisi.
Nessuno avrebbe mai potuto realmente immaginare che esso avrebbe riscritto una nuova storia d’amore per i nostri due protagonisti.
Nessuno avrebbe mai potuto realmente immagina che colei che costituiva il tassello mancante al puzzle della sua vita, per un astruso ed incomprensibile processo naturale fosse rinata con la stesso aspetto,  la stessa indole e perfino lo stesso nome, ma con una reminiscenza della vita passata interamente rimossa dalla sua mente, ma forse, non del tutto dal suo mero cuore.
Rinata per vivere una vita spensierata, priva di abbandoni, angosce, supplizi e delusioni, per essere circondata ed amata da una famiglia unita e presente, una famiglia piena d’amore e di ideali, una famiglia che cercava di proteggerla da tutto e da tutti, barricandola sotto una campana di puro e forbito cristallo che Son Goku avrebbe fatalmente frantumato.
 In contemporanea con i loro cuori che mai avevano smesso di palpitare all’unisono, come una piccola ma inculcante freccia, come un fulmine a ciel sereno, una scarica elettrica seppur tenue da risultare quasi impercettibile, attraversò anche l’esile corpo della giovane studentessa che munita di una borsa a tracolla si accingeva ad una nuova giornata scolastica. Canticchiando sommessamente un’armoniosa melodia e facendo ondeggiare il setoso manto corvino che come una serica cascata le ricadeva lungo le spalle, uscì frettolosamente dalla sua camera e scendendo le scalinate, raggiunse la sua famiglia riunita per la colazione nella cucina.
«Ciao mamma, ciao papà !». Salutò con un sorriso stampato sulle labbra coralline, scroccando ad entrambi come soleva fare da che era una piccola e gracile bambina, un affettuoso bacio sulle guance. «Ciao Satomi!». Si rivolse amichevolmente a suo fratello, un loquace e affasciante ventenne dai riccioli d’oro e grandi occhi acquamarina, giovane promessa della arti marziali, sua grande passione dopo lo studio, mentre questi, distogliendo festosamente lo sguardo dal giornale gli scompigliò con un gesto affettuoso i capelli, facendo risuonare per la stanza la loro spensierata risata sormontata poi repentinamente, dal suono acuto del campanello.
Dopo aver diligentemente ascoltato come di consueto le mille raccomandazioni di suo padre, un uomo amorevole quanto iperprotettivo, nonché l’illustre sindaco della cittadina, lo congedò affrettandosi con impellenza ad uscire dalla sontuosa villa ove ad attenderla vi era la sua migliore amica.
«Ciao, Miki!». Le sorrise felicissima, raggiungendola e abbracciandola calorosamente,  salvo  sbadigliare flebilmente, riponendo con un gesto sfibrato una ciocca dei capelli dietro l’orecchio.
«Hei dormigliona, non dirmi che anche ieri sera hai letto fino a tardi quel libro? ». Le chiese con fare sbarazzino la ragazza dai capelli fulvi, specchiando i suoi lucenti occhi ametista nelle abbaglianti iridi scure della bruna, che rise sonoramente facendole un lieve cenno affermativo con il capo.
«Sì, è una storia così affascinante e avvincente!». Sussurrò eccitata, rivolgendo il suo limpido sguardo verso l’alto, mentre per un’inesplicabile ragione il suo giovane cuore prese a scalpitarle furiosamente in petto, quasi fosse tacitamente richiamato da qualcosa o da qualcuno non molto discosto da lei, un qualcuno di speciale, incomparabile, che inconsapevolmente nella vita passata aveva bramato e amato con tutta se stessa, un qualcuno che come un’impetuosa tempesta che inesorabile si abbatteva con tutta la sua forza sulla natura, sradicando le radice dell’albero maestro, sarebbe riemerso nuovamente nella sua vita, sconvolgendogliela.
«La solita romantica!». La schernì la compagna, scuotendo fiera la gremita chioma scarlatta. «Ah, dimenticavo. Kari-chan mi ha inviato un sms, ritarderà di qualche minuto… aspettiamola al bar di fronte, che qui fa freddissimo!». Aggiunse, destandola quasi bruscamente da un singolare stato di torpore.
«D’accordo! Ma speriamo di non far tardi nemmeno noi!». Bofonchiò Chichi, sbattendo le palpebre a più riprese quasi a voler ritornare alla realtà, scaturendo un’espressione enfaticamente esacerbata all’amica, che le scoccò un’occhiata accigliata.
« Sei sempre la solita! Di che ti lamenti?! E poi questa mattina il tuo oroscopo dice che farai un grande incontro!». L’ammonì sogghignando maliziosa, portandola per l’imbarazzo ad arrossire ostentatamente.
«Cosa? Sai benissimo, che non credo in queste cose!». Precisò infatti, piccata  e altamente imbarazzata, ponendo le mani sui fianchi e incurvando le labbra in un sorriso beffardo.
«Con tutti quei fusti che vengono qui la mattina almeno uno che ti piace ci sarà!». La rimbeccò la rossa poggiandole una mano sulla spalla, mentre la mora rise remissivamente divertita, dirigendosi con lei nel locale.
Non appena vi giunsero, gli occhi di Chichi come attratti da una delle più dominanti calamite naturali, come se nel buio più cieco un carezzevole raggio solare avesse puntato tutta la sua luminosità su un qualcuno di specifico… un qualcuno che il suo cuore stava freneticamente inseguendo tra miriadi di persone che assiepavano quel luogo, si posarono sull’aitante figura e sull’inconsueta capigliatura a palma di uomo che le era di spalle.
«Urca! Allora, mi dia sedici cappuccini, trenta cornetti al cioccolato e… ventisette brioches! Sto morendo di fame!». 
Come la deflagrazione di un’assordante bomba atomica, quella voce gioviale e spensierata, sferzò inesorabilmente il suo cuore che con una perseveranza assillante prese a risuonarle nelle mente ottenebrandola, mozzandole quasi il respiro, le labbra istintivamente si schiusero quasi nel vano tentativo di inalare aria, mentre il sangue nelle vene sembrò cessar di scorrerle.
«Chichi… Cosa c’è? ». La richiamò Miki con un palese tono concitato, prendendole prontamente le mani e ricercandone lo sguardo assente, quasi si fosse catapultata in un universo tutto suo, in un universo nella quale non faceva più parte.
«Yuuuuuuu! Scusate ragazze, ma questa mattina le mie lenti azzurro- fluorescenti non volevano attaccarsi all’iride! Allora, andiamo ?!». Il cinguettio stridulo e squillante della loro amica Kari, un’adorabile quanto eccentrica ragazzina dai corti capelli corallo, non sembrò ridestare minimamente  la corvina da quell’oblio nella quale sembrava essersi inoltrata.
«Chichi? Chichi diamine rispondi! Tra tre minuti esatti suonerà la campanella! ». Berciarono allarmante le due all’unisono, scrollandole le spalle e schiaffeggiandole lievemente il volto.
«Cosa… ?». Biasciò Chichi rubiconda, scendendo dalle nuvole, avvertendo tuttavia un’attanagliante morsa allo stomaco opprimerla, bloccarla .«Scusatemi… ». Si giustificò timidamente, ridendo imbarazzata e chinando il capo mentre con occhi scintillanti di una luce propria, lasciò il bar.
Son Goku, seduto goffamente su uno sgabello dinanzi al bancone  in attesa di placare il suo appetito,  si voltò distrattamente indietro venendo come catturato dalla straordinaria fisionomia di una fanciulla così simile alla sua Chichi, tanto che assumendo la sua consueta espressione ingenua, la seguì con lo sguardo finché gli fu possibile, avvertendo prontamente il proprio cuore oscillargli quasi a rallentatore, quasi esso gli rammentasse di raggiungerla.
«Ecco a lei, signore…». Il fragrante aroma delle leccornie da lui ordinate, inebriarono i suoi sensi, portandolo a ridacchiare infantilmente, per accingersi ad ingurgitarle avidamente, ignorando completamente il beffardo scherzo che il Destino gli avrebbe giocato.
 



 
    {To be continued…}
 
 
  
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