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Autore: Elos    21/12/2012    11 recensioni
E' una regola generale e universalmente riconosciuta che al mondo ci siano brave persone e cattive persone.
Le brave persone sono quelle che aiutano le vecchiette ad attraversare la strada, i gattini a scendere dagli alberi, e che separano sempre la spazzatura per la raccolta differenziata, la carta con la carta, il vetro con il vetro e le bucce di mela in un secchiello a parte, ché quelle vengono sempre buone per fertilizzare i gerani in vaso. Le cattive persone sono invece quelle che le vecchiette le mettono sugli alberi e i gattini in mezzo alla strada, e tu davvero non vuoi sapere cos'è che le cattive persone fanno con la spazzatura. Davvero. Sul serio. Ci sono cose che si possono fare con una lattina vuota di Coca Cola ed un mucchietto di bucce di mela che non ti farebbero dormire la notte.

Ci sono brave persone e cattive persone.
E poi c'è Mundungus. [...]
Partecipa alla seconda edizione della Missing Moment Quest.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Mundungus Fletcher
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Ma, e Moody...?, gli chiederà poi Harry.
Eh, Moody, gli dirà poi Mundungus. Moody è un'altra storia, ma Alastor lo sapeva che quella era una guerra, e che in guerra ci sono buone giornate e cattive giornate, giornate in cui tornano tutti a casa e giornate in cui a casa non ci si torna e giornate in cui a casa ci si torna, sì, ma un po' in pezzi, ed Alastor questo lo sapeva, ma Alastor lo sapeva, anche, che la cosa importante è imparare a tenersi a galla in tutte e due le giornate, quelle buone e quelle cattive.
Perciò, Alastor. Alastor ed io eravamo amici, una volta. Alastor è stato la battaglia di una brutta giornata, ma c'era tutta una guerra, dietro, e la guerra non la si vince schiattando tutti su una scopa in volo mentre Voldemort gioca al tiro al bersaglio con le tue chiappe, proprio no, certe giornate la guerra la vinci lasciando Alastor a schiattare su una scopa in volo, e il tiro al bersaglio viene fatto con le sue, di chiappe, e facendo quel che Silente ti ha lasciato detto di fare: andare a Diagon Alley, non farsi notare, sedersi al Paiolo e farsi servire un altro goccetto di Ogden Stravecchio. Ma Moody, Alastor, dirà Mundungus ad Harry, Alastor ed io eravamo amici, una volta.



E' una regola generale e universalmente riconosciuta che al mondo ci siano brave persone e cattive persone.
Le brave persone sono quelle che aiutano le vecchiette ad attraversare la strada, i gattini a scendere dagli alberi, e che separano sempre la spazzatura per la raccolta differenziata, la carta con la carta, il vetro con il vetro e le bucce di mela in un secchiello a parte, ché quelle vengono sempre buone per fertilizzare i gerani in vaso. Le cattive persone sono invece quelle che le vecchiette le mettono sugli alberi e i gattini in mezzo alla strada, e tu davvero non vuoi sapere cos'è che le cattive persone fanno con la spazzatura. Davvero. Sul serio. Ci sono cose che si possono fare con una lattina vuota di Coca Cola ed un mucchietto di bucce di mela che non ti farebbero dormire la notte.
E, certo, ci sono infinite sfumature nel mezzo, cattive persone non poi così tanto cattive e brave persone che certe mattine si svegliano senza sentirsi brave per niente, proprio no, perché una mattinata girata dal verso sbagliato può capitare a tutti; ma, senza scendere nei dettagli, ecco, la regola è che al mondo ci sono brave persone e cattive persone.
E poi c'è Mundungus.

Ci vuole poco coraggio per essere un codardo normale, dirà Mundungus ad Harry, e solo un po' più di coraggio per essere un vero coraggioso, ma per essere un codardo di professione...? Ecco, per essere un codardo di professione, sì, ci vuole vero fegato. Molto fegato, compreso quello potenzialmente liquefatto in anni ed anni di serate trascorse in compagnia di una bottiglia di Ogden Stravecchio, perché il codardo di professione è un mestiere serio, da portare avanti con classe, e il codardo di professione si sporca le mani più di tutti gli altri messi assieme, i coraggiosi e i meno coraggiosi ed i codardi normali. Tutti gli altri. E un bicchierino pieno lava le mani sporche molto più di quanto possa fare tutta l'acqua corrente a questo mondo, sissignore.
Il codardo di professione è un mestiere a parte, dirà Mundungus: non lo si può diventare, per essere un codardo di professione devi nascerci.
Innanzitutto, il codardo di professione deve avere un gran senso dell'umorismo. Una salutare dose di autoironia è assolutamente necessaria: senza di questa, il sessantanove per cento delle situazioni alle quali il codardo di professione andrà indubitabilmente incontro gli sembreranno intollerabili, il ventiquattro per cento insopportabili e il sette per cento restante inaffrontabili.
Il codardo di professione deve avere la lingua sciolta, la mente svelta, dei buoni riflessi ed una generosa quantità di fantasia. Niente meglio della bugia giusta al posto giusto lo aiuterà a tenere i piedi in due, tre, sette staffe diverse e la sua testa sempre saldamente appiccicata al collo, dov'è salutare che sia, e le bugie giuste sono quelle che vengono fuori spudorate e svelte senza colpo ferire.
C'è quel certo je ne sais quoi, poi, che ogni codardo di professione sviluppa in maniera diversa: c'è chi si veste da galantuomo e chi si specializza in ciarlataneria applicata, con grossi ciondoli d'argento e pentacoli e lunghe tuniche nere tappezzate di stelle, c'è chi si dà all'anonimato mediocre e discreto che permette di passare inosservati anche in una strada vuota e chi va in giro con un pappagallo su una spalla. Come codardo di professione, Mundungus ha deciso di coltivare tasche: il suo cappotto ne germoglia come fossero funghi, una in ogni anfratto, piccole tasche e grosse tasche e tasche segrete e tasche nelle tasche che nessuna mano tranne la sua troverebbe mai.

Mundungus Fletcher era nato in una piccola casa molto normale. La sua famiglia era una famiglia normalissima: un piccolo padre mago e una piccola madre strega, con un piccolo gufo molto vecchio e due grossi gatti rossi. C'erano tendine ingiallite alle finestre e gerani viola ai davanzali, e sul grammofono girava tutte le sere l'unico disco di proprietà della famiglia Fletcher, concerto da camera della Filarmonica della Vecchia Avalon, per la notte di Natale del dicembre 1921. Il signor Fletcher ci teneva a ribadire che lui e la signora Fletcher c'erano, quando quel disco era stato registrato, sissignore, perché vivere a Basingstoke non significava affatto essere al di fuori della comunità magica, nossignore, Diagon Alley non era tutto in Inghilterra e la famiglia Fletcher si pregiava d'aver vissuto nello Hampshire per più di trecento anni e di aver dato ad Hogwarts otto generazioni di maghi e streghe, sissignore.
Mundungus Fletcher era nato in una piccola casa molto normale, in una famiglia normalissima, con la pregevole sfortuna di non essere normale affatto. Mundungus era nato con un'abbondante secchiata di senso dell'umorismo, un'invitante spruzzata di fantasia e quest'abilità di produrre tasche di cui si è già detto. E vero fegato, sicuro, dirà lui ad Harry: solo, non proprio il genere di fegato che manda a Grifondoro, ecco, niente gloria e, sicuro quanto la morte e le tasse, niente onore, ma fegato nondimeno. Ben nascosto, perché è questo che trasforma un uomo in un codardo di professione, un vero fegato ben nascosto.
Sissignore.



C'è chi nasce come Mundungus e c'è chi nasce come Silente, dirà Mundungus ad Harry, anche, ed è inutile che tu tiri fuori quella faccia lì, ragazzo, tu Silente l'hai conosciuto, ci hai avuto a che fare, diamine, Silente ti ha cacciato in più gineprai di quanti la Foresta Proibita ne abbia mai prodotti in ottocento anni e più di onorato servizio, ed io e Silente non eravamo precisamente amici, ma avevamo fatto due guerre insieme e questo deve pur voler dire qualcosa.
C'è chi nasce Mundungus e chi nasce Silente, e tutti e due nascondono qualcosa, sempre, ma i segreti di Silente germogliavano segreti come le mie tasche producevano altre tasche. Per nuotare così nelle cose non dette, devi esserci nato capace: altrimenti, prima o poi affoghi.
Te la ricordi quella volta lì, dirà Mundungus ad Harry, no, non quella volta dei calici, per Merlino, Harry, cos'è, un'ossessione? Erano solo calici, per l'anima della buona Morgana, bei calici d'argento da dodici galeoni cadauno, sicuro, ma solo calici, ed a Sirius non sarebbe importat... avanti, smetti di fare quella faccia lì, non avresti saputo cosa farci e sarebbero rimasti a prendere polvere a Grimmauld Place, non mi è mai piaciuta quella casa, troppa roba che esce fuori dalle credenze per cercare di mangiarti le dita ed elfi pazzi che ti prendono a padellate in testa.
Comunque.
Non quella volta lì, quell'altra volta, quella dei Dissennatori a, comediavolosichiama, a Privet Drive. Sì, be', dirà Mundungus, ero certo che te la ricordassi. Sarebbe stato il mio turno di guardia, ma c'erano questi calderoni in una svendita all'angolo tra Notturn Alley e il Vicolo del Pesce, un'offerta da non perdere, due falci e tre zellini al pezzo, hai idea di quale sia il prezzo di mercato per un calderone di bronzo quasi nuovo, ragazzo? Avrei potuto venderli a sei volte tanto e me li avrebbero comprati tutti lo stesso, e tu chi credi che mi abbia detto della svendita, figliolo? Silente, ecco chi.



La conversazione si era svolta più o meno così.
“Due zollette, Mundungus?”
Non c'era la minima possibilità di riuscire a convincere Silente a lasciargli cadere due gocce di quello buono nella tazza, e lo zucchero era una tollerabile alternativa al brandy.
“Tre. Grazie.”
Le zollette di zucchero doverosamente servite, il tè regolarmente girato, due sorsi accettabilmente ingeriti per far piacere alle convenienze. Silente aveva un modo di bere il tè, guardandoti appena al di sopra dell'orlo della tazza e appena al di sotto del bordo degli occhiali, che ti metteva addosso una gran voglia di dimenarti sulla sedia; la natura, tuttavia, aveva provvidenzialmente creato Mundungus geneticamente incapace di essere messo in imbarazzo: il disagio era qualcosa con cui dovevano convivere tutti gli altri, i non-Mundungus del mondo.
“Come vanno le cose, Mundungus?”
Mundungus aveva mandato giù un lungo sorso con risucchio.
“Mah, bene, benino, secondo la stagione, oggi meglio, domani peggio, si tira avanti.”
Silente aveva sorriso. Questa era la ragione per la quale, a Mundungus, Silente piaceva: c'erano poche persone al mondo in grado di apprezzare le intricate sfumature di una risposta vaga, e quelle poche dovevi conservartele, tenertele care. Niente fa piacere all'artista come vedere il proprio lavoro apprezzato da un collega.
“Nessuna voce interessante a Diagon Alley?” Il sorso di Silente era stato molto più breve – ed assolutamente privo d'alcun risucchio. “Avrei pensato che le, oh, notizie sulla Gazzetta avrebbero giovato agli affari.”
“Mah, non saprei, non direi, non...”
“A Notturn Alley, allora.”
Oh, accidenti, questo era un velato suggerimento se mai se ne fosse sentito uno. Dalla fine della guerra erano passati oltre dieci anni, ma Mundungus non aveva ancora dimenticato la delicata nota di fregatura aggiunta che accompagnava usualmente i velati suggerimenti di Silente; di conseguenza, gli si poteva perdonare, credeva, il ragionevole sentimento di cautela che gli stessi gli risvegliavano alla base della colonna vertebrale. A Mundungus la sua pelle piaceva: era una vecchia pellaccia molto usata, ma era la sua, dannazione, e sarebbe stato complicato farsela sostituire.
“Notturn Alley, Notturn Alley...” aveva cominciato Mundungus, agitando le mani; un po' del tè ancora nella sua tazza gli si era rovesciato addosso, ma una macchia in più, una in meno, se tutto quel che gli fosse finito sul cappotto entro la fine della giornata fosse stato solo tè sarebbe stata una giornata molto pulita. “Ci sono un sacco di Auror a Notturn Alley in questa stagione. E' il periodo dello svezzamento dei Crop, Albus, lo sai, a Notturn Alley un ripostiglio su tre è un allevamento illegale... non che io lo sappia per certo, sicuro, sono voci, solo voci... ma agli Auror non piace che si dica che non fanno il loro lavoro. Bisognerebbe avere proprio dei grossi affari a Notturn Alley, in questa stagione, per decidere di andarci.”
Silente gli aveva rivolto un sorriso scintillante. Si erano guardati al di sopra delle loro tazze per un attimo, prima che Silente si sporgesse e gli indicasse la teiera:
“Ancora tè, Mundungus?”
“Grazie, sì.”
La teiera sempre fumante si era inclinata per riempirgli la tazza e la zuccheriera era schizzata in avanti con un balzo secco, rischiando di travolgere il bricco del latte nel movimento. Mundungus era certo che, se il bricco fosse stato dotato di corde vocali, quello che gli sarebbe scappato sarebbe stato un mugugno scocciato.
“Ti occupi ancora di quel tuo piccolo commercio di strumenti di seconda mano, Mundungus?”
Che era un altro modo per chiedere sei ancora nel giro della ricettazione di oggetti rubati, Mundungus? Un modo educato e, per di più, un modo che avrebbe permesso a Silente, se mai quella conversazione fosse stata registrata e portata di fronte ad una qualunque giuria, di negare tutto e risultare ancora convincente.
“Uhm, mah, quando capita l'occasione, se è buona...”
“Ottima.”
Interrotto a metà della tirata, Mundungus aveva sbattuto le palpebre e cercato di recuperare il ritmo:
“Uh, come?”
“Ottima,” aveva ripetuto Silente, serenamente. “Un'ottima occasione. Un'occasione da non perdere, in effetti.”
La teiera aveva saltellato verso di lui e gli aveva riempito la tazza; tre zollette di zucchero, molto latte, e Silente aveva girato il suo tè lentamente.
“Mi dicono che ci sarà una svendita a Notturn Alley nei prossimi giorni,” aveva proseguito Silente, il tono placido e lievissimo che era il preludio alle migliori fregature. “Mercoledì. Armadi, sedie, tappeti, pentole... calderoni... mi sarei aspettato che ne fossi a conoscenza, Mundungus.”
Mundungus ne era stato a conoscenza. Mundungus ne era stato perfettamente a conoscenza, in effetti; ci aveva fatto sopra anche un mezzo pensierino, abortito sul nascere quando aveva scoperto che il rivenditore in questione era un certo Malachia Gibbon. Malachia Gibbon era una persona non troppo brillante, non troppo pacifica, con una passione per la bottiglia facile, la straordinaria tendenza a cacciarsi nei guai con gli Auror un mese sì e l'altro anche e una preoccupante propensione a farsi vedere in giro, ultimamente, con elementi del giro sbagliatissimo.
Malachia Gibbon. Diamine, avere un nome così era da sola una buona ragione per farsi Mangiamorte.
“Oh, eh, sai com'è...” Nuovo gesticolare di mani, macchia di tè nuova di patacca sul davanti del cappotto. “Notturn Alley proprio non è posto per me, Albus.”
La menzogna era stata così plateale che Silente si era limitato ad assecondarla con un piccolissimo sorriso ed un garbatissimo suono di gola.
“Pare che l'anziano signor Hyssopus sia passato a miglior vita. Era un erborista nell'Hertfordshire, aveva un negozio delizioso, piuttosto rinomato... la sua salvia azzurra era la migliore del sud dell'Inghilterra, la faceva arrivare direttamente da... Comunque. Sembra non abbia lasciato eredi, e tutte le sue cose... bilance, lampade... diversi eccellenti calderoni in bronzo... oltre a tutta la, be', mobilia di casa... sono andate in vendita per coprire alcuni vecchi debiti. E' davvero un peccato che tu ti sia perso l'asta al Ministero, Mundungus, ma... Oh, ad ogni modo.”
Silente aveva toccato con due dita la teiera ancora sospesa a mezz'aria e aveva rivolto a Mundungus il più sfavillante dei suoi sorrisi.
“Ancora una tazza, Mundungus?”



Fammi capire, dirà Harry a Mundungus, fammi capire: era stato Silente a dirti di lasciarmi da solo? Silente?
Non proprio, non precisamente, ecco, ragazzo, vedi, ci doveva essere stata una piccola incomprensione tra Silente e chiunque avesse riportato a Silente la storia della svendita di Gibbon, un po' di incertezza sui tempi, gli orari, il giorno, capisci? Sono cose che capitano. Avrebbe dovuto essere mercoledì – e c'era quella buonanima di Tonks di ronda da te, di mercoledì, sempre il mercoledì, perché era il suo giorno libero al Ministero – ma invece era di, be', di giovedì. E giovedì avrebbe dovuto esserci la mia ronda da te.
E questo non l'hai detto a Silente, gli chiederà Harry. Non gliel'hai detto?
Uh, be', dirlo a Silente, dirlo a Silente, Silente mi aveva già detto quel che c'era da fare, quel che voleva sapere... non è che lo avesse detto, ecco, ma con Silente non c'era precisamente bisogno di sentirsi dire le cose, era più una questione di sapere che lui sapeva che tu sapevi che... Comunque. Avevo pensato di chiedere a qualcuno di fare a cambio turno, sai, a quelli dell'Ordine, ma avrei dovuto spiegare il come e il perché, e loro avrebbero detto di no, che una svendita di calderoni poteva aspettare, che Shacklebolt aveva da fare e Tonks aveva da fare e i Weasley avevano da fare... ed Alastor aveva da fare, sicuro, Malocchio aveva sempre da fare... ed a Silente non sarebbe piaciuto se avessi detto che il lavoretto me l'aveva dato lui, capisci? Ci potevano essere talpe nell'Ordine, ci sono sempre talpe, e se si fosse venuto a sapere in giro che facevo affari per conto di Silente... se si fosse sparsa la voce... be', fine della mia credibilità, ragazzo mio, fine della mia credibilità, e ci ho messo una vita per costruirmela, io, la credibilità.
Così ho pensato che la svendita sarebbe cominciata un po' prima del tramonto e, be', un'oretta per lavorarmi Gibbon, diciamo, quattro chiacchiere ed un accenno qui, uno lì, un bicchierino di quello buono per mandar giù le chiacchiere e gli accenni, magari, devi sapere che il modo migliore per lavorare dove lavoro io, Harry, è andare sempre in giro con una bottiglia di quello buono nelle tasche. Prima che venisse buio sarei stato di nuovo sotto casa tua, un'oretta, non te ne saresti dovuto accorgere neanche, eccheddiamine, avevi quindici anni, ragazzo, quindici anni, non eri mica un poppante. Non pensavo saresti riuscito a finire nei guai in meno di un'ora, un'ora sono sessanta minuti, sessanta minuti, Harry, con sessanta minuti non ci fai neanche il burro!
Dovevi solo startene buono per sessanta minuti, non era chiedere troppo, no?
Evidentemente sì.

Notturn Alley, dirà poi Mundungus ad Harry. Quella volta a Notturn Alley non è andata precisamente bene, ma è il mio mestiere, eh, ci si abitua a che le cose non vadano mai proprio come dovrebbero andare.
I Babbani dicono una cosa, a questo proposito, che ci calza davvero bene. Non si può dire che facciano sempre cose intelligenti, i Babbani, ma con le parole ci sanno fare, oh, sì, molto meglio dei maghi, non c'è scuola migliore di quella dei Babbani per i modi di dire ed i giri di parole e la lingua sciolta.
Ti dico una cosa, ragazzo, impara dai maghi, sicuro, prendi tutto quel che i maghi hanno da insegnarti, ma poi vai dai Babbani, prova le cose a modo loro, fai le cose come le fanno loro, perché i Babbani arrangiano e inventano e attorcigliano la vita come fosse un pezzo di corda, i Babbani hanno imparato a fare a meno della magia e sono più svelti di noi ad imparare, i Babbani. E' per questo che mi piacciono.
Mi ricordo che c'era questa Bess, Bess Campbell, cara, vecchia Bessy, che aveva una lingua come un pezzo di burro, tutta dolce e levigata e veloce, ed una testa che avresti potuto affilarci un coltello sopra, ed era... oh, ragazzo, la vecchia Bess non è precisamente la ragione per la quale sono entrato nell'Ordine quando è cominciata la prima guerra, ma è una delle ragioni per le quali mi piacciono i Babbani. Lingua come un pezzo di burro e testa tagliente.
I maghi avrebbero un sacco di cose da imparare dai Babbani, se si decidessero a tirarsi fuori la testa da dove se la sono seppellita in mezzo alle chiappe.

Se una cosa può andare male, andrà peggio. Ecco cos'è che dicono i Babbani.
Che Merlino mi sia testimone, è una perla di saggezza se ma se n'è sentita una, Harry.



La struttura degli svincoli, delle traverse e delle abitazioni che affacciano su Notturn Alley fornirebbe, se mai fosse esaminata come merita, materiale di studio sufficiente per una mezza dozzina di tesi ad una commissione composta in parti uguali da architetti, urbanisti ed idraulici – per non parlare degli interessanti approfondimenti collaterali che verrebbero forniti nel mentre a criminologi d'ogni branca ed esperienza e ad una mezza dozzina di psicologi delle più varie scuole di pensiero.
Ad occhi Babbani, Diagon Alley apparirebbe come una graziosa, forse giusto un poco bizzarra, strada diritta fiancheggiata da curiosi negozi e chiusa dalla gradinata bianca ed imponente della Gringott, le sue scale come una colata luminosa sotto il sole estivo; ci sono negozi, alberi e vasi di fiori, e se qualche volta a qualcuno dei fiori capita di muoversi un po' troppo, diciamo, non necessariamente in presenza di vento, e se qualcuno degli alberi presenta foglie di un colore curioso, tutto sommato sono minuzie da poco, che passano inosservate volentieri.
Ad occhi Babbani, Notturn Alley apparirebbe...
Ecco: diciamo solo che è un bene che non vi siano occhi Babbani a Notturn Alley.
C'è una via. Il buonsenso e le leggi minime dell'urbanistica vorrebbero che ogni via procedesse da un punto A ad un punto B passando per il minor numero di curve possibili; ma a Notturn Alley il buonsenso deve essersi perso da qualche parte insieme alla nettezza urbana, ai vasi di fiori ed a quei bei cestini con il cartello La strada appartiene a tutti noi: teniamola pulita che si trovano invece ad ogni angolo di Diagon Alley. Notturn Alley è un sistema di curve ed angoli che germinano a loro volta altre curve ed altri angoli, Notturn Alley è un labirinto di scale e gradini e porte rialzate e finestre al livello della strada, Notturn Alley è un solido sviluppato precipuamente in profondità, tra fognature, sotterranei e magazzini. Ci sono ingressi dove non dovrebbero esserci ingressi e case dalle pareti murate dove l'unica via d'accesso è una botola che proviene da meglio non chiedere dove. Notturn Alley era nata in un qualche medievale momento nel bel mezzo della Londra Babbana, pensata per essere una strada come tutte le altre: ma poi erano cominciati i traffici, i commerci, si erano aperti piccoli, pittoreschi negozietti di cestini fatti con i capelli umani e orecchie mummificate e scatole costruite per mangiare le dita dei ladri incauti che avessero cercato di frugarci dentro, e tutti questi negozietti stonavano un po' con la Gelateria Fortebraccio, con i suoi bambini dalle guance paffute e i cappellini a punta delle sue adorabili vecchiette, stonavano con il libraio nervoso del Ghirigoro e con il negozio di vestiti all'angolo... stonavano con Diagon Alley, in generale, e con la sua umanità di maghi e streghe normalissimi e rispettosi della legge e delle convenzioni.
A Notturn Alley è facilissimo perdersi. Ci si perde nelle botole nascoste nel selciato dei vicoli che la tagliano trasversalmente e ci si perde dietro alle porte sbagliate e ci si perde nei tombini aperti che non dovrebbero esserci. Ci si perde in un sacco di posti, a Notturn Alley, se non si sa dove è bene mettere i piedi.
I piedi di Mundungus sapevano perfettamente, invece, dove fosse meglio trovarsi.
Gli erano occorsi ventitré minuti cronometrati, il giorno prima, per scoprire dove e quando si sarebbe tenuta la svendita, quattordici per informarsi discretamente su chi altri si sarebbe presentato e circa otto per ottenere un buon calcolo approssimativo del momento opportuno per farsi vivo – non troppo presto, per non attirare l'attenzione, ma neanche troppo tardi, quando le cose migliori sarebbero state già vendute, gli affari migliori già fatti, e Gibbon non sarebbe più stato poi tanto interessato a far passare il tempo. E poi c'era la questione dei calderoni, aveva pensato Mundungus. Calderoni di vero bronzo non crescevano mica sugli alberi: se fosse arrivato troppo tardi avrebbe trovato sicuramente che erano stati già venduti tutti.
Chiamarlo un magazzino sarebbe stata un'esagerazione: si trattava più di un ripostiglio nel fondo di uno scantinato dove qualcuno doveva aver conservato parecchie botti di vino per parecchio tempo più del necessario, perché il sentore di aceto era così forte da poter essere praticamente considerato un eccellente disinfettante per i polmoni. La luce calava da un paio di candelabri agganciati ai due lati della porta e da quello che pareva un fuoco fatuo chiuso in una boccia di vetro e, prima di poter raggiungere il pavimento, si trovava a farsi strada a fatica in un labirinto di casse accatastate e aperte; nelle aste di Diagon Alley c'era la simpatica abitudine di conservare le merci sotto un Incantesimo Riducente finché non venivano vendute... ma nelle aste di Diagon Alley c'erano anche tutta una serie di simpatiche altre abitudini, quali l'uso di scontrini, fatture, certificati di garanzia, contratti con clausole di restituzione, tutte cose che a Notturn Alley si conoscevano solo di nome e sempre molto vagamente. Il concetto di rimborso era, a Notturn Alley, più una lontana figura mitologica che una pratica conclamata.
Non c'erano stati molti potenziali compratori in giro per il magazzino: quelli di Hogsmeade dovevano aver mandato Sam Brooke, detto il Nano, perché a Mundungus era sembrato di aver visto la testa familiare di qualcuno non più alto di un metro e venti aggirarsi appena al di sopra del livello di un comodino, e ce n'erano un paio che Mundungus non conosceva per niente, nossignore, e ciò significava che non dovevano contare poi molto.
C'era stato anche Gibbon, poi. La Natura aveva provveduto a fare a Malachia Gibbon quello che i suoi genitori non erano riusciti a compiere affibbiandogli l'infausta sorte di un simile nome, e a quello a cui né Natura né genitori erano arrivati, be', aveva pensato lui stesso: aveva il naso rosso e gonfio e gli occhietti acquosi del bevitore pluridecennale che abbia sempre considerato le Pozioni Svuotasbronza come una perdita di denaro, e i suoi vestiti dovevano essere stati scelti al buio – saltando alla cieca, presumibilmente, nell'armadio di qualcun altro. Basti dire a questo proposito che il viola melanzana brillante, ecco, non si intonava precisamente alla sua carnagione.
Comunque.
Gibbon e Mundungus si erano già incrociati. Erano poche le persone che Mundungus non avesse incrociato a Notturn Alley; ancora meno quelle che non aveva fregato, in un modo o nell'altro, nel corso di tre decadi di onorato ed illegale servizio. Gibbon, in particolare, era stato i due galeoni e i nove zellini di una fortunata scommessa su un combattimento clandestino di Avvincini. La cosa migliore era che il risultato di quella scommessa era completamente scomparso dalla testa di Gibbon, lasciandolo beatamente ignaro della fregatura presa; il ricordo in questione doveva essere scivolato su uno dei suoi neuroni in avanzato stato di decomposizione, caduto in una pozza di alcool e lì sventuratamente annegato. Si poteva serenamente sostenere, infatti, che Malachia non fosse stato precisamente lucido al momento della scommessa.
Ignaro dunque come un agnellino non ancora svezzato dei due galeoni e nove zellini sottrattigli anni prima, Gibbon aveva grugnito un saluto all'indirizzo di Mundungus. Un grugnito era sempre un segno incoraggiante, due gradini sopra un'occhiata sospettosa e numerosi gradini più in su di una bacchetta sguainata. Mundungus aveva tirato fuori il più efficace dei suoi toni interessati ed aveva affermato:
“Bel posticino che ti sei trovato qui sotto, Gibbon.”
Gibbon se l'era squadrato per un minuto buono, prima di decidere che l'affermazione era sufficientemente innocua da meritare una risposta:
“E' di mio cognato.” I cognati erano una razza curiosa, aveva scoperto Mundungus. Sempre numerosi al momento del bisogno, anche in famiglie dove l'assenza assoluta di fratelli e sorelle avrebbe potuto far considerare la presenza di un cognato una circostanza quantomeno improbabile.
Era questo il genere di pensieri che Mundungus stava sempre ben attento a tenere per sé.
“Sempre in famiglia, sempre in famiglia,” aveva replicato, guardandosi intorno. “Come fosse tuo, ci scommetto.”
Il grugnito di Gibbon era emerso, stavolta, con una vaghissima sfumatura d'apprezzamento.
“E bella roba, eh?” Gli occhi di Mundungus si posarono su una orribile lampada verde a meno di due piedi di distanza dal punto in cui si trovava, tutta vetro pesante e grosse rifiniture di vernice dorata; i gusti dell'ormai defunto Hyssopus, erborista dell'Hertfordshire, non dovevano essere stati dei più raffinati. “Bella roba davvero, bene, bene, qualcosa che dovrei vedere in particolare, eh? Ho un po' di buona gente su ad Edimburgo che si vuole rifornire il negozio, sai, arredamento d'epoca, mobili vecchi, oggi non li fanno più come una volta...”
Si era battuto una mano sulla tasca, nel parlare, e qualcosa nel fondo di quella tasca aveva tintinnato dolcemente: avrebbero potuto essere viti e bulloni, per quanto Gibbon ne sapeva, ma sembravano proprio monete, a sentirle così. Era quel genere di suono che ammorbidiva sempre un venditore.
“C'è una bella scarpiera,” aveva detto Gibbon. “Comodini... casse, che ne dici di una bella cassa? Una bella cassapanca, bella grossa, un Incanto Conservante che è un lavoro di fino...”
La cassapanca in questione sembrava essere appena stata disseppellita da un cimitero sconsacrato: era nera e lucida come una bara e due volte più inquietante.
“Bella, bella, Gibbon, ma un po', uhm, un po' scura, eh, un pezzo un po' scuro, no? Il negozio che dico io è un negozietto per gente rifinita, tutta roba con i cuscini di chintz e le... sai, quelle robe d'ottone, lì, le guernizioni...”
“Un armadio, allora? Il vecchio aveva... voglio dire, c'è un grosso armadio con un sacco di cassetti e la specchiera e... no, non interessa? Sedie, che mi dici delle sedie?”
“Hanno i cuscini di chintz?”
“Uh...”
Mundungus aveva alzato le spalle in un gesto di vaga impotenza, come a dire: senza cuscini di chintz, io che potrei farci?
“Io cerco qualcosa di più, non so...” Bronzeo. Pesante. Cavo. Adatto a farci pozioni dentro. “... vendibile, ecco, da rimettere in giro, ci devo tirar fuori anche io qualche zellino, giusto?”
Gli occhi di Gibbon erano rimasti acquosi e vacui per un lunghissimo momento; ma poi le rotelle dovevano essere girate nella direzione giusta ed avergli fatto clic, perché l'espressione gli si era rischiata. Aveva allungato una mano larga come una piccola vanga ed aveva battuto una pacca amichevole sulla spalla di Mundungus, minacciando di mandarlo a sbattere con la faccia per terra.
“Sei fortunato, Fletcher. Credo proprio di averci quello che fa per te.”



Calderoni a due falci e tre zellini al pezzo, ripeterà Mundungus ad Harry. Venti calderoni a due falci e tre zellini al pezzo, ecco cos'era che faceva per me. Se glieli avessi comprati in un blocco unico mi avrebbe messo anche la cassa da morto compresa nel prezzo, quella cassapanca orribile, sai? Ma c'è sempre chi si compra roba così, tutto considerato era un affare, un vero affare.
E così l'ho messo a sedere, racconterà poi Mundungus, l'ho messo a sedere e mentre tiravamo sul prezzo, lui da una parte, io dall'altra, ho tirato fuori la mia fiasca e gli ho detto Gibbon, vecchio mio, un goccetto, eh? E' un goccetto di quello buono, va giù liscio liscio, mica come l'acqua. Con l'acqua ci si strozza, ma con questo non ci si strozza mai.
E Gibbon ha bevuto, chiederà Harry, ha bevuto davvero?
Non mi piace questo tono scettico, ragazzo, risponderà Mundungus, certo che Gibbon ha bevuto. Ha bevuto un goccio, poi un altro goccio, e poi abbiamo cominciato a chiacchierare e gli ho detto di nuovo, ehi, bel locale, bel posticino, e mezza fiasca più tardi è saltato fuori che il magazzino non era proprio di suo cognato, ecco, più il cognato di qualcun altro, perché c'era gente che si dava da fare in giro per Notturn Alley, adesso, gente che sapeva dove mettere le mani e gente che conosceva gente che conosceva qualcuno che forse lavorava al Ministero. Ecco come aveva fatto a mettere le grinfie su tutta quella roba, calderoni, lampade, casse: il vecchio che aveva tirato le cuoia aveva lasciato la sua roba al Ministero per pagarci le tasse arretrate, e al Ministero qualcuno aveva fatto sparire il tutto e l'aveva dato a qualcun altro che poteva rivenderlo, Harry, capisci? Era tutto denaro che girava. C'erano quelli come i Malfoy e i Parkinson e i Nott che pagavano i conti di Tu-Sai-Chi, ma sotto di loro c'erano i Gibbon e i Jugson e i Travers e i Rowle... e tutti quegli altri che hanno preso al Ministero, anche, tutti quelli che hanno beccato con le mani in pasta quando la guerra è finita. Silente lo sapeva, dirà Mundungus ad Harry, che per tenere in piedi una guerra servono i galeoni per finanziarla.
Harry se ne starà zitto per un po', e Mundungus anche, mentre Harry ci pensa sopra.
E poi Harry chiederà che cos'era successo, dopo, nel magazzino, perché avevi detto che era andato tutto storto, non avevi detto così?
Ah, dirà Mundungus. Cos'è andato storto. Be', è molto semplice, Harry. E' stato Jugson ad andare storto, ecco cos'è stato.



L'Incantesimo di Rabbocco era sempre stato uno dei pochi incantesimi che non avessero mai dato problemi a Mundungus: bisognava partire con della roba buona, del buon liquore, sicuro, non potevi cominciare con una schifezza annacquata, ma una volta che ne avevi una fiasca piena potevi continuare a tirarne giù una sorsata alla volta, una sorsata, Rabbocco, una sorsata, Rabbocco, una sorsata... le sorsate che ne uscivano fuori erano sufficienti a sciogliere la lingua anche a chi ce l'aveva annodata, e la lingua di Gibbon era già stata piuttosto lubrificata tanto per cominciare.
Nessuno doveva mai aver insegnato a Malachia Gibbon la sottile arte della discrezione, ma Mundungus non se ne lamentava: era così che gli piacevano i lavoretti, semplici semplici, facili facili, lisci come l'olio.
Ed era stato così occupato a complimentarsi con sé stesso, perché l'ora che si era prefissato come termine massimo non era ancora trascorsa e lui aveva già quel che Silente avrebbe voluto sapere e in più venti calderoni a due falci e tre zellini al pezzo, con cassa da morto inclusa nel prezzo, che non si era accorto del silenzio strano che era calato nel magazzino, al principio, di Sam Brooke che aveva smesso di frugare tra le lampade e i vasi di ottone e di Gibbon che non stava più biascicando niente e che guardava avanti a sé, adesso, fissando un certo punto proprio al di sopra di una spalla di Mundungus.
Così, quando Mundungus si era girato, molto, molto lentamente, si era trovato con la faccia sbattuta contro la spalla massiccia di qualcuno che avrebbe potuto competere ai Campionati per il Torace Più Largo della Contea e con il naso proprio all'altezza di una bacchetta sollevata e puntata nella direzione sbagliata – la sua.
Quando aveva alzato la testa un altro po', la faccia inquietante di William Jugson gli aveva rivolto un sorriso che era stato tutto un capolavoro di malignità sopraffina.
E:
“Ma tu guarda che cosa abbiamo qui,” gli aveva detto Jugson, strascinando tutte le parole ben oltre il limite consentito per un effetto estremamente minaccioso e solo un poco sputacchiante. “Gibbon, Gibbon, vecchia canaglia, non ti hanno mai insegnato a riconoscere i pezzi di sterco dall'odore?”
“Ah,” aveva cominciato Gibbon, schiarendosi la gola, ritrovando la voce a fatica e decidendo prontamente di usarla per esibirsi nell'eccellente imitazione di qualcuno a cui la lingua ed il cervello fossero appena andati di traverso. “Be', uh, qualcosa che non va, cosa c'è che non va? Stavamo facendo solo affari, qui, solo degli onesti affari...”
“Avanti, William.” aveva tentato Mundungus, con un sorriso ampio e molto, molto, molto conciliante, quando aveva realizzato che qualunque cosa fosse uscita fuori dalla bocca di Gibbon non gli sarebbe stata utile. “Non ce l'avrai ancora con me per quella partita fallata di Polisucco, vero? Non puoi avercela ancora con me, è storia vecchia di un secolo e poi, poi, come facevo a sapere io degli, uh, di quei piccoli effetti collaterali che non...”
Jugson aveva ringhiato ed una spruzzata di scintille rosse era emersa dalla punta della sua bacchetta.
Mundungus si era prontamente Smaterializzato altrove.



Quindi, chiederà Harry, Jugson non sapeva che tu fossi con l'Ordine?
Ceeeeeerto che non lo sapeva, ragazzo, dirà Mundungus in tono offeso, per chi mi hai preso, per un principiante? Se si fosse saputo che stavo con l'Ordine avrei smesso di lavorare, sarei diventato utile come una zecca attaccata ad una cozza, fuori dal giro, inutilizzabile! No, la cosa era che Jugson ce l'aveva ancora con me perché quella partita di Polisucco che gli avevo venduto gli aveva causato, uh, un po' d'orticaria in luoghi dove non batte il sole, non so se ci capiamo, Harry, e dopotutto non era stata nemmeno vera Polisucco, solo un po' di Pozione del Camaleonte, sai, due gocce di Cambiacolore, un po' di Pozione Dilatante... uno schifo, insomma. Ma io non lo potevo sapere, davvero, mica sono... mica sono Piton, non faccio mica le pozioni per lavoro, io, le rivendo soltanto. Ma Jugson non era tipo da darti ascolto, una testa calda e vuota, ecco cos'era. Portava le scarpe ai Mangiamorte e lo facevano correre da una parte e dall'altra come un facchino, ma in fondo era solo l'ultima ruota dell'Espresso per Hogwarts. Ma era stato lui a far avere la roba a Gibbon, capisci? Il penultimo anello della catena dei galeoni, dal Ministero ai Mangiamorte passando per Jugson, Gibbon, poi di nuovo Jugson e su, su, sempre più su, fino a Tu-Sai-Chi.
Ad ogni modo: io mi sono Smaterializzato via da lì e, be', qualcuno doveva aver buttato un Incantesimo Confondente con i fiocchi su quel magazzino, ha senso, figliolo, ha proprio senso, ed io dovrei averci pensato prima di provare con una Smaterializzazione affrettata. Un buon Incantesimo Confondente è quello che distingue una svendita di successo da un fallimento assicurato: perché, vedi, Harry, è molto più semplice farsi pagare se quelli che sono venuti a comprare roba da te non possono Smaterializzarsi via con la merce senza prima aver tirato fuori i galeoni dalle tasche.
Così mi sono Smaterializzato e sono finito nel magazzino accanto, non proprio Privet Drive, dove sarei dovuto andare. E non sarebbe stato neanche un grosso problema se non si fosse trattato precisamente del magazzino accanto.
Perché, chiederà Harry, che cosa c'era nel magazzino accanto?
Crop, risponderà Mundungus, lugubre. Dozzine di Crop chiusi in un magazzino che nessuno si era premurato di areare per più di ventiquattr'ore. Dozzine di Crop giovani e in salute e ben nutriti e ben panciuti e con un sistema digestivo-espulsivo che avrebbe potuto essere usato come arma di distruzione di massa.
Gliel'avevo detto a Silente, io, che quella era la stagione dello svezzamento.

Ed è così che è andata, Harry. Il resto lo sai: ci ho messo un bel po' più di un'ora a tirarmi fuori da Notturn Alley senza finire tra i piedi a Jugson, e quando sono arrivato a Privet Drive quella vecchia pipistrella pazza di Arabella, che Merlino la benedica, ha cercato di prendermi a scarpate in faccia per averti lasciato da solo – e lasciati dire, Harry, ragazzo, che Arabella ha un bel po' di forza in quelle sue braccine rachitiche e sa tirarti delle sventole da far spavento.
E' così che è andata, dirà Mundungus. Silente ha saputo quel che voleva sapere ed io sono rimasto a mani vuote, ed erano piccole cose, quelle che gli ho raccontato, davvero, ma tutte le piccole cose diventano grosse cose quando si accumulano l'una sopra l'altra. Sono come mattoni, Harry, non puoi fare una casa senza i mattoni. Faccio i mattoni, io, non sono un eroe, non tiro su le case, io faccio i mattoni e lascio che le case le tirino su gli altri, quelli che lo sanno fare. E' così che è andata quella volta, e te ne potrei raccontare altre, molte altre, ti potrei raccontare com'è che sono finito ad Azkaban durante la guerra e di come mi sono seduto a bere un bicchiere insieme agli assassini di Alastor, di tutte le volte che ho fatto qualcosa e di quando non ho fatto niente e di come mi sono ritrovato nel mezzo di un mucchio di stramaledetti eroi.
Perché ho fatto due guerre insieme a Silente, io. La gente a questo non ci pensa mai.
Vedi, Harry, Azkaban non è poi così male, adesso, ci sono tre pasti caldi al giorno e niente Dissennatori e il rognone arrosto tutti i giovedì, e tutto sommato è un posticino simpatico per una vacanza, ma io ho affari da tirare avanti, un commercio da gestire, le ditte falliscono sempre se chi le dirige è dietro le sbarre, capisci? Perciò mettiti una mano sul cuore, Harry, vedi se riesci a dirglielo, all'udienza, quello che ho fatto per la guerra e per Silente, che ero nell'Ordine, che ci ho perso vent'anni dietro a quest'Ordine, e medaglie a me non ne daranno di sicuro, ma che almeno si evitino il disturbo di dovermi fornire tre pasti al giorno e servizio di lavanderia tutte le settimane a spese dei contribuenti. O, se proprio ci tengono a mantenermi, che mi diano una pensione e si tolgano il pensiero, vitto sì, alloggio no, non serve, grazie, all'alloggio ci penso da solo.
Weasley dirà quel che potrà, sicuro, Weasley è un brav'uomo, e George verrà all'udienza, abbiamo fatto buoni affari, io e George e quel suo povero fratello buonanima che è finito sotto alle macerie, George sa un po' di cose qui e un po' di cose lì e magari dirà qualcosa che piacerà ai vecchi del Wizengamot, ma se tu ci metti una buona parola, Harry... se ti metti una mano sul cuore...

Ma, e Moody...?, gli chiederà poi Harry.
Eh, Moody, gli dirà poi Mundungus. Moody è un'altra storia, ma Alastor lo sapeva che quella era una guerra, e che in guerra ci sono buone giornate e cattive giornate. Alastor è stato una brutta giornata, una cattiva giornata, e me lo ricordo, io, Alastor, quand'era giovane e aveva ancora tutto il naso attaccato, tutte e due le gambe, giocavamo a guardia e ladri e non faceva ancora troppa paura, Alastor.
Non ho mai chiesto di morire per nessuno, io, nessuno muore per me, io non muoio per nessuno, tutte le cose sono a posto, ma Alastor è stato una brutta giornata. Una brutta giornata, sì. Ed io ho fatto quel che Silente mi aveva detto di fare, anche dopo, quando lui non c'era più, nessuno che mi ascoltasse, dopo, nessuno che mi conoscesse e che pensasse come si doveva pensare, ed io ho preso le mie occasioni da solo, al volo, a volte è andata bene, a volta mica tanto bene. Ma Alastor, vedi, Alastor...
Io faccio il codardo di professione, Harry, è un lavoro sporco, ma qualcuno lo deve pur fare. Io faccio il codardo di professione ed Alastor era un eroe. In guerra, non sono quelli come me che ci perdono le chiappe.
Moody, Alastor, dirà Mundungus ad Harry, Alastor è un'altra storia.
Ma Alastor ed io eravamo amici, una volta.





Note della storia: Dopo I problemi coniugali di D.J.Prod, torno per la seconda edizione della Missing Moment Quest. Le profezie di Sibilla cooman, i tentativi del prozio Algie, Kreacher ad Hogwarts e il marito della signora Finnigan, i dodici usi del sangue di drago e come fu che il signor Weasley riuscì a tirare fuori dai guai il signor Otto Bagman e il suo tagliaerba: per saperne di più su tutto questo e molto altro ancora, cercate le storie con il marchio della Missing Moment Quest!

Questa storia è stata un po' un parto. Probabilmente non c'è bisogno che vi dica che per trovare l'episodio del quale parla Mundungus bisogna zompettare nei primi capitoli di Harry Potter e l'Ordine della Fenice, vero...?
Se volete saperne qualcosa di più su Alastor Malocchio Moody e sul suo improbabile rapporto con Mundungus Fletcher, potete andare a tormentare dierrevi: punzecchiatelo, tirategli le cartacce, i capelli, non so, usate un pungolo elettrico (citazione coRta, per chi la coglie), perché ha in cantiere una storia beeeeeeellissima che io DEVO leggere e lui non si sbriga a produrre. Andate, disturbatelo, fategliela scrivere!

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