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Autore: Nenredhel    22/12/2012    0 recensioni
Edoras, la grande dimora dei signori dei cavalli. Da tempo manca un re a questa nazione, ma questo non significa che non ci sia qualcuno a governare e difendere il suo popolo. Adesso, però, una minaccia arriva da sud, e Dean le corre incontro con la spada sguainata e la sensazione di non avere più nulla da perdere.
Crossover, Terra di Mezzo!AU, elf!Castiel/Wanderer!Dean. Parte della serie "Middle Earth 'verse"
Genere: Angst, Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Middle Earth'
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!AVVISO! Il capitolo purtroppo non è betato e per alcune parti nemmeno riletto, il punto è che volevo postarlo prima di Natale per fare un regalo alle mie quattro fedelissime lettrici (e non sto citando Manzoni qui, no....)! Quindi, se trovate errori di battitura, grammatica, parole mancanti o altri Orrori, sentitevi pure libere di segnalarmeli e insultarmi, e poi perdonarmi ovviamente! Perdonatemi anche se ormai posto una volta ogni sei mesi, smetto anche di promettere più velocità... i motivi sono sempre gli stessi e purtroppo non cambieranno presto!
Detto questo, vi lascio alla lettura e aspetto i vostri commenti!
la Scrittrice


 

 

Saer Tûr (Un Amara Vittoria)

 

“I do not love the bright sword for it's sharpness,
 nor the arrow for it's swiftness, nor the warrior for his glory.
 I love only that which they defend”
[The Lord of the Rings _ J.R.R. Tolkien]

 

La terra sotto i piedi stanchi di Dean era rossa e nera del sangue dei nemici di Rohan. I corpi sfatti e maleodoranti degli orchi erano ammassati uno sull’altro, fatti a brani dalla vetusta e verdeggiante furia distruttrice che dalle montagne si era abbattuta su di loro, stringendoli in una morsa insieme ai Rohirrim, che caricavano dalle mura violate del fosso. Ma non erano quei cadaveri grigi e devastati a pesare sul cuore del Dùnadan, bensì i volti troppo giovani di ragazzi strappati alle loro case e alle loro famiglie, per combattere la guerra di un usurpatore che non aveva esitato a mandarli a morire per mano dei propri stessi fratelli. Mentre la mano di Dean stringeva con forza l’elsa dorata della spada, che ora penzolava inerte alla fine del suo braccio, il ramingo sentiva la rabbia ribollirgli nelle vene, avvelenandogli l’anima con un cieco desiderio di omicidio e vendetta. Troppa morte, troppo sangue, troppo dolore era già stato sparso nel nome di un ideale oscuro e di pochi pezzi di acciaio ormai inutile.

Davanti ai suoi occhi si estendeva l’ampia valle del Fosso di Helm, un interminabile distesa di morti e feriti, di soldati troppo stanchi per gioire della vittoria e donne troppo spaventate per credere che questa fosse davvero la fine delle loro sofferenza. Tutti davano una mano, e tutti gli occhi scrutavano quella vallata che pareva interminabile alla ricerca di un viso amico, di uno sguardo amato, sperando contro ogni speranza di vedere ancora il respiro gonfiargli il petto e la vita scorrergli nelle vene. Anche i suoi stanchi occhi verdi cercavano, e allo stesso tempo rifuggivano, quella vista orribile, così come il suo cuore desiderava ed aborriva l’idea di sapere, di vedere finalmente i volti che andava cercando.

Aveva spedito Jo da sua madre nel fitto della battaglia, ma nessuno l’aveva più vista da allora. Sam era scomparso ancora prima che raggiungessero il fosso di Helm. Bobby era partito e solo i Valar sapevano dove diavolo era andato. Uno qualsiasi di quei volti amici sarebbe bastato a sollevargli il cuore o a sprofondarlo definitivamente nell’abisso. Era il volto, quasi di bambina, di Jo che cercavano ossessivamente i suoi occhi, perché non poteva sopportare l’idea di avere mandato anche lei verso la morte, non sarebbe riuscito a reggere il peso anche della sua vita spezzata, non insieme a quelle di tutte le armature scintillanti che giacevano ai suoi piedi nel fango.

Fu in quel momento, mentre il suo sguardo passava senza guardare sopra l’ennesimo volto di ragazzo, senza neppure sapere se si trattasse di un Rohirrim o di un Gondoriano, che qualcuno gli afferrò la mano che ancora stringeva la spada. Dean si voltò di scatto, i muscoli tesi dai nervi ancora scossi dalla battaglia, solo per trovarsi davanti ad una donna curva sotto il peso degli anni e del dolore, che portava una caraffa ed uno straccio già rosso di sangue. La donna sembrava stanca almeno quanto lui, ma quando lo aveva visto gli aveva afferrato la mano e l’aveva baciata piano, e ora i suoi occhi resi opachi dagli anni lo fissavano in volto con un sorriso commosso, nascosto sotto tutto il dolore, e un ringraziamento silenzioso che non riusciva a sciogliersi dal nodo che aveva in gola. Una lacrima si staccò dalle rade ciglia candide della vecchia donna, iniziando a scorrere il percorso accidentato del suo viso segnato dal tempo, e le sue labbra secche si posarono di nuovo sulla sua mano, come a voler sostituire le parole che non riusciva a pronunciare. In quel preciso momento, Dean aprì le dita e lasciò che la spada scivolasse in terra, quindi voltò il palmo della mano e la strinse intorno a quella della vecchia, rivolgendole un sorriso triste ma grato.

“La gente di Rohan ti ama, Dean. Li hai salvati” disse una voce femminile alle sue spalle, e il ragazzo si trovò nuovamente a ruotare veloce su se stesso, per trovarsi di fronte il volto sporco ma vitale di Jo. Un braccio le pendeva inerte lungo il corpo, ma a parte questo non sembrava ferita.

Dean scosse la testa di rimando alle sue parole “Si sono salvati da soli. Li ha salvati la loro Regina. E li ha salvati… quello. Qualunque cosa sia” replicò il giovane ramingo, voltando il capo per fissare il fitto boschetto che era comparso all’improvviso, scivolando giù dalle pendici delle montagne, e aveva praticamente ingoiato qualsiasi nemico avesse avuto l’ardire di infilarsi tra le sue fronde, per sfuggire alla pioggia di frecce che aveva iniziato a cadere dalle pendici scoscese della valle.

Jo gli lanciò un’occhiata di rimprovero, ma infine la curiosità vinse su qualunque altra cosa “Già, quello. Sono amici tuoi?” gli domandò, inarcando un sopracciglio nell’osservare il boschetto che ora sembrava starsene quieto, come fosse sempre stato esattamente in quel punto.

“Non ne ho idea” rispose sinceramente Dean “Ma ho intenzione di scoprirlo” aggiunse riprendendo la propria lenta avanzata attraverso il Fosso, non senza aver prima lanciato un invito silenzioso alla ragazza, che prese semplicemente a camminare ad un passo di distanza da lui.

Il bosco aveva invaso a tal punto la vallata, che ben presto Dean riuscì a distinguere le fronde e le foglie dei diversi alberi che, come una strana accozzaglia, sembravano essersi dati convegno lì, e ora iniziava a domandarsi come avrebbe fatto a scoprire cos’era successo: si sarebbe sentito estremamente stupido a parlare con un albero. Proprio quando cominciava a pensare che avrebbe dovuto disquisire con qualche scoiattolo o qualche altra diavoleria del genere, un robusto cavaliere coperto di grigio emerse dalla boscaglia togliendosi dalla testa l’alto cappello a punta e smontando pesantemente di sella.

“Bobby!” esclamò Dean, felice e sorpreso al tempo stesso di vederlo lì. Dean aveva una gran voglia di corrergli incontro, ma un po’ temeva i commenti che lo stregone avrebbe fatto se gli avesse gettato le braccia al collo come una bambino all’uscita dall’asilo, un po’ non aveva voglia di fare quella figura infantile davanti a Jo; in ogni modo prese a camminare più veloce, ansioso di sentire come diavolo aveva fatto a convincere un’intera foresta ad aiutarli in una guerra.

Quando finalmente si ritrovò ritto di fronte allo stregone, però, non poté fare a meno di stringerlo almeno in un virile abbraccio, per poi tornare immediatamente a fissare i propri occhi verdi sulla foresta alle spalle di Bobby, con un sopracciglio inarcato in una domanda silenziosa. Lo stregone sbuffò e grugnì con il suo tipico atteggiamento burbero, quando finalmente si fu sciolto dall’abbraccio del ragazzo, e si voltò solo una secondo a gettare un’occhiata alla schiera degli alberi dietro di lui, quindi si strinse nelle spalle bofonchiando:

“Eleanor… una vecchia amica mi doveva un favore” quindi tornò a concentrare tutta la propria attenzione sui due ragazzi di fronte a lui “Non guardatemi con quelle facce! I pastori di alberi sanno essere implacabili quando le loro foreste sono minacciate, io ho solo detto le parole giuste alla persona giusta” Bobby parlava come se smuovere un’intera foresta per portarla su un campo di battaglia fosse la cosa più normale del mondo, e a Dean venne voglia di ridere.

Improvvisamente, nel momento in cui la voce borbottante dello stregone era tornata a risuonargli nelle orecchie, il peso che aveva portato sul cuore per tutta la notte si era sollevato, come se qualcun altro lo stesse ora portando con lui. Nell’oscurità della notte, quando tutto era sembrato perduto ed ogni morte era sembrata ricadere su di lui, si era sentito disperatamente solo, niente più che una pedina manovrata da forze troppo grandi per poter perfino pensare di contrastarle. Ora, nel sole del mattino, con i suoi amici al suo fianco, la vittoria non sembrava più solo un miraggio crudele all’orizzonte. Se solo…

“Dov’è Sam” la voce dello stregone interruppe il filo dei suoi pensieri, riportandolo brutalmente alla realtà.

Dean scosse la testa guardandosi intorno “Mi chiedevo la stessa cosa… non lo vedo da prima che varcassimo le mura del Fosso” replicò il ragazzo, la fronte corrucciata e lo sguardo nuovamente cupo. Sapeva che Sam sapeva perfettamente badare a se stesso, ma non poteva fare a meno di chiedersi cosa gli fosse accaduto, cosa lo avesse allontanato dalla colonna di fuggiaschi che stavano conducendo all’ultimo difesa.

In quel momento, la presa salda della mano di Jo sul suo braccio richiamò la sua attenzione verso est, da dove, aggirando la fitta muraglia di alberi che ora riempiva la conca, si stavano avvicinando numerosi cavalieri vestiti di chiaro, con lunghi archi fissati alla sella, e soffici mantelli scuri sulle spalle.

Dean aveva saputo per istinto che gli arcieri che qualche ora prima avevano iniziato a decimare l’esercito nemico dall’alto delle pendici del Fosso potevano essere solamente Elfi. Nessun altro avrebbe potuto colpire con tanta precisione da tanto lontano, e soprattutto, nessun altro aveva archi tanto potenti e frecce di quel tipo. Il Dùnedan ne aveva viste a decine, conficcate nei corpi inerti dei suoi nemici, ma era comunque perplesso dal fatto che un contingente di arcieri Elfi fosse arrivato al Fosso di Helm a dare manforte ai Rohirrim. Era impossibile che Bobby fosse riuscito a giungere fino a Lorièn, nel suo viaggio alla ricerca di aiuto, e allora come avevano fatto questi Elfi a conoscere il loro bisogno e a giungere in loro soccorso? Tutto ciò era un mistero, ma non lo sarebbe stato ancora per molto: Dean poteva già distinguere molti degli Elfi che si avvicinavano con passo veloce, guidati da un cavaliere coperto da una scintillante armatura e da un altro avvolto da un lungo mantello grigio. Gli sembrava perfino di riconoscere il cavaliere in grigio, ma non voleva cedere alla speranza prima di aver constatato con i suoi occhi.

Sam spronò la sua cavalcatura non appena riuscì a distinguere il volto sporco e stanco del suo fratello adottivo, e cavalcò veloce verso di lui finché non fu che a pochi passi di distanza, quindi smontò rapidamente di sella e sorrise al ramingo che gli era improvvisamente corso incontro. Dean lo strinse tanto da fargli male, quindi si separò da lui e colpì in pieno viso con un destro poderoso che gli rivoltò la faccia e gli dipinse in volto un’espressione di sgomento.

“Cosa ti salta in mente, Dean? Per i Valar!” esclamò massaggiandosi la mascella.

“E a te cosa è venuto in mente?” ringhiò di rimando il ragazzo “Il fatto di essere arrivato a salvarci il culo con i tuoi amichetti non cambia il fatto che mi hai piantato in asso senza nemmeno dirmi che te ne stavi andando, dannazione!” per un attimo sembrò sul punto di tirargli un altro cazzotto, ma in quel momento sopraggiunse l’altro cavaliere, che era rimasto indietro a guidare il proprio contingente, e riconoscendo il suo volto all’istante, alzò gli occhi al cielo come a chiedere: perché?

“Non dovresti trattare così un principe degli Elfi, Dean di Nùmenòr, soprattutto dal momento che ha appena salvato la pelle a te e a tutti quelli che stavi maldestramente cercando di proteggere” lo raggiunse il tono sarcastico della voce di Balthazar.

“Come ben sai l’etichetta non è mai stata il mio forte, Balthy” lo apostrofò Dean, sottolineando il nomignolo con la voce, per poi voltarsi di nuovo verso il Mezzelfo “Per i Valar, e lui dove l’hai trovato, Sammy?”

“Veramente, è lui che ha trovato me” replicò Sam, portando i propri occhi verdi ad incrociare quelli simili sebbene molto più giovani del fratello, e Dean avrebbe potuto giurare che ci fosse imbarazzo nella sua voce.

 

~~~

 

Mentre già si infilava tra i contorti ma enormi tronchi scuri degli alberi di Fangorn, Ruby fu costretta a voltarsi, quando si rese conto che Sam non aveva intenzione di seguirla ma si ostinava a starsene lì all’aperto, arco alla mano, pronto a morire da stupido eroe. Solo che lei non poteva permetterglielo, non poteva permettergli di morire da eroe, o peggio ancora, di accorgersi che quelli che si stavano avvicinando, con tutta probabilità, non erano affatto nemici, perché a lei serviva vivo, ma soprattutto succube della sua volontà. Una volta che lo avesse convinto a proseguire il loro viaggio verso nord, non sarebbe stato troppo difficile persuaderlo a deviare verso est, fino a portarlo finalmente sotto l’ombra di Mordor.

L’Elfo che già era nelle loro mani non sembrava volere cedere, il suo cuore e il suo spirito si erano rivelati molto più forti e fedeli a quel ridicolo umano di quanto avessero previsto, ma loro non potevano permettersi di fallire, non ora che la vittoria era così vicina, e lei era certa che il sangue misto di Sam lo avrebbe reso molto più facilmente corruttibile.

Finora aveva avuto ragione, e non avrebbe lasciato che questo stupido contrattempo le mettesse i bastoni fra le ruote.

Abbandonò la sua sacca nascosta dietro il tronco di un albero, e legò le cavalcature ad un ramo lì vicino, quindi tornò velocemente al fianco di Sam.

“Sam, ascoltami” gli sibilò, afferrandogli un braccio per cercare di costringerlo ad abbassare l’arco che teneva pronto tra le mani “la Terra di Mezzo ha bisogno di te, non puoi permetterti di morire qui, cercando inutilmente di contrastare più nemici di quanti tu possa abbatterne da solo. A volte bisogna avere il coraggio di ritirarsi, per fare la cosa giusta” cercava di mantenere il tono della propria voce calmo e ragionevole, ma l’ansia continuava a trasparire dalle sue parole. Sapeva che era solo questione di pochi secondi perché il gruppo che si stava avvicinando spuntasse da dietro gli alberi, e allora sarebbe stato troppo tardi. Sam avrebbe riconosciuto immediatamente che non si trattava di nemici, e a quel punto l’unica speranza di Ruby sarebbe stata di metterlo fuori gioco e trascinarlo via, ma si trattava di una mossa disperata, che non avrebbe mai avuto successo. No, doveva convincerlo a seguirla immediatamente.

“Come puoi sapere che non ci staneranno immediatamente, uccidendoci come conigli nelle loro tane? Il bivacco è fresco, chiunque capirebbe che ci siamo rifugiati nella foresta” protestò Sam, ma nello stesso tempo abbassò l’arco, voltandosi per guardare in viso Ruby.

La ragazza nascose un sorriso vedendo fino a che punto il mezzelfo aveva già riposto in lei e nei suoi consigli la propria fiducia.

“Ma non chiunque affronterebbe la foresta di Fangorn per trovarci, soprattutto considerando che non potranno sapere quanto sia fondamentale il viaggiatore che ha lasciato quel bivacco” spiegò lei, mettendo tutte le sue notevoli doti di ammaliatrice nelle proprie parole “Ci basterà inoltrarci un poco nel folto della foresta, per trovarci al riparo. Quando saremo sicuri che ne saranno andati, usciremo dagli alberi e riprenderemo il viaggio verso nord” nonostante ce la stesse mettendo tutta, Ruby poteva vedere l’indecisione negli occhi del suo cocciuto interlocutore. Reprimendo un moto di stizza, si avvicinò di più a lui, fissando intensamente lo sguardo nel suo “Lo devi al tuo popolo, Sam. E lo devi anche a Dean. Senza di te non ce la farà, nessuno ce la farà” il melodrammatico era sempre stato il suo cavallo di battaglia, e anche in quel caso si rivelò vincente: Sam abbassò del tutto l’arco, raccolse la propria borsa e la seguì velocemente tra gli alberi, giusto un secondo prima che i cavalieri facessero capolino oltre l’ombra della foresta.

“Andiamo!” lo esortò la ragazza, slegando le redini dei cavalli, pronta a dirigersi nel folto. Non ce l’aveva ancora fatta, finché non avesse messo la strada fuori dalla portata dei suoi occhi, il suo piano poteva ancora fallire.

“Aspetta” sussurrò Sam, nascosto dietro un grosso tronco di albero, mentre poggiava a terra una punta dell’arco, per scaricarlo.

“Sam!” lo richiamò lei con urgenza, mentre perfino i suoi occhi iniziavano a scorgere nell’oscurità le sagome dei cavalieri che rallentavano la loro avanzata per andare a controllare quel bivacco ancora fumante.

Il mezzelfo arrotolò la corda dell’arco intorno al legno disteso e si staccò dal tronco, pronto a seguirla, ma ancora una volta si irrigidì, fermandosi.

“Questi sono rumori di zoccoli” bisbigliò alla notte, parlando più a se stesso che alla sua compagna di viaggio “Forse non è necessario nasconderci” disse a voce un poco più alta, rivolgendosi alla ragazza, che stava scuotendo freneticamente la testa, “Gli orchi non cavalcano” aggiunse, come per avvalorare la propria affermazione.

“Queste terre sono piene di uomini al servizio di Lilith, non possiamo rischiare!” lo redarguì Ruby, tornando nuovamente sui propri passi, per condurlo di peso, se necessario, tra gli alberi.

Questa volta fu Sam a scuotere la testa, mentre i suoi occhi fissi nel vuoto le dicevano che era ancora in ascolto, più attentamente. Presto avrebbe capito, lei stessa era sorpresa che ancora non li avesse riconosciuti. Proprio mentre stava per raggiungerlo, tornando ad afferrargli il braccio per ottenere la sua attenzione, il mezzelfo si voltò, deciso ad osservare i nuovi arrivati, sebbene ancora perfettamente celato dalle ombre di Fangorn.

Ruby si bloccò, improvvisamente indecisa sul da farsi. Era improbabile che sarebbe riuscita a distrarre Sam a questo punto, e a distoglierlo dal suo proposito di controllare di persona chi fossero i viaggiatori che li avevano sorpresi nel loro accampamento, ma allora restava una sola cosa da fare. Sebbene qui la sua magia fosse debole, era possibile che funzionasse, almeno abbastanza a lungo da condurlo lontano da loro, poi avrebbe pensato alla mossa successiva. Silenziosa come un’ombra, Ruby coprì l’ultimo metro che la divideva da lui, e nello stesso momento sfilò da una profonda piega del suo abito un lungo pugnale nero dalla lama ondulata. Per un secondo, si limitò a fissare il centro dell’ampia schiena del mezzelfo, poi levò la lama, pronta a sferrare il colpo.

Non riuscì mai a seppellire il suo oscuro pugnale nella carne di Sam, perché nell’istante in cui la sua lama avrebbe dovuto squarciare il telo grigio del suo mantello, un colpo come una frustata la raggiunse al braccio, inducendola a lasciare cadere la lama, e subito di seguito alla nuca, stordendola abbastanza da farle emettere un suono inarticolato ma perfettamente udibile. Sam si voltò di scatto, pronto a combattere, ma vide solo il volto sofferente della ragazza. Un secondo più tardi, le scintillanti punte di quattro frecce elfiche erano puntate contro di lui.

Il messaggero prescelto non ci mise molto a ritornare da loro insieme al loro condottiero, nientemeno che Balthazar di Bosco Atro non più di quanto ci misero i suoi compagni ad immobilizzare e legare Ruby, malgrado le sentite proteste di Sam.

Samuel en Imladris. Elen sila lumen omentielvo (Samuel di Imladris. Una stella brilla sull’ora del nostro incontro)” salutò Balthazar con un rapido cenno del capo, spostando quindi la propria attenzione su Ruby “Chi è la tua compagna?”

Suilannen, Balthazar en Taur-nu-Fuin (Benvenuto, Balthazar di Bosco Atro)” rispose cortesemente Samuel, senza dimenticare l’etichetta che il rango gli imponeva “Ruby di Rohan è la mia compagna, mi è stata di aiuto e consiglio…” iniziò a spiegare Sam con vigore, ma Balthazar lo interruppe prima che potesse finire.

“Dov’è Dean? Non dovresti essere con lui, a consigliarlo e sostenerlo?” quella domanda suonò alle orecchie del mezzelfo più come un’accusa “Invece di aggirarti con questa creatura che ha appena cercato di pugnalarti nel buio?” aggiunse Balthazar con un’espressione molto vicina al disprezzo sul volto, mentre abbassava lo sguardo sul pugnale ancora abbandonato tra l’erba.

“Cosa…?” ribatté Sam, sentendo il desiderio di protestare la propria innocenza e quella di Ruby, ma senza in realtà trovare le parole. Era stato davvero convinto della strada che aveva scelto? Oppure era stato il veleno colato nelle sue orecchie dalla malalingua di quella ragazza a persuaderlo? Prima che potesse anche solo iniziare a trovare le risposte a quei dubbi, Balthazar sollevò il pugnale da terra, tenendolo per l’impugnatura con solo due dita, come fosse bollente, o terribilmente pericoloso.

“Un pugnale Morgul” sentenziò la voce dell’Elfo con spregio “Dovresti scegliere meglio i tuoi compagni e consiglieri, Samuel. Un giorno potresti non essere abbastanza fortunato da trovare qualcuno che ti salvi dalla tua stoltezza” aggiunse Balthazar, avvolgendo il pugnale in un spesso vello di lana, prima di consegnarlo nelle mani di uno degli elfi che erano con lui “Cavalca con noi, Samuel, torna al posto che hai giurato di occupare, al fianco di tuo fratello Dean, e spera che non sia troppo tardi” concluse l’elfo, lanciando un’occhiata che era più una sentenza di morte alla ragazza, prima di voltarsi per tornare dai propri compagni.

 

~~~

 

Il leggero suono metallico dell’acciaio che si adagiava sulla roccia indugiò solo un attimo nella tranquilla quiete della notte, per poi cedere nuovamente il passo al lontano sciabordio del fiume Fossato, che continuava la sua incessante marcia, ignorando le acque arrossate dal sangue. Dean osservò i resti contorti dell’albero bianco, inciso sul pezzo di armatura che aveva appena abbandonato sulla massiccia merlatura delle Mura Fossato. Restò a fissarlo per alcuni lunghi secondi, senza realmente vederlo, poi poggiò accanto ad esso un altro tipo di acciaio, tanto antico da essere divenuto leggenda, e lasciò che i suoi occhi verdi vagassero tra le ombre della vallata. Troppi corpi giacevano ancora insepolti tra le rocce ed il sangue, ma oltre tutta quella desolata morte si stendevano le montagne e un mondo che continuava la propria vita malgrado l’ombra che si allungava per soffocarlo.

Non c’era più luce nell’antico acciaio degli Elfi che Colt aveva brandito contro quella stessa oscurità innumerevoli ere prima, così come non c’era più luce nello sguardo color dei prati che avrebbe dovuto impugnarlo stavolta per salvare ancora i popoli liberi dalla distruzione. Dean sospirò e poggiò le mani sulla roccia, tentando di non sentirsi di nuovo così disperatamente solo di fronte ad un’impresa più grande di lui. Cercando di non pensare che perfino quello che considerava suo fratello, colui sulla cui fiducia aveva pensato di poter sempre contare, lo aveva abbandonato così facilmente e lo aveva abbandonato perché non lo aveva creduto capace di fare ciò che gli era stato chiesto. Continuando a sapere, in fondo al cuore, che sarebbe sempre stato solo, perché non ci sarebbe più stata la giusta mano a calare sulla sua spalla per rincuorarlo, i giusti occhi colore del cielo a fissarlo nel profondo per farlo ancora una volta sentire forte, invincibile.

Nel momento stesso in qui quel pensiero sfiorò la mente dell’uomo, e una lacrima iniziò a formarsi sulle sue ciglia chiare, una mano si posò veramente sulla sua spalla, facendo fare al suo cuore un tuffo nel vuoto. Sperò solamente che la delusione non fosse stata troppo palese sul suo volto, e che perlomeno la pietosa ombra della notte fosse riuscita a nasconderla, quando si voltò per trovarsi davanti il giovane viso sorridente di Jo.

“Cosa fai qui fuori da solo? Dovresti essere dentro con gli altri, a festeggiare” lo ammonì la ragazza, tendendogli un boccale ricolmo di birra; Dean lo prese senza commentare, e sforzò un sorriso cortese sul proprio viso, prima di prendere un sorso “O almeno dovresti essere con Bobby, Sam e quel principe degli Elfi a confabulare in un angolo della sala”

“Ho confabulato a sufficienza per questa sera” replicò semplicemente il ramingo, voltandosi per poggiare il boccale alla roccia della merlatura e tornare a nascondere i frammenti d’acciaio sparsi su di essa nel loro sacchetto di cuoio.

“E’ quello che penso…?” domandò la ragazza, senza osare concludere la frase.

“E’ solo un mucchio di metallo inutile” puntualizzò Dean, facendolo sparire velocemente alla vista.

“E’ per questo che gli Elfi sono venuti? Per riforgiare la spada di Colt?” chiese ancora Jo, senza riuscire a celare l’eccitazione nella sua voce.

“No, sono venuti a seguire un condottiero che non c’è!” rispose allora, bruscamente, il ramingo, scostandosi dal muro come fosse deciso ad andare da qualche parte ma fermandosi dopo pochi passi, esitando, rendendosi conto che non aveva nessun luogo dove andare, nessun posto dove nascondersi, nessun abbraccio in cui riposare.

“Dean…” lo richiamò la ragazza con una dolce tristezza nella voce “Tu sottovaluti il tuo valore” proseguì con più vigore, tornando a mostrare la ragazza indomita che aveva affrontato la battaglia senza battere ciglio “Non hai visto cosa sei riuscito a fare qui? Hai ridato speranza agli uomini!” esclamò infine, afferrando l’uomo per un braccio, strattonandolo finché non l’ebbe convinto a tornare a fronteggiarla.

“Già… ma non ne ho per me!”1 ribatté Dean, scostando il braccio dalla sua presa con un gesto repentino, per pentirsi un secondo dopo di quello che aveva appena fatto. Questa ragazza stava cercando di aiutarlo, di essergli amica, forse perfino di volergli bene, e lui non faceva che respingerla malamente “Balthazar, il principe degli Elfi, ha portato notizie, oltre ai suoi arcieri. Nel Reame Boscoso vivono ancora Elfi abbastanza antichi da ricordare la forgiatura della spada, e la magia di cui era impregnata. Ora che i frammenti sono tutti riuniti, ed essa è tornata nelle mani del suo legittimo proprietario, avrebbe già dovuto tornare integra” spiegò allora, la voce piatta e priva di intonazione “La magia legata alla lama dovrebbe reagire al contatto con la pelle del suo legittimo proprietario” ripeté, come lo stesse spiegando a se stesso “Questo cosa ti suggerisce?” aggiunse con l’ironia nella voce e un sorriso amaro sulle labbra.

Jo esitò un istante, abbastanza per far sprofondare il cuore del ramingo un poco più a fondo, poi strinse i pugni e replicò ostinatamente “Che la magia deve essersi consumata! Insomma, possibile che gli Elfi non sappiano riforgiarla? O forgiarne una nuova?” aggiunse, sbuffando come se fosse pronta a prendere a pugni un Elfo per convincerlo a fare il suo dovere.

Dean non poté fare a meno di ridere, e ringraziare qualunque Vala gli avesse mandato questa ragazza “I Mastri fabbri che forgiarono quella spada sono andati all’ovest da lungo tempo ormai” spiegò infine, con un sorriso che ancora gli indugiava sul volto, ma una rabbia rassegnata nella voce.

“Sai cosa ti dico? Non mi importa che spada impugnerai, tu hai guidato la mia gente senza alcuna spada magica, e hai vinto! Abbiamo vinto! Non puoi arrenderti adesso Dean!” sbottò Jo, facendo un gesto come di disprezzo verso l’involto di cuoio che ancora conteneva i frammenti della lama di Colt, e per un attimo Dean pensò che avesse in mente di pestare per bene lui, stavolta, se non avesse fatto come diceva.

“Finalmente delle parole con un po’ di senno, in questa compagnia sgangherata” borbottò una voce alle spalle del ramingo, mentre uno stanco Bobby si avvicinava poggiandosi al proprio lungo bastone contorto “Doveva arrivare una fanciulla a ridare un po’ di forza a questo ramingo? Pensavo che le Terre Selvagge avrebbero temprato meglio il tuo spirito” continuò, staccando il bastone da terra per dare un amichevole colpo in testa a Dean.

L’uomo si voltò a fissare gli occhi chiari dello stregone, con un misto di rabbia e stupore sul viso, ma quando incrociò il suo sguardo sorridente e paterno, tutta la voglia di ribattere svanì in un colpo. Bobby era probabilmente l’unico, in tutta quella sgangherata compagnia, che conosceva e capiva la mole del peso che stava portando sul cuore. Eppure Jo aveva ragione, non poteva arrendersi, perché il destino, in qualche modo, aveva scelto lui e lui non poteva fuggire e condannare la Terra di Mezzo, checché ne pensassero tutti i principi Elfici di questa terra.

“Allora, cosa ha deciso il vostro piccolo consiglio clandestino?” domandò quindi Dean, con un smorfia poco contenta sul volto, massaggiandosi la nuca, dove un piccolo bernoccolo stava già crescendo.

Bobby scosse la testa in un gesto dubbioso “L’esercito di Bosco Atro è in marcia, sta venendo al sud per combattere ancora al fianco degli uomini, ma il nemico è molto forte, forse troppo” iniziò a spiegare lo stregone, poi i suoi occhi caddero sul pezzo di armatura che giaceva ancora, dimenticato, sul muro “Abbiamo appena avuto la prova che Minas Tirith è saldamente nelle mani del Nemico. Egli ha sicuramente ancora innumerevoli truppe fresche, oltre i cancelli di Mordor, e altri ragazzi di Gondor sono pronti per morire, ad un cenno del loro sovrintendente. Gli Elfi sono una grande potenza, e combatteranno fino all’ultimo di loro, ma non possiamo contare che su un pugno di soldati già stanchi, qui nel reame di Rohan” continuò Bobby, gettando un’occhiata terribilmente seria a Jo “Balthazar insiste per andare comunque ad assediare i cancelli di Mordor ma il solo pensiero mi inquieta. Non abbiamo le forze per contrastare il nemico… e neppure le armi!” concluse battendo il bastone a terra in un gesto di rabbia mal repressa, gettando uno sguardo per traverso al sacchetto di cuoio legato alla cintura del ramingo.

“Ma ci dev’essere un modo!” ribatté Jo, esprimendo il medesimo pensiero del ramingo, un momento prima che potesse aprir bocca.

Bobby non disse nulla, ma per un lungo secondo si limitò a fissare il volto frustrato di Dean “Forse…” iniziò a bofonchiare, e malgrado il ramingo fremesse dal desiderio di incalzarlo, rimase zitto, lasciandolo riflettere “Un modo ci sarebbe”

Un secondo più tardi, Jo e Dean si ritrovarono a trottare alle spalle di uno stregone dalle forze improvvisamente rinnovate che camminava a grandi falcate per il cammino di ronda, evidentemente intenzionato a tornare nella grande sala dove la maggior parte della gente ancora rideva e beveva in onore della vittoria.

“Bobby! Smettila di correre e dimmi che cosa hai in mente” intimò Dean ad un certo punto, prima che lo stregone potesse effettivamente raggiungere la porta che dava sul salone “Se sono io che devo fare questa cosa, sarà bene che la smetti di architettare cose alle mie spalle”

Bobby sbuffò bofonchiando qualche parole poco carina in una lingua a lungo dimenticata, quindi si voltò a fronteggiare i due ragazzi “Non potremo mai assediare i cancelli di Mordor e sfidare il nemico finchè non saremo sicuri di avere le spalle copert ma Minas Tirith è una fortezza inespugnabile” spiegò velocemente lo stregone, brusco ma efficace “È costruita nella montagna e ha sette cinta murarie a proteggere la cittadella. Eppure, c’è qualcuno… non tutti a Gondor sono asserviti al potere del Sovrintendente. C’è un gruppo, una fitta rete di persone che lavorano dall’interno e dall’esterno per rovesciare il suo potere e riprendersi Minas Tirith, per riconsegnarla nelle giuste mani. Dobbiamo contattare questo gruppo di ribelli e convincerlo ad unirsi a noi: se qualcuno ci aprisse i sette cancelli di Minas Tirith, la città potrebbe essere nostra” detto ciò, si appoggiò al proprio bastone e rimase in attesa, tenendo gli occhi azzurri fissi dritti dritti in quelli del ramingo.

Dean soppesò le parole dello stregone e improvvisamente, in un angolo della sua coscienza un barlume di speranza si accese. Non avevano i mezzi per espugnare una fortezza, ma se quella fortezza avesse avuto le porte aperte per loro, la forza di un esercito di Elfi avrebbe facilmente preso possesso di una città. Si poteva fare, ed era anche l’unica via percorribile.

Nel momento in cui stava per esprimere il proprio verdetto, Jo gli rubò nuovamente la parola. “Rohan sarà con te, Dean. Parlerò con mia madre, sono sicura che manderà i suoi cavalieri migliori ad aiutarti. Ed io sarò al tuo fianco” annunciò la ragazza, poggiando una mano sull’elsa del pugnale che portava legato al fianco.

Dean non si era nemmeno reso conto, fino ad allora, che Jo era ancora vestita come un uomo, con pantaloni stivali e un logora giubba di pelle allacciata sopra ad una maglia di lino grezzo. Era normale per lui vederla a quel modo: un soldato, un combattente. Ma mentre la guardava finalmente bene in viso si rese conto di quanto erano gentili e belli i suoi lineamenti, di quanto giovani fossero i suoi occhi, di come fossero lunghi e biondi e morbidi i suoi capelli. Combatteva come un uomo ma era una fanciulla, e una principessa.

“No” replicò alle parole della ragazza, fissandola dritto negli occhi, e questa fu sul suo viso che si dipinsero stupore e delusione “Il tuo posto è qui, Jo, con tua madre, a guidare e proteggere il tuo popolo”

“Il mio posto è dove c’è bisogno di me, e sui campi di fronte a Minas Tirith si decideranno le sorti della Terra di Mezzo, non riesco a pensare a un luogo dove potrebbe esserci maggior bisogno di me. Inoltre, tu hai bisogno di ogni uomo disponibile” ribatté Jo, pragmatica, guardandolo come se lo stesse sfidando a contraddirla.

“Esatto, di ogni uomo. Tu non sei un uomo Jo, il tuo posto non è a morire sul campo di battaglia! Cosa farebbe tua madre se ti accadesse qualcosa?” Dean vide che la ragazza stava per controbattere di nuovo, dando libero sfogo all’ira che stava chiaramente affiorando nei suoi occhi, ma la fermò prima che potesse iniziare “No, Jo! Non ti permetterò di andare ancora a sfidare la morte come un’incosciente. Il tuo popolo ha bisogno di te e io… non potrei sopportare anche la tua morte sulle mie spalle” concluse, cedendo infine a quello che più di tutto il resto gli gravava sul cuore.

Il ramingo vide l’ira svanire, rapida com’era venuta, dal viso della ragazza, che solleva la mano per poggiarla sulla sua guancia sporca e irta di barba ispida “Anche tu hai bisogno di me, e la mia morte non sarebbe certo una tua colpa. È una mia scelta Dean, e io scelgo di restare al tuo fianco” disse dolcemente, ma con una fermezza che non ammetteva repliche, e Dean si ritrovò a chiedersi cosa ci fosse in lui che attirava a sé una devozione che andava oltre alla morte, e che ogni volta gli devastava l’anima.

Eppure Dean sapeva che nulla di quello che avrebbe detto sarebbe servito a dissuaderla, quindi si voltò a fronteggiare Bobby, e strinse a pugno la mano sull’elsa della propria spada.

“Si va a sud, dunque. Non vedo l’ora di calciare il culo2 di Crowley via da quel trono e di staccargli la testa dal collo” annunciò Dean, con la voce roca d’irata combattività, assaporando il momento in cui avrebbe vendicato la porte dei suoi genitori.

“Molto bene… era ora che conoscessi tuo fratello. Il tuo vero fratello” concluse Bobby soddisfatto, prendendo la porta e scomparendo all’interno prima che Dean potesse chiedere alcunché. [5587]


 

1Sì, l’ho rubata ad Aragorn! Quanto mi piace rubargli le battute! XD

2Piccolo strappo al tono sempre molto politically correct dell fic (omaggio al fatto che è una fic Tolkieniana) ma qui si tratta di Dean e… non sono riuscita a trattenermi!

 

 

   
 
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