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Autore: Feel Good Inc    23/12/2012    2 recensioni
(Spin-off intermedio della serie 'Adelante')
«Magari lo sei. Sei un pinguino in incognito, fuggito dal Polo Sud in cerca di un posto caldo, e per mantenere la copertura ti spacci per pappagallo
José ridacchia sommesso. No,
decisamente non è il risultato sperato.
«I pinguini hanno freddo?»
«Forse qualcuno sì.»
«Non sarà il tuo modo di dirmi che vuoi tornare indietro?»
Donald trema così forte che anche cercare di incenerirlo con gli occhi si rivelerebbe una causa persa in partenza. Si sforza con tutto se stesso di non battere i denti. Forse così José capirà che non
tutto di quel tremore dipende dal freddo.
{José/Donald | gijinka, no!furry | Xmas!fic}
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: José Carioca, Paperino
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Adelante'
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Adelante hasta la Navidad

{ di pinguini, di ombrelli e di fiocchi di neve }

 

 

 

 

 

 

 

«Andiamo, pato, smettila di tenere il broncio.»

«Io non tengo il broncio.»

José emette un suono strano, a metà tra uno sbuffo e una risata. «No, certo. E io sono un pinguino.»

Donald scalcia via un po’ di neve fresca, soltanto per riaffondare fino al polpaccio in quella accumulatasi nelle ultime ore, e per l’ennesima volta rimpiange tutto quanto: l’essersi lasciato convincere a uscire con un tempo del genere, l’aver tenuto quelle sue maledette scarpe arancioni piuttosto che infilare il primo paio di stivali a portata di mano – e questo solo perché quelle maledette scarpe arancioni sono le stesse nelle quali il viaggio è iniziato, quelle che hanno mosso tutti i passi, quelle che ormai gli è impossibile mettere da parte perché buttarle via sarebbe come buttar via il viaggio stesso – e soprattutto, sì, soprattutto l’aver invitato quei due pazzi squinternati a casa sua per Natale. Avrebbe dovuto immaginarlo che la cosa sarebbe degenerata in follia.

Non per niente, in questo preciso momento sta avanzando nel cuore di una tempesta di neve e di una fiumana di gente radiosa, al fianco di un José più tranquillo che mai, nella scia di un Panchito più scapestrato che mai – e pensare che Huey, Dewey e Louie non sono mai schizzati con una simile rapidità ad ammirare le vetrine addobbate a festa.

«Con questo freddo, potresti benissimo esserlo.» Gli lancia un’occhiataccia, ma il lato visibile del viso di José è solcato da un sorrisetto, per cui il risultato non è esattamente quello sperato. «Magari lo sei. Sei un pinguino in incognito, fuggito dal Polo Sud in cerca di un posto caldo, e per mantenere la copertura ti spacci per pappagallo

José ridacchia sommesso. No, decisamente non è il risultato sperato.

«I pinguini hanno freddo?»

«Forse qualcuno sì.»

«Non sarà il tuo modo di dirmi che vuoi tornare indietro?»

Donald trema così forte che anche cercare di incenerirlo con gli occhi si rivelerebbe una causa persa in partenza. Si sforza con tutto se stesso di non battere i denti. Forse così José capirà che non tutto di quel tremore dipende dal freddo. Capisce sempre ogni cosa, José...

Donald l’ha sempre odiato, il Natale. Ha provato a farci i conti per anni, e ormai pensava di esserci abituato – le smisurate riunioni di famiglia, il tacchino sempre ottimo, il chiasso eccitato dei nipotini alle prese con gli immancabili dolcetti che la nonna si è sempre premurata di avvolgere ben stretti nelle calze appese sopra il camino; qualche volta anche lo zio Scrooge si è unito a loro e qualche volta ha persino sorriso. Ma non è mica vero che il Natale è solo famiglie felici e cibo caldo. Natale, per gente come Donald, è debiti. Tanti ulteriori fottutissimi debiti. E quando le carole per strada hanno iniziato a distrarlo dal suo cercare freneticamente in ogni buco di ogni tasca, quando la cosa si è fatta insostenibile, ha capito che a vestire i panni del fallito non ci si abitua affatto. Mai.

L’ultimo Natale l’ha visto distruggere lo spettacolo di stupidi Babbi Natale fluorescenti di uno stupido centro commerciale pieno di stupida gente in festa, sotto gli sguardi sconvolti degli astanti e dei tre nipotini e di lei, anche di lei – lei che l’ha lasciato poco dopo, lei che forse se non avesse visto il peggio di lui sarebbe ancora qui. Quest’anno, Donald ha pensato, si è illuso che la compagnia dei due Caballeros potesse disperdere quelle immagini dalla sua memoria arrabbiata, ma a ogni passo che muove nella neve quelle dannate si fanno più fitte, viaggiando ciascuna su uno dei fiocchi che gli scivolano sulle guance. Forse José ha notato quanto sono rosse, ma avrà pensato che anche questo sia per colpa del freddo. Come i brividi. Come la stizza. Come tutto quanto.

Il punto è che c’è una caffetteria, laggiù all’angolo della strada che Panchito ha appena superato, ed è stato che Donald ha visto sorridere Daisy l’ultima volta. Seduta insieme ai ragazzi, davanti a una cioccolata calda con panna, felice. Erano felici. Senza di lui.

José si ferma all’improvviso. Donald quasi inciampa mentre cerca di restargli al fianco, di non lasciarlo indietro – se lo lascia indietro adesso è la fine, se lo lascia indietro adesso resterà da solo, solo coi fiocchi di neve e la gente e le immagini e rimorsi troppo appuntiti per non sembrare rimpianti – ed è ancora più seccata la nuova occhiataccia che gli scocca. Troppo tardi si accorge che è stata proprio la mano di José a impedirgli di cadere, una mano salda e calda. Ha l’insensata quanto netta impressione che con quel calore il guanto di lui non c’entri nulla.

«La neve è troppo fitta, pato. Torniamo indietro.»

«Ma...» Donald batte le palpebre, confuso; un fiocco gelido gli si posa sul naso, ma la mano di José gli scalda ancora il braccio. «Ma... e Panchito

José scrolla le spalle. «Panchito se la caverà da solo. Non è lui ad avere bisogno d’aiuto adesso.» E poi ritrae la mano, e assurdamente Donald sente più freddo che mai, ma stavolta dura solo pochi istanti – il tempo che impiega José ad aprire l’ombrello, quell’ombrello nero che si porta sempre appresso, cimelio di viaggio pari alle maledette scarpe arancioni di Donald o alle pistole di Panchito o alla cara vecchia trecentotredici che oggi si è guastata, sì, ma che non li ha mai traditi, che li ha sempre portati adelante.

Forse anche oggi, dopotutto.

La consapevolezza subito successiva è che, con l’ombrello di José che li ripara dalla neve e che li porta a farsi più vicini, anche le immagini sono svanite. E la gente che sorride e li oltrepassa e continua a sorridere appare distante, sfocata. E la caffetteria, laggiù all’angolo della strada che Panchito ha già superato, non è nient’altro che una caffetteria, un posto cui voltare le spalle, semplicemente.

Donald lo guarda e, non per la prima volta, non per l’ultima volta, non sa cosa dire. Non sa come ringraziarlo. Ma tanto, José sa. Sa sempre tutto, lui.

Si muovono nella direzione opposta, ripercorrendo gli stessi passi e le stesse impronte. Donald trema ancora, un po’ meno forte però. E quando sbircia José – giusto per capire quanto sappia – e lo vede accendersi un sigaro usando la sola mano libera, gli sembra che la fiammella illumini un lampo di malizia nei suoi occhi fissi sulla strada che da quella parte è meno affollata e sulla neve che sotto l’ombrello è meno fitta.

Affonda il naso nella sciarpa e continua a tenere il broncio, solo perché non vuole, non vuole sapere che cos’è che adesso lo fa arrossire.

«Pato

«Cosa?»

«Buon Natale.»

Ci mette un’eternità, a rispondergli, ma alla fine lo fa. E forse anche pronunciare quelle due parole è un modo di andare adelante.

Chissà, magari l’anno prossimo potrebbero andare a Baía.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Non avrei mai pensato che, in vista di una fanfic natalizia, avrei scritto su I tre Caballeros che di natalizio ha ben poco al di là della piñata; meno che mai mi sarei immaginata di scomodare di nuovo la serie Adelante che, prima degli spin-off di mia moglia (♥), giudicavo già completa fin dal primo episodio. Ma la colpa – o il merito, dipende dai punti di vista – di questa piccola stupida shot va a Frosba che mi ha promptata come segue: ‘lampo di malizia negli occhi + pinguino + ombrello’. Vedete, io non leggo più ombrello, io leggo José Carioca. Che cosa potevo plottare, se non una José/Donald? :3

In realtà, parte dell’ispirazione è giunta anche da questo episodio del film Topolino: strepitoso Natale, incentrato appunto sul burrascoso rapporto esistente tra Paperino e lo spirito natalizio (che tra l’altro è molto simile a quello che intercorre tra lo spirito natalizio e me, LOL). Ho riadattato la vicenda in termini più angst, perché così richiedeva il mio Donald, ed ecco che il prompt mi ha parlato finalmente a chiare lettere. Della serie: come trarre vantaggio dalla cosa più banale dell’universo, duh u__ù

In termini di timeline, questo squarcio è una sorta di missing moment tra la mia Adelante originale e l’episodio {sempre adelante} di mia moglia Ray08. Mi spiace di non aver dato molto spazio a Panchito, ma lui con la sua vulcanica curiosità è il responsabile dell’uscita nella neve dei tre amigos, ergo la sua parte l’ha svolta al meglio. Spero comunque di poter ampliare il threesome prima o poi; ormai sono troppo nel mood, non rimpiango niente.

Cosa aggiungere? Non è poi questo granché, lo so, ma è pur sempre il mio augurio di buone feste per tutti voi. Adelante, hasta la Navidad.

Aya ~

   
 
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