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Autore: PiccoloCuoreSenzaAmore    23/12/2012    1 recensioni
‘Non si ama qualcuno perché è perfetto,lo sia ama nonostante il fatto non lo che non lo sia’ disse una volta,facendomi ricredere su me stessa.
Iniziai anche a piacermi,sapete?
Combattemmo la mia malattia,facendola quasi del tutto sparire.
I dottori,la mia famiglia,erano tutti molto sorpresi da questo miglioramento,visto che mi avevano dato praticamente per morta.
Due anni dopo,ai miei 17 anni, capimmo che la nostra non era una semplice amicizia.
Capimmo che entrambi volevamo qualcosa di più.
E quel qualcosa arrivò,quando le sue labbra si posarono sulle mie.
Non ci definivamo ‘fidanzati’,quel termine faceva paura ad entrambi.
Ci definivamo ‘Più che amici’.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
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(1)La mia vita.
Non ho mai avuto una vita facile.
Non sono mai stata una di quelle ragazzine che a scuola sedevano sempre al loro posto, i codini perfetti, le scarpette perfettamente allacciate ed i genitori che le portavano a scuola per mano.
Io non ero così.
Arrivavo con la coda sempre un po’ storta come la mia vita; le scarpe slacciate, pronta ad inciampare, e iniziai a prendere l’autobus all’età di otto anni,da sola.
Mamma e papà lavoravano troppo per pensare anche a me.
Non navigavo nell'oro, non avevo tutti i giochi che desideravo.
Quando tutti avevano il gameboy, io avevo una bambola di pezza che mamma aveva fatto sacrifici per potermi mettere sotto l'albero.
E tutti mi prendevano in giro, mi facevano sentire inadeguata.
Allora mi nascondevo nel bagno,chiudevo gli occhi e stringevo stretta al mio petto Dormibella, la famosa bambola di pezza.
Ricordo che contavo ''uno due tre, nel buio c'è sempre una luce anche per me'', a volte lo ripetevo così tante volte che mi veniva il mal di testa.
Ho sempre amato troppo le cose,a partire dalla mia bambola di pezza,a continuare con il lucidalabbra alla vaniglia che mio fratello Rayan era riuscito a comperarmi,con i suoi pochi risparmi.
Pensavo che i momenti più brutti li avevo già vissuti,che da lì in poi sarei stata felice e nient’altro.
Ma ancora una volta,mi sbagliavo.
All’età di 15 anni,iniziai a dimagrire sempre di più. Rayn,essendo l’unico veramente presente in famiglia,se ne accorse e decise di portarmi da un dottore.
Dopo diversi controlli e accertamenti,il giorno,che all’apparenza sembrava il più brutto della mia vita,arrivò.
Anoressia.
Se non ero ancora alla fase’critica’,era soltanto grazie a mio fratello.
Ricordo quel giorno. Eravamo tutti e quattro in ospedale.
Sembravamo quasi una famiglia.
Mamma pianse,pianse molto. Mio padre, a differenza sua, iniziò a urlarmi contro parole bruttissime.
Iniziò col dire che avrei dovuto mangiare,che avrei dovuto prendermi cura di me da sola,proprio come aveva fatto lui alla sua età.
‘Ho già troppi problemi!’ concluse infine,lasciandomi uno schiaffo in pieno viso.
Credo che quel giorno se lo ricordano ancora i medici e i pazienti,constatando le urla troppo forti.
PER LUI ERO UN PROBLEMA.
Era quello il messaggio.
Corsi via dall’edificio con la mano posta sulla guancia,ancora rossa.
Non portavo con me Dormibella,che col passar degli anni era diventata la mia unica amica.
Mi sedetti su una delle tante panchine di Holmes Chapel e,ancora con il fiatone,iniziai a piangere.
Lacrime che non finivano di cessare,lacrime amare piene di odio di..
-Non piangere!- mi sentii sussurrare e istintivamente alzai lo sguardo.
Due immensi occhi verdi incontrarono i miei.
Tirai su col naso,cercando di nascondere i mille singhiozzi.
Un ragazzo,il primo ragazzo che si era davvero interessato a me.
Si sedette al mio fianco,scostandomi dolcemente una ciocca di capelli dal viso.
-Odio vedere piangere una donna. Non posso fermarla,non posso fare niente per farla calmare. Mi sento così inutile- continuò,regalandomi un sorriso.
Respirai profondamente,asciugando le ultime lacrime con il pollice della mano destra.
-Come va?- domandò,mettendomi una mano sulla spalla.
Annuii flebilmente,facendogli capire che era tutt’ok.
Tipa timida?
Si,ma in realtà rimasi paralizzata da quello sguardo,da quel sorriso.
-Mi fa piacere- sussurrò,porgendomi poi la mano.
L’afferrai,senza pensieri,con forse un po’ tropp’entusiasmo.
-Piacere Harry-
-Juliet- sussurrai,lasciando velocemente la presa e abbassando di colpo il capo.
-Posso sapere perché piangevi,Juliet?- mi chiese.
Ricevette uno scuotere di capo come risposta,che lo lasciò per qualche minuto sorpreso.
-Non ne voglio parlare- mi giustificai,continuando a tenere lo sguardo basso.
Chiusi gli occhi,visto che man mano si facevano sempre più lucidi
-Capisco- sussurrò solamente,alzandosi dalla panchina.
Ricordo ancora quel momento.
Le lacrime stavano per riscendere ma,questa volta, per un motivo differente.
Non volevo che se ne andasse,che mi lasciasse sola.
E lì,un gesto inaspettato mi travolse.
La sua mano prese la mia,facendomi alzare. I nostri corpi erano molto vicini,quanto i nostri visi.
Mai avuta una certa distanza con un ragazzo e.. Mi piaceva.
Sentivo il suo respiro sul naso,essendo più alto di me.
-Ora andiamo da Nando’s,ci prendiamo una bella cioccolata calda e dopodiché mi spiegherai perché piangevi- sussurrò e,senza nemmeno aspettare una mia risposta, s’incamminò verso il locale.
-Ah si.. Non aspetto un  ‘no’ come risposta,ma credo che tu l’abbia capito- ironizzò,facendomi sorridere.
Quel giorno mi aprii,per la prima volta,con qualcuno che non fosse di pezza.
Era strano.
Mi stavo aprendo ad uno sconosciuto che poteva essere chissà quale drogato o malvivente.
Dentro di me,perà,sapevo che potevo fidarmi cecamente.
Da quel giorno ogni cosa cambiò.
Mi resi conto che per qualcuno esistevo, che a qualcuno piacevano le mie mani fragili, i miei occhi sempre un po’ umidi di sogni, i miei passi un po’ incerti.
Qualcuno si stava prendendo cura di me, e non gli importava se avevo una bambola di pezza un po’ sgualcita, se a volte avevo le occhiaie perché non dormivo bene la notte, lui mi voleva bene
Mi voleva bene per quello che ero.
Mi insegnò ad amare.
Mi insegnò a vivere veramente.
‘Non si ama qualcuno perché è perfetto,lo sia ama nonostante il fatto non lo che non lo sia’ disse una volta,facendomi ricredere su me stessa.
Iniziai anche a piacermi,sapete?
Combattemmo la mia malattia,facendola quasi del tutto sparire.
I dottori,la mia famiglia,erano tutti molto sorpresi da questo miglioramento,visto che mi avevano dato praticamente per morta.
Due anni dopo,ai miei 17 anni, capimmo che la nostra non era una semplice amicizia.
Capimmo che entrambi volevamo qualcosa di più.
E quel qualcosa arrivò,quando le sue labbra si posarono sulle mie.
Non ci definivamo ‘fidanzati’,quel termine faceva paura ad entrambi.
Ci definivamo ‘Più che amici’.


 Juliet.
  
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