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Autore: iwashere    24/12/2012    2 recensioni
Regalo di natale per Itsamess.
Dalla storia:
"Rachel Berry si può descrivere con tre parole: determinata, ambiziosa e scaltra. Niente l’ha mai fermata, in tutta la sua vita.
Jesse St. James si può descrivere con tre parole: ambizioso, ricco e impossibile da gestire. Aveva sempre ottenuto quello che voleva solo sorridendo o sbattendo le ciglia mostrando i suoi bellissimi occhi azzurri."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jessie St. James, Rachel Berry | Coppie: Jessie/Rachel
Note: AU, Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Diverso da chi?

 
 
Rachel Berry si può descrivere con tre parole: determinata, ambiziosa e scaltra. Niente l’ha mai fermata, in tutta la sua vita.
Era piccola, e quando i suoi papà le avevano spiegato che non potevano sposarsi perché “non c’è un posto dove possiamo farlo per legge”, aveva già deciso che avrebbe lottato per i loro diritti.
Rachel aveva una parlantina che, a parere dei suoi genitori, era meravigliosa. L’aveva aiutata con i temi di italiano e con le gare di spelling, con le recite scolastiche e con la domanda di ammissione a Yale.* Aveva allegato, insieme ai suoi dati, una tesina di un numero improponibile di parole sul perché lei avesse il bisogno fisico di entrare in quella scuola.
Voleva studiare, Rachel. Studiare, diventare un avvocato, e così difendere i diritti dei suoi genitori e di tutte quelle persone che non potevano sposarsi; credeva nell’eguaglianza e nella parità dei sessi, ma più di tutto desiderava vestirsi da damigella e spargere fiori per una chiesa con all’interno qualche centinaio di persone.
A Rachel piaceva giurisprudenza. Era riuscita ad entrare e si era subito impegnata al cento per cento per dimostrare a tutti quanto fosse qualificata, quanto quella scuola fosse il suo destino. Alla fine del quarto anno il suo professore di diritto l’aveva raccomandata per uno stage ad un studio legale di New York, chiamato St. James & co.
Al suo primo giorno, Rachel aveva incontrato un bellissimo ragazzo in ascensore, avevano flirtato per tutti i quindici piani del grattacielo e poi si erano salutati.
 

* - * - *

 
Jesse St. James si può descrivere con tre parole: ambizioso, ricco e impossibile da gestire. Aveva sempre ottenuto quello che voleva solo sorridendo o sbattendo le ciglia mostrando i suoi bellissimi occhi azzurri.
La prima volta che Jesse aveva pensato di diventare un avvocato, aveva diciotto anni e, a dirla tutta, non era stata propriamente una sua idea: era successo quasi per caso, suo padre gli aveva chiesto di iscriversi alla NYU e lui non se l’era sentita di dire di no.
Era stato preso con facilità, i suoi genitori erano benestanti e potevano pagargli la retta con facilità, e i suoi voti altissimi avevano aiutato nel percorso verso l’università: dopo aver spedito la lettera, era arrivata una chiamata dal preside dopo neanche una settimana.
Aveva studiato lì e si era laureato con il massimo dei voti nel minor tempo possibile: mai una insufficienza e mai una punizione da parte di qualsiasi professore.
A Jesse era stato offerto il suo primo lavoro nella compagnia del padre a New York – dove abitava – nella St. James & co. a metà del suo quarto anno.
Al suo primo giorno, Jesse aveva incontrato una bellissima ragazza in ascensore, con cui aveva flirtato per quindici piani e che quando era uscita l’aveva salutato come un normale amico.
Quel giorno Jesse aveva parlato con suo padre per scoprire chi era, ma una volta entrato in ufficio lei era già lì: suo padre aveva sorriso dicendo “sono contento che tu abbia già conosciuto la tua spalla per la prossima causa”.  Jesse aveva spalancato gli occhi, si era stupito e poi aveva pensato a quanto tutto quello avrebbe potuto tornargli utile. Così aveva sorriso mellifluo verso Rachel e si era presentato in veste di compagno di giochi: inutile dire che lei era arrossita ma aveva pensato a quanto quella situazione sarebbe stata un gran casino.
 

* - * - *

 
Rachel sta litigando con Jesse un’altra volta, solo in quella giornata avranno discusso almeno cinque volte. Dà un occhiata all’orologio e rotea gli occhi: sono solo le dieci e lei è già in principio di una crisi isterica.
Come siano arrivati ad urlarsi addosso anche ora non lo sa nemmeno lei: stavano decidendo l’ordine dei testimoni da portare in processo e in un secondo hanno cominciato a litigare furiosamente.
“D’accordo St. James, time-out. Prendiamo un bel respiro e cerchiamo di capire come mai siamo a questo punto. Com’è che non riusciamo a fare una conversazione da persone normali?” dire che la Berry è esasperata sarebbe un eufemismo: è frustata, arrabbiata e delusa. Ha una cotta platonica per Jesse da quando l’ha conosciuto nell’ascensore senza sapere chi fosse, e lavorare con lui non ha fatto altro che incasinare di più la situazione.
Jesse si passa una mano sugli occhi e poi corre a sistemarsi il ciuffo. Non sa cosa risponderle, e mentre cerca di prendere tempo sistema delle carte. Non lo sa nemmeno lui perché non riescono a non scannarsi a vicenda ogni volta che parlano l’uno con l’altra, e lo cosa ridicola è che lui ci prova davvero ad essere gentile ma il confronto con Rachel – che sorride sempre neanche avesse una paralisi, che si ricorda come ogni persona sulla faccia della terra prenda il caffè, che sistema la sua scrivania e dopo mette in ordine anche quella di Jesse – non riesce proprio a reggerlo.
E la cosa peggiore, è che non riesce ad odiarla nemmeno un po’, anzi lui l’ama. La ama da quel giorno in ascensore, la ama quando la prima mattina in cui avrebbero dovuto lavorare insieme è arrivata in ritardo e con i capelli bagnati.
La ama sempre e lo odia anche, perché non si lascia scalfire, non lascia che le persone possano amarla.
“Non mi stai simpatica, Berry, tutto qui. Dobbiamo lavorare insieme per forza, e perché siamo bravi, ma mettitelo in testa un’ultima volta: noi non siamo amici.”
Esce dalla stanza sbattendo la testa e si da dello stupido: non è Rachel a dover capire che non sono amici, è lui a doverlo fare.
Ma trattarla male è l’unica cosa che Jesse si sente in grado di fare, perché se lei non si lascia amare, beh, allora non lo farà nemmeno lui.
 

* - * - *

 
Rachel quella mattina è arrivata con il caffè per sé e per Jesse, e dopo aver sistemato le sue cose e la sua scrivania, si è diretta versa quella di St. James per fare lo stesso. Dopo aver spostato un paio di cartellette e aver rimesso nel portapenne tutti gli evidenziatori che erano sparsi sul banco da lavoro l’ha vista: la sua domanda di ammissione a Yale. L’ha presa in mano come fosse fatta di cristallo e ha aperto la copia della lettera che lei stessa aveva inviato anni prima. Sulla tesina, ha potuto constatare, ci sono correzioni e appunti ovunque, come se Jesse ci avesse lavorato sopra, come se l’avesse perfezionata. Rimette tutto al suo posto, guarda sull’agenda lasciata sulla scrivania dove è diretto il bel ragazzo dagli occhi azzurri e scappa fuori dall’ufficio a passo di marcia.
Una Rachel Berry così furiosa, la St. James & co. non l’ha mai vista.
 

* - * -*

 
Jesse sta discutendo di un piano sullo stage degli studenti di Yale per la sua compagnia quando Rachel entra in sala riunioni urlando che deve parlare con il signor St. James immediatamente.
Spalanca le porte a vetri e Jesse non può far altro che pensare che così, con i capelli scompigliati dalla corsa e le guance rosse dalla rabbia, sia ancora più bella del solito. Scuote la testa come a darsi dell’idiota e si scusa silenziosamente con tutti i presenti.
“Si può sapere che diavolo volevi fare, Jesse? Chi ti ha dato il diritto di leggere la mia tesina, eh? E poi di lavorarci sopra! Sei un idiota, ecco cosa sei! Chi ti credi di essere, un dio sceso in terra? Il miglior avvocato di New York? Fammi capire!” Rachel urla con tutto il fiato che ha in gola, e Jesse è costretto a scusarsi di nuovo e a portarla fuori da lì, all’aria aperta per farle sbollire la rabbia.
Mentre scendono in ascensore dopo che Jesse ce l’ha praticamente trascinata dentro – “io non ci scendo con te, scordatelo! Stammi lontano!”  - il silenzio che c’è tra di loro si può tagliare con il coltello. E’ un silenzio di ghiaccio, come gli occhi di Jesse ed è anche infuocato, come quelli di Rachel. Sono sempre stati così, loro due: agli estremi, ai poli opposti eppure così attratti l’uno dall’altra. L’unico problema era che Jesse voleva tutto, e Rachel si teneva alla larga da qualunque cosa la costringesse ad esporsi.
Una volta usciti dal palazzo, mentre Jesse si stringe la sciarpa nera al collo, Rachel aumenta in passo come a scappare da lui, ma St. James non desiste, in fondo le deve ancora una risposta.
“Leggevo la tua tesina perché è veramente ben scritta. Insomma si potrebbe ancora migliorare, secondo me” Rachel si gira appena e lo fulmina con lo sguardo “però ho letto di peggio. Sei brava Rach, metti la tua passione e la tua determinazione ovunque, nel tuo lavoro. Mi è sempre piaciuto il modo in cui ti mostri agli altri solo mentre reciti un arringa o quando sorridi guardando il pavimento se pensi che nessuno ti stia guardando.”
Rachel arresta la sua corsa e lo guarda negli occhi, perdendocisi lentamente.
“Il punto è, Rachel, che io ti guardo, sempre. È assurdo da dire perché molto probabilmente mi odierai, e ti assicuro che anche una parte di me ti odia, però tu mi piaci, molto. Quindi, riusciresti a lasciare la tua voglia di uccidermi a casa, per oggi, e venire a pranzo con me? Come se fossi il ragazzo dell’ascensore di qualche mese fa. Lui sembrava piacerti.”
Sicuramente più di me. Ti prego, Rachel, ti prego.
La implora con gli occhi e lei non riesce proprio a dire qualcosa che non sia un sì balbettato. Maledetto Jesse St. James e maledetti anche i suoi occhi.
 

* - * - *

 
Il pomeriggio è andato meglio di quanto pensasse. E così il secondo e il terzo, e tutti quelli a venire. Sono usciti tanti volte, Rachel e Jesse che entrambi hanno smesso di contarle, Rachel dopo la quinta e Jesse tre volte più in là. Sono andati al cinema, a teatro, a mangiare cinese – “non so se mi piace il cinese Jesse” “se non ti piace molliamo tutto lì, scappiamo e andiamo in pizzeria.” – e anche in caffetteria. Hanno litigato un numero enorme di volte comunque, però si piacciono, Rachel e Jesse.
Si piacciono perché hanno idee completamente diverse su qualunque cosa, ne discutono e Jesse bacia Rachel quando si rende conto di avere torno e viceversa.
Si piacciono perché fanno colazione insieme mentre vanno al lavoro e si dividono il prezzo: Rachel paga il caffè e Jesse i biscotti. Che poi finisce per mangiarli tutti Rachel.
Si piacciono per questi e altri mille motivi, ma a Jesse piace Rachel perché si sta lasciando amare da lui e a Rachel piace Jesse perché la fa sentire brava e al sicuro.
Jesse la ripaga dei suoi sforzi e viceversa, e loro due si amano per questo.

 
 
Bene, bene. Il titolo è preso dall'omonimo film - che consiglio vivamente! - e sì, non c'entra niente con il contenuto della OS.
La dedica qui è d'obbligo, essendo un regalo:
Ti adoro, Beba, tantissimo. Buon Natale, spero con tutto il cuore che ti piaccia e di non aver fatto troppo casino con il tuo Jesse. <3
 
Tatiana.
   
 
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