Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |      
Autore: gwapple    25/12/2012    5 recensioni
Jay e Archie sono fratelli. Lo sono adesso, da adulti, e lo erano anche nel '98, da bambini. Non hanno mai creduto nei miracoli eppure, a quanto pare, i miracoli hanno creduto in loro... o meglio, li hanno spiati dalla finestra.
[Angels!, Timeless!]
[TEMA NATALIZIO]
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Timeless'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Timeless NATALE SHOT
Avvertimento: questa storia fa parte della serie "Timeless", da cui prende personaggi e ambientazione. MA è assolutamente leggibile anche da chi NON ha letto la suddetta ff.
-Per chi volesse, in ogni caso, qui trovate la "mamma": http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=966892




Timeless  Extra






«Jingle bells, jingle bells!»
«La vuoi piantare?»
«Jingle all the way!»
Reprimendo l'istinto omicida di tirargli addosso qualcosa -qualsiasi cosa, anche quell'interessante volume sui detti indiani che aveva visto nella libreria- Archie gli lanciò un'occhiataccia mentre Jay si esibiva in una personalissima rivisitazione di "Jingle bell rock" coinvolgendo i passanti e prediligendo, naturalmente, le belle ragazze che ridevano e si lasciavano trascinare.
«Su, non essere una vecchia zitella acida! E' Natale! » suo fratello gli sorrise smagliante mentre il rosso del suo cappello da Babbo Natale faceva a pugni con il verde del maglione che indossava: Archie roteò gli occhi al cielo mentre Jay mandava un bacio a una ragazza che rideva e applaudiva. «Hakuna matata!» aggiunse dopo un po', mettendogli un braccio intorno alle spalle.
«Hakuna matata? Ma Jay, che ca...»
Si trovavano al centro commerciale, affollatissimo per la Vigilia di Natale: signore che acquistavano gli ultimi ingredienti per la cena, bambini che correvano e che si accalcavano coi genitori davanti ai tanti Babbo Natale e coppiette che camminavano mano nella mano. E Jay -da bravo, eterno Peter Pan quale era- stava cantando da circa mezz'ora tutto il suo personale repertorio di canzoni natalizie
Assordandolo, ma tant'è...
E Jay avrebbe probabilmente iniziato con il cantargli anche il suo repertorio della Disney - perché Hakuna Matata era solo la punta di un vastissimo iceberg- se non fosse stato distratto dalla suoneria del suo cellulare che lo avvisava che Bill stava chiamando.
Con un sorrisetto il maggiore mollò la presa sul fratellino che si massaggiò le spalle imbronciato e afferrò l'apparecchio, con che coraggio lo chiamava ''cellulare'' poi!, premendo con tal foga il tasto verde per rispondere che Archie temette volesse sfasciarlo sul serio, quel telefono.
«Billy caro! Cosa posso fare per te?»
«Eclissarti, per cominciare.»
«Sono solo io che sento la magia del Natale, in questa conversazione o...?»
Il ringhio che Bill emise sarebbe bastato a chiunque per tacere e Jay, nient'affatto stupido, chiuse la bocca mantenendo quel sorriso vagamente soddisfatto.
«Tua madre chiede se potete portarle la granella di pistacchio per la torta che ti aveva promesso. E poi tornate a casa che è tardi e io ho fame.»
«Oh Billy piccino, ha la bua al pancino!»
Bill chiuse la chiamata borbottando qualcosa di molto simile a ''idiota''.
Jay allontanò l'apparecchio dall'orecchio, osservandolo per un attimo con le sopracciglia corrugate e uno spettro di sorriso sulle labbra. Poi scrollò le spalle e lo fece sparire nella tasca.
«Io non sono idiota» replicò, con un broncio, occhieggiando Archie che assunse un'espressione perplessa.
«L'importante è crederci!» gli diede un'incoraggiante pacca sul braccio e Jay lo spinse via, ridendo.
«Vai al diavolo! Io non sono idiota» e come se fosse una verità di stato si sistemò la calda sciarpa a motivi natalizi attorno al collo, grigia con ricami a forma di cristalli di neve rossi.
Le vetrine dei negozi erano incorniciate da luci natalizie che brillavano ad intermittenza, e ovunque babbi natale gonfiabili o in versione statuina facevano bella mostra di sé, quasi a ricordare che era la vigilia di Natale. Nello spazio si diffondevano le canzoncine natalizie provenienti dai negozi, e quelle più le cover di Jay erano un omicidio per i timpani di Archie, che pregò gli angeli di ucciderlo subito, per risparmiargli tale supplizio. Si sentiva come un padre che porta suo figlio in giro per comprare i regali, dato che Jay lo trascinava praticamente davanti ad ogni vetrina, tirandogli la manica del giubbotto, e saltellava allegramente come un bambino.
«Archie, guarda qui!» il minore dei Denver fu riportato bruscamente al presente da Jay, che puntava l'indice verso una vetrina particolarmente luminosa: prima che l'altro decidesse che cinquanta metri era una distanza troppo estesa per poter ammirare il contenuto del negozio, Archie riuscì a scorgere una cascata di cioccolata all'interno di una piccola fontana, leccornie e caramelle a righe bianche e rosse confezionate e chiuse da nastri verdi, un alto albero addobbato con biscotti al cioccolato con stelle bianche in nastrini blu, il tutto ammantato da una pioggia di neve sintetica.
«Quella stella...»
Archie voltò lo sguardo sul fratello, trovandolo letteralmente incantato a fissare l'albero, con un sorriso innamorato stampato sul volto e gli occhi lucidi che brillavano.
Non se ne accorse nemmeno, ma gli angoli della sua bocca si sollevarono in risposta a quella visione, e quando Jay si accorse del suo sguardo gli sorrise in quel modo così sincero e dolce che riservava a pochi -non si trattava del suo sorrisetto sfrontato o di quello malizioso, o di quello sarcastico... era lo stesso sorriso infantile che Jay aveva perduto dopo la morte di Josh, loro padre-.
«Te la ricordi, fratellino?» chiese, piano, come se temesse che, alzando la voce, potesse spezzare la magia dei ricordi.
Archie si limitò ad annuire piano: le parole sarebbero state superflue. Poi si girò a guardare la stella blu con le punte in argento che si innalzava maestosa in cima all'abete.
E sorrise.


«Più in alto, più in alto!» esortava Jay, col naso all'aria e saltellando in preda all'eccitazione.
Archie strinse le piccole dita attorno alla base della stella blu, sporgendo le manine, mentre suo padre lo sollevava fino alla cima dell'albero.
«O-issa!» esalò il papà, mentre Archie ridendo infilava la stella sulla punta.
«Josh, stai attento!» lo ammonì Susan, ma sorrideva divertita mentre portava a tavola il pasticcio di rognone che a Bill piaceva un sacco. E a proposito...
«A che ora arriva Bill?» aggiunse la donna mentre si guardava in giro, come se si aspettasse che Bill spuntasse da dietro un angolo urlando ''sorpresa!''. Josh sorrise al piccolo Archie, posandolo per terra, poi si girò verso la moglie con espressione pensierosa.
«Aveva detto che sarebbe arrivato alle otto e venti» disse l'uomo mentre copriva la distanza che lo separava dalla moglie e l'abbracciava per la vita, attirandola a sé. Le posò un bacio sul collo che la fece ridere.
«No dai, ci sono i bambini e ho un sacco di cose da fare!» si divincolò Susan e, negli anni a venire, Jay l'avrebbe ricordata sempre con quel sorriso luminoso e l'espressione fintamente contrariata mentre tentava di sottrarsi alla presa del marito: Josh le rivolse uno sguardo artificiosamente indignato, mettendosi le mani sui fianchi come una vera e propria maestrina.
«Maliziosa! Ma ti pare che io possa fare qualcosa di compromettente?» Susan alzò le sopracciglia con l'aspetto di qualcuno che la sa lunga, come a dirgli ''vuoi una lista o ti accontenti delle prime cinque?'' e scuotendo il capo si diresse un'altra volta verso la cucina mentre l'uomo si portava una mano al cuore con espressione decisamente teatrale.
«Oh, mondo crudele! Mia moglie mi tratta come se io fossi...»
«...un idiota? No, perché in quel caso avrebbe davvero tutto il mio appoggio» Josh riconobbe immediatamente quella voce e rise ancora, alzandosi di scatto per correre ad abbracciare il suo migliore amico, che già era stato preso d'assalto da Jay e Archie -agganciati come cuccioli di koala alle sue gambe - che ghignò e gli batté una mano sulla schiena.
«Come sei entrato? Non ho sentito il campanello» confessò Josh, solare.
Bill scosse il capo e indicò i due bambini che sembravano non avere alcuna intenzione di staccarsi da lui: capendo, Mr. Denver scrollò le spalle con un sorrisetto e riuscì a strappare il piccolo Archie dalla gamba di zio Bill.
Susan uscì dalla cucina attratta dal rumore e sorrise riconoscendo un Bill che si trascinava su una gamba, impossibilitato a camminare decentemente per il peso di Jay che sembrava non avere alcuna intenzione di separarsi da lui: la donna alzò gli occhi al cielo e afferrò due biscotti di zenzero -un omino e un piccolo alberello di natale- dal piatto su cui li aveva precedentemente disposti.
«Jay, Archie! Li volete due biscotti?»
E vedendo i due fratellini correre verso la madre Bill rise di cuore, poggiando la bottiglia di vino rosso sulla tavola già apparecchiata: si tolse anche la sciarpa e il cappotto e, incrociando gli occhi di Susan, le sorrise.
«Grazie.»
«Figurati, sono sempre uomini... e il cibo è una delle poche cose che li mette d'accordo» Susan scosse la testa, come a voler sottintendere "maschi" «Ma Bill è la parte migliore!»
Josh prese posto a capotavola, tirandosi su le maniche per prepararsi alla cenetta della vigilia. Archie si arrampicò sulla sua sediolina rialzata, imitando Jay, e entrambi poi afferrarono le forchette, pronti all'assalto della prima portata.
«Come siete cresciuti» Bill scompigliò i capelli di Jay che borbottò divertito sottraendosi alla presa. «Ho quasi nove anni!» ricordò, infilandosi il cappello di Babbo Natale che gli piaceva tanto. «Sono praticamente quasi un teenager!»
«Anche io!» si aggregò Archie agitandosi sulla sedia, con un sorrisone stampato in faccia, a cui mancavano due incisivi davanti.
«No, non è vero» contestò Jay, riportando gli occhi verdi su di lui. Forse per le luci, forse perché era arrossito leggermente, fatto sta che lentiggini erano particolarmente evidenti.
«Tu hai solo quattro anni.»
«Voglio essere anche io un teenager!» Archie si imbronciò, incrociando le braccia al petto, e il cerchietto con le orecchie da renna che reggeva tra i riccioli scuri rischiò di sfilarsi.
Josh rise, attirandolo verso di sé con un braccio, e dandogli un sonoro bacio sulla fronte. «Non aver fretta di crescere, piccola renna!»
Archie diede dei pugnetti affettuosi al braccio del padre, sbuffando una risata, e Josh lo lasciò andare mentre Bill aiutava Susan a poggiare il vassoio sul tavolo, e poi prendeva posto al fianco di Jay.
La cena trascorse tranquillamente -sempre se di tranquillità si potesse parlare con Jay a tavola- e Susan riuscì a convincere i suoi figli a mangiare le verdure dietro promessa che avrebbe dato a entrambi due biscotti per dolce: Josh stappò la bottiglia di vino che Bill aveva portato e versò due calici, uno per se stesso e uno per l'amico, dato che Susan non beveva.
«Allora Billy, come va con quella sventola che mi hai presentato la settimana scorsa?» chiese Josh; Bill quasi si strozzò con lo stufato che stava mangiando -e Josh si chiedeva seriamente come fosse possibile mangiare così tanto senza esplodere - e afferrò il calice di vino che il suo migliore amico gli porgeva quasi come se fosse stata l'ultima caraffa d'acqua presente sulla faccia della Terra.
Susan rivolse uno sguardo di rimprovero al marito mentre Jay si voltava curioso verso il padre.
«Che vuol dire ''sventola''?»
«Sì, che vuol dire?» si accodò Archie e Bill biascicò un ''che vostro padre è un idiota'' capace di fargli guadagnare uno scappellotto da parte di Josh che comunque sorrise angelicamente verso la moglie e i figli.
«Lo si dice quando una donna è molto bella» spiegò, agitando il suo calice di vino nemmeno fosse stato a una degustazione. «Ma non davanti a una donna perché, ecco, potrebbe offendersi.»
Jay e Archie si guardarono un momento, confusi, mentre Susan scuoteva la testa con aria decisamente divertita e Bill prendeva a mangiare le sue frittelle di patate come se nulla fosse, lieto che per una volta non toccasse a lui spiegare a quelle due anime innocenti qualche parola uscita dalla bocca di Josh: ma poi Jay scese dal tavolo e fece segno a suo padre e a Bill di avvicinarsi. I due uomini si guardarono divertiti e si chinarono a sentire ciò che il bambino aveva da dire.
«Sì, tesoro» annuì sghignazzando Josh mentre Bill arrossiva vistosamente e si affrettava a riportare l'attenzione sul proprio piatto: mentre il primo stava guardando la moglie trattenendo palesemente la voglia di ridere, il secondo non aveva nemmeno il coraggio di alzare lo sguardo su Susan che alternava lo sguardo dall'uno all'altro, confusa.
«Mamma, io e Archie possiamo andare a prendere il dolce?»
«Vengo con voi!» Bill si alzò di scatto, finendo a velocità record il cibo nel suo piatto, e prese per mano i due bambini portandoli -o forse era meglio dire trascinandoli?- verso la cucina e Susan alzò un sopracciglio, ora decisamente perplessa.
Si voltò verso il marito che ora se la stava tranquillamente ridendo.
«Ma che ti ha detto?»
«Papà, zio Bill, ma quindi è vero che la mamma è una sventola?»
Susan lanciò un tovagliolo sul volto di Josh che rischiò di cadere dalla sedia, poi l'uomo le afferrò le mani, le fece fare una giravolta e infine, avvolgendole il viso con entrambe le mani, se lo portò alle labbra per un lungo bacio.
Intanto, nell'altra stanza, Archie si sollevava sulle punte, per raggiungere il buco della serratura, e Jay lo respingeva con una mano sulla sua testina ricciuta.
«Sei troppo piccolo per queste cose» fece, saputo, mentre guardava la scena al di là della porta.
«Che stanno facendo?» domandò ancora Archie cercando di opporre resistenza. Alla fine capitolò e si appese alla maglietta del fratello. «Eh, Jay? Ti prego me lo dici? Ti preeego!»
«Origliare è sbagliato» tentò debolmente Bill, e Jay staccò un attimo l'occhio dalla sua postazione, per sollevare un sopracciglio.
«Oh andiamo, ma se muori pure tu dalla voglia di guardare!»
Bill arrossì leggermente borbottando qualcosa mentre Archie rideva -senza lasciare la manica di Jay, e Jay gli faceva una linguaccia-. Alla fine Bill diede uno scappellotto giocoso al più grande, e li allontanò dalla porta.
«Sciò, avete visto abbastanza...»
Jay e Archie, ancora ridendo, tornarono con l'attenzione sui piatti, e proprio mentre Jay stava per mettersi in bocca un nuovo biscotto, Archie trattenne il respiro, la bocca che disegnava una grossa O.
«La neve!» esclamò, meravigliato, e Jay spalancò gli occhi, illuminandosi tutto. Andò ad affacciarsi, tallonato da un Bill stupito, e poi tutti e tre rimasero lì, con il naso incollato alla finestra e il vapore acqueo del loro respiro che si condensava sul vetro.
 Archie e Jay si scambiarono un'occhiata, poi e entrambi si girarono verso Bill, con un sorriso così largo che avrebbe illuminato la casa più di quanto già facessero le luci colorate, le decorazioni floreali, le calze dipinte appese al camino, le ghirlande e l'albero. E subito dopo i due bambini iniziarono a correre, ridendo.
Uscendo, travolsero letteralmente i loro genitori che si staccarono stupiti: Josh si passò una mano tra i capelli, con un sorrisetto storto, mentre Susan si copriva la bocca ridacchiando imbarazzata. Bill scrollò le spalle, poi afferrò velocemente la sciarpa e il cappotto e alzò le mani all'altezza della testa, guardando i due.
«La neve!» spiegò, a mo' di giustificazione, per poi correre dietro ai due bambini.
Susan e Josh si guardarono, poi scoppiarono a ridere, mentre seguivano gli altri fuori.
«Prendi questo!» urlò Jay, non appena Josh mise piede fuori dalla casa, investito da una raffica di vento e nevischio. Una palla di neve gli si sciolse sulla faccia, ghiacciandogli le punte dei capelli.
«Aspetta che ti prendo!» lo minacciò bonariamente Josh, buttandosi nella mischia.
E Susan si fermò un attimo sullo stipite della porta, guardando i suoi quattro uomini -o meglio, due uomini e due ometti- rincorrersi e lanciarsi palle di neve.
Sorrise tra sé, divertita, chiedendosi chi sarebbe stata quella santa pronta a sopportarsi quei quattro scatenati - perché Bill, benché in apparenza il più calmo del gruppo era capacissimo di scatenarsi quando Josh era nelle vicinanze- e tornò in cucina per preparare abbondante cioccolata calda per tutti.
Nel frattempo, fuori di casa, la battaglia si era risolta con una parità e mentre Josh e Bill stavano parlando tranquillamente, tentando di togliersi la neve dai cappotti, i bambini si erano buttati sulla neve e muovevano braccia e gambe per fare gli angeli, ridendo di qualcosa che si stavano dicendo.
Il cielo era scuro e la neve danzava con leggiadria nell'aria prima di posarsi su di loro e intorno a loro.
«Jay?»
«Mmmh?»
«Cosa sono quei puntini luminosi che si accendono di notte, secondo te?» Archie piegò il capo come un pulcino, osservando curioso il cielo: Jay trattenne una risata. Per avere quattro anni Archie era un bambino decisamente intelligente e in grado di tartassare l'anima di chi gli stava intorno con le sue domande spesso imbarazzanti.
Per la loro mamma, chiariamoci. E per Bill, forse; Josh e Jay erano gli unici a non scomporsi più di tanto.
«La maestra dice che si chiamano stelle.»
«E di cosa sono fatte?»
Jay piegò il capo e arricciò le labbra.
«Non lo so» ammise alla fine; Archie alzò un sopracciglio, ma non disse nulla, conscio che semplicemente Jay aveva molto da imparare -come lui - prima di sapere cosa formasse le stelle. O come facesse sua madre a preparare una cioccolata così buona.
Glielo aveva spiegato il papà. E il papà non diceva mai cose stupide, no?
«La mamma dice che sono le anime che salgono in cielo e ci guardano» raccontò e Jay sbuffò, quasi come se fosse annoiato.
«Lo dice solo perché sei una femminuccia» lo prese in giro e Archie gli lanciò la neve addosso, stizzito, alzandosi e dirigendosi verso Josh e Bill con i lacrimoni agli occhi: tirò per il cappotto nero il papà e questo si voltò a guardarlo stupito.
«Papà, papà, Jay dice che sono una femminuccia!» piagnucolò il bimbo e Josh scoccò un'occhiata di rimprovero verso Jay.
Si rispecchiava moltissimo in quel bambino - lo stesso carattere irriverente, la stessa sfacciataggine e la stessa propensione a cacciarsi nei guai con la naturalezza con cui ci si veste la mattina- ma al contempo avrebbe desiderato che avesse preso un po' più da Susan, come Archie.
«Beh...» intervenne Bill, guardando il suo orologio da polso. «Le femminuccie hanno il diritto a una mega tazzona di cioccolata calda, mi pare. E tu, signorino, dopo facciamo i conti» aggiunse, dispensando una carezza affettuosa tra i riccioli di Archie e un'occhiata arrabbiata verso il maggiore dei due fratellini.  
Jay s'imbronciò.
Sì, Archie era davvero davvero una femminuccia.

Alla fine, dopo un adeguato rimprovero a Jay - il quale aveva promesso sul suo pupazzo di Superman che mai e poi mai avrebbe più ripetuto quella parola ad Archie- i due bambini si erano seduti accanto al camino, con le due tazze di cioccolata accanto (e Susan aveva concesso loro panna montata e marshmallow) mentre in mezzo c'era Bill, che teneva sulle gambe un album di famiglia: Josh e Susan erano seduti entrambi sul divano, abbracciati, ognuno con la sua tazza fumante, quella di Josh con su scritto "I love Rock" e quella di Susan con un decoro a forma di pupazzo di neve.
 «Questa è la foto di quando siamo andati a New York, due estati fa» stava illustrando con grandissima convinzione Bill, senza accorgersi che già la testolina di Archie ciondolava pericolosamente e che Jay stava distrattamente accarezzando il fratello come se fosse un gattino.
Ma quando l'orologio al pendolo suonò la mezzanotte, i due fratellini saltarono sul posto come morsi da un'anguilla e corsero sotto l'albero splendidamente addobbato, afferrando le scatole che capitavano loro sottomano.
«Mamma... Papà... Bill...» elencò Jay prima di afferrare un pacco quadrato con una carta da regalo bianca chiusa da un fiocco rosso e porgerla al fratellino che, dal canto suo, era bloccato nel dargli un foglio legato da un fiocco blu.
Jay gli mise davanti il suo regalo -Archie aveva davvero troppa poca forza- e afferrò il foglio che il fratello gli porgeva, sciogliendo curioso il fiocco.
Era un disegno, uno di quelli che Archie portava tutto orgoglioso a casa e che a lui piacevano, benchéé la maggior parte delle volte non ci capisse una mazza di quello che il fratellino vi aveva disegnato: quella volta Archie aveva optato per disegnarli entrambi -Jay lo intuì dalla giacca con lo stemma della squadra di baseball che il suo omino indossava- accanto a casa loro e con il sole a illuminarli. E Jay sentì un sorriso farsi strada a forza sulle sue labbra.
«E'... davvero bello, Archie» disse, e lo pensava davvero: percepì distintamente il cuore sciogliersi davanti al sorriso un po' assonnato del fratellino, che sciolse il proprio fiocco e strappò la carta da regalo aiutato da zio Bill. E quando il bambino vide la scatola di soldatini che era costata tutti i risparmi di Jay si aprì in un sorriso talmente bello che contagiò i presenti: e anzi, il piccolo abbracciò il maggiore di slancio, di modo che rotolarono entrambi sul tappeto davanti al camino.
«Bambini, state attenti!» li ammonì Susan, preoccupata, ma Josh rise e scambiò un'occhiata significativa con Bill che coinvolse i piccoli in una battaglia senza esclusioni di colpi di solletico.
Così Josh ebbe il tempo di sparire dal salotto, tornando qualche attimo dopo con un pacco che poggiò sul tappeto.
«Ragazzi! Ehi... RAGAZZI!»
I tre s'immobilizzarono sul tappeto, Bill con espressione divertita e i bambini curiosissimi.
Josh si sedette accanto alla moglie e la guardò negli occhi; lei gli sorrise e annuì.
«Questo è il mio regalo per voi» annunciò tutto orgoglioso, indicandolo. Jay e Archie si fiondarono anche su quello, e proprio quando Jay stava per strappare la carta e Archie a sfilare il nastro, il pacco si mosse e il secondo balzò all'indietro, impaurito, mentre Jay si bloccava di colpo, pallido.
I due fratelli si guardarono terrorizzati, poi alzarono gli occhi sul padre che annuì rassicurante, e infine si decisero ad aprire il pacco. Non appena ebbero strappato il primo strato, quel qualcosa si mosse di nuovo, e un attimo dopo una testolina pelosa sbucò dallo strappo nella carta.
Archie rischiò quasi di cadere all'indietro e Jay trattenne a stento un urlo dalla sorpresa. Quando si furono ripresi e i loro cuori stabilizzati, si resero conto che ciò che usciva dal regalo era...
«Un cucciolo!» trillò Archie con gli occhi che brillavano, subito agguantando il cagnolino, che guaì puntellando le zampette morbide sul suo petto e leccandogli il volto, facendolo ridere.
Jay affondò le dita tra il pelo caldo e strofinò la guancia sulla testina dell'animale, che riservò le stesse attenzioni anche a lui. «Grazie papà!» urlò Jay al colmo della gioia, alzando un attimo la testa, e Archie gli fece l'eco.
E un attimo dopo, Jay e Archie correvano tra le braccia del padre, mentre il cagnolino saltava in braccio a Bill e Susan, scodinzolando e con la lingua penzoloni.
«Come lo volete chiamare?» volle informarsi Josh, sciogliendo appena l'abbraccio. Jay allontanò il volto dal suo petto per guardarlo in faccia, mentre Archie non sembrava intenzionato di lasciar andare il suo collo, così Josh si rialzò con lui appeso, tenendolo in braccio.
«Non so... Archie?»
Il bimbo corrugò il labbro, grattandosi un sopracciglio, poi sorrise, trionfante.
«Jay!»
«Sì, che c'è?»
«No, no, è il nome: Jay!»
Il maggiore si ritrovò a sorridere, raddolcito, mentre scompigliava i capelli del fratellino. «Stupido, non possiamo chiamarlo come me!»
E poi, ricordando il nome del suo eroe dei fumetti preferito. «Che ne dici di Max?»
Archie annuì, tutto contento. «Mi piace! Se piace a te, piace anche a me!»
E Max, come a voler dimostrare che approvasse, provò il suo primo ululato entusiasta.


*

Mezzanotte era passata da un pezzo, e Susan e Josh erano già andati a dormire, con Bill che si era appisolato sul divano mentre guardava la televisione, accarezzando il piccolo Max.
Jay si rigirava nel letto, senza realmente riuscire a prendere sonno, ancora pensando alla lunga giornata che aveva trascorso, e non vedendo l'ora che fosse giorno per ricominciare a correre e giocare fuori a fare i pupazzi di neve con Archie.
«Jay?»
Silenzio.
«Jay, sei sveglio?»
Una vocina tremula e assonnata si levò dall'altro letto nella stanza buia, e Jay aprì un occhio, distrattamente.
«Mmm?»
Sentì un fruscio di coperte spostate, poi un tonfo, e dei veloci passettini, e poi Archie entrò nella sua visuale, con i capelli scompigliati, gli occhi gonfi di sonno, il pigiamino azzurro e un orsacchiotto sottobraccio. Mister Tumnus, lo chiamava.
«Non riesco a dormire.»
«Hai fatto un brutto sogno?» chiese Jay, e tuttavia, senza nemmeno attendere risposta, ritirò una parte delle coperte, facendo spazio nel letto. Archie si arrampicò sul materasso e si tirò il piumone addosso. Jay gli sprimacciò il cuscino, avvolgendolo meglio nelle coperte, e poi, accarezzandogli i capelli per calmarlo, attese che continuasse.
«No» negò Archie, socchiudendo gli occhi, rilassato sotto il suo tocco «Ma ho sentito un rumore alla finestra... era un angelo, ne sono sicuro. Ma quando mi sono voltato, era volato via...»
Jay ingoiò l'impulso di tramontare gli occhi al soffitto, e invece si limitò a stringere il fratellino al suo petto, con fare protettivo.
«Gli angeli non esistono, Archie.»
«Ma la mamma dice di sì» Archie si stropicciò un occhio «Dice che ci proteggono da lassù e ci vogliono bene.»
«Sono sciocchezze» Jay strinse gli occhi a due fessure: Archie sarebbe dovuto crescere. Lui era abbastanza grande per capire certe cose, ma Archie no...
Il fratellino tremolò, tra le sue mani. «Ma quindi... quindi nessuno ci protegge? Mamma ha detto che loro sono i nostri custodi e...»
«Archie... sarò io il tuo angelo custode» e questo era vero. Non una favola, non una sciocchezza, non una leggenda. Era la pura verità. «Ti proteggerò io.»
Archie alzò piano il volto, fino a guardarlo.
«Dici davvero?»
«Davvero davvero» Jay sorrise, sistemando meglio la coperta, e schioccandogli un bacio tra i riccioli scuri. «E adesso dormi, piccola renna, che domani sarà una giornata stancante.»
Archie chiuse gli occhi, grato, e strinse il pupazzo e la maglia di Jay al petto. «Buonanotte, Jay.»
Jay chiuse gli occhi, a sua volta, con un sorriso sulle labbra. «Buonanotte, fratellino.»


E l'angelo, fuori dalla finestra, sorrise.
Poi, con una spinta delle lunghe ali bianche, sparì nel cielo.
Felix sapeva che avrebbe dovuto smettere di guardare i ricordi di Jay... ma non poteva farne a meno.



The End



~ Angolo Autrici { ovvero quelle folli di Lady Holmes e Miss Watson } ~

Vegonunmed a tutti, lettori! :D [--> per chi si stesse chiedendo che diavolo significa questa parola, sappiate che è il corrispettivo Enochiano di "Ciao" *-*]
Ma salve cari :3
Torniamo dopo tento immemore SENZA aggiornare -ma il prossimo capitolo di Timeless arriverà presto, promesso!! :P- con una shot di genere natalizio, come regalo sotto l'albero per voi, amati lettori <3
Ci auguriamo che apprezziate tutto questo Fluff di casa Denver: per chi è nuovo, spero che siate arrivati a leggere queste note, di farvi amare questi personaggi che noi adoriamo, e che siamo riuscite a conquistarvi.  Se avete voglia di seguirci o di leggere altro, sapete dove trovarci :)
Per i vecchi amici, voi potete cogliere molto di più da questa semplice storiella. Tanti pezzi del puzzle che si mettono assieme. Lo stretto legame tra Jay ed Archie. Il rapporto che hanno con Bill. La Susan CON Josh: felice, allegra... spensierata. Il giovane Max, ancora solo un cucciolo. E Josh... la vita dei nostri ragazzi con ancora il loro papà. E poi, ovviamente, gli angeli, e il nostro caro Felix :)
Ma lascio la parola alla mia collega!! :D
*Miss Watson entra saltellando con un ridicolo vestito da Babbo Natale*
Saaaalve gente  Buon Natale! Che vi ha portato il nostro esimio parente? *guarda le sue ciabatte con il gatto e le nasconde*
Comunque, vi è piaciuta questa shot? Spero moltissimo di si, a noi è piaciuto molto scriverla... Non la trovate semplicemente adorabile?*^*
Io trovo che tutto questo affetto sconvolga!
Come ha fatto notare Lady Holmes mentre la scrivavamo abbiamo sottolineato incosciamente il rapporto tra Jay/Bill e Archie/Josh, nonostante poi il secondo dei Denver, povero, non ricorderà granchè del suo papà: e che dire di Max? Non è adorabile?*-*
Jay impara dal papà, amen. Lui è la fotocopia del padre in tutto e per tutto xD E Susie ne fa le spese LOL
No, non stupitevi qui Bill era diverso ed era decisamente affezionato a Josh: credo sia stata la morte del suo migliore amico a indurirlo, riservando la parte più ''affettuosa'' solo a quei due monellacci e a Susan. E che dire di quest'ultima? Ha una famiglia pazza, ma ehy, chi non ce l'ha?
*guarda i suoi cugini che l'hanno travolta buttandola sul letto*
Ma ora passo la parola alla mia esimia collega
*Lady Holmes si inserisce nell'inquadratura della telecamera, vestita da elfo* buon Natale a tutti! OH OH OH!
Buon Natale gente! *Miss Watson corre a dormire*




†††

 
Trovate tutte le altre immagini qui: https://www.facebook.com/pages/Timeless/182176118576389

Collage sulla famiglia Denver realizzato da Miss Watson:

Image and video hosting by TinyPic


Buon Natale e buone feste a tutti!!

Image and video hosting by TinyPic
 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: gwapple