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Autore: Darkangel1995    25/12/2012    1 recensioni
‘La fantasia è senz’altro inferiore alla realtà concreta, ma è meglio del ricordo’
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SUNSHINE

 
 
Stava per piovere.
 
Questo annunciavano il cielo plumbeo sopra la radura e l’aria fresca che scompigliava i lunghi fili d’erba. E il vento non risparmiava nemmeno la capigliatura bionda della ragazza che stava risalendo la collina, lentamente.
Alexandra strinse maggiormente il cappotto nero con la cintura, tentando inutilmente di sistemarsi i capelli.
  “Che palle...” soffiò tra i denti. La pioggia non le piaceva, non le era mai piaciuta e non sopportava il vento. No, anzi, lo odiava. Infilò le mani in tasca e accelerò il passo, facendo scricchiolare la ghiaia del sentiero. Quando giunse in cima, si fermò qualche secondo a osservare il paesaggio davanti a lei. L’erba frusciava continuamente, avanti e indietro, coinvolgendo nella danza anche i fiori di campo e i pochi insetti posativi sopra; sulla destra c’era un masso enorme, un tempo grigio scuro, ora ricoperto di graffiti e stupide scritte di coppiette che si giuravano amore eterno con un pennarello indelebile. Alexandra voltò il viso a sinistra. Eccola. La Grande Quercia.
Era una quercia di duecento anni, dal tronco grande e robusto, che si stagliava verso il cielo con la sua folta chioma verdeggiante. Il vento non poteva nulla contro di lei, nessuna tempesta l’aveva mai vinta. E Alexandra la ammirava. Aveva sempre desiderato essere forte.
Abbozzò un sorriso e si diresse verso l’albero, piegando l’erba sotto le scarpe. Non appena fu sotto di esso, poggiò delicatamente il palmo della mano sulla corteccia ruvida, lasciando una piccola carezza. Quanti ricordi erano legati a quel posto.
  “Sai, comincio a pensare che ti sia innamorata di Grande Quercia, Alex.” disse con una punta d’ironia una voce alle sue spalle. Una voce che lei avrebbe riconosciuto ovunque. Nicolaj.
Si girò e un sorriso dolce le illuminò il volto. Davanti a lei, un ragazzo alto, dai capelli ribelli e color platino e gli occhi neri, le fece l’occhiolino. Il suo trench grigio si muoveva al ritmo del vento.
  “Ciao, Nick.” Alexandra si sedette, appoggiando la schiena contro il legno. Nicolaj le si sdraiò accanto, avvolto dal verde del prato. Alzarono gli occhi e, tra i rami e le foglie sovrastanti, scrutarono il cielo.
  “Sta per piovere.” disse lui. “E tu non hai l’ombrello. Scema.”
Alexandra gli lanciò un fiorellino sul naso. “Non chiamarmi scema, scemo.” Ma non poteva arrabbiarsi con lui. Non c’era mai riuscita. E il suo migliore amico lo sapeva, perché sollevò le labbra in un ghigno irrisorio.
  “È da quattro giorni che c’è brutto tempo. Vorrei rivedere il sole.” continuò lei, aggrottando le sopracciglia. Nicolaj la osservò attentamente, poi chiuse gli occhi, incrociò le braccia dietro la testa e cominciò a cantare.
 
You are my sunshine, my only sunshine
You make me happy when skies are grey
You’ll never know dear, how much I love you
Please don’t take my sunshine away

 
Alexandra lo ascoltò cantare, come ogni volta che sentiva uscire quella canzone dalle sue labbra. Lui gliela aveva dedicata durante un temporale, quando erano piccoli, mentre lei piangeva perché da giorni pioveva
ininterrottamente e ciò rendeva loro impossibile di andare a giocare nella radura. L’aveva tirata su di morale, come sempre.
Nicolaj aprì un occhio, sbirciandola.
  “Sei tu, Nicolaj.”
  “Sono io cosa?” chiese perplesso, storcendo il naso.
  “Tu sei il mio raggio di sole.” La voce le s’incrinò. L’espressione del suo amico si addolcì e un’ombra di dolce malinconia gli attraversò lo sguardo. Si voltò su un fianco.
  “Guardami, Alex.” disse seriamente. Un tuono deflagrò nell’aria. Gli occhi marroni di Alexandra incontrarono i suoi. “Ti voglio bene, lo sai, vero?”
La ragazza ostentò un sorriso. “Ovvio! Sono troppo bella, simpatica, intelligente e modesta perché tu non me ne voglia.” replicò portando una mano tra i capelli con gesto teatrale. La risata di Nicolaj le gonfiò il cuore di quella gioia pura che da tempo le mancava.
  “Sei impossibile! Ma per questo mi sei piaciuta fin da subito.” Un fulmine saettò tra le nuvole grigie, seguito poco dopo da un tuono ancora più forte del precedente. Il ragazzo emise un lungo sospiro.
  “Nicolaj...”
  “Mmh?”
  “Voglio stare con te.” Alexandra cominciò a strappare dei fili d’erba, nervosa. E intanto quel dannato vento andava aumentando.
  “No.” Il tono di Nicolaj era perentorio. Niente repliche. Detto questo si riportò supino.
  “Ma...”
  “No, ho detto.” I suoi occhi erano seri. Quelli di Alexandra si stavano inumidendo. “Merda. Non piangere, Alex. Per favore. È presto per stare di nuovo insieme. Pazienta ancora: quando sarà il momento, ti verrò a prendere.”
  “Me lo prometti, Nick?”
  “...Sì. Te lo prometto.”
Qualcosa le colpì il viso. Alexandra si portò una mano sulla guancia, trovandola umida. Alzò il volto e fu colpita da un’altra goccia di pioggia. Nel giro di pochi secondi, tante piccole gocce si riversarono nella radura. Un senso d’inquietudine le attanagliò lo stomaco. Abbassò la testa di scatto, verso Nicolaj. Sembrava che stesse dormendo. Il disagio aumentò insieme alla furia del vento.
  “Nicolaj, io...” La sua voce era tremante, flebile.
  “Alexandra!” Una voce femminile catturò la sua attenzione, facendola girare per identificare il proprietario. In quel momento un lampo illuminò il cielo a giorno, accompagnato da un rumore fragoroso che la costrinse a tapparsi le orecchie. Una potente raffica di vento e acqua le sferzò il viso, arruffandole i capelli, obbligandola a chiudere gli occhi.
Paura.
Ribellandosi alle forze della natura, tornò a guardare il suo migliore amico. Non c’era più. Non c’era più. No!
  “Alexandra...” Alle sue spalle era arrivata Maria, sua cugina. Protetta da un ombrello blu, la guardava con tristezza. “Ero certa di trovarti qui. Ora però torniamo a casa o t’inzupperai. I tuoi genitori si stanno preoccupando.” Infatti, la pioggerella di poco prima si era trasformata in uno scrosciante diluvio. Alexandra la sentì a malapena. Teneva lo sguardo fisso sul punto in cui fino a pochi secondi prima c’era Nicolaj. Poi, si portò le ginocchia al petto e vi appoggiò la fronte, incurante degli indumenti infangati e dei fili biondi umidi che le si stavano appiccicando al corpo.
  “Alexan...”
  “Lasciami sola.”
  “Non posso farlo! Ti ammalerai se resti qui e...”
  “Cristo, non era una domanda! Ti ho detto di andartene!” urlò stringendo con forza i capelli ormai fradici, fino a farsi male.
Maria ammutolì. Fece dei respiri profondi.
  “C-come vuoi allora. A dopo.” rispose la cugina con un filo di voce.
Alexandra non si mosse, ma sentì i passi di Maria che si allontanavano lungo la collina.
Era successo di nuovo.
Si era di nuovo immaginata tutto. Da sotto la cortina di capelli, controllò di nuovo il posto accanto a lei. Vuoto. Un dolore acuto s’insinuò nel suo petto, al posto del cuore, quando con la mente tornò indietro di due anni.
 
Fa male.
 
Una festa, per il diploma di Nicolaj.
 
Fa male.
 
Una tempesta. Il vento è violento come non mai.
 
Fa male.
 
Nicolaj è in moto, sta tornando dal lavoro part-time.
 
Fa male.
 
Un albero si spezza, sotto la forza dell’aria. Quel vento che ad Alexandra non piace.
 
Fa male.
 
La pianta cade di fronte a Nicolaj, che sterza per evitarla.
 
Fa male.
 
La strada è angusta, scivolosa per via della pioggia. La moto sfonda il guardrail. Il ragazzo cade, rotola senza controllo lungo la china rocciosa vicina alla strada.
 
Fa male.
 
Nicolaj non è ancora arrivato a casa. È tardi. Alexandra ha un brutto presentimento.
 
Fa male!
 
Una chiamata. La madre di Nicolaj, Katherine, si allontana per rispondere. Pochi minuti dopo, un urlo straziante. Tutti si precipitano da Katherine. Alexandra no.
 
Fa male!
 
La ragazza ha già capito. Sa già tutto, anche prima di vedere sua madre che torna da lei con le lacrime agli occhi.
Nicolaj è stato trovato in fondo alla china da una volante in perlustrazione. Il suo collo si è spezzato.
 
Fa male!
 
Non dice niente Alexandra. Non sente niente. È vuota. E fuori il vento ulula, grida la sua vittoria.
 
Fa fottutamente male. Questo vuoto... fa fottutamente male.
 
Alexandra poggiò la testa al tronco umido di Grande Quercia. L’antica, solida, resistente Grande Quercia. Compagna di mille giochi dei piccoli Nicolaj e Alexandra. La ragazza serrò gli occhi e strinse i denti. Non poteva piangere. Lui non
l’avrebbe voluto. Così lasciò che le gocce d’acqua scorressero sul suo volto, bagnandole la bocca, le palpebre, le guance. Sì. Avrebbe lasciato che fosse il cielo a piangere per lei. Per la prima volta in vita sua, apprezzò la pioggia.
Stette immobile, ascoltando il rumore del cielo e godendosi l’odore della terra colpita da quelle lacrime celesti.
Si rialzò dopo un tempo che a lei parve infinito, completamente bagnata. Senza una parola, si avviò verso il sentiero. Ma quando si trovò di fronte alla discesa, si bloccò. Lanciò uno sguardo alle sue spalle.
  “Ciao, Nicolaj.” sussurrò in direzione della croce in marmo vicino alla Quercia, dove lui, durante una chiacchierata, le aveva confessato di voler essere seppellito. “Tornerò settimana prossima. E ricordati... Ti aspetterò.” Compì il primo passo sulla ghiaia ricoperta di pozzanghere, a cui ne susseguirono altri e altri ancora.
Si mise a fischiettare. La stessa canzone che le cantava sempre Nicolaj.
Il destino le aveva tolto il suo raggio di sole personale, ma era solo questione di tempo. Sebbene fossero solo frutto della sua fantasia, le parole del ragazzo le riecheggiarono nella mente.
 
Quando sarà il momento, ti verrò a prendere’
 
Alexandra sorrise. Un fascio di luce calda tagliò le nubi, illuminandola.
Pazienza. Doveva avere pazienza.
Un giorno, avrebbe rivisto quel meraviglioso ragazzo dagli occhi neri come la notte e i capelli candidi come la luna.










-Grazie a syssy5, creatrice del contest "Una lacrima sul viso"-

  
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