A volte capitava che Sandor Clegane passasse sotto la finestra della stanza nella quale Sansa Stark era prigioniera. Magari per seguire a ruota quel marmocchio di Joffrey, o per andare ad ubriacarsi la notte (e in quei casi capitava che la mattina dopo non lo ricordasse nemmeno lontanamente), o solo perché qualcosa dentro il suo corpo gigantesco sentiva il bisogno di portarlo lì. Cosa, questo non avrebbe saputo dirlo. Sarebbe stato come cercare un ago in un enorme pagliaio. E il Mastino non era mai stato paziente, né tantomeno poteva dire di averne la minima voglia.

Non era il suo giorno migliore, non lo era da tempo. Parlare con quella ragazzina avrebbe solo finito col farlo infuriare ulteriormente. Sembrava che quell'uccelletto così fiero riuscisse a sporgersi persino dalla strettissima gabbia dorata in cui l'avevano rinchiusa pur di beccargli la mano alla prima occasione buona, ferendolo ancora di più dove neppure le cicatrici giovanili si erano richiuse.

Sandor non si sarebbe nemmeno lasciato sfiorare da ingiurie e insulti. Avrebbe fatto un sol boccone dell'altra lupacchiotta Stark. Era stato nutrito a pane, acqua e odio tutta la sua vita, era una parte di lui. Ma non sapeva come combattere la cortesia. Non sapeva come accettarla. Non aveva modo di renderla sua e nonostante l'unica arma di lady Sansa fosse la difesa, lui subiva il contraccolpo di ogni sferzata a lei inflitta, sia da lui che da altri, pur quando tentava di difenderla. Perché lei non apparteneva a quel luogo. Il mondo di Sansa Stark era perfetto, bellissimo, tanto impossibile quanto fottutamente idiota.

Aveva cercato di farle aprire gli occhi. Ci avevano provato tutti, con le buone e particolarmente con le cattive. Eppure non importava cosa potesse fare per lei, nelle favolette di Sansa Stark esisteva solo paura per chiunque non avesse una bianca armatura scintillante e la pelle liscia come il culo di un ragazzino. Heh; lui era orribile fuori come dentro, non si aspettava un giudizio diverso. Sarebbe stato ancora più ridicolo. Quello che detestava era la fiducia incondizionata di lei verso chiunque sembrasse uscito dalle storie dei guitti, la gelida gentilezza che ostentava come una bambolina ammaestrata. Perché c'erano stati momenti in cui Sandor aveva intravisto molto di più. Momenti in cui avrebbe desiderato afferrarla e scappare, notando una scintilla in lei che gli assicurava ce l'avrebbe fatta. Ma poi quel bagliore spariva ed era costretto a rassegnarsi.

Sandor Clegane era sempre stato il Mastino di Joffrey, prima di incontrare Sansa Stark. E dietro ogni parola di scherno, ogni durezza, ogni sputo, sperava lei comprendesse la presenza di quel motto personale che la sua voce raschiante le aveva rivelato tanto tempo prima. Meglio di come lui avrebbe mai potuto comprendere il cinguettio innocente di un uccellino ferito.


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Okay, ho un'ossessione per le fic tristi, lo ammetto ;A; e corte, ma questa è un'altra storia.
Non... sono sicura di sapere da dove tutto questo sia venuto fuori. Stavo ascoltando una canzone che avrei detto andasse benissimo per Catelyn ed un momento dopo mi sono ritrovata a piangere per i miei SanSan feels. Ciò detto, spero non pianga nessuno ora (non che credo possa succedere), e che abbiate trovato questa minuscola fic di vostro gradimento. Aah come sono formale.