Nina
Quella
sera, il Tardis era piuttosto calmo. Nina amava andare lì.
Uno dei locali più
famosi di Los Angeles aveva lo stesso nome di un piccolo pub della sua
città
natale.
Il
tutto era così triste, ma al tempo stesso rassicurante. Familiare, avrebbe detto.
In
quell’occasione aveva capelli lunghi e sciolti sulle spalle,
e indossava un
vestito turchese abbastanza corto. Le belle gambe erano scoperte,
così come la
schiena, che rimaneva nuda per via di una particolare spaccatura
dell’abito.
Prese
le chiavi della macchina e si diresse verso l’uscita del suo
appartamento.
Strana idea quella di trasferirsi nella stessa città dove
viveva Angel. Tale
coincidenza, però, non era assolutamente casuale.
“Maledizione!”
un tacco si spezzò tra le scale. Fu costretta a risalire e
cambiarsi le scarpe…
di nuovo. Non riusciva più a capire dove si trovasse, non
capiva come stare al
passo con la vita, e tutto le pareva sempre così
maledettamente difficile. Si
ritrovava a essere perennemente stressata e gestire la sua natura
soprannaturale
le risultava ancora piuttosto difficile. Insomma, un vero periodo di merda.
Perciò
volle vedere Angel. Ne aveva bisogno.
Velocemente,
guidò in direzione del locale. Cercò di non
sudare, anche se ovviamente non
riuscì nell’impresa. Il traffico era intenso e
parecchio fastidioso, gli
assordanti rumori dei clacson e le lamentele degli autisti adirati,
poi,
facevano da contorno alla situazione.
Strano
a dirlo, visto che L.A. sembrava essere una città tranquilla.
Non
impiegò molto tempo ad arrivare. Parcheggiata la macchina,
entrò nel locale,
notando subito tra tutti l’uomo particolarmente bello che
l’aspettava.
Avvicinandosi
al tavolo in cui era seduto, pregò disperatamente
affinché lui non si
accorgesse delle occhiaie accuratamente nascoste sotto enormi occhiali
scuri.
D’altronde, il trucco non può fare sempre miracoli.
“Ciao,
Angel”. Si avvicinò stampandogli un bacio sulla
guancia.
“Ho
ordinato qualcosa anche per te”.
La
donna abbassò gli occhi e notò
un’abbandonante porzione di patatine fritte. Una
risata involontaria le scappò sul momento.
“La
smetti di fare il padre?” ironizzò, gustando la
salatissima porzione.
Le
piaceva quando Angel si preoccupava per lei.
Le
luci colorate e abbaglianti si abbassarono, la musica assordante
scomparve,
lasciando la scena a una voce femminile. Un lento inglese. Meglio
così:
avrebbero potuto parlare meglio, senza dover necessariamente gridare.
“Hai
bisogno di mangiare… Mangi a casa, vero?”. Angel
abbassò leggermente il volto
alzando gli occhi, e la fissò con una dolcissima espressione
interrogativa.
“Sarai
un ottimo padre”. Non rispose direttamente alla domanda.
“Come
stai?”
“Bene,
questa mattina sono andata dal medico per alcuni controlli, ma nulla di
grave. E’
tutto regolare, davvero… la vita da lupo mannaro ogni tanto
mi stressa, però va
bene così…”. Non fu difficile cogliere
il dolore nelle sue parole.
Il
silenzio calò tra i due, zittendo la conversazione.
Angel
la guardò scrupolosamente, compassionevole. Quando Nina era
guardata così, da
quegli occhi neri e profondi, sentiva una sensazione di beatitudine
avvolgerla
completamente.
Il
vampiro le prese la mano destra e la strinse, delicatamente.
“Andrà
tutto bene”.
Nina
era solo una ragazza. Era giovane e aveva un’intera vita
davanti. Anche se
aveva qualche problema di natura
soprannaturale, tutto si sarebbe risolto... prima o poi.
“Ehm,
Angel, il mio nuovo appartamento è davvero…
fantastico, insomma, dovresti
vederlo. Vuoi venire?”.
*
* *
Angel
aprì la porta. Attorno al rotondino di ferro che sosteneva
le chiavi, c’era un
portachiavi con la scritta Roma e
una
piccola raffigurazione del Colosseo, evidente ricordo del viaggio in
Italia della
donna.
“Metto
qui le chiavi?” esordì non appena varcò
la soglia del salone.
“Certo,
non preoccuparti”.
Angel si sedette sul divano,
aspettandola.
Dopo qualche minuto, arrivò anche lei e si mise comoda,
proprio accanto all’uomo.
Entrambi erano vicini.
“Dimmi
che possiamo,
anche questa volta”.
Furono
le ultime parole che Nina disse prima di trovarsi nuda, avvinghiata al
corpo di
Angel, nel comodo letto matrimoniale.
Il
vampiro la guardava riposarsi. Era un’esperienza sempre bella
con lei.