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Autore: Mimi18    27/12/2012    7 recensioni
Forse non era destinata ad essere una ficwriter; anzi, ne era quasi sicura, erano più i capelli che aveva perso in quel periodo che quelli che le erano cresciuti, per non parlare poi delle unghie mangiucchiate o delle occhiaie, che facevano apparire il suo viso più bianco di quanto non fosse.
Greta è una ficwriter.
Greta attualmente ha il solo desiderio di trovare una nuova idea per la sua prossima storia.
Greta è senza ispirazione.
Greta ha bisogno di muovere il sedere e cercare una musa o una svolta.
Greta ha bisogno di sentire le gambe molli e le farfalle nello stomaco.
Tra incidenti programmati, compagni di classe invadenti, amiche pervertite, amiche slasher, ormoni sballati, capelli che cadono a vista d'occhio e più acidità che baci, la storia di Greta che non voleva una storia d'amore per sé, ma solo a scopo didattico.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Scolastico
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FICWRITER: agitare bene prima dell’uso
#1. Non era una notte buia e tempestosa
 
 
 
 
 
Greta guardò la pagina bianca di word aperta di fronte a sé, la solita mancanza di ispirazione che la frustava e le rendeva quelle giornate terribilmente grigie e plumbee. A volte avrebbe voluto prendere a calci quel maledetto computer che circa cinquanta volte al giorno si spegneva e riavviava da solo, salvando solo metà dei suoi scritti e cancellando, ovviamente, la parte che lei riteneva migliore. Dimenticava sempre di salvare, Greta, eppure avrebbe dovuto sapere che la prima regola di una ficwriter era ’Salvare sempre ogni cinque righe’, perché oltre le cinque righe non si poteva mai cancellare, ma affidare la propria vita nelle mani di una fidatissima beta-reader. 
Forse non era destinata ad essere una ficwriter; anzi, ne era quasi sicura, erano più i capelli che aveva perso in quel periodo che quelli che le erano cresciuti, per non parlare poi delle unghie mangiucchiate o delle occhiaie, che facevano apparire il suo viso più bianco di quanto non fosse. 
Sospirò e premette il tasto Canc per tre volte, eliminando l’unica parola che macchiava quel bianco immacolato che le dava tanto sui nervi. Inutile, sembrava che l’ispirazione fosse andata letteralmente a farsi un giro, abbandonandola in quell’insopportabile momento di vuoto, nonostante tutto quello che avevano passato insieme. Come poteva, quella maledetta stronza, essersi dimenticata di quella volta in cui, insieme, avevano provato com’era lo stalking dal vero - certo, avevano pedinato sua madre, ma l’effetto di impermeabile e occhiali era stato comunque un successo. O di quell’altra volta che Greta aveva provato a camminare con i tacchi a spillo su un muretto, perché la protagonista della sua fic era una super-modella e lei non sapeva che sensazione provasse.
«Bell’amica», disse, prendendosi la testa tra le mani; i capelli avevano bisogno di un bel taglio nuovo, quello di adesso probabilmente l’aveva solo la cuginetta di tre anni della sua vicina di casa: li teneva sempre legati per nascondere quel rosso acceso, che non donava alla sua carnagione olivastra o agli occhi azzurrognoli. Per non parlare dei baffetti che crescevano indomabili almeno una volta alla settimana, e che ovviamente facevano un male cane quando li strappava tanto da farle passare la voglia di risultare quantomeno decente agli occhi delle persone comuni. Forse si sarebbe comprata un passamontagna per coprirli, o una sciarpa colorata, ma ripensare alla ceretta le fece rizzare anche i peli sulle gambe - merda, il giorno dopo avrebbe dovuto cambiarsi di fronte a tutti per Educazione Fisica.
Sospirò pesantemente prima di fissare nuovamente il foglio, chiedendosi come si sarebbe comportata una protagonista di fanfiction. 
«Giuro che se ti piglio», sibilò a Caroline, l’Ispirazione, «ti torturerò fino a farti provare cosa vuol dire mangiare i fagioli di mamma e stare vicino ad Ivan quando li ha finiti, poi ti toglierò i tuoi capelli biondi uno per uno, ti strapperò le tue gambine da zoccola ingrifata, ti rovinerò la manicure e vedrai, vedrai che nessuno ti vorrà più!» concluse irritata ed irritante. Era quasi assurdo che pensasse all’Ispirazione come ad una mistica creatura, ma una che passava da una mano all’altra doveva per forza essere la più grande poco di buono di tutti i tempi.
Mangiucchiò un’unghia, ricacciando in gola l’ennesima imprecazione. Da quando aveva iniziato quell’hobby, era diventata volgare, sua mamma glielo ricordava sempre puntandogli il mestolo tra gli occhi. 
Scrisse un nome a caso all’inizio del foglio, per poi cancellarlo immediatamente. Inutile. Non sarebbe più riuscita a scrivere nulla, coloro che la tenevano tra gli autori preferiti l’avrebbero dimenticata, abbandonata e lei sarebbe diventata una zitella disperata che viveva coi gatti. Non che la sua vita da ficwriter c’entrasse qualcosa con l’amore, ma non avrebbe più avuto il coraggio di uscire di casa e dire che no, non avrebbe più scritto.
Non aveva idee, inutile mentire. Aveva girato e rigirato il suo personale quaderno degli appunti con la faccia di Robert Downey JR al posto di un bruco verde almeno una ventina di volte, senza ottenere alcun risultato. E dire che un tempo le parole le uscivano come fiumi dalle dita, poi, all’improvviso, tutto era sparito. I polpastrelli si erano bloccati sui tasti, gli occhi lacrimavano a causa della luce dello schermo e la testa pulsava ripetutamente dopo più di due ore al computer.
Scrutò oltre le tendine della finestra; osservò in trance un bambino cadere nel suo vialetto e sbucciarsi un ginocchio.
Proprio mentre questi si rialzava, leccando via il sangue con le dita, Greta pensò che avrebbe tanto voluto una svolta nella sua vita tediosa e sempre uguale, giorno dopo giorno. O meglio, avrebbe voluto avere una vita. Non che fosse una reclusa e senza amiche, ma aveva sempre evitato tutto ciò che avrebbe potuto allontanarla sempre di più dal suo personalissimo mondo virtuale.
Tutto ciò che possedeva erano scuola, verifiche, professoresse di italiano letteralmente insopportabili, professoresse di inglese da impiccare e nessun coinvolgimento sentimentale da mesi, per non dire anni. Non che le importasse veramente, ma sicuramente una nuova storia (magari con qualcuno di passabile, non il tizio che consegnava le pizze e che aveva un po’ troppi brufoli) avrebbe giovato alla sua situazione. E avrebbe sicuramente esaurito le minacce della sua amica Bianca, che le ricordava che a diciotto anni non si poteva non aver avuto almeno un triangolo degno di quel nome. Greta temeva che lei nascondesse uno sfondo sessuale in quel ‘triangolo’, ma forse era perché leggeva troppe storie NC17. 
Si leccò le labbra d‘un tratto incuriosita, per poi stendersi lungo la sedia ed allungandosi verso il comodino. Sfiorò il cassetto un paio di volte con la punta delle dita, prima di riuscire al aprirlo cacciando un urlo di vittoria.
Afferrò con abilità la foto di classe, quella orrenda e stropicciata in cui indossava una felpa di tre taglie più grande gialla senape e dove era ritratta con gli occhi chiusi, cercando particolarmente interessata tra i suoi compagni di classe.
Dopo cinque anni che si faceva castelli mentali su ognuno di loro, forse era giunta l‘ora di sfruttare l‘elevata prestanza e presenza dell‘ormone maschile nella propria classe. A puro scopo accademico, ovviamente. 
Quinto anno, sezione B. Nessun’altra classe vantava pezzi di carne - come diceva Priscilla - come quelli presenti nell’aula al centro del corridoio, secondo piano. 
Certo, ognuno di loro aveva avuto qualche storiella d’amore, e forse Greta avrebbe potuto sfruttare le proprie conoscenze, ma un prurito allo stomaco le fece capire che non bastava. O forse era solamente la fame.
Leonardo non era male, con il suo ciuffo alla superman, ma sicuramente troppo fidanzato e troppo fissato con il Milan, l’Italia che quell’anno avrebbe giocato i mondiali e bla, bla, bla. Troppo noioso, a meno che non scrivesse in un fandom calcistico: allora sì che sarebbe risultato attrattivo. Però Leonardo in Lettere aveva un cinque scarso, e il mondo in cui errava ad usare il condizionale le fece drizzare i capelli. Coprì la sua faccia con un post-it, nonostante rubarlo alla ragazza non sarebbe stata una cattiva idea, forse un po’ banale e stronza, ma era sicura che l’amore tra i due avrebbe trionfato.
Greta passò un dito sulla figura piegata su sé stessa di Cristian, i riccioli scuri ed il solito sorriso da chi si sta divertendo un mondo. Erano nella stessa classe dal primo anno dell’asilo e Greta ricordava bene quando i loro genitori avevano persino iniziato ad uscire insieme, passando la Pasqua un anno a casa di uno,e quello dopo dall’altra. Non andavano d’accordo, perché Cristian le aveva palpato il sedere in prima media, per poi urlare che era stata lei a sedersi sulla sua mano. Da quel giorno avevano iniziato una guerra fredda senza morti, seppur una volta il pesce rosso di Greta aveva rischiato.
Lo scartò con un ringhio, già passata a Simone ed al suo essere superiore a tutti in ogni cosa, poco importava che si trattasse di Educazione Fisica o a chi mangiava più polpette della nonna di Gianluca. Lui era sempre il numero uno, e si vociferava di una storia di sano sesso con l’insegnante di sostegno di venticinque anni della classe accanto alla loro. Greta su questo aveva fantasticato un sacco di volte, tant’è che aveva pure scritto quella bella fanfiction su Naruto, quella che aveva vinto il contest ed il premio per l’originalità...
Scosse il capo risoluta, mettendo una X anche sulla faccia di Simone. 
Marco e Federico non li considerò nemmeno; il primo era il suo vicino di casa da sempre e ricordava ancora che più volte avevano fatto il bagno insieme, da piccoli. Ecco, Marco lo conosceva fin troppo per considerarlo come candidato ideale. Era carino con i suoi ricci scuri e gli occhi di quel caldo color nocciola, ma un amico. L’unico ragazzo nella sua vita con cui riusciva a parlare di anime, manga e sesso senza distinzione. Forse, a dire il vero, più che considerarlo come un ragazzo vero e proprio per Greta lui era più come un asessuato. Di certo non le faceva diventare le ginocchia di burro, come nelle più classiche storie d’amore tra amici di infanzia. Aveva dei seri problemi di cliché, Greta, perché nella sua vita non ce n’erano proprio.
Federico era bruttino; l’unico nella quinta del loro anno ad aver baciato una sola ragazza e ad essere ancora vergine, senza possibilità di uscirne prima dei quarant’anni. Sì, Greta lo considerava come quel tipo del film senza però vedere in lui nulla di buono eccetto il plumcake che mangiava per merenda.
Greta sapeva che alla fine l’unico accettabile (e a cui comunque aveva subito pensato) sarebbe stato Gianluca. Lo sapeva, perché lui era il classico ragazzo che avrebbe riscosso un sacco di successo, seppur lei stessa non riuscisse ad apprezzare la sua mania per le lampade (o era così la sua pelle?) o il fatto che i suoi jeans fossero così attillati che Priscilla si mangiava il suo sedere a colazione e pranzo.
Guardò i suoi occhi scuri nella fotografia; era l’unico riuscito a venire con un’espressione normale nonostante ci fossero al suo fianco Cristian con una vestaglia da donna e Giulia con un paio di occhiali a forma di torta di compleanno.
Si morse il labbro indecisa. Lei non era di certo un’esperta in campo sentimentale, mentre si poteva dire che Gianluca fosse praticamente ormai adulto e non avesse più nulla da apprendere dalla prima superiore, quando l’aveva rivisto dopo anni. 
L’unica cosa che conosceva dei rapporti tra persone reali, Greta, era il bacio. A lei baciare non era mai piaciuto, aveva sempre una fastidiosa sensazione di umidità e quando si ritrovava la lingua dell’altro nella bocca pensava che avrebbe potuto vomitare da un momento all’altro.
Quelle cose era molto meglio scriverle nelle fanfic, assumevano di certo un significato più magico sia per lei che per i lettori; soprattutto se uniti a qualche carezza dolce, Greta ne andava matta anche se non le aveva mai provate su sé stessa.
Gianluca non era una preda facile. Con le ragazze spesso era indisponente e con lei, soprattutto, non aveva un particolare feeling. Le uniche frasi che erano riusciti a scambiarsi dall’inizio dell’anno erano state «Mi raccogli la gomma?» e «Grazie per i compiti di matematica, ti devo un favore». Magari se Greta gli avesse chiesto di diventare il suo ragazzo giusto il tempo per ricavare del materiale, ricattandolo con la questione del favore, Gianluca avrebbe accettato, ma il pathos si sarebbe sciolto come neve al sole e lei sarebbe stata denunciata dai suoi lettori per averli presi in giro con quella sciocchezza di idea.
Grugnì seccata come non mai, appiccicandosi la fotografia alla faccia e maledicendo quella maledetta ispirazione che, no, proprio non voleva tornare. Eppure l’aveva sempre trattata con rispetto. Certo, qualche volta avevano discusso, per poi chiarire ed amarsi e onorarsi fino a due mesi prima.
L’immagine sfuocata di Gianluca era davanti al suo naso e Greta si ritrovò a deglutire, indecisa. Non avrebbe saputo cosa fare, non sentiva il respiro mozzarsi quando lui era nei paraggi e probabilmente era davvero il classico e scontato protagonista. Però forse nascondeva una storia triste alle spalle, le sarebbe semplicemente bastato chiedere consiglio, forse e, mal che sarebbe andata, la sua fan fiction non avrebbe avuto un happy ending. 
Sospirò, sbattendo la testa sulla scrivania. Era una pazza, andava rinchiusa, ma nella sua testa passò in rassegna tutti i propri vestiti e decise che, se doveva impegnarsi a solo scopo didattico, avrebbe avuto bisogno di una mano.
O forse di quattro.
 
 
 
 
N/a: il primo capitolo è pressoché identico a quello vecchio che avevo scritto, ma lo stile è cambiato e anche l’idee sullo svolgimento. Mentre ora nella mia testa è tutto chiaro, prima era un agglomerato di ‘non so che fare’, che mi ha portato ad una pausa di due anni.
Ora sono qui, decisa a portare avanti questa storia e con la speranza che, qualcuno, possa ancora trovarla interessante. 
Man mano, vi farò avere ‘chi’ di preciso sono i personaggi, in modo che non siano solamente sfuocati nella vostra testa. (L)
Grazie a chiunque passerà.
   
 
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