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Autore: LovleySev394    27/12/2012    1 recensioni
Iracebeth guardava le nubi rossastre addensarsi su quello sputo di villaggetto insulso che circondava il suo castello. Il suo castello, il suo villaggio, il suo regno….
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Re di Cuori, Regina di Cuori
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Iracebeth guardava le nubi rossastre addensarsi su quello sputo di villaggetto insulso che circondava il suo castello. Il suo castello, il suo villaggio, il suo regno…. era eccitata all’idea che finalmente avrebbe posseduto qualcosa, che finalmente avrebbe potuto vendicarsi di tutto quello che gli avevano fatto, di come l’avevano ridotta, che finalmente non sarebbe più stata presa in giro da stupidi animaletti o da buffoni che si credevano divertenti.
Finalmente ci sarebbe stata una regina…. lei…. la Regina Rossa…. lei contro il mondo… lei sopra il mondo per schiacciarlo e ridurlo a una pallina da ping-pong… perché finalmente lui, suo marito, sarebbe morto, morto per mano sua e dopo di lui quella sarebbe stata la sorte di molti altri cortigiani.
Ecco cos’ era diventata, dunque… un mostro… diventata quello che l’aveva resa la cattiveria degli altri…. come volevano loro… come volevano… tutti.
Iracebeth tentò di tenere quello sguardo altero e superbo che ogni tanto traballava nei suoi occhi facendo prendere il sopravvento a quella parte di lei che avrebbe voluto scoppiare a piangere e poter urlare tutto il suo odio per ciò che la circondava… ma…. finalmente le sue sofferenze erano finite, ora ce l’aveva fatta, tutti sarebbero stati obbligati a portarle rispetto e a dirle…
“Abbasso la capocciona maledetta!”, gridò un topolino che passava vicino a lei con le sue zampette veloci. Iracebeth tentò di schiacciarlo pestando il piede per terra, ma lui con una risatina si infilò in un buco nel muro:
“Ah basta io vi odio tutti!”, gridò lei in uno dei suoi momenti di sclero, afferrando una lampada e rompendola per terra, per poi prendere le carte sulla scrivania del marito e iniziare a strapparle freneticamente gettando i pezzi per tutta la stanza, mentre calde lascrime le rigavano il viso. Tagliandosi con la carta si lasciò cadere su una poltrona succhiandosi il sangue della ferita e chiudendo gli occhi per ricomporsi. tentò di sistemarsi i capelli e toccò disgustata quella sua testa così sproporzionata che aveva rimuginato così a lungo sulla sua condizione da averla portata alla pazzia:
“Vi odio tutti!”, mormorò di nuovo, “Voi e le vostre teste normali, che rotoleranno ai mei piedi finché tutti non saranno come me e allora potrò finalmente essere normale”.
Convinta di questo suo piano si alzò per dirigersi nuovamente verso il terrazzo e scagliò con violenza un libro contro il vetro della finestra per non vedere il suo riflesso:
“Ecco”, pensò, “sarà così… banditi gli specchi… chiunque si farà cogliere con uno specchio o qualcosa che rifletta la propria immagine sarà condannato a morte… e tra generazioni e generazioni forse senza specchi tutti si saranno dimenticati della normalità e non mi vedranno più strana a causa della mia testa”.
Se questi piani completamente pazzi avrebbero dovuto farla sentire meglio si sbagliava.
Fu presa da un momento di disagio davanti al panorama che la circondava:
“la dall’altra parte delle montagne in qualche posto celestiale ci sarà di certo lei… la mia disgustosa sorella Mirana. Oh lei…. si è perfetta, come dicevano mamma e papà, con quella sua vocina da angioletto e la testina perfetta, i capelli candidi… ha sempre avuto tutto, il regno più bello, i vestiti più belli, il fidanzato più bello, ma mica è giusto: SONO IO LA MAGGIORE!! E tutto questo spetta a me, mi riprenderò tutto l’amore che mi meritavo io al posto suo che mi è stato dato come odio… puro odio”.
Iracebeth rifletteva dentro di se, mentre sentiva l’odio impossessarsi della sua anima, parte ormai integrante del suo essere che pervadeva ogni suo movimento, ogni sua parola… era stata derisa, umiliata, trascurata… ma ora sarebbe diventata la Regina e le cose sarebbero cambiate.
Qualcuno bussò alla porta con colpi decisi.
Iracebeth andò a aprire trovandosi davanti un ometto bassino che disse:
“Regina è tutto pronto… abbiamo portato vostro marito il Re fuori dalla cella ed è pronto per la sentenza”.
“Lui non è più il Re! Smettila di chiamarlo così!”, gridò lei uscendo con foga dalla stanza e scagliando il povero malcapitato contro il muro.
 
Entrò nell’enorme sala che aveva fatto tappezzare di rosso e si sedette sul enorme trono. Ai suoi piedi era inginocchiato il marito incatenato.
Gettò lo sguardo sulla corte… quel gruppo di falsi traditori che la circondava:
“Li odio tutti! E scommetto che anche loro mi odiano”, tutti la guardavano con timore e rispetto, ma con uno sguardo che faceva trapelare che se ne avessero avuto l’occasione l’avrebbero torturata e uccisa.
Fu di nuovo presa da quel senso di disagio quando guardò il marito…. lui, forse era l’unico, l’univo che non l’aveva odiata, che l’aveva sposata per sua volontà. Era stato sempre gentile con lei, per alcuni istanti aveva fatta quasi sentire compresa,  ascoltata… amata…. e lei lo stava uccidendo? Voleva distruggere l’ultimo legame che aveva con un sentimento diverso dall’odio?
Tutti erano in silenzio, tutti la guardavano.
Tutti aspettavano.
Silenzio.
I loro respiri si mescolavano, i loro mormorì accrescevano e si sentì accerchiata da gente pronta a balzarle addosso armata di coltelli per ucciderla.
Era circondata.
Erano sempre più vicini, sempre più vicini ogni momento che passava.
E un giorno l’avrebbero fatto… lo sentì in quel momento… un giorno l’avrebbero distrutta.
E l’unica persona che forse le aveva voluto una piccolissima parte di bene era li davanti a lei… no, no l’avrebbe salvato, l’avrebbe salvato, non poteva morire, non lui, si si si si lo avrebbe risparmiato, doveva farlo, salvarlo, salvarlo…
Chiuse gli occhi per trattenere le lacrime.
Silenzio.
Riaperse gli occhi.
Guardò fisso il marito e gridò:
“TAGLIATELI LA TESTA!”.
E uscì dalla sala sbattendo la porta.

 
 
 
 
  
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