Ciao a tutti!Sono Ceci, autrice di
questa fanfiction nonché intellettuale completamente dipendente dal mio
dolcissimo principe Vegeta…Eccomi dunque qui con questa nuova storia, che
era pronta da mesi ma che ho deciso di pubblicare solo oggi per effetto di uno
dei miei assurdi attacchi di superstizione…Ma
tralasciamo i resoconti sulla mia penosa demenza, perché tengo molto a
questa drammatica e dolce storia, e spero piacerà anche a voi, miei
carissimi lettori(cosa non si è disposti a fare per delle belle recensioni…)!!!Per
ora ho solo il primo capitolo da pubblicare(se non potreste vivere con
l’angoscia di un possibile seguito ditemelo mantenendo un minimo di
decenza,per favore…),ma sto lavorando come un
proverbiale(oddio,proverbiale solo per me)piccolo manovale giapponese per
sfornare la continuazione…quindi siate fiduciosi,e magari potrei anche
spicciarmi maggiormente se mi lasciaste un commentino…(tentativo di
ricatto penoso,lo so).
In ogni caso, domani parto per il mare e
le vacanze mi fanno venire sempre delle belle ideuzze…se sarete pazienti,
mi ritroverete qui tra due settimane o poco più con un altro delizioso parto
della mia mente malata (invitante prospettiva,vero?...)
A parte le battute, che giuro non ho
tratto dal libro delle barzellette di Padre Pio anche se
qualcuno potrebbe pensarlo, sarebbe davvero un gran piacere vedere come me la
cavo ai vostri occhi con una storia un po’ più seria delle
solite;le risposte saranno alla fine dei capitoli(se non mi verrà una
battuta sagace per ognuno di voi arrangiatevi!).
Bene,vi lascio
finalmente alla fic. ,sperando che vi
piaccia,arrivederci al prossimo capitolo,e Ciaociao da Ceci!
PS:D’accordo,
forse ho calcato un po’ la mano coi buonismi da telefilm americano,ma che
ci posso fare se adoro Vegeta tanto che gli perdono praticamente tutto e
continuo a sindacare sul fatto che è solo incompreso anche quando rade
al suolo una città o fa uno dei suoi commenti taaanto carini?E poi,un po’ di romanticismo e buoni
sentimenti all’americana non hanno mai fatto male,no?(Come mi sono
ridotta,io che brontolo sempre sulla mielosità di praticamente ogni
libro vagamente romantico che leggo…)Dopo questa perla di quella che non
oso chiamare saggezza la smetto davvero di prendere spazio,e cerco di fare
qualcosa di più costruttivo, come terminare la mia nuova
one-shot…Un bacione,e ricordatevi di recensire in tanti!
Ciaociao da Ceci ,
e buone vacanze a tutti!!!
PS: Per colpa del mio vizio di leggere
sempre le spiegazioni a metà,ho segnato questa
storia come a più mani…in verità NON è così, anche se mi dispiace per quelli di
voi che già staranno scrivendo la continuazione,e scusate ancora!
Capitolo 1
-Principe senza patria-
“Certe
ferite rimarranno sempre aperte nel mio animo…ci sarà qualcuno che
vorrà ancora tentare di chiuderle?”
I passi rapidi e marziali riecheggiarono nel lungo
corridoio metallico, semi-illuminato dalla pallida luce azzurra di Nekfös,
simile ad un’enorme zaffiro incastonato nel
cielo trapuntato di stelle.
Il viso spigoloso e duro del giovane, incorniciato da
una massa di capelli corvini tesi verso l’alto era illuminato dai raggi
del corpo celeste, che facevano brillare i profondi occhi neri dal cipiglio
corrucciato e pensoso.
Il mantello rosso rivelava una corta
tunica azzurro polvere, impreziosita da una fascia riccamente decorata
che scendeva sino ai calzoni color notte.
Un paio di guanti di un blu delicato e le due lucenti
corazze sulle spalle completavano l’abbigliamento del ragazzo.
Un’aura di terrore e riverenza sembrava muoversi
insieme a lui.
Le alte porte in ferro si
aprirono cigolando sulla sala circolare, lasciando occhieggiare da oltre le
possenti ante il trono smaltato e la nutrita schiera di sottili schermi al
plasma disposta lungo le pareti d’acciaio.
Comodamente adagiato sul cuscino rosso del sedile,
l’alieno increspò le labbra violacee in un sorriso beffardo alla
vista del suo ospite.
-Principe Vegeta, finalmente sei arrivato…devo
proprio farti i miei complimenti:la “campagna di
collaborazione” su Anderon è stata un vero successo!-si
congratulò Freezer mellifluo; le pupille, due freddi rubini sanguigni,
saettarono sul suo interlocutore.
A quelle parole, lo stomaco del ragazzo si
attorcigliò per il disprezzo: “campagne
di collaborazione”, così quel tiranno chiamava i brutali genocidi
di cui si macchiava costantemente per ottenere il controllo su risorse e paesi,
crimini di cui Vegeta, bene o male, si era già macchiato parecchie
volte …aveva appena compiuto
sedici anni, ma le sue mani erano già imbrattate di sangue innocente,
e i suoi occhi avevano già
conosciuto lo sguardo vuoto dei cadaveri …
-Per cosa mi avete chiamato,
Grande Freezer?-sillabò come se ognuna di quelle parole fosse intrisa di
veleno:odiava rivolgersi a quel dannato dittatore con dei titoli regali, titoli
che dovevano indicare fierezza e coraggio, due doti completamente estranee
all’alieno…
-Ho una nuova missione per te- iniziò
l’interessato, appoggiando gli avambracci sui braccioli spartanamente
decorati del trono e incrociando le dita.
Il saiyan aggrottò le sopracciglia, attendendo
altre spiegazioni –Simile all’ultima? –chiese.
Freezer lanciò una risatina gelida –Oh,
no davvero, non ha niente a che vedere con il combattimento, almeno per
ora…-sfiorò un tasto dell’ampia consolle bianca di fianco a
lui, e uno dei maxi schermi sfrigolò azionandosi. Un pianeta azzurro,
circondato da fioccose nubi bianche, levitava nello spazio stellato del
monitor.
Vegeta si girò verso la parete.
-Vedi- continuò l’alieno –la tua è
la prima fase di una grande campagna che sto per intraprendere riguardo a
questo pianeta. Il suo nome è Terra, nella galassia del Nord,
all’interno del Sistema Solare.
Ora, sembra che, nonostante non sia né molto
grande né molto ricco, parecchi popoli siano interessati a dei
particolari oggetti presenti sul pianeta, dagli oscuri ma grandi poteri.
Io voglio questi misteriosi attrezzi. Ma una semplice
azione militare non servirebbe.- .
-…perché non sapremmo cosa cercare-
ragionò il saiyan, osservando il grande schermo.
-Esattamente. Vedo che sei sveglio, ragazzo.-
sussurrò divertito Freezer, scoccando un’occhiata tra il canzonatorio e
l’ammirato al giovane interlocutore.
Vegeta si limitò ad un impercettibile sbuffo.
L’alieno fece finta di niente, tornando a
girarsi verso lo schermo e digitando alcuni comandi sulla tastiera. Una
moltitudine di grafici si sovrappose al pianeta, oscurandolo quasi
completamente.
-Proprio per questo, ho deciso di organizzare
un’azione di ricerca segreta, prima di passare, per così dire,
all’azione…-continuò abbassando la voce.
-E io cosa centro con tutto
questo?-chiese l’altro, cercando di non dar a vedere l’inquietudine
che lo aveva inspiegabilmente preso.
Il tiranno riportò lentamente lo sguardo sul
giovane principe; gli occhi scarlatti lampeggiarono come fredde lame
insanguinate –La tua missione sarà andare sulla Terra e condurre
delle ricerche su questo misterioso tesoro così ambito-iniziò
–ti fingerai un terrestre,e per un certo periodo
vivrai e ti comporterai come loro.
-.
Il cuore di Vegeta parve fermarsi per un istante:andare su quel pianeta!?!Confondersi con gli umani!?!Non
era possibile, lui era un guerriero, uno stratega, aveva diretto azioni di
guerra, seminato il panico su una moltitudine di pianeti, combattuto contro gli
esseri più potenti dell’universo! Era un principe,non un ragazzino! I suoi occhi lampeggiarono di ira e
sbigottimento.
-Che cosa!?! Ma grande
Freezer, io…-provò a protestare subito dopo.
-…i nostri tecnici hanno studiato la loro
civiltà, il loro alfabeto e la loro tecnologia; ti istruiranno per
renderti il più possibile simile ad un umano:ti
vestirai come loro, parlerai come loro, insomma tenterai di passare
inosservato, e intanto cercherai di scoprire più cose possibile su
questi misteriosi tesori terrestri- continuò l’alieno, ignorando
completamente le lamentele del ragazzo; sfiorò la tastiera del
computer, sul monitor apparve uno
strano strumento elettronico, simile ad un paio di cuffie –attraverso
questo oggetto, molto comune tra i giovani terrestri, ti terrai in contatto con
noi, e riceverai gli ordini relativi alla missione…- .
Il giovane sbottò, livido di collera:avevano calpestato la sua famiglia, il suo popolo…non
si sarebbe fatto sottrarre anche il suo orgoglio di guerriero-Non è
giusto! Perchè devo occuparmi di una cosa del genere, è una
scelta assurda e sconsiderata e…-.
-Ora basta Vegeta!-tuonò l’interlocutore:i suoi occhi abbandonarono per un momento lo scherno,
lasciando intravedere la natura feroce e animale che si nascondeva dietro quei
mari vermigli –questo è un ordine, tu devi rispettarlo!Che ti piaccia o no
tuo padre è morto, non puoi più comportarti come un principe, non
hai più nessuno a cui importi qualcosa di te tranne me, chiaro!?!-
quelle parole fecero a Vegeta più male di cento coltellate.
I pugni del giovane si serrarono, tremando
vistosamente; con un supremo sforzo, il ragazzo abbassò la testa sul
petto, mordendosi il labbro per non riversare sul suo interlocutore tutto
quello che pensava di lui e del suo stupido impero…
-Ho capito, Grande Freezer. Farò come mi ha
ordinato- sussurrò con voce lievemente strozzata dal disgusto e
dall’indignazione.
L’alieno sembrò calmarsi, mentre le sue
iridi sanguigne tornavano a nascondere la vera e mostruosa natura di
quell’essere abominevole -…I tecnici ti aspettano al Laboratorio
Centrale, per darti tutte le istruzioni e gli oggetti utili alla
missione…partirai questa sera stessa,chiaro?-terminò,
scoccando un’occhiata significativa al principe sull’ultima parola.
-Sarà fatto, signore-decretò con voce
ferma e acida l’altro, accennando un inchino e voltandosi per uscire
prima che la rabbia gli giocasse brutti scherzi.
-Bravo ragazzo-sussurrò beffardo Freezer,
socchiudendo gli occhi e increspando le labbra violacee in un sorriso mellifluo.
***
Vegeta sentì la colossale porta di metallo
chiudersi alle sue spalle, mentre prendeva a percorrere a passo spedito il
lungo corridoio della base, nel vano tentativo di calmarsi.
Era agitato. Era indignato. Aveva l’impressione
di stare per scoppiare. Il cuore gli martellava furioso nel petto, la mascella
era serrata tanto da fargli male:ogni centimetro del
suo corpo tremava di rabbia e disperazione. La sorda disperazione della
consapevolezza della propria inferiorità, e della propria
debolezza…quelle parole rivolte a suo padre e al suo popolo gli avevano
fatto molto più male di quello che voleva dare a vedere…e quel che
era peggio, è che era tutto maledettamente vero!
Era solo. Un ragazzo di sedici anni cresciuto troppo
in fretta, l’unico superstite di degno valore di uno dei più fieri
e forti popoli di tutto lo spazio…e che ora era solo polvere fluttuante
nell’universo…
Senza rendersene conto si era messo a correre:i passi rapidi e rabbiosi risuonavano nel corridoio
metallico, il silenzio della base era rotto solo dal suo respiro lievemente
affannato…doveva scaricare la rabbia, scaricare l’emozione, prima
che qualcuno lo vedesse…
Aveva imparato sin da piccolo, sin da
quando suo padre era morto, a non fidarsi di nessuno. Dopo che gli era
stata strappata l’unica persona che, nonostante i modi bruschi, gli
voleva bene, aveva iniziato a congelare i propri sentimenti, a soffocare ogni
emozione nella ferocia del combattimento…quella vita gli dilaniava
l’anima, ma non poteva uscirne…niente e nessuno gli avrebbe ridato
il suo destino…niente e nessuno…
***
La porta automatica scivolò lentamente di lato,
rivelando una figura alta e atletica immersa nella semi-oscurità del
corridoio.
Dremon si voltò lentamente verso l’uscita,
e un lampo di riconoscimento attraversò gli occhi stanchi e incastonati
nelle rughe del suo viso bruno da lucertola –Vegeta- esclamò con
voce cordiale e leggermente arrochita dall’età –come
è andato il colloquio con Freezer?-insieme al dittatore, era
l’unico che in privato lo chiamasse
semplicemente per nome.
-Non sono affari che ti riguardano- rispose scontroso
il ragazzo, lasciandosi pesantemente cadere sul letto spartano della camera.
L’alieno lo scrutò più
attentamente, cercando di scrutare negli occhi appositamente rivolti a terra
del principe:conosceva più di chiunque altro
quel giovane, e dalla sua risposta aveva già capito che era stato un
incontro frustrante e doloroso, e che molto probabilmente stava pensando di
nuovo a suo padre.
Sospirò:quel ragazzo,
dal fisico atletico e l’espressione seria, non aveva avuto una vita
facile; solo lui sapeva quanto dolore, quanti sacrifici e abbandoni aveva
subito, e come la sua ferocia ed efferatezza fossero un modo per annullare
ciò che gli faceva davvero male…Vegeta era un ragazzo
intelligente, molto intelligente, e proprio per questo era pieno di ferite che
rischiavano sempre di aprirsi…
Era stato il suo tutore e maestro da quando era
arrivato alla base di Freezer:organizzava la sua
giornata, passava i suoi ordini al laboratorio, e gli impartiva lezioni di
strategia, scienze, astronomia, medicina basilare e di alcune delle lingue
più usate nella galassia…
Ma soprattutto, era la persona più vicina a lui
in tutto l’universo.
Il vecchio alieno si sedette a sua volta sul letto,
posando una mano nodosa sulla spalla dell’allievo, resa dura dalla
corazza sotto il mantello vermiglio –Sei sicuro che sia andato tutto
bene?-chiese, cercando di aggirare pazientemente la sua barriera scontrosa.
-E a te cosa importa!?!-sbottò
velenoso il giovane saiyan, alzandosi
di scatto e scrollandosi rabbiosamente di dosso il tutore.
Il vecchio alieno sospirò, rimanendo in
silenzio e guardando di sottecchi gli occhi rivolti verso lo spazio oltre
l’oblò del tenebroso principe.
Occhi velati da una profonda malinconia.
Occhi di chi non ha ancora dimenticato la persona di
cui aveva più bisogno.
-Ascolta Vegeta- iniziò ancora, alzandosi a sua
volta e costringendo il guerriero a voltarsi verso di lui:gli
occhi stanchi si accesero di determinazione, penetrando nell’animo del
giovane –io non sono tuo padre, e non lo sarò mai; ma tengo a te,
e sappi che non potrai contare sempre e
solo su te stesso:avere qualcuno vicino di cui ti puoi fidare, che ti
consola, ti aiuta, si preoccupa per te è l’unico modo per non
perdere la propria anima! -.
Per un attimo,il principe
rimase senza fiato, ma subito dopo un’ondata di emozioni contrastanti
invase la sua mente: rabbia, tristezza, e rimpianto…sì, rimpianto
non per ciò che aveva perso, ma per ciò che avrebbe
perduto…
Perché non avrebbe mai potuto legarsi ancora a
qualcuno.
Perché non voleva più rischiare di
perdere i propri cari.
Perché non voleva soffrire ancora. Non ancora
come quella volta…
Vegeta fece improvvisamente scattare il mento dalla
parte opposta, come per scacciare quei pensieri –Non posso…-sussurrò,
facendo attenzione a non guardare gli occhi tristi e addolorati
dell’alieno -…non di nuovo…-.
La porta si chiuse con un clangore metallico alle sue
spalle.
***
La pista di partenza brulicava, come sempre, di una
folta massa di creature appartenenti a tutte le galassie e a tutti i popoli
dell’universo:guerrieri di Freezer appena
tornati da una missione, tecnici che controllavano le navicelle, venditori di
schiavi che discutevano animatamente con i compratori mentre sparuti gruppetti
di prigionieri aspettavano impauriti il compimento del loro destino, in un
continuo turbinio di vita sotto al complesso metallico dell’astroporto.
Vegeta camminava diritto in mezzo alla folla,
ricevendo occhiate stupite da chiunque incontrasse:tutta
colpa dei terrestri e del loro assurdo modo di vestire! Per una persona
riservata e fiera come lui, vestirsi come un pagliaccio era un vero
affronto…
Cercando di reprimere la rabbia che sentiva salire, si
sforzò di individuare la navicella con la quale sarebbe partito alla
volta della Terra:di fianco a lui, la figura tozza di
Dremon, fasciata dalla lunga veste bianca dei ricercatori, trotterellava
tentando di tenere il passo sostenuto del principe.
Aveva insistito molto per accompagnarlo, e in fondo
anche al giovane faceva piacere:odiava dover partire
attorniato da quei tecnici, viscidi esseri privi di qualsiasi
personalità e per cui lui non era altro che una merce da spedire con il
miglior imballaggio. Ma forse, sarebbe stato meglio diventare
così…una macchina, un oggetto. Un’arma, capace di pensare e
pianificare, ma pur sempre un’arma…
-Eccoli lì Vegeta- esclamò il tutore,
riscuotendolo dai suoi pensieri e indicando una delle navicelle allineate lungo
la pista riservata alle monoposto:piccole capsule
bianche perfettamente ordinate ai due lati del corridoio di vetro trasparente,
proteso sul mare infinito dello spazio come un promontorio.
Era da quando aveva sei anni
che vedeva quel corridoio:era stato quello l’inizio di tutto, il luogo
che l’aveva spedito sul pianeta dove per la prima volta aveva ucciso.
Ormai ne conosceva perfettamente le finiture, i colori metallici e freddi, i
fischi sempre presenti di una qualche riparazione;e
l’onnipresente odore di sangue e bruciato, prove di come le
“campagne di collaborazione” tanto amate da Freezer fossero in
realtà tutt’altro che pacifiche.
Davanti alla navicella a lui destinata, tre esseri
dalla pelle azzurra e fasciati da una lunga tunica argentea sembravano
impegnati in una discussione importante, discussione che terminò
bruscamente all’arrivo del principe.
Mentre il ragazzo si fermava di fronte a loro, lo
sguardo di uno dei tecnici non poté a fare a meno di gravitare sul suo
abbigliamento, e uno dei sottili sopraccigli dell’alieno si inarcò
visibilmente in un’espressione a dir poco scioccata; espressione che
sparì rapidamente una volta incontrati gli
occhi scuri e minacciosi del giovane.
-Allora?È pronta?- chiese
Vegeta, adottando il tono basso e scocciato che utilizzava con gli
inservienti e praticamente con tutti
i suoi sottoposti.
-Certo- rispose prontamente uno degli esseri,
chinandosi verso il mezzo di trasporto –le coordinate sono già
inserite e…- una mano dalla presa ferrea gli si strinse attorno al collo,
sbattendolo contro il muro alla sue spalle –Devi
chiamarmi “Sire”, quando mi parli- la voce fredda e tagliente di
Vegeta fece rabbrividire il povero tecnico –e guardami negli occhi,
chiaro?-.
-Chiaro- sussurrò con voce strozzata il tecnico,
raggelato dallo sguardo implacabile del principe.
Quest’ultimo lasciò la presa, facendo
scivolare a terra l’alieno, che cercò faticosamente di rimettersi
in piedi riunendosi ai compagni, terrorizzati quanto lui.
-Di-dicevo, Sire…-ricominciò l’interpellato,
massaggiandosi il collo su cui campeggiavano rossastri i segni delle dita del
guerriero -…le coordinate per la terra sono già state inserite,
non deve fare altro che azionare la navicella-.
Trasse qualcosa da una tasca della tunica, porgendola
poi al ragazzo:era una piccola scatoletta bianca, al
cui interno erano conservate delle strane bottiglie etichettate.
-Che cosa sono?-chiese il guerriero, rigirandosi tra
le mani i misteriosi oggetti.
-Sono delle speciali capsule, in grado di contenere al
loro interno ogni genere di cosa:abbiamo sistemato
dentro a questi piccoli marchingegni tutto ciò di cui avrà
bisogno durante la missione. Per aprirle e trasformarle nell’oggetto
desiderato, basta schiacciare quel bottone, e per farle tornare così
basta premerlo di nuovo.- spiegò il tecnico, compiaciuto dallo sguardo
curioso del principe –è un manufatto terrestre, così
passerà inosservato.- .
Vegeta restò ancora un momento con la capsula
tra le mani:chissà perché, ma quegli
oggettini apparentemente insignificanti avevano da subito esercitato su di lui
uno strano fascino, come se sapesse in qualche modo che le avrebbe ancora usate
molte volte, un giorno…
Notando improvvisamente lo sguardo stranito del suo
tutore e dei tre alieni, si riscosse, borbottando qualcosa di incomprensibile e
infilandosi in tasca l’astuccio bianco.
-Bene, parto- decretò lapidario, non degnando
di uno sguardo i presenti e apprestandosi a salire sulla navicella.
-Aspetta ,Vegeta-
sussurrò Dremon, fermandolo un attimo prima che entrasse nel velivolo:
il ragazzo si girò, incrociando i propri occhi con quelli scuri e
infossati tra le rughe del vecchio alieno, mossi dalla stessa determinazione
usata neanche un giorno prima nella sua camera.
-…Ricordati che anche tu hai diritto di
essere felice.- .
-Le persone hanno il diritto di essere felici-
sussurrò Vegeta saltando nell’abitacolo, e un’ombra di
tristezza attraversò i suoi occhi color selce –non le armi.- .