Heat in the center, destruction
preventer
*Now tell me who
won
here tonight
The price of winning worthless fight
We'll make the same mistakes again
Unless, this is truly the end*
Per Munakata, il corpo di Mikoto
era sempre stato
troppo freddo.
Vedeva quella bambina, Anna, aggrapparsi a lui con una serenità
infinita; e
intimamente rabbrividiva, perché non comprendeva come quel gelo che
s'era
impresso sulle sue mani potesse rassicurare un altro cuore.
Da ragazzini, quando l'apatia di Suoh riusciva ad innervosirlo fino
alla rabbia
cieca -cosa che adesso gli succedeva più raramente, ma sempre
nei confronti di quel dannato
Re Rosso-, più volte si era ritrovato a prendere a pugni il viso cereo
dell'altro che impassibile si limitava a ricambiare il suo sguardo
furibondo
con un mezzo sorriso sfumato d'ironia.
Poi, ripulendosi il rivolo di sangue che gli era scivolato da una
narice alle
labbra e quello che gli aveva incorniciato un angolo della bocca,
Mikoto gli
puntava una fiamma alla gola, avvolgendogli il collo in un fuoco più
rosso
dell'Inferno che non bruciava, né lo feriva.
Anzi, Munakata credeva -a ragione, forse-
che fosse proprio Mikoto ad essere roso, dentro sé, nel suo involucro di misera
carne, da quelle lingue dilanianti e luciferine.
Poi, Suoh lo lasciava andare e, dandogli le spalle senza emettere un
sol suono,
sollevava una mano come in segno di saluto.
E Munakata aveva sempre creduto di aver visto, poco dopo, le sue dita
nere e
carbonizzate ricercare riparo nelle tasche dei pantaloni della divisa
scolastica; e solo quando Mikoto era scomparso all'orizzonte, allora,
si
soffermava sulle nocche arrossate della propria mano, dove il sangue
raggrumato
dell'altro giovane lo macchiava come un macabro presagio: freddo e viscoso, simile alla carne putrefatta
della Morte.
Mikoto aveva convissuto con una
sola consapevolezza:
quelle fiamme che affiancavano il suo cuore e si dibattevano
inesauribili in
lui non lo avevano mai scaldato.
Mentre, devastatrici e dannate, il loro calore divorava chi si imponeva
sulla
sua strada, dentro sé si faceva spazio un vago gelo, di quelli che poi
si
dimostravano spaventosi e mortali.
Munakata una volta glie lo aveva sussurrato all'orecchio mentre, vicini
l'uno
al viso dell'altro dopo l'ennesima scazzottata, gli teneva una mano sul
collo.
"Mi dai i brividi."
E Mikoto si era limitato a sorridergli in quella sua tipica maniera, a
metà
strada fra il menefreghismo più totale ed una profonda ed inquietante
tristezza.
"Sei il primo che riesce a dirmelo."
Ed erano rimasti così a lungo, mentre, guardandosi dritto negli occhi,
comprendevano che forse a tentare di odiarsi in quella devastante
maniera ci
avrebbero guadagnato entrambi.
"Grazie."
Munakata non si sarebbe mai aspettato simili parole, né che venissero
pronunciate con una tale disarmante sincerità.
Semplicemente, si allontanò dall'altro, con in petto il
presentimento schiacciante che quel ringraziamento sillabato appena sarebbe valso in
un
futuro -sperò- lontano, dove solo il
freddo gli avrebbe tenuto compagnia.
"Dannato..."
Gelo.
Il gelo della neve e della lama.
Il gelo del sangue che abbandonava un corpo e si riversava sui suoi
abiti,
sulle sue mani.
Ora era Munakata quello apatico.
Il suo volto pareva tinto di quella stessa impassibilità che tante
volte era
stata la causa della rabbia atroce che gli montava dentro contro Mikoto.
Suoh, invece, aveva continuato a sorridere.
E avrebbe voluto strapparglielo a morsi, quel sorriso.
Divorarlo e maciullarlo e poi sputarglielo contro e gridare, gridare,
gridare
fino a farsi esplodere i polmoni.
Ma non un muscolo del suo volto si contrasse.
Solo il gelo.
"Mi dai i brividi, Munakata..."
Reishi restò immobile in quell'abbraccio -l'unico che si fossero mai
scambiati-
e solo allora il corpo di Mikoto gli parve caldo contro il proprio,
mentre il
liquido ematico gelava e non aveva più nulla di vivo.
"No
blood."
Il sangue del Re Rosso tinse
la neve immacolata, rendendola simile ad un fascio di macabre rose e
ne svuotò il corpo esanime, che si accasciò al suolo
così leggero da non fare alcun rumore -come se mai
avesse avuto consistenza.
"No
bone."
Un fuoco folle ed insano ne
avvolse le membra in alte spire che dall'oro sfumarono in un cremisi
furibondo
ed antico come il tramontare del sole.
La fiamma anneriva il cadavere del Re Rosso e famelica banchettava con
le sue
ossa incandescenti.
"No
ash."
Non rimase nulla in quel letto
di morte scavato nella neve, neanche ceneri da baciare e custodire come
un
tesoro prezioso.
E fu allora che Reishi si rese conto che l'ultima traccia dell'uomo che
era stato
Mikoto Suoh -e no, non di quel re che
marchiava a fuoco i suoi clansmen- pulsava ancora contro la
sua mano.
Sangue gelido e raggrumato che, segretamente, portò alle labbra
illividite dal
freddo in un bacio che sapeva di ferro e ruggine, pelle salata e
tossica
nicotina.
"Mi
dai i brividi."
"Sei il primo che riesce a dirmelo. Grazie."
"Perché..?"
"Ho freddo. Dentro... Ed
evidentemente non sono il solo che se n'è reso conto."
*Owari*
Well,
che dire?
Diciamo che questa piccola fic è stata scritta di getto, mentre quasi allucinata riflettevo sull'ultima
puntata si K.
Sono ancora shockata ed incredula... non credevo mi sarei affezionata
così
tanto ad un personaggio come Mikoto.
Per certi versi l'ho sentito molto vicino a me, ed è stata la prima
volta.
Bon, al di là di tali inutili chiacchiere e pare mentali uòu, spero
davvero che
questa shot possa esservi stata minimamente gradita! ^^
E, bhé, cosa aggiungere?
Il titolo è un verso di una canzone dei Sonata Arctica "Destruction
Preventer" , dalla
quale è tratta
anche la strofa poco sotto... La stavo
ascoltando mentre scrivevo e probabilmente ha poco a che vedere col
tutto, ma
okay, fa nulla! XD
Vi
saluto, un bacio!
"No
blood, no bone, no ash.
We are... HOMRA!"