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Autore: NekoDanRain    31/12/2012    1 recensioni
“Signor Morgan?”
Dove sono? Non riesco a capirlo. Ho gli occhi chiusi, riesco solo a sentire una voce di donna che chiama il mio nome.
“Signor Morgan?”
La voce insiste. Ma io ho troppo sonno, e non mi va di rispondere. Quindi non rispondo, mi riaddormento senza dire nulla.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guardo la strada alla ricerca di qualche segno di speranza, ma non ne trovo. Tutto ciò che vedo è un macello: ingranaggi, parti di auto sparsi ovunque. E sangue.

L'incidente è stato terribile. Ed è stato anche terribile assistervi.

Più osservo quell'auto rossa che sì è schiantata, così simile alla mia, più penso a quanto sia stato fortunato a non rimanervi coinvolto, ad essere stato quel poco indietro necessario a salvarmi, fortuna che non hanno invece avuto i passeggeri di quelle due auto.

Qualcuno cerca di aiutarli, qualcuno ha chiamato un'ambulanza, ma la realtà è ben più triste: c'è ben poca possibilità che si salvino.

Chi erano quelle persone? Le conoscevo? Non lo so.

Nel frattempo arriva l'ambulanza.

Guardo nuovamente le due auto, mi avvicino

Voglio vedere chi sono quelle persone. La macchia di sangue si allarga e mi raggiunge la scarpa destra. Mi ha sempre fatto senso, il sangue.

Quando liberano la prima persona, capisco di stare per svenire: è la mia migliore amica, Anne.

E infatti svengo, e vengo portato via insieme alle persone coinvolte nell'incidente.

 

*

 

Signor Morgan?”

Dove sono? Non riesco a capirlo. Ho gli occhi chiusi, riesco solo a sentire una voce di donna che chiama il mio nome.

Signor Morgan?”

La voce insiste. Ma io ho troppo sonno, e non mi va di rispondere. Quindi non rispondo. Mi riaddormento.

 

*

 

Mi hanno dimesso. E' successo tutto così in fretta che non lo ricordo, un attimo prima ero nell'ospedale, e quello dopo non c'ero già più.

Ma è normale, no? In fondo non avevo nulla.

E' andata molto, ma molto peggio ad Anne, che è ancora dentro e non dà segni di miglioramento.

Decido di tornare a casa, darmi una sistemata e poi tornare lì a farle visita.

Ho saputo che nell'incidente sono state coinvolte tre persone, e solo lei e la persona nell'altra macchina sono ancora vive.

Con lei, nell'auto rossa, c'era un'altra persona, un suo amico, ma non ho idea di chi potesse essere. Ad ogni modo, quando si sveglierà sarà certamente disperata per la perdita.

Voglio andare a trovarla, portarle qualcosa, farle capire che le sono vicino.

Torno all'ospedale con un pacchetto di dolci.

Mentre entro, sento alcune persone parlare dell'incidente e delle sue conseguenze: a quanto pare adesso anche l'altra persona è morta, è salva solo Anne.

Entro nell'edificio per cercarla, arrivo nel reparto giusto,ma non ho idea di dove possa trovarsi la sua stanza. Così raggiungo la reception per chiederlo all'infermiera.

Passando nella sala d'aspetto antecedente alla reception noto un'anziana signora seduta, con un'aria preoccupatissima.

Il suo volto mi riporta alla mente vecchi ricordi di quando, da bambino, vivevo da mia zia. E' stato lì che ho conosciuto Anne, era la figlia dei suoi vicini di casa, e mia zia vi era molto affezionata.

Ma poi torno al presente: ovviamente non è mia zia, è solo una vecchia signora che ci somiglia. Mia zia abita troppo lontano da qui, vive in campagna, mentre qui ci troviamo in piena Londra, la sua presenza qui non avrebbe alcun senso.

Mi avvio verso il bancone della reception e mi rivolgo all'infermiera, una ragazza che mastica rumorosamente un chewing-gum e con le cuffie alle orecchie.

-Mi scusi,- chiedo -Sa dove posso trovare la stanza della mia amica? Il suo nome è Anne River.-

Aspetto una risposta, ma questa non arriva. Magari non mi ha sentito.

-Mi scusi,- ripeto a voce più alta -Sa dove posso trovare la stanza di Anne River?-

Aspetto nuovamente la risposta, ma invano, l'infermiera non mi considera nemmeno.

-Mi scusi!- adesso grido quasi, la situazione sta iniziando ad irritarmi.

-Corridoio di sinistra, terza stanza.-

Mi viene risposto. Solo che non è stata l'infermiera a parlare, ma la signora.

La ringrazio frettolosamente, e corro verso la stanza.

Con la coda dell'occhio vedo l'infermiera voltarsi verso di lei con aria stupita, ma non dò troppo peso alla cosa.

-Con chi parlava, signora?-

-Con il signora che se n'è andato e che lei non ha visto!-

Ma io sono già lontano. Corridoio di sinistra, terza porta.

Finalmente ritrovo la mia amica.

Vederla mi fa una strana sensazione: Anne è sempre stata una persona vitale, piena di energia e voglia di vivere, è quasi assurdo vederla sdraiata su un letto d'ospedale con tutte quelle flebo attaccate alle braccia.

Mi siedo accanto a lei e la guardo dormire, mi manca così tanto la sua voce.. Ma ora sta dormendo. Lascio la stanza, non voglio disturbarla.
Faccio per sedermi su una sedia in corridoio, quando sento delle voci avvicinarsi.

-Le dico che c'era una persona qui, lo giuro!- Ma non è la voce della vecchia signora?

-Signora Kheel, si calmi!- Questa invece dev'essere l'infermiera. -Qui non c'è stato nessuno, altrimenti l'avrei notato.-

-Le ho detto, signorina,- la signora Kheel dev'essere adirata adesso, sta scandendo le parole. -Che qui c'era un uomo. E'entrato nella sala d'aspetto, e le ha anche parlato, le ha chiesto dov'è la stanza di Anne River.-

Stanno davvero litigando per una sciocchezza simile?

-Ok signora, allora cerchiamolo, non può essere andato così lontano. E poi nel caso devo mandarlo via, è fuori orario di ricevimento.-

-Oh, sarà vicino alla stanza di Annie..- borbotta la signora, sovrappensiero.

Annie? Ma la conosce?

Le voci si avvicinano. Non voglio essere mandato via, così mi nascondo in una stanza lì vicino, in modo che non mi vedano. Ma non è il mio giorno fortunato, la signora Kheel mi nota.

-Eccolo lì! L'avevo detto io, che c'era!- esclama con aria trionfante.

Mi nascondo dietro ad un carrello nella stanza.

-Dove?- chiede l'infermiera.

-In quella stanza!-

L'infermiera si avvicina, apre la porta, guarda nella stanza, ma non mi vede.

-Signora..- sospira –Qui non c'è nessuno. Andiamo via, su.-

-Ma era lì!- protesta l'anziana.

-Lo so che il fatto che quella ragazza sia in coma la sconvolge, signora, ma lei è in evidente stato confusionale. Venga, se non sta bene le chiamo un dottore-

E si allontanano, tra le proteste della signora Kheel.

Torno nella stanza di Anne, ma niente è cambiato, dorme ancora.

Le dò un bacio sulla fronte e mi allontano, tornerò domani, quando magari starà meglio.

 

*

 

Il giorno seguente sono di nuovo da lei. E anche quello dopo, e quello dopo ancora. Vado lì per una settimana intera, ma nulla cambia, Anne resta in coma.

Al nono giorno, però, si risveglia. Cerco di parlarle, ma non sembra riconoscermi, né tantomeno capire ciò che dico.

Durante questi giorni noto che, a parte l'onnipresente signora Kheel, nessuno fa caso a me. La cosa però non mi turba granché, ci sono abituato. In realtà, di solito, l'unica persona che fa caso a me è Anne.

Cioè, non parlo di persone che si accorgono della mia presenza fisica, ma di persone che mi percepiscono dal punto di vista emotivo.

Solo che stavolta accade anche dal punto di vista fisico.

Quando ero bambino sognavo di diventare attore. Volevo che la genta mi riconoscesse, che al mio passaggio tutti si girassero e dicessero:”Oh mio Dio, ma quello è Ian Morgan!”

Ma era solo uno sciocco sogno infantile. Non ho alcun bisogno di essere riconosciuto, né di essere notato.

Adesso tutto ciò che ha importanza è che Anne stia bene.

 

*

 

Oggi è il giorno del funerale delle due persone morte nell'incidente.

Non ho ancora scoperto chi erano, ma suppongo che questo succederà presto, dato che sto andando al funerale.

Me l'ha chiesto Annie, che adesso parla e ricorda, ma non è ancora stata dimessa, per precauzione. In realtà, I dottori dicono che delira ancora, anche se a me non sembra.

Mi ha chiesto di andare al suo posto, perché le dispiace troppo non esserci. A quanto pare era un suo caro amico.

Quando arrivo alla chiesa, mi rendo conto del fatto che molti dei presenti sono miei conoscenti. Anzi, quasi tutti.

Amici, parenti.. e la signora Kheel.

Magari tutti quanti conoscono il morto. E magari lo conosco anche io. Sarebbe più che possibile.

Mi avvicino alla tomba e leggo la scritta sulla lapide.

Ian Morgan (1971-2012)”

La guardo per qualche interminabile minuto. E alla fine arrivo ad una conclusione: strana la vita, si chiamava come me!

Ma la mia supposizione si rivela chiaramente sbagliata quando guardo la foto del morto: una mia foto.

Cos'è, uno scherzo? Non è affatto divertente.

Mi guardo le mani, mi pizzico un braccio, ma tutto è normale. Ci sono, e il braccio mi fa male.

 

-Chi sei?- mi chiede una voce.

Mi volto, e mi rendo conto del fatto che è la voce della signora Kheel.

Non rispondo alla sua domanda, ne pongo un'altra.

-Cos'è questa?- chiedo, indicando la tomba.

-A me sembra una tomba, figliuolo. Non vedi?-

-Sì, ma...- esito. La mia voce non vuole saperne di formulare la mia domanda. -Perché c'è scritto sopra il mio nome?-

-Ian?- La voce dell'anziana all'improvviso trema, e io non rispondo. Non ci riesco.

-Oh mio Dio, è Ian...-

Oh, qualcuno l'ha detto. Il bambino che è in me esulta. Visto? Non c'era bisogno di diventare famosi!

-Ian.- La voce della signora mi riporta al presente.

-Ian, tu sei morto. Non ricordi l'incidente? Eri con Anne nella tua macchina rossa, stavi tornando a casa dopo essere venuto a trovarmi, quando quel tizio con il suv nero ti ha tagliato la strada, e vi siete scontrati.-

Cerco di riportare quegli istanti alla mia mente, ma non ci riesco, non ricordo assolutamente nulla.

-No, non ricordo nulla.- guardo le mie mani, di nuovo, ma non vedo la stessa cosa di prima: perché sto iniziando a scomparire? Le punte delle mie dita non ci sono già più, e scompaiono maggiormente più passa il tempo.

Anche la signora Kheel lo nota.

-Mi dispiace tanto, Ian.- e una lacrima scende giù per la sua guancia rugosa.

La guardo bene, e solo allora capisco che lei è realmente mia zia. Non ho nulla in più da dire, e se anche l'avessi non riuscirei a dirlo.

Vorrei chiederle di prendersi cura di Anne, ma so già che lo farà.

E allora finalmente piango anche io.

E scompaio.

  
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