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Autore: VaniaMajor    31/12/2012    3 recensioni
Ultimo capitolo della trilogia dello Scettro dei Tre. Le rinascenti forze di Takhisis continuano a minare la vita dei fratelli Majere. I Cavalieri di Solamnia premono per avere Steel in custodia, mentre Katlin cerca di recuperare la sua magia e Crysania viene messa alla gogna a causa della sua relazione con Raistlin. Sul futuro grava la minaccia di una totale distruzione...
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il ritorno dei Gemelli'
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CAPITOLO 32

QUANDO SERVIRANNO EROI

Era scontato che sarebbe finita così. Steven continuava a ripetersi questa frase, mentre guardava senza davvero vederli i propri commilitoni che si dedicavano alle esercitazioni con la dragonlance. Lord Gunthar era rimasto gravemente scosso dall’attacco diretto dei draghi alla fortezza, in un periodo che avrebbe dovuto essere pacifico, per non parlare dell’evasione di Ariakan. Il Capo dei Cavalieri aveva dovuto accogliere in udienza uno dei maghi del gruppo di Wayreth, che li aveva aiutati durante l’attacco, e parlare con lui del reale pericolo. Si trattava, forse, della prima volta in cui le due realtà si confrontavano senza acrimonia. La disciplina aveva di conseguenza modificato i propri parametri di severità: l’allarme era tornato troppo alto per permettere che certe abilità andassero perdute nella memoria.
Steven avrebbe dovuto essere con loro, nonostante la ferita al fianco dolesse ancora, ma quella mattina era giunta alla fortezza la maga che gli aveva sconvolto l’esistenza. Ora non riusciva a voltarsi verso di lei. Con la coda dell’occhio vedeva la macchia rossa delle sue vesti, il lieve ondeggiare al vento dei capelli striati di bianco. Ma non riusciva a voltarsi.
«Ti dedicherai alla magia.» riassunse, attraverso labbra insensibili.
«E’ la mia vita.» ammise lei. Anche la sua voce era cambiata. Gentile, ma con un fondo di durezza. No, non era durezza…era determinazione. Era la voce di un soldato che sa cosa lo aspetta sul campo di battaglia. Questo poteva capirlo.
«E l’elfo oscuro?» chiese, già conoscendo la risposta.
«Sarà con me. Il suo aiuto mi sarà necessario.- disse Katlin, poi sospirò e si voltò verso di lui, come a costringerlo a fare altrettanto- Sono tornata me stessa, Steven, e questa me stessa non ha posto al tuo fianco. Mi è stata data una strada difficile da percorrere, ma è necessario che io riesca in questa impresa che chiederà tutte le mie forze, se ho a cuore il destino di Krynn. Non c’è speranza, per me, di diventare una donna normale. Io non posso accettare i tuoi sentimenti.»
Steven si appellò a tutta la forza d’animo che l’onore di Cavaliere poteva fornirgli. Si voltò verso di lei, si abbassò su un ginocchio e le prese una mano, portandosela alle labbra.
«Signora, voi non avete alcun obbligo verso di me.- disse, formale- Stimo la vostra forza e rispetterò i vostri sentimenti. Come Cavaliere, mi impegno a fare quanto possibile affinché il mio Ordine vi sia di supporto un giorno, nella grande battaglia che i vostri occhi hanno visto. Ora, con vostra licenza, vi lascio. Vostro nipote dovrebbe raggiungervi a momenti.»
Si alzò rigidamente, cercando di non farsi toccare dalla luce gentile nata d’un tratto negli occhi di lei, e le voltò le spalle per scendere dagli spalti. Fu trattenuto dalla sua voce.
«Steven, mi sei stato caro.- mormorò Katlin- Ti prego, abbi cura di Steel.»
Suo malgrado, Steven si voltò. La guardò per un lungo istante, sapendo che non avrebbe più posato gli occhi su di lei per molto tempo, poi annuì.
«Lo giuro sul mio onore…Katlin.» disse, poi tornò ad allontanarsi senza più voltarsi indietro. Katlin rimase dov’era, a scrutare l’orizzonte con occhi pieni di pensieri.
«Zia Katlin?»
Si voltò alla voce del ragazzo, uno dei pochi che in quei giorni poteva strapparle un sorriso. Steel, vestito di un’armatura leggera adatta alla sua corporatura, con una spada al fianco, la stava raggiungendo. I lineamenti della maga si addolcirono nel constatare quanto somigliasse a Sturm. Il sangue aveva preso il sopravvento, non c’era alcun dubbio. Vedeva già dei cambiamenti nel volto di suo nipote. Una nuova forza, un’ombra dell’uomo che sarebbe diventato.
«Steel, sono felice di vedere che stai bene.- disse, abbracciandolo brevemente per non imbarazzarlo- Se devo dirti la verità, quando ho saputo quello che è successo stavo per saltare agli occhi di Raistlin e cavarglieli con le unghie…»
«Non dovete, zia! Ho accettato spontaneamente di aiutarlo!- la interruppe Steel con veemenza- Era mio dovere fare qualcosa. Anzi, ho temuto di incorrere nella sua ira quando l’ho fermato a quel modo. Non so se vi è stato detto che Ariakan…»
«So, Steel. E, se anche non volessi fidarmi di tua madre, non ho dubbi sulle parole di Sturm.- lo tranquillizzò lei, con un sorriso- Se Ariakan ci servirà…ebbene, sopporteremo la sua presenza finché non si renderà utile! Sei stato eccezionale, Steel. Coraggioso. Sono molto fiera di te.»
Steel arrossì lievemente, poi si irrigidì.
«Zia, penso che Steven Sharphalberd vi abbia detto che…che intendo diventare un Cavaliere.- disse- Se dovrò combattere, voglio farlo nel miglior modo possibile. Io resterò tra i Cavalieri e ne condividerò l’addestramento.»
«Se questa è la tua scelta, hai la mia benedizione, Steel.- disse la maga, con un sorriso fattosi mesto- Tanis, ieri, mi diceva che Lord Gunthar ha acconsentito alla tua richiesta di passare le estati a Solace, ogni due anni, ad addestrarti con Caramon e Tas. Mi fa piacere che tu abbia intenzione di tenere care le nostre lezioni. Inoltre, vorrei che tu sviluppassi un buon rapporto con i tuoi cugini. Combatteranno al tuo fianco. Quando serviranno eroi, sarete i primi a essere chiamati.»
«Avete visto Tanis?- chiese Steel, con un sorriso raggiante di fronte alla sua approvazione- Ho pensato che in questo modo potrò assimilare una maggiore apertura alle diverse tecniche di combattimento, conciliando la possibilità di mantenermi in contatto con la famiglia. Lui si è trovato d’accordo.»
«L’ho visto sulla via per Palanthas, con Caramon e Tas. Stava per lasciarli perché Laurana è in ansia per la sua prolungata lontananza, ma ha fatto in tempo a raccontarmi della tua scelta. Sembrava sollevato di saperti a Solace una volta ogni tanto.- lo informò Katlin, trattenendosi dal rivelare come invece Tanis si fosse incupito quando lei gli aveva rivelato alcuni dettagli della sua visione e, soprattutto, la prossima nascita di un altro mezzelfo- Questo conforta anche me, Steel. Soprattutto perché da adesso le nostre strade saranno costrette a separarsi.»
Steel sembrò barcollare come per un colpo ricevuto.
«Cosa intendete dire?» mormorò. Katlin tornò a guardare fuori, verso l’orizzonte, come raccogliendo le idee. A Steel sembrò di rivederla nel giorno in cui si erano conosciuti per la prima volta.
«Come tu inizi la tua avventura di Cavaliere, Steel, anch’io devo dedicarmi ad ottenere quanta più forza possibile all’interno del mio Ordine.- disse, guardando lontano, in un futuro che il ragazzo non era sicuro di voler vedere a sua volta- Sarà un lavoro molto lungo e delicato. Richiederà anni, nonché tutte le mie forze.» Abbassò finalmente lo sguardo su di lui. «Ci vedremo ancora, Steel, ma di rado. Se avrai bisogno di aiuto, ci sarò, ma sono sicura che saprai percorrere la tua strada senza bisogno che io ti tenga per mano. Stai diventando un uomo. E io…io devo diventare qualcosa in più che una semplice donna.»
Steel avvertì la tentazione di protestare. Avrebbe voluto abbracciarla, piangere, trattenerla. Era come perdere sua madre un’altra volta. Nonostante ciò, capiva che si trattava di qualcosa di troppo grande perché potessero essere ascoltati i suoi capricci di bambino. Ognuno di loro doveva combattere a modo suo. Sua zia non era felice, ma era determinata. In quel momento gli ricordava in qualche modo il fratello arcimago, per quanto non fosse così terribile. C’era qualcosa che li accomunava: l’incredibile forza d’animo nel raggiungere l’obiettivo.
Si trovò a inchinarsi rigidamente, un segno di accettazione formale che punse di lacrime gli occhi di Katlin. Le sembrò davvero di rivedere Sturm. Quell’immagine faceva male al cuore.
«Zia, comprendo. Non vi verrò meno.- disse il ragazzo, con voce rauca- L’obiettivo di tutti noi è identico e ci condurrà di nuovo fianco a fianco. Saprò aspettare di rivedervi…e di mostrarvi che…che diverrò un bravo Cavaliere.»
«Ne sono sicura, Steel.- mormorò Katlin- Ora concediti di fare il bambino e permetti a me di trattarti come tale…vieni qui.» Aprì le braccia. Steel tentennò, poi vi si rifugiò, stringendo sua zia come se dovesse trasformarsi in fumo da un momento all’altro. Katlin lo strinse a sua volta, sentendo per lui quell’istinto materno che la creatura nel suo ventre non le aveva ancora trasmesso, cercando di dimenticare per un solo attimo gli anni di intrighi che l’attendevano.
***
«Sono a…»
«SIAMO A CASA, TIKA!!!»
Un piatto si fracassò, in cucina. Si alzò il pianto di un bambino.
«Caramon?!» esclamò una voce di donna.
«Tas, maledizione! Hai spaventato Tanis!»
Mentre il guerriero tirava uno scappellotto al contrito kender, Tika si precipitò in corridoio con il piccolo Tanis, cresciuto in quei mesi, tra le braccia. La precedeva Sturm, con la sua corsa ancora incerta sulle gambe robuste e grassocce, che al vederli spalancò gli occhi e tese le braccia. Aveva riconosciuto il papà.
«Rieccoci a casa, Tika.» disse Caramon, con un sorriso felice, acchiappando il figlio e facendolo volare per aria, per poi stringere a sé la moglie col neonato, che piangeva per quell’assoluta confusione a cui non era abituato.
«Finalmente! Caramon, sei stato via così tanto…» mormorò la donna dai capelli rossi, con il cuore che ancora le batteva all’impazzata.
«Anche questo viaggio si è concluso, Tika. Sono a casa.» rispose il guerriero, commosso. Tasslehoff gonfiò le guance, seccato.
«Oh, insomma, tutti che si abbracciano…Nessuno vuole abbracciare ME?! Benissimo! Si fanno preferenze, vedo! Va bene, va bene, l’inutile zio Tas avrebbe fatto bene a restarsene a Palanthas…»
«Bentornato anche a te, Tas.- disse Tika, con un risolino- Ci sei mancato. Vero, Sturm? Ti ricordi dello zio Tas, vero?»
Caramon fece chinare il bambino verso il kender. Questo lo studiò per un attimo, poi allungò una mano verso la lunga treccia di Tas e tirò. Scoppiò a ridere gioiosamente.
«Ahia!- strillò Tas- Sì, direi che si ricorda di me. No, Caramon, non darmelo in braccio! Se tu…oh, e va bene.» Tas, sospirando, si rassegnò. Prese Sturm in consegna mentre la coppia si concedeva un bacio molto caloroso e, arrossendo, si diresse in cucina.
Non molto dopo, erano tutti là. Caramon si era messo comodo, liberandosi dell’armatura. Tasslehoff mangiucchiava mentre Tika preparava la cena. Tanis si era riaddormentato e il piccolo Sturm faceva cavalluccio sul ginocchio del papà. Il kender aveva appena finito di raccontare il loro viaggio con Steel, soffermandosi ampiamente sull’ultima battaglia alla fortezza. Non gli era dispiaciuta affatto quella parentesi d’azione!
«Insomma, ora Steel diventerà un Cavaliere. Non è magnifico?! Insomma, non proprio adesso, ci vorrà l’addestramento, però sarà proprio come Sturm, con l’armatura e la spada e tutto il resto!- finì, sgranocchiando un pezzo di pane croccante- Secondo Kat, diventerà una specie di eroe. Penso abbia ragione, sembra che ce l’abbia scritto in faccia. Sarebbe stato carino vederlo diventare un Cavaliere Oscuro su un drago, però immagino sarebbe più difficile andarci d’accordo. Meglio così, in fondo.»
Caramon guardò la moglie, che sembrava confusa.
«Ci hai capito qualcosa?» chiese.
«Quasi tutto…credo. Potrai farmi un resoconto più chiaro in un altro momento.- rispose Tika, scuotendo i riccioli rossi e cominciando a scodellare la zuppa- Come siete tornati? Merito di Raistlin?»
Caramon si incupì così di botto da farla rimanere con il mestolo a mezz’aria, sorpresa.
«Che c’è? Qualcos’altro che devo sapere?» chiese, preoccupata.
Caramon si prese qualche attimo per rispondere, ponderando quali effetti avrebbe potuto avere su di lei la sua ultima conversazione con Raistlin.. Lui, Tas e Tanis si erano recati a Palanthas, ma erano stati intercettati da Katlin a metà strada. Lei li aveva informati della sua gravidanza, cosa che ancora faceva prudere le mani al gigante dalla voglia di stringerle al collo di quel maledetto elfo oscuro, e del fatto che il futuro le si era rivelato, ma aveva preferito non aggiungere altro, lasciando il compito a Raistlin. Lei aveva proseguito per raggiungere la fortezza dei Cavalieri, Tanis li aveva lasciati per ricongiungersi a Laurana che si era spaventata venendo a sapere dell’attacco dei draghi blu e aveva mandato una missiva allarmata al marito, e Caramon e Tas erano giunti in città il giorno prima, sul fare della sera.
Avevano preso alloggio in una buona locanda, sapendo che Raistlin li avrebbe trovati comunque. E così era stato.
«Secondo il ragazzo, Ariakan ci serve vivo. Combatterà dalla nostra parte, quando sarà il momento.- aveva detto, per poi esalare il fiato in un secco sbuffo denso di sarcasmo- Quando la distruzione si leverà sul mondo, credo che perfino le più infime creature faranno di tutto per non essere distrutte.»
«Il Caos…Non riesco nemmeno a immaginarlo.» aveva mormorato Caramon, sconvolto da quelle ultime rivelazioni. Steel e i suoi figli si sarebbero trovati in pericolo, un giorno…Costretti, come lui e il gemello, a prendere in mano il destino di un mondo intero. Era un po’ troppo da mandare giù tutto in una volta. Inoltre, avrebbe avuto un figlio mago! C’era di che farsi venire i capelli bianchi…
«E’ una fortuna che tu non ci riesca, fratello mio, né io mi rammarico di non avere il dono di nostra sorella. Questa visione l’ha sconvolta profondamente. Grazie al cielo, le ha anche dato la forza di fare quanto deve.»
«Sicché io morirò?- li aveva interrotti Tas, meditabondo- Non è che non mi vada di raggiungere Flint e Sturm, però lasciarvi sul più bello…non so, non mi pare giusto. E’ molto eroico questo mio combattere un Dio…voglio dire, un Dio!…però il fatto di morire così…»
«Non morirai, kender, purtroppo per tutti noi.- aveva sospirato l’arcimago, seccato, alzandosi in piedi e soffocando alcuni colpi di tosse- Quantomeno, dipenderà dai vostri discendenti. Il tuo “atto eroico”, se tutto andrà come nei nostri piani, probabilmente non avrà luogo, costringendo Krynn e noi poveri disgraziati a sopportare ancora per anni le tue stupide chiacchiere.»
Tas si era offeso e aveva fatto per ribattere, ma Caramon si era alzato rumorosamente, posando una mano sul braccio del fratello.
«Raist, quali sono questi piani?- aveva chiesto, brusco- Ho diritto di conoscerli. Saranno i miei figli, a combattere. Devo sapere!»
Raistlin l’aveva fissato con quei suoi imperscrutabili occhi, poi aveva scostato la sua mano con fastidio.
«Prendere il controllo del Conclave. Trovare la Gemma. Controllarla costantemente perché non ci colga di sorpresa e combattere quando sarà il momento.- aveva risposto, mellifluo- Questo è il nostro piano, Caramon. Tu pensa ad addestrare i tuoi figli. Steel ha già preso la strada giusta e Katlin ha un lungo lavoro davanti a sé. I dettagli non ti devono interessare. Vivete una vita tranquilla, voi che potete…finché non sarete chiamati.»
Poi li aveva lasciati, informandoli che l’indomani avrebbe mandato Dalamar a prenderli per farli tornare a casa dalla Torre. Caramon non aveva avuto il coraggio di chiedere più nulla. Nelle pupille a clessidra di suo fratello aveva intravisto un abisso di cose non dette, un micidiale lavorio della sua mente grande e terribile…
Si accorse in quel momento di essersi imbambolato. Tika lo aveva chiamato già diverse volte e il piccolo Sturm gli stava battendo le mani sul ginocchio per spronarlo a ricominciare.
«Scusa…dicevi?» borbottò Caramon, ritornando alla pacata atmosfera di casa sua. Tika si era incupita in volto.
«Raistlin ti ha detto qualcosa, vero?- chiese- Qualcosa che dovrà avvenire in futuro?»
Caramon aprì la bocca per rispondere, ma fu bloccato dal rapido alzarsi di una mano di Tika, che scosse con veemenza la testa.
«Non dirmi niente, Caramon. Non voglio saperlo.- gli disse, decisa, poi fece un sorriso mesto- Viviamo giorno per giorno. Affronteremo le cose a mano a mano che si presenteranno. E’ molto meglio, non credi anche tu?»
Caramon avvertì un principio di lacrime pungergli gli occhi. Sospirando, annuì, poi si alzò con il bambino in braccio e andò ad abbracciare la moglie, sentendo di amarla ogni giorno di più.
Tasslehoff uscì dalla cucina in punta di piedi per lasciarli soli, sentendosi molto sensibile e nobile. Si chiuse la porta alle spalle e scese qualche gradino della scala, per poi sedersi con le ginocchia strette al petto. Alzò lo sguardo al cielo fattosi scuro, pennellato di arancio solo a occidente. Le stelle stavano riempiendo la volta cupa, splendendo della loro luce fredda. Tasslehoff fissò la costellazione del Paladino.
«Sarò pronto, vedrai.- sussurrò, pensando a Fizban- Non farò brutta figura! E se…se Kat si sbagliasse e io dovessi morire lo stesso…» Sospirò profondamente, come se il suo corpo non riuscisse più a contenere il respiro. Sorrise, mesto. «Se si sbagliasse, di’ a Flint di tenermi un posto sotto quell’albero. Avrò tante, tante avventure da raccontargli…»
***
Crysania alzò gli occhi dal foglio che aveva tra le mani, poi chiuse la palpebre e prese un profondo respiro. Attorno a sé sentiva suoni gioiosi. Il frusciare del vento caldo tra le fronde degli alberi, le risate della famiglia di Caramon che giocava con i bambini, la voce squillante di Tasslehoff che raccontava a Katlin e Dalamar in visita– impossibilitati a un po’ di tempo da soli dal kender in vena di chiacchiere e da un Caramon piuttosto orientato allo sterminio degli elfi oscuri – tutti i dettagli dell’attacco dei draghi alla fortezza dei Cavalieri.
Il sole splendeva, caldo sulla sua pelle. Era una parentesi di gioia tranquilla. Se Crysania avesse voluto trovarvi un messaggio per il futuro, sarebbe stato senz’altro di conforto. In quel momento, però, il suo animo era in subbuglio. Riaprì gli occhi e tornò ad abbassare lo sguardo sulla lettera che aveva ricevuto il giorno prima. Una lettera da Palanthas.
Da quando Raistlin l’aveva mandata a Solace, aveva vissuto una parentesi di quiete in cui si era imposta di non pensare al futuro. Aveva aiutato Tika con i bambini, dato assistenza a chi nel villaggio poteva avere bisogno di cure o di supporto per la propria anima. Accolta con il consueto, affettuoso rispetto dagli abitanti di Solace, aveva potuto trascorrere alcuni giorni sereni. Il pensiero più assillante era il suo desiderio di sapere cosa stesse combinando Raistlin. Sapeva che aveva in mente un piano e temeva che qualcuno ne sarebbe rimasto ferito.
E ora, la lettera. Gli stessi chierici che avevano voluto giudicarla, ora la pregavano di tornare. Crysania guardò di nuovo le parole vergate in inchiostro nero, senza leggerle…ormai le sapeva a memoria. L’Ordine era rimasto sconvolto dalla vicenda del suo processo e ancora di più dalla sua scomparsa. Avevano bisogno di lei per riportare le cose alla normalità. Paladine sembrava aver voltato loro le spalle…nelle vesti di Fizban, in effetti, era parso parecchio irritato…ed erano pronti a riconsiderare tutta la vicenda, a cercare di capire le sue motivazioni.
Crysania sospirò di nuovo, poi il vento le portò un lieve odore di rose decadenti e di sostanze misteriose. Il cuore le fece un balzo in petto nell’udire il fruscio di lunghe vesti. Avrebbe potuto essere uno degli altri maghi, ma non si sbagliava. Lui era lì. Non si voltò, approfittando degli ultimi istanti di solitudine per ripiegare la lettera e consentire al sangue affluito alle sue guance di tornare dove gli competeva. Non voleva mostrargli in modo troppo palese quanto la sua presenza riuscisse sempre a sconvolgerla, quanto le fosse mancato.
“Lo sa. Ti legge dentro, Crysania.” si disse. Le sue labbra si piegarono involontariamente in un sorrisetto. Credeva ancora di avere qualche speranza di ingannare l’intuito di Raistlin? Inoltre, sarebbe servito a qualcosa? Ormai aveva gettato l’orgoglio…o no?
Un’ombra si posò su di lei, poi Raistlin fu al suo fianco. Le vesti nere attiravano la luce del sole, ma l’arcimago non sembrava soffrire il caldo. Il suo volto, quel volto tanto temuto e amato, incorniciato dai lunghi capelli bianchi, era chinato verso di lei con espressione imperscrutabile. Sembrava star bene, una volta tanto.
«Posso sedermi?» sussurrò. Lei annuì, facendogli posto sul vecchio ceppo che le faceva da sedile. Lui si sedette con cautela, attento come sempre a non mettere il proprio corpo in condizione di sforzarsi. La sfiorò con un braccio e Crysania avvertì una scossa attraversarla, riaccendendole la pelle di un delicato rossore. Raistlin, che non l’aveva sfiorata per caso, nascose un sorriso: quando gli occhi le si illuminavano di imbarazzo e desiderio, nell’istante in cui riusciva a vederla com’era prima che i suoi occhi maledetti compissero lo scempio, era veramente bellissima.
«Hai fatto ciò che dovevi?- gli chiese Crysania- Ora capisco cosa volevi dire quando mi hai assicurato che Katlin sarebbe tornata “per tempo”. Non volevi che ti mettesse i bastoni fra le ruote. Sapevi che si sarebbe opposta al coinvolgimento di suo nipote.»
Raistlin scrollò le spalle magre, posando il Bastone di Magius accanto a sé, sull’erba.
«Ho evitato inutili discussioni. Le cose sarebbero andate comunque come avevo previsto, scontrarmi con Katlin sarebbe stata una sciocca perdita di tempo.- tagliò corto- Immagino ti abbia informato riguardo al resto della faccenda.»
Crysania annuì e i suoi occhi si abbassarono per un istante sul foglio che aveva tra le mani. Fu sufficiente per appuntarvi l’attenzione dell’arcimago.
«Cos’è?- chiese, la voce un sibilo poco rassicurante- Vuoi dirmelo tu, Crysania, o devo scoprirlo da solo?»
Crysania gli passò il foglio, ergendosi per riflesso.
«Mi richiamano al Tempio. Hanno bisogno di me.» disse, mentre lui leggeva. Raistlin chiuse la mano sul foglio, che andò a fuoco e si ridusse in cenere. Le sue iridi dorate, ora di nuovo gelide e spietate, la fissarono. Attendeva una risposta chiara. «Tornerò. Ma…- frenò ogni sua reazione alzando una mano- non come Capo della Chiesa. Non posso più conciliare la mia vita con quel ruolo. Ho fatto la mia scelta.» Trattenne un sospiro, abbassando la mano e chiudendo i pugni sulle ginocchia, guardando ora davanti a sé come per non essere influenzata dal carisma di lui.
«Sarò io a scegliere il mio successore, Raistlin. Devo trovarlo. Ci vuole una persona che unisca buon cuore alla capacità di tenere in piedi una comunità capillare come la nostra e non sarà facile trovare qualcuno. L’hai detto anche tu: la mia autorità non deve venire meno.»
Raistlin fece un gesto vago con la mano, seccato. Non gli piaceva che gli si rinfacciassero le sue stesse parole, nemmeno quando queste conservavano la loro validità. Era vero: Crysania doveva tornare. Doveva continuare ad essere una figura d’autorità per la Chiesa di Paladine. Nella visione di Katlin era lei, nelle sue vesti bianche, a stargli accanto in battaglia…non un qualsiasi altro chierico subentrato alla sua carica. Sarebbe stata sua…ma solo in parte.
“Come io per lei, del resto.” si ricordò, sarcastico. Quanto tempo avrebbe avuto da dedicarle, preso dalle sue trame sul Conclave e dalle indagini sulla Gemma di Gargath? Nessun matrimonio, niente figli, non una delle sicurezze che un uomo avrebbe dovuto offrire a una donna.
«Non saremo mai una coppia agli occhi del mondo.» disse lei, mettendo in parole i suoi pensieri. La guardò e fu stupito dalla dolcezza del sorriso sulle sue labbra, dopo parole tanto fatidiche. «Lo saremo nei nostri cuori, Raistlin.- aggiunse, con un sussurro- Lo saremo nei momenti in cui potremo dimenticarci del mondo. Forse saranno rari, ma ho deciso di vivere per essi quando mi sono innamorata di te.»
Raistlin ristette per qualche istante, turbato dai propri sentimenti per una volta quasi più forti del suo ferreo autocontrollo, incerto se cedere alla tentazione di stringerla a sé nonostante la piccola folla poco distante o limitarsi a una risposta verbale. Trovò un compromesso prendendole la mano e portandosela alle labbra, esprimendo con lo sguardo ciò che non sapeva o voleva manifestare in altro modo.
«Troveremo quei momenti, mia cara.- mormorò, giurandolo a se stesso più che a lei- Dovessi strapparli a forza al flusso del Tempo, li troveremo.» Sorrise, e qualcosa in quel sorriso spedì un brivido di passione e inquietudine lungo la schiena di Crysania.  «A volte mi chiedo perché non mando al diavolo il fato di questo mondo che non mi ha dato nulla se non umiliazioni. Perché non dovrei rapirti, rinchiuderti in una stanza della Torre e trascorrere il resto della mia vita con te e con la mia magia?»
La domanda era seria. Raistlin se ne accorse solo nell’istante in cui la formulava. Perché doveva continuare a preoccuparsi per Krynn? A lavorare per gli Dei che l’avevano sempre bersagliato di disgrazie e sofferenza? Perché non lasciava stare tutto quanto?! Le stesse domande parvero passare per un istante sul viso di Crysania, adombrandole i lineamenti, poi lei sorrise di nuovo e la sua luce quasi lo accecò. La chierica si voltò a guardare dietro di loro, il volto soffuso dalla tenerezza di una madre.
«Credo che la risposta sia quella, Raistlin.- disse- Non è forse così?»
Raistlin seguì il suo sguardo, aggrottando le sopracciglia, per un attimo incerto di cosa lei volesse dire. C’era solo quel rozzo bue di suo fratello che trasportava sulla schiena il moccioso, facendogli fare cavalluccio, mentre Tika stava loro accanto per controllare che il bambino non cadesse. Tasslehoff rideva, da sciocco kender qual era, e pungolava Caramon come fosse un vero cavallo. Katlin e Dalamar sedevano un po’ in disparte. Sua sorella teneva in braccio il secondo figlio di Caramon, cercando forse di abituarsi ai neonati, e tra i due maghi c’era di nuovo un’atmosfera di nauseante melassa.
“Per questo? Io farei tutti questi sforzi…per questo branco di idioti?!” pensò, acido. Una voce più sincera, dentro di lui, disse di sì.
Quel branco di idioti era la sua famiglia. Quelle persone, le cui voci e risa avrebbero sempre legato il suo cuore a Solace e ai pochi momenti belli del passato, erano il motivo per cui era tornato in vita. Il motivo per cui aveva lasciato l’Abisso per darsi una seconda possibilità. Tanti si erano persi per strada…ma loro erano ancora lì. Erano ancora lì, insieme alla donna che amava, per ricordargli cosa significava vivere.
Le dita di Crysania si chiusero più forte sulle sue, come a sollecitare una risposta. Raistlin sogghignò, scuotendo piano la testa. Piuttosto che ammettere ad alta voce una cosa simile, si sarebbe fatto scuoiare.
«Raistlin! Crysania!- li chiamò Tas, completamente ignaro di spezzare l’atmosfera- Tika ha preparato la merenda! Vi va di mangiare?»
Raistlin esalò una risatina sibilante che si concluse con qualche colpo di tosse. Scosse di nuovo il capo.
«Anche solo per liberarci da quel kender, dovrei lavarmene le mani.- disse, sarcastico, poi prese il Bastone di Magius e si alzò, allungando l’altra mano verso Crysania- Li raggiungiamo, mia cara, prima che mi venga voglia di trasformarlo in un insetto e ingoiarlo intero?» Lei annuì e rise, accettando il suo aiuto.
Si riunirono agli altri, immergendosi nella provvisoria pace che il presente offriva, sotto un cielo che ancora sapeva poco o niente delle nubi che un giorno l’avrebbero oscurato.

La Gemma di Gargath, in un luogo lontano e nascosto, attendeva sognando. Per un attimo, una luce rossa come fuoco la percorse, una minaccia inespressa. Poi, si quietò. Il Tempo continuò a scorrere lungo il suo nuovo corso, verso un futuro ancora da costruire.

 

FINE


Author’s note: Siamo arrivati alla fine. Qui, dopo tanto tempo, terminano le avventure alternative alla saga originale di Dragonlance. Qui, i fili delle mie trame si riallacciano al futuro visto da Weis&Hickman, ma con la speranza che vi possano essere cambiamenti anche importanti. Steel diverrà un Cavaliere di Solamnia. Katlin probabilmente riuscirà ad ottenere il seggio di Par-Salian (quando Raist si mette in testa qualcosa…) e il bambino ancora senza nome farà quel che deve, spero senza soffrire troppo. Io non sarò con loro quando queste cose accadranno. Auguro loro ogni bene, ma al loro fianco c’è Tasslehoff, per cui mi fido! :D
Io ringrazio tutti voi dal profondo del cuore per la pazienza, la costanza e l’affetto con cui avete seguito questa saga. Una storia nata quindici anni fa, pensate un po’… “Lo Scettro dei Tre” ormai è in piena adolescenza! Dalla prossima settimana mi avventurerò in un mondo nato dal mio cuore, non più preso a prestito. Nella sezione Originali Fantasy, troverete presto l’inizio della saga “Ko-Mython”, la cui anteprima è contenuta nel blog http://komython.blogspot.it . Spero di potervi dare il benvenuto su quel nuovo mondo!

Grazie ancora a tutti.
Che la benedizione di Solinari, Lunitari e Nuitari sia su di voi.

   
 
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