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Autore: Disorientated Writer    01/01/2013    2 recensioni
E' l'anno 2012: nelle periferie delle grandi città Europee e Asiatiche, tra i più oscuri vicoli, si riunisce quella che è la più grande famiglia malavitosa: la Murder City, che comprende ogni malfattore, dagli assassini di alto livello ai più comuni spacciatori. Adam e Andrian Volkov sono gli allievi prediletti di una delle figure più importanti della Murder City: Dimitri Vasilyev. I due fratelli vengono mandati a Praga con il preciso ordine di uccidere un noto pacifista. Ma la loro vita cambierà quando incrocieranno la strada di Katherine Storm, la figlia di quest'ultimo. Che anche per loro ci sia possibilità di redenzione, proprio come per i personaggi dei libri che Adam tanto ama?
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[STORIA SOSPESA. I PERSONAGGI DI ADAM E ANDRIAN APPARIRANNO NELLA STORIA DI KHYHAN "LA GUERRA DEGLI ARCANI" SU GENTILE CONCESSIONE DELLA SOTTOSCRITTA /?/.]
Genere: Azione, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I
 

Bad Kids

 
 

I’m a bad kid and I will survive.
Oh I’m bad.
Don’t know wrong from right.
I’m a bad kid, and this is my life.
 
- Lady GaGa, Bad Kid.

 
 
 
 










 
Autostrada per Monaco di Baviera, 11 febbraio 2012.
 
 
«‘Cause this is thriller, thriller night. And no one is gonna save you from the beast about to strike …  »
La voce di Adam rimbombava per tutto l’abitacolo della BMW, mentre la macchina sfrecciava lungo l’autostrada innevata diretta a Monaco, la nuova sede della loro fazione. Il ragazzo era seduto al posto del passeggero e muoveva le mani a ritmo, esibendosi in un assolo spettacolare con la sua chitarra immaginaria.
Andrian, accanto a lui, cercava di concentrarsi sulla strada da seguire, ma con scarsi risultati. “Thriller” di Michael Jackson continuava a suonare a tutto volume dalla radio di ultima generazione, e la voce tutt’altro che melodica del fratello non migliorava certo la situazione.
« Se non la finisci, sarai tu quello che si deve salvare dalla bestia che sta per colpire. E sarò io quella bestia. » sbottò il ragazzo, rivolgendosi al fratello nel modo più glaciale possibile.
Adam si zittì per un secondo, poi scrollò le spalle e ricominciò a cantare ancora più forte, mulinando la sua zazzera di capelli castano scuro quasi fosse in preda a delle convulsioni e ignorando completamente le parole del fratello.
« Eddai, Andrian, prendi la vita con ironia! I sorrisi non fanno male. Sai, quando pieghi gli angoli della bocca in su e fai quello che si chiama “ridere” … »
Il pugno di Andrian gli arrivò in pieno stomaco prima che il ragazzo potesse terminare la frase.
« Ehi! » esclamò Adam, indignato, massaggiandosi l’addome. Suo fratello sapeva far male quando voleva. Il che equivaleva a dire praticamente “sempre”.
Il maggiore si chiuse in un muto silenzio, continuando a osservare concentrato la strada che li avrebbe condotti a Monaco, mentre Adam alzava ulteriormente volume dello stereo e si lanciava in una serie di esibizioni mozzafiato che avrebbero fatto sold out al Madison Square Garden.
« You know it’s thriller, thriller night. You’re fighting for life inside a killer, thriller tonight! »
Andrian racimolò tutto il suo autocontrollo per non saltare al collo del fratello.
 
Qualche ora dopo, vero le dieci del mattino, i due ragazzi si fermarono per la colazione in un bar appena fuori dalla cittadina di Salisburgo.
Mentre Adam aspettava in macchina, costretto dal fratello a dover utilizzare le cuffiette e ad evitare le sue straordinarie esibizioni musicali, Andrian si diresse verso il bar per comprare qualcosa, nonostante fosse completamente contrario all’idea. Due assassini non dovrebbero farsi vedere in giro a volto scoperto e, nonostante gli scuri occhiali da sole, il ragazzo avrebbe preferito di gran lunga rimanere nella macchina dai vetri oscurati, lontano dalle occhiate indiscrete che gli lanciavano le altre persone nel bar. Ma gli serviva una scusa per zittire Adam, e il cibo era l’unica cosa che facesse veramente presa sul fratello minore.
Una volta entrato nel bar, formato da un’unica stanza bianca piena di persone e da cibo molto poco invitante, tentò di avvicinarsi al bancone per ordinare dei cornetti, ma un uomo alto quanto lui e largo il doppio gli si parò davanti, bloccandogli il cammino e mostrandogli minaccioso il suo tatuaggio tribale, che secondo lui avrebbe dovuto spaventare a morte l’assassino.
Il ragazzo inarcò il sopracciglio. Se c’era qualcuno che odiava più di coloro che gli impedivano di arrivare a destinazione erano i maleducati che gli impedivano di arrivare a destinazione.
« Mi scusi, signore, le dispiacerebbe rispettare la fila? C’ero prima io. » esordì, a voce abbastanza bassa perché solo l’uomo di fronte a lui potesse sentirlo.
Quello si girò e lo guardò per un secondo, poi scoppiò a ridere, rivelando una fila di denti marci.
« Senti un po’ ragazzino, io vado dove mi pare quando mi pare. E ora levati, che voglio una dannata birra. » gli alitò in faccia, emanando un odore nauseabondo di pesce andato a male e birra scaduta. Era completamente ubriaco.  
Nessuna emozione trasparì dal volto gelido di Andrian, tantomeno provò una qualche sorta di paura. Quell’uomo era solo carne da macinare, e se l’avesse ucciso probabilmente gli avrebbero dato un premio per aver liberato l’umanità da un tale orrore.
« Una birra alle nove e mezza di mattina? Però, deve avere una vita davvero interessante per ridursi in questo stato. » disse, fingendosi molto interessato ai pacchetti di patatine messi in mostra alla sua sinistra.
Il volto dell’uomo divenne di tutte le gradazioni di rosso, fino a rimanere stabile in un delizioso color prugna.
« Ci vediamo fuori, pivello. » esclamò a bassa voce, mostrando nuovamente i denti marci in uno spettacolo raccapricciante. Evidentemente non voleva dare troppo spettacolo. O forse, pensava che fuori ci sarebbe stata ancora più gente a vederlo picchiare il ragazzo di vent’anni.
Andrian si strinse nelle spalle e gli fece cenno di ordinare, fingendosi impaurito. Con idioti del genere era inutile perdere tempo. Meglio passare direttamente all’azione.  
Quando la barista, un donnone sui quarant’anni, porse la birra all’uomo, Andrian lanciò un sassolino raccolto poco prima contro l’asta delle cartoline accanto al bancone, facendole volare a terra. Tutti i presenti vennero distratti dal rumore,e l’assassino ne approfittò per prendere una capsula bianca dalla tasca del giacchetto e aprirla velocemente, usando due dita per poi versarne il contenuto nel bicchiere di birra chiara.
Quando l’uomo si rigirò, ogni traccia della capsula era già sparita e Andrian si rimirava attento le punte delle scarpe.
Il ragazzo prese in tutta fretta qualche cornetto e due bibite e uscì velocemente dal locale, soddisfatto. Quel maleducato aveva avuto la sua bella lezione.
« Tieni, andiamocene da qui il prima possibile. Non voglio essere sulla scena quando la polizia troverà il cadavere di un maiale con il tatuaggio di Bob Marley sul bicipite. » disse, porgendo la busta con le vivande a Adam e mettendo il moto la BMW. 



 
 
 
Monaco di Baviera, Germania.
 


 
Poco dopo giunsero a destinazione senza altri intoppi. Proprio come Vienna, la città era ammantata di bianco e tremendamente gelida, ma al contrario della capitare austriaca Monaco era pulsante di vita. Ovunque sciamavano persone piene di buste e pacchetti vari. Adam notò che la maggior parte delle persone quando entrava in un negozio usciva sempre con una ventina di pacchetti e bustine in più. Come facevano a divertirsi spendendo soldi, non l’avrebbe mai capito. Molto meglio una rissa.
Il ragazzo camminava per le strade della cittadina con le mani nelle tasche, ascoltando la musica con una cuffietta sola, mentre suo fratello era occupato a studiare attentamente la cartina della cittadina.
« Secondo questa cartina dovremmo esserci. » esclamò Andrian, piegando in quattro il foglio e infilandola nello zaino, con estrema calma. Adam si chiese come facesse ad essere sempre così calmo. Lui stava morendo dalla voglia di entrare in un luogo caldo, appartato e con del buon cibo sotto gli occhi.  
Il ragazzo osservò per un secondo l’edificio che si stagliava di fronte a loro e inarcò il sopracciglio, allibito.
« Mi stai dicendo che il nuovo quartier generale di Vasilyev è un negozio per bambini? »  
Andrian si limitò a scoccargli un’occhiataccia e imboccò la porta senza esitazione, lanciando un’occhiata al display del cellulare per controllare nuovamente l’indirizzo che gli era stato inviato quella mattina tramite la rete protetta della Murder City.
All’interno, carrozzine, tutine per bambini e altri oggetti regnavano sovrani. Una ragazza sulla ventina dai capelli rosa confetto li salutò da dietro il bancone, esibendosi in un sorriso a trentadue denti.
« Salve signori! Avete bisogno di qualcosa? » domandò, cortese. Poi si rivolse a Andrian, senza degnare Adam di uno sguardo.
« Quanti anni ha il bambino? » chiese, senza smettere di sorridere in modo civettuolo.
Adam rimase un secondo incredulo a osservare la scenetta, poi cercò di non scoppiare a ridere accumulando tutto il suo autocontrollo. Quella tipa pensava che Andrian avesse un bambino. L’idea di suo fratello in versione papà-superindaffarato lo fece ridacchiare, mentre il ragazzo in questione gli lanciò un’occhiata di fuoco, prima di rivolgersi alla ragazza nella sua consueta gelida calma.
« Oh, non sono qui per un bambino. Dovrei parlare con il proprietario, è possibile? » domandò, passandosi una mano tra i capelli in un gesto apparentemente casuale.
Quella semplice mossa fece sciogliere la ragazza, perché rispose con un balbettante “s-sì, c-certamente!” e corse nel retrobottega con una velocità degna di Flash.
« E cosa ci dovresti fare esattamente con il proprietario, scusa? » domandò confuso Adam al fratello, che continuava a osservare senza la minima emozione la porta dietro la quale era sparita la ragazza. Probabilmente, pensò il minore con una punta di esasperazione, Andrian non si era nemmeno accorto degli sguardi adoranti della ragazza.
Prima che potesse ragguagliare il fratello su questo dettaglio, un uomo pingue dai capelli brizzolati fece il suo ingresso nella stanza, seguito timidamente dalla cassiera dai capelli rosa. “Jessica” , lesse Adam sul cartellino che la ragazza portava fermo sulla camicetta con una spilla.
Povera Jessica, pensò il ragazzo, osservandola venerare Andrian. Quello era ciò che succedeva a pressoché qualsiasi persona di sesso opposto –ma anche non- incrociasse lo sguardo del gelido assassino dai capelli scuri e gli occhi di ghiaccio.
Il proprietario del negozio studiò i due a lungo, poi si decise a parlare. Adam notò che aveva uno strano accento, probabilmente fiammingo.
« Sapete, oggi c’è proprio un bel tempo. » esclamò, lasciando il ragazzo piuttosto confuso. Eppure, a lui era sembrato che fuori nevicasse.
« Già. Ma io preferisco portare l’ombrello in ogni caso. » rispose invece Andrian, come se quella domanda fosse la più normale che un proprietario di un negozio per neonati potesse fare. 
L’uomo annuì con un sorriso soddisfatto e mandò l’assistente a cercare alcuni documenti nel retrobottega. Senza aspettarne il ritorno, fece segno ai due assassini di seguirlo e si diresse verso la sezione “tutine da bambina”. Poi aprì la tenda di un camerino e toccò una mattonella accanto al grosso specchio che prendeva tutta la parete della cabina. Subito, lo specchio scattò in avanti e si aprì, rivelando un lungo corridoio da ospedale.
Andrian sorrise e ringraziò l’uomo con un cenno del capo, per poi entrare senza esitazione, seguito a ruota dal fratello.
« Perciò è questa la nuova sede. Me la immaginavo diversa. » commentò Adam, non appena lo specchio si fu richiuso dietro di loro.
« Diversa in che senso? »
« Meno tutine di Barbie. »
 
I due ragazzi sbucarono in una grande stanza rossa. I mobili erano rossi, e così anche le pareti, il soffitto e perfino il pavimento era ricoperto da una soffice moquette color cremisi.
Non ci misero molto a riconoscere la stanza: l’ufficio di Dimitri Vasilyev, il capo della loro sezione della Murder City.
Quell’uomo era sempre stato un mistero, perfino per i due fratelli, che militavano tra le sue fila da ormai otto anni. Tutto, tranne il suo nome e la sua rinomata passione per l’omicidio, rimaneva sepolto nei cassetti del suo passato, e nessuno, al momento, aveva intenzione di aprirli.
« Siete arrivati, finalmente. » la voce stridente dell’uomo fece sobbalzare Adam. Vasilyev era seduto su una poltrona di pelle, con le spalle al fuoco che ardeva nel caminetto, e la luce dava un’espressione arcigna e terribilmente sinistra al suo volto scarno.
Il capo della fazione degli Assassini della Murder City era un uomo magro, scavato. Il suo pallore mortale e i capelli bianchi come la neve gli conferivano un’aria malata, quasi da morto. Ma tutti sapevano che non era così: Dimitri Vasilyev poteva staccarti il collo nel giro di tre secondi senza neanche darti il tempo di realizzare ciò che stava accadendo.
« Abbiamo avuto qualche contrattempo. Schmidt si è rivelato più ostico di quanto pensassimo. Aveva molti agganci. » esordì Andrian, inclinando leggermente il capo.
« Ma i miei due assassini preferiti sono riusciti a scovarlo lo stesso. I miei complimenti, ragazzi. »
In quel momento, Adam capì che lo stress non era finito: se Vasilyev faceva un lode, una nuova missione suicida era in arrivo.
Andrian corrugò impercettibilmente le sopracciglia, con lo stesso presentimento.
« Mi ragguaglierete dopo sulla vostra avventura a Vienna. Ora, sparite. Ho importanti faccende di cui discutere con i Superiori. Ah, a proposito, tenete questo. » esclamò gelidamente Vasilyev, con un gesto vago della mano, porgendo ai due ragazzi un foglietto.
I due non se lo fecero ripetere due volte: accennarono un inchino e uscirono dalla porta di mogano che si stagliava nella parete opposta.
Una volta che questa si richiuse alle loro spalle, Adam tirò un sospiro di sollievo. Otto anni di servizio, e parlare con Dimitri Vasilyev lo metteva ancora a disagio, per non dire ‘terrorizzare’. Quell’uomo era la prima persona al mondo che temeva. La seconda, si chiamava Andrian e in quel momento stava rimuginando accanto a lui sul breve incontro avuto con il capo della fazione.
Osservò il foglietto che l’uomo aveva dato loro e si accorse che era la cartina della nuova sede della fazione Assassini, e in alto a destra, era cerchiata in rosso la posizione della loro stanza.
« Beh, fratello, non so te, ma io me ne andrei velocemente in camera a farmi una doccia. Se non mi lavo entro dieci minuti penso che potrei svenire. »

Andrian annuì con un cenno del capo e seguì il fratello verso l’ala nord della costruzione.
La stanza era come tutte le altre in cui avevano vissuto per otto anni: completamente bianca, angusta, con due letti singoli ai lati e un unico bagno.
Andrian non aspettò nemmeno che il fratello potesse mettere piede nella camera. Afferrò i primi vestiti che trovò nello zaino e si diresse in bagno, chiudendo la porta a chiave.
Una volta nella doccia, tirò un sospiro di sollievo. Non l’avrebbe mai ammesso a nessuno, ma era profondamente preoccupato. Qualche tempo prima era stato avvertito che i nemici della Murder City stavano aumentando sempre di più ed erano sempre più pericolosi, e a giudicare dallo sguardo che Vasilyev continuava a lanciargli, come di un giocatore che valuta quale carta lanciare durante una partita, la loro prossima missione non sarebbe stata una passeggiata.
Andrian Dubitava che sarebbe riuscito a proteggere il fratello dalle fauci del prossimo lupo contro cui Dimitri Vasilyev li avrebbe aizzati.
Fece un respiro profondo e cercò di rilassarsi, lasciando che l’acqua scrosciasse su di lui lavando via le preoccupazioni, almeno per quel giorno.
Ma la vita dell’assassino non offre molte opzioni di pensieri felici. Andrian aveva ventidue anni, e la sua unica famiglia era Adam. La madre era morta tanti anni prima, lasciandoli in mezzo alla strada, e da quel giorno Andrian non aveva conosciuto altro che morte e dolore.
Eppure, se fosse stato un ragazzo comune, non avrebbe avuto problemi nel farsi una famiglia. Era alto, dal fisico snello e muscoloso, le spalle ampie e gli occhi azzurrissimi, come lame di ghiaccio. Tantissime ragazze cadevano ai suoi piedi.
A volte, ci pensava. Ad avere una vita normale, una moglie, magari. Ma quei momenti terminavano subito. La sua vita era fatta per uccidere. Aveva trasformato se stesso in una macchina da guerra. E la cosa gli piaceva.
« Il bagno è finalmente mio! » gridò Adam, quando il fratello gli lasciò il posto, per poi lanciasi a tutta velocità con lo zaino ancora sulle spalle al suo interno.
Andrian scosse la testa e incrociò le braccia. Suo fratello non sarebbe mai cresciuto. Dopo anni di lavoro nella compagnia criminale più potente di tutto il mondo, nonostante fosse uno dei migliori assassini, restava un ragazzino di diciott’anni con il cervello di una papera.
« Rah-rah-ah-ah-ah-ah, roma-roma-mamaa, ga-ga-ooh-la-la, want your bad romance! »
L’assassino si passò una mano tra i capelli ancora umidi, esasperato, mentre i gorgheggi di Adam gli giungevano alle orecchie attraverso la porta del bagno.


















Angolo Autrice: 

*cori da stadio* e ci sono riuscita! *o*
allora, premetto che questo è un capitolo leggermente inutile. cioè, la vera storia inizierà più avanti, ma avevo bisogno di un po' per svilupparla meglio C: 
ah, la parte dell'Andrian in doccia è tutta per Viola, specialmente la descrizione di Andrian *coff*. 
Adam è un cretino, ma un cretino adorabile, ed è tuuuutto per te, Lilla bella -w- <3 



vorrei dedicare questo capitolo ad Alberto. 
ti voglio bbbbene, ricordalo <3




M. 
   
 
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