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Autore: Meggie    02/01/2013    6 recensioni
La verità del dolore è che a volte non passa mai. A volte, invece, sì.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: No Light
Fandom: Glee
Pairing/Personaggi: Kurt Hummel, Blaine Anderson/Kurt Hummel
Rating: R
Genere: Angst, introspettivo
Warning: Slash
Disclaimer: No, chiaramente Glee non è mio e non ci guadagno nulla (purtroppo).
Note: Partecipa alla Maritombola col prompt numero 40: “Buio/Luce”.
Riassunto: La verità del dolore è che a volte non passa mai. A volte, invece, sì.

NO LIGHT

Bù-io:mancanza o scarsità di luce, oscurità.

 
ACT  1: SUNSET

(She raised her hands in the air, asked you,
When was the last time you looked in the mirror?
Cause you've changed.
Sunrise, Sunset – Bright Eyes)

 
È quasi un mese che è a New York e ancora si sente sperduto. Ancora si perde lungo le linee della metropolitana, finendo con l’essere costretto ad estrarre la cartina dalla borsa, apparendo come uno dei tanti turisti. La vita a New York non è forse così entusiasmante e sofisticata come se l’è sempre immaginata, ma è comunque New York.
E ogni cosa è meglio dell’Ohio. Ogni. Singola. Cosa.

*

Sono quattro giorni che lavora da Vogue e ancora prova un brivido quando deve attraversare la porta dell’ingresso. Si sente importante, in una città in cui tutti possono essere star e nessuno lo è veramente. Ci sarà sempre qualcuno un gradino sopra di te. Ma ci sarà anche sempre qualcuno che almeno ti darà una possibilità.
(In Ohio, invece, tutto quello che hanno sempre cercato di fare è stato spingerlo giù a forza. In fondo alla scala, là dove quelli come lui dovevano stare secondo le menti provinciali e ignoranti di Lima.)
È terrificante e Kurt non si è ancora abituato al lunghissimo viaggio in metropolitana alla sera. Non si è ancora abituato all’essere così stanco da avere solo voglia di dormire, una volta arrivato al loft. E invece deve cucinare e ascoltare Rachel parlare della NYADA (e continuare a pensare che Vogue sia un’opportunità importante, ma la NYADA… la NYADA è il suo sogno), ascoltarla lamentarsi della NYADA, ascoltarla parlare di Brody, ascoltarla e basta, e poi sgattaiolare nel suo letto, dopo essersi infilato una tuta, e accendere il computer e parlare con Blaine. Blaine che è ancora in Ohio, Blaine che gli manca terribilmente, Blaine che gli sorride e a Kurt sembra svanire un po’ della tristezza che ha addosso.
Blaine che gli regala un “Ti amo,” ogni volta che deve chiudere la conversazione e Kurt glien’è grato, perché significa addormentarsi con quelle due parole in testa. Ed è rassicurante.

*

Rachel non c’è e lui è uscito prima dal lavoro e se quella non è una benedizione, allora non saprebbe proprio come definirla.
Ha scritto un messaggio a Blaine non appena è uscito dall’ufficio. Un secco “Skype tra quaranta minuti? Rachel non è a casa”, lasciando intendere a Blaine il resto. E ha continuato a scrivergli mentre era sulla metropolitana, cercando di evitare di dare nell’occhio, ma fallendo miseramente nel momento in cui Blaine ha pensato bene di scrivergli “Non vedo l’ora di vederti”, seguito un secondo dopo da “Nudo”. Kurt si è ritrovato ad arrossire e a dover mettere via il telefono. E a pensare ad altro.
Adesso che è finalmente nel loft, si muove convulsamente lanciando la camicia e la giacca sulla sedia, prima di mettersi alla ricerca di una tshirt in cui infilarsi, mentre il computer inizia il processo di avvio. Perché per quanto possa essere eccitante nella teoria, non si presenterà mai ad una chiamata con Blaine completamente nudo. Si guarda intorno alla ricerca dei pantaloni della tuta, ma quando si accorge che il computer ha finito di accendersi e Blaine è già in linea, decide di sdraiarsi sul letto e rimanere con i suoi jeans. Blaine non si è mai lamentato della scelta dei suoi pantaloni.
(E Kurt spera comunque che rimangano molto poco tempo addosso alle sue gambe e molto più tempo sbattuti in fondo al letto.)
Kurt non è ancora abituato a quello. Allo spogliarsi e toccarsi e vedere. Al mettere uno schermo tra lui e Blaine. L’hanno provato solo un paio di volte e non è andata male, ma è comunque strano. Ci sono solo poche cose che la fotocamera può inquadrare e Kurt vorrebbe vedere tutto e vorrebbe allungare una mano e toccare Blaine, sfiorarlo e baciarlo e leccarlo e non pensare, perché non serve, non ha mai dovuto farlo, perché il sesso tra di loro è sempre e soprattutto fiducia e abbandono. Ma non in quel caso. Nonostante sappia che Rachel non è in casa, ha sempre il terrore che possa rientrare prima. Che possa sentire o vedere e commentare e no, Kurt vuole bene a Rachel, ma quella è una cosa tra lui e Blaine, qualcosa di cui non parla con nessun altro, se non piccole cose qua e là, perché c’è una sola persona a cui ha affidato il proprio corpo, e quella persona è Blaine.
Quindi non è sorpreso di avvertire il ben noto formicolio nel bassoventre accompagnato da uno strano fremito delle sue dita, quando accetta la chiamata di Blaine.
Blaine che compare sul suo schermo, sorridente e bellissimo e Kurt lo vorrebbe lì, nel suo letto, e invece riesce solo a mormorare un “Ciao,” prima di mettersi a ridacchiare come un idiota.
“Hey.”
Kurt gli sorride, prima di abbassare lo sguardo per un attimo. “Quindi… Rachel non c’è…”
“Lo so. Me l’hai già detto. Penso… sia anche per questo che stiamo per… siamo…” Blaine fa un vago gesto con la mano e Kurt è felice nel vedere di non essere l’unico a non avere ancora ben chiari i meccanismi di ciò che stanno per fare.
(Sesso telematico. Kurt si rifiuta di pensarlo in quei termini, perché, onestamente, fa schifo come accostamento di parole, ma non ha ancora trovato un’altra definizione.)
“Blaine,” mormora sospirando, e forse è abbastanza per far scattare qualcosa, perché Kurt osserva Blaine muoversi sul proprio letto, prima di risistemarsi meglio contro i cuscini.
Lo sguardo di Blaine è qualcosa che riconosce. È famigliare. E Kurt non si stupisce nel sentire l’eccitazione iniziare a scivolare tra le sue gambe.
“Togliti la maglietta, Kurt.”
La sua voce sembra più sicura, ma Kurt sorride nel vedere le guance dell’altro arrossarsi. Sposta il computer per un momento ed evita di pensare a qualcosa, prima di sfilarsi la tshirt e lanciarla ai piedi del letto. Quando posiziona di nuovo il computer sopra le sue ginocchia, Blaine lo sta ancora guardando con quello sguardo – quello sguardo che lo inchioda e non lo fa respirare e Dio, Blaine, perché dev’essere in Ohio quando lo vorrebbe solo lì? - e Kurt è felice di essere sul letto e potersi abbandonare contro il materasso e i cuscini e permettere a Blaine di guardarlo.
Si morde un labbro quando vede Blaine portare entrambe le mani verso il basso e iniziare a slacciare i pantaloni e sa che sta arrossendo, si sente le guance in fiamme e sa che probabilmente non stanno facendo nulla nel modo giusto (troppe poche parole e troppa titubanza, ma forse non c’è un giusto o sbagliato, quindi va tutto bene. Sono loro due. Va tutto bene), ma non gliene frega niente, perché vuole Blaine, perché gli manca e tutto quello non è perfetto, ma non importa. Non importa.
E poi ovviamente qualcosa lo interrompe e Kurt non vorrebbe, ma nel momento in cui sente il telefono squillare, si muove di scatto, preso alla sprovvista. Anche Blaine si ferma, una mano già infilata nei pantaloni e gli occhi fissi su di lui.
“Non rispondere,” mormora. E a Kurt sembra quasi una preghiera.
Ma il suo telefono continua a squillare e a squillare e potrebbe ignorarlo, ma potrebbe essere importante e-
Si gira verso il comodino e quando legge il nome di Chase capisce che il tentativo di masturbarsi insieme a Blaine è morto sul nascere. “È dal lavoro,” sospira e prima di allungarsi a prendere il telefono, vede Blaine annuire, serio. “Ti chiamo dopo?”
Blaine stira le labbra in un sorriso forzato e mormora un “Sì,” prima di chiudere la conversazione. E Kurt decide che deve almeno rimettersi la tshirt perché non c’è modo che si metta a parlare con Chase conciato in quelle condizioni.

*

Non richiama Blaine, più tardi. Più tardi arriva Rachel e rimane a parlare con lei e di ciò che è successo quel giorno alla NYADA. E quando controlla il cellulare nota che Blaine gli ha scritto che si sarebbe messo a fare i compiti, quindi…
Prima di andare a letto,  gli scrive un “Mi dispiace per oggi,” e aspetta per venti minuti, prima di addormentarsi completamente. Solo al mattino dopo legge la risposta di Blaine. “Scusami, stavo finendo letteratura. Ti posso chiamare adesso?
 
ACT 2: TWILIGHT

(No dawn, no day, 
I'm always in this twilight, 
In the shadow of your heart,
 

Cosmic Love – Florence + The Machine)

 
Non è come uno schiaffo. Lo schiaffo fa male, ma è un momento. È un attimo. Rimane l’eco sulla pelle, ma se ne va. Lentamente, meno lentamente, ma se ne va. Non è come uno schiaffo. Non sa a cosa paragonarlo perché non è come uno schiaffo, non è qualcosa di fisico, non lo si può spiegare con delle parole che sono legate solo al corpo, a qualcosa che si vede. Non si vede, non si vede il rossore sulla guancia, non si vede.
Non è come uno schiaffo, è peggio.
Blaine ha preso il suo cuore e l’ha frantumato.
Blaine.
(Blaine Blaine Blaine Blaine. Blaine che è l’unica cosa che ha ottenuto di cui è veramente orgoglioso. Blaine che l’ha preso per mano e non l’ha più lasciato. Blaine che-
Blaine che non gli ha tirato uno schiaffo, no, gli ha fatto ancora più male.
Blaine che non è più Blaine perché non può esserlo non può esserlo non può esserlo e-
Blaine.)
Non è come uno schiaffo. È peggio.
E cammina, corre, e cerca un rifugio verso il loft e sa che non lo troverà perché non è un dannatissimo schiaffo e non basta un po’ di ghiaccio per alleviare il dolore, niente può alleviare il dolore e sta piangendo come uno stupido e gli sta quasi venendo da vomitare e Blaine, tra tutte le persone, Blaine.
Kurt cerca di prendere un respiro profondo, ma non ci riesce. Non riesce a respirare, troppo impegnato a buttare fuori le lacrime, troppo impegnato a mostrarlo quel dolore, anche se nessuno gli ha tirato uno schiaffo. Ma se lo vedi, allora c’è veramente. E Kurt sa che è una stronzata, perché i mali più tremendi sono quelli che nessuno vede e che ti distruggono da dentro, e invece tutti si preoccupano solo di ciò che c’è fuori, solo di come mostrarsi agli altri, e dentro muoiono poco a poco.
Kurt non ha più il cuore, quanto ci vuole per non sentire più niente?

*

La verità del dolore è che a volte non passa mai. E arrivi a sperare di non sentire più nulla, perché ogni cosa sarebbe meglio di quello, ma non succede mai.
 
ACT 3: NIGHT

(Long nights allow me to feel...
I'm falling...I am falling
Long Nights - Eddie Vedder)

 
Kurt osserva quella parola sullo schermo del suo computer e si domanda cosa significhi. La verità è che non è mai stato single. C’è un prima e dopo Blaine. C’è un Kurt che si aggira per i corridoi del McKinley come se stesse per scoccare la sua ora da un momento all’altro. Un Kurt che sa che dall’altra parte del telefono c’è una persona pronta ad ascoltarlo e a capirlo e ad ascoltarlo ancora un po’ e a non lasciarlo solo.
C’è un Kurt da solo e un Kurt con qualcuno.
Non ha idea di cosa voglia dire essere single, perché anche prima di Blaine non lo è mai stato. Non c’era nessuno. Il punto non era non avere un ragazzo. Il punto era essere completamente da soli.
Su Facebook, non aveva mai neppure pensato di dover scrivere qualcosa nel suo status sentimentale. Non esisteva uno status sentimentale, ecco tutto.
Poi era arrivato Blaine. Blaine Blaine Blaine. Blaine che aveva cambiato tutto. Blaine che sorrideva e Kurt non capiva più nulla. Blaine che dopo mesi finiva a baciarlo in una stanza della Dalton e Kurt rimaneva senza fiato, come se Blaine gliel’avesse strappato via dal petto con le mani. (Di sicuro si era preso il cuore. Kurt ne è sicuro, perché non pensa di avere qualcosa nel petto, al momento. Fa solo male. Fa male perché Blaine non ne ha avuto cura e-)
Poi era arrivato Blaine. E su Facebook improvvisamente non c’era più un campo vuoto accanto alla sua situazione sentimentale. Blaine era il suo ragazzo.
Adesso non più.
Un click e Kurt ha cancellato un anno e mezzo di storia. (Blaine. Blaine l’ha cancellata. Blaine non ha preso cura del suo cuore. Ed era suo, Kurt gliel’ha dato perché lo custodisse e quell’idiota non si è neppure accorto di averlo tra le mani e l’ha stretto troppo forte e-
E a volte i pensieri rimangono in sospeso, perché Kurt si ritrova a doversi asciugare le lacrime.)
Click click clik. Kurt E. Hummel e Blaine D. Anderson non sono più in una relazione.
Kurt non è mai stato single e anche adesso non ha idea di cosa significhi. Fissa quella schermata e non riesce a trovare la forza di eliminare Blaine dalle amicizie. Fissa quella schermata e si ritiene soddisfatto di essere riuscito a eliminare la sua relazione con Blaine senza singhiozzare come un bambino.
Eliminare. Come se potesse cancellare tutto. Non può cancellare un bel niente, ecco perché fa così male.
E comunque, non vorrebbe in ogni caso dimenticare. Non può dimenticare. Fa male. Fa così male che ogni tanto gli manca il respiro e spera che Blaine sia lì ad abbracciarlo, ma Blaine non ci sarà e dovrebbe dimenticarsi che esiste, ma non può farlo, perché vorrebbe dire dimenticare tutto e non può non può non può. Blaine ha ancora il suo cuore e chissà dove l’ha messo, chissà dove l’ha lasciato, per non accorgersi di averlo, ma Kurt sa che è ancora suo. Anche se Facebook al momento dice il contrario.
Ma d’altra parte tutti mentono. La differenza sta solo nel farlo bene o farlo male.
 
ACT 4: DAWN

(But it's always darkest before the dawn
Shake It Out – Florence + The Machine)

 
La prima foto che vede è stata pubblicata da Finn. Non ci dà troppo peso. Vede alcuni volti nuovi, riconosce Marley, la nuova ragazza di cui sente tanto parlare, e vede Tina in un angolo. Liquida tutto con un sorriso e cerca di non pensare ai vestiti elasticizzati e agli abbinamenti di colore improponibili. Pensa solo che dovrà chiedere a Finn cosa stanno facendo e perché sembrano tutti usciti da una pessima festa in maschera, ma non gli dà importanza.
(Quindi no, non pensa a Blaine. Non pensa a lui e non pensa da cosa potrebbe essere vestito e-
Forse solo un po’. E non sa come fare per smettere.)
È quando vede la foto di Sam che non può fare a meno di allargare l’anteprima per poterla osservare meglio. “Uniti per sconfiggere il male!” recita la didascalia. Nonostante Sam abbia taggato Blaine, non ci sono suoi commenti. C’è nella foto, però. Sam e Blaine travestiti da-
Non ne ha idea. Non sa da cosa sia vestito Sam. E riesce a riconoscere il costume di Blaine solo perché-
Kurt scuote la testa. Blaine non sta sorridendo nella foto, non veramente. (C’è il suo sorriso, quello che sembra così felice e che solo chi lo conosce bene sa riconoscere il velo che lo copre. I suoi occhi non stanno sorridendo. Quante bugie sta mettendo in piedi, Blaine? Quante ne ha messe in piedi in passato e quante ne metterà in piedi in futuro?)
Kurt riconosce il suo costume, comunque. Si ricorda di quell’estate, solo qualche mese prima (solo qualche mese. Non anni. Non secoli. Solo qualche mese, e sembra comunque una vita fa), quando Blaine, sdraiato sul suo letto, si è messo a raccontargli tutta la storia di Batman.
“Per prepararti per il film, Kurt! Devi saperlo, devi saperlo per forza!” gli aveva detto, tirandolo a sé. E Kurt non aveva obiettato più di tanto. Era in quel periodo in cui non sapeva cosa fare della sua vita e l’unica cosa che sembrava avere un senso era Blaine. Blaine Blaine Blaine. Blaine che lo guardava e faceva di tutto per farlo sorridere e non farlo pensare. Blaine che aveva passato un’estate intera cercando di ricordargli quanto fosse speciale, quanto non contasse niente un “no” dalla NYADA, quanto fosse più grande.
Dov’è finito quel Blaine?
Quel Blaine che l’aveva trascinato al cinema perché “Christian Bale e Joseph Gordon-Levitt, Kurt! Dobbiamo vederlo!”
Kurt aveva fatto roteare gli occhi, fingendo un’irritazione che non sentiva per niente, prima di sbuffare un “Solo per Anne nella tuta in pelle. Solo per lei, sappilo!”
E Blaine aveva riso, come un bambino, e gli aveva preso la mano, come un adolescente, e gli aveva mormorato all’orecchio “Non può neppure competere con te,” come un amante. E Kurt aveva arrossito e l’aveva trascinato fuori dalla stanza, perché altrimenti al cinema non ci sarebbero mai arrivati.
Aveva passato tutto il tempo del film ad osservare Blaine con la coda dell’occhio e a giocherellare con le sue dita, accarezzandole con i polpastrelli, crogiolandosi nella sicurezza del buio e dei posti in ultima fila. Non aveva voluto disturbarlo, preferendo guardarlo completamente assorbito dal film, e poi Blaine l’aveva sorpreso, quando si era girato verso di lui e l’aveva baciato, giusto mentre uh, beh, il cattivo del film, si metteva a gridare di voler distruggere la città.
Kurt guarda quella foto di Blaine (Blaine col suo sorriso falso, Blaine con il suo mantello da Nightwing, Blaine che riesce ancora e comunque a provocargli qualcosa, dentro, che conosce fin troppo bene, quella stretta al cuore e quella sensazione nel bassoventre che non dovrebbero sposarsi insieme, che non dovrebbero avere nulla in comune, perché la prima è sofferenza e non qualcosa che avrebbe mai pensato di collegare a Blaine e invece…) e ripensa a quell’estate.
Dov’è finito quel Blaine?
Kurt chiude il computer e si sdraia sul letto. Sente Rachel che rientra nel loft dopo la giornata alla NYADA e sa che verrà a cercarlo e sa che vedrà che è successo qualcosa. E lui cosa dovrebbe dirle? Che è per colpa sua? Sempre per colpa di Blaine Blaine Blaine che non se ne vuole andare dalla sua testa e che continua a mandargli messaggi e che continua a fargli male, nonostante stia cercando in tutti i modi di mandarlo via.
E Blaine non se ne va e rimane lì, sempre lì, sempre presente.
“Kurt, tutto bene?” Rachel fa capolino nella sua stanza e Kurt solleva solo leggermente la testa dal cuscino, prima di scuoterla e tornare a rannicchiarsi nel letto. E un attimo dopo, Rachel si sta già sdraiando accanto a lui.
Kurt ipotizza che potrebbe andare comunque peggio. Che potrebbe essere completamente solo. Che alla fine sta meglio, che ogni tanto riesce a sorridere e che prima o poi passerà anche quello. Che passerà anche Blaine.
Solo, non ha idea di come farlo accadere. E forse è quella la cosa che fa più male. Volerlo mandare via, e sapere di non avere abbastanza forza (abbastanza odio) per farlo.

*

A volte devi accettare delle scuse, per andare avanti.
Kurt ipotizza che a volte devi semplicemente accettare il passato, più che altro. Ciò che è stato, è stato, e con tutta la buona volontà del mondo, non lo si può comunque cambiare.
Kurt osserva le persone attorno a lui, sulla metropolitana, e si ricorda di come si è sempre immaginato lì con Blaine, da quando l’ha conosciuto. Prima vergognandosene, e cercando di non far trasparire i pensieri sciocchi di un sedicenne troppo propenso a non mettere in guardia i propri sentimenti, e poi apertamente, condividendoli sottovoce con Blaine, distesi sul suo letto durante l’estate, rinfrescati dal ventilatore posto ad un angolo della stanza.
Blaine non c’è e Kurt è stato costretto a rimuoverlo forzatamente dalla sua vita. Solo che non ha rimosso nulla e Blaine è rimasto prepotentemente in ogni angolo della sua testa e in ogni strappo del suo cuore.
Forse dovrebbe accettare le sue scuse per andare avanti. Ma la verità è che Kurt non ha proprio idea di dove sia, quell’avanti.

*

Ha avuto giusto il tempo di vedere uno dei suoi, beh, ospiti, ballare sensualmente avvinghiato ad un altro, prima che Rachel si aggrappasse al suo braccio.
“Dov’eri?”
Kurt vorrebbe trovare una scusa, perché non è sicuro di volerne parlare in quel momento, mentre la musica si espande nel loft e le risate di tutti riescono comunque a sovrastarla. Non è neppure sicuro di non volerne parlare, però.
“Ho chiamato Blaine,” sospira alla fine, appoggiandosi al muro e guardando Rachel in viso. Rimane un attimo in silenzio, lei, mentre con gli occhi cerca di leggere il suo volto e Kurt non ha idea di cosa vi trovi scritto, ma quando inizia a parlare è per dire qualcosa come “Stasera hanno le Provinciali, vero?”
Kurt annuisce. E nel farlo si rende conto che vorrebbe essere lì a vedere le loro esibizioni. Si rende più che altro conto che vorrebbe rivedere Blaine. E questo lo spaventa.
“Penso si stiano esibendo adesso. Almeno dovrebbero.”
Rachel annuisce, mentre fa una strana smorfia con le labbra che Kurt non riesce ad interpretare.
“Mi manca,” continua con un filo di voce, tanto che all’inizio non è neppure sicuro che Rachel abbia sentito.
È la prima volta che lo dice così apertamente e ad alta voce. L’ha detto a Blaine qualche minuto prima, protetto dalla consapevolezza che, nonostante tutto, Blaine sarebbe comunque stato il primo a capire. Erano sempre stati sulla stessa lunghezza d’onda. Fino a quando quell’onda non si era infranta.
“Oh Kurt, lo so,” sospira Rachel appoggiandosi a lui. E Kurt vorrebbe chiederle “Davvero? Come fai a saperlo?” ma ipotizza che non dire qualcosa ad alta voce non lo renda automaticamente un mistero. Ipotizza che il mostrare il suo cuore a pezzi ogni giorno sia abbastanza esaustivo.
“Ho fatto male?” Kurt abbassa lo sguardo fino ad incontrare quello di Rachel. Non vuole la sua approvazione, non ne ha bisogno, ma è confuso e non sa se sentirsi meglio o peggio, dopo aver parlato con lui.
(La verità è che si sente meglio. La verità è che sentire la sua voce è stato abbastanza e vorrebbe sentirlo ancora ancora e ancora. E tutto questo gli fa paura, perché gli ricorda di com’era un tempo. E di come non sia più così.)
“Pensi di aver fatto male?” chiede lei, stringendogli un braccio.
“No,” sospira.
Rachel scrolla le spalle. “Allora non hai fatto male. Hai fatto quello che dovevi.”
Kurt annuisce, prima di concederle un mezzo sorriso. Probabilmente ha ragione lei.
 
ACT 5: SUNRISE

(Sunrise doesn’t last all morning
A cloudburst doesn't last all day
All Things Must Pass – George Harrison)

 
È più facile andare avanti quando non sei costantemente costretto a guardare indietro. Cercare qualcosa che ti spinga ad alzarti dal letto al mattino e che ti faccia avere la voglia di non rinchiuderti in casa a guardare The Notebook per l’ennesima volta.
È più facile andare avanti quando Blaine non è un pensiero fisso e martellante e doloroso nella sua testa, quando non è costretto a leggere i suoi messaggi pieni di “Mi dispiace” e “Scusami” e “Possiamo parlare”. È più facile andare avanti quando può permettersi di afferrare il telefono e chiamarlo e parlargli o scrivergli per allentare la presa attorno al suo cuore.
Le cose non sono a posto – forse le cose non torneranno mai a posto e questo lo terrorizza -, ma è meglio di prima. E Kurt ha imparato ad affidarsi alle piccole cose.
Ipotizza faccia parte della crescita.

*

La prima persona a cui lo dice è Rachel. Più per il caso fortuito del suo rientro nel loft nel momento giusto, che altro.
La seconda persona è suo padre. Suo padre che grida così forte che Kurt deve ricordargli di calmarsi e che per il suo cuore non vanno bene certi sforzi. “Mio figlio è appena stato preso alla NYADA, sono autorizzato a festeggiare, ok? Non fare il guastafeste!” è la risposta di Burt.
La terza persona è Blaine.
Sei sempre stato una stella, ora se ne sono accorti anche loro. E io sarò sempre il tuo più grande fan.
Kurt rimane a fissare quelle parole sul telefono e a pensare a settembre e a come tutto fosse diverso. A come tutto sia cambiato, adesso, a come ogni cosa si sia rotta distrutta annullata e poi si sia rimessa insieme lentamente.
Mancano ancora dei pezzi e Kurt non ha idea se arriverà mai il momento in cui tutto combacerà di nuovo alla perfezione, Kurt non ha idea se potrebbe mai succedere, ma non importa.
Leggere quelle parole gli fa sperare che possa essere così. Un giorno. Forse. È già di più di quello a cui avrebbe sperato solo qualche settimana prima.
Penso dovrai contenderti il posto con mio padre. Gli risponde.
Sono pronto a combattere.
E Kurt non sa cosa scrivere di fronte a quello. Non sa come interpretare il suo cuore che perde un battito, prima di tornare a fargli male, o a come smettere di rimanere sempre e comunque così attaccato a Blaine in questo modo.
Alla fine, opta per un laconico “Grazie, Blaine”. È tutto ciò che riesce a tirare fuori dalla sua testa in quel momento. Dovranno farselo bastare, sia lui che Blaine.
 
ACT 6: MORNING

(So happy just to see you smile 
Underneath the sky of blue
On this new morning, new morning 
On this new morning with you.

New Morning – Bob Dylan)

 
“Vuoi che me ne vada?”
Kurt si gira verso Blaine, Blaine che per tutta la sera non ha fatto altro che guardarlo con quegli occhi enormi, Blaine che non ha fatto altro che mostrargli il suo cuore ancora e ancora e ancora. Kurt non è pronto a vederlo. Non è pronto ad accorgersi di cosa ci sia in quel cuore. È troppo occupato a rammendare il suo.
“… pensavo avresti dormito qui.” Risponde in un sussurro, non abbastanza per svegliare suo padre, addormentato nel suo letto.
“Non voglio imporre la mia presenza e…”
Kurt scuote la testa. Si sente come un vecchio che osserva la sua vita dall’esterno. Si sente vuoto. E talmente pieno di emozioni da poter esplodere. Si sente quasi male. Ma non abbastanza da cedere sotto il peso sulle sue spalle.
In generale, si sente un po’ da schifo.
“Non imponi nulla, Blaine. Non ti farò dormire in un hotel, ok? Il divano non è dei più comodi, ma-“
“Va benissimo,” lo interrompe.
E di nuovo quegli occhi. Di nuovo quello sguardo  e quella speranza e Kurt vorrebbe solo scuoterlo e urlargli “Cosa vuoi da me?”, ma ha paura della risposta.
E poi, la sa già.
“Ti scoccia se rimango qui ancora un po’? Non ho voglia di andare a dormire e…” Kurt fa un gesto vago con la mano, indicando la zona in cui suo padre sta dormendo. E lo sguardo di Blaine si spegne, riempiendosi di preoccupazione e di qualcosa che Kurt non vuole ancora vedere.
“Ovvio che no, puoi… puoi fare ciò che vuoi, Kurt. È casa tua. Sono io che-“
“Tu non dovresti fare nulla, ok?”
Blaine annuisce, distogliendo lo sguardo per un attimo, prima di tornare ad osservarlo. “Vuoi parlarne?”
“No.”
No perché non saprebbe cosa dire. No perché non vuole dire niente, non vuole finire a singhiozzare, non vuole sapere cosa farebbe Blaine, nel caso, e non vuole sapere cosa farebbe lui.
“Ok,” mormora Blaine, e non sembra per niente convinto, come se sapesse tutto ciò che sta pensando e Kurt ha paura di questa cosa, ha paura di vedere come certe cose non sono cambiate per niente, mentre altre sono state completamente distrutte e spazzate via.
“Ti va una cioccolata?” Ed è la prima cosa che gli viene in mente. La prima cosa che può chiedere senza aver paura. È neutrale. Neutrale va bene. Neutrale non potrà fargli del male. Neutrale non lo farà riflettere.
Blaine inarca all’insù solo un angolo della bocca, in un mezzo sorriso appena accennato, ma annuisce un paio di volte esclamando un “Certo!” che risulta essere un po’ troppo entusiastico per essere adatto al momento. Kurt ipotizza di non essere l’unico a cercare di non scivolare su quel terreno scosceso che c’è tra loro due.
Forse insieme possono farcela. O forse cadranno entrambi.
(Forse Blaine lo prenderà ancora per mano. E a quel punto Kurt dovrà decidere se vuole ancora essere stretto da lui. Oppure no.)
“Ok.”
Kurt sente gli occhi di Blaine addosso mentre si alza dal divano per andare verso la cucina. Li sente sulla schiena, scivolare verso il basso e Kurt si ritrova involontariamente ad arrossire. E sa che se si girasse, Blaine distoglierebbe lo sguardo e farebbe finta di osservare altro.
Sono ancora lì, amici che si amano e che non sanno cosa fare l’uno con l’altro. E il tradimento. Sempre presente sopra di loro come una spada di Damocle.
Kurt fa finta di non sentire Blaine, di non avvertire quelle occhiate o l’inflessione timorosa che hanno tutte le sue parole, o l’attenzione esagerata dei suoi gesti. Non è compito suo preoccuparsi di tutto quello. Non in quel momento, non con suo padre che dorme dall’altra parte del loft, non con suo padre che ha il cancro e-
Kurt si morde il labbro, alza gli occhi al soffitto fino a quando la tentazione di piangere non sparisce, e torna a respirare.
È strano essere davanti ai fornelli con Blaine a pochi metri da lui. Blaine che non si è mai risparmiato dal raggiungerlo e avvolgergli le braccia attorno alla vita. Blaine che respira a bassa voce, ormai, per paura di disturbarlo.
Quando la cioccolata è pronta, Kurt si ritrova con davanti due tazze fumanti e la consapevolezza di non sapere cosa fare. Piccoli passi. Piccoli passi verso Blaine e verso qualcosa che lo spaventa, perché se dalla prima volta ne è uscito distrutto, può esserci una seconda volta?
E poi decide che i piccoli passi alla fine solo piccoli momenti. In una direzione o in un’altra o lungo qualsiasi via si voglia intraprendere. Piccoli passi, senza aspettarsi nulla. Giusto?
Kurt sospira e porge una tazza a Blaine e quando incontra il suo sguardo, non riesce a non sorridergli.
Piccoli passi. E non ha idea di dove stiano andando, ma Dio, il suo cuore. Il suo cuore sembra non avere dubbi. Fatto a pezzi, dolorante e assemblato alla bell’e meglio e comunque proteso ad afferrare Blaine.
(Blaine che ce l’aveva già, il suo cuore, e l’ha distrutto. E nonostante questo Kurt ha paura che un giorno glielo rimetterà tra le mani, ha paura di tornare a fidarsi di Blaine così tanto da non avere più paura di lui. Un paradosso.)
“Grazie,” sussurra Blaine in un sorriso e Kurt sarebbe più felice se non facesse così male. Kurt sarebbe più felice se un sacco di cose fossero diverse, ma non è così che funziona, evidentemente.
Forse è così che va. Vai avanti con la vita e perdi pezzi di te – grandi o piccoli che siano – e ne guadagni altri. Forse non sono abbastanza per compensare, ma sono abbastanza per non farti crollare sotto il peso di ciò che manca. Piccoli tasselli che si sfilano dal tuo corpo e vengono persi nei minuti e nelle ore e nei giorni che vivi. E poi ne trovi dei nuovi e magari tutto non si incastra alla perfezione, e mancherà sempre qualcosa, ci sarà sempre quel piccolo vuoto che non può essere riempito, ma magari avranno anche qualcosa in più, qualcosa di non perfettamente adatto a te, ma comunque qualcosa in più.
Kurt non ha idea se sia veramente così. Se un giorno si sveglierà e avrà perso suo padre, proprio come anni prima è successo con sua madre. Com’è successo con Blaine. Un giorno accadrà. Forse tra un mese, forse tra un anno o tra dieci o tra venti, ma accadrà.
Kurt guarda Blaine, sul divano accanto a lui, e non sa a cosa pensare. L’attrazione verso di lui non è abbastanza per colmare il vuoto che ha lasciato Blaine in prima persona. Non è abbastanza per rimettere insieme i pezzi. Forse lo sarà. Forse basta la volontà (basta amare così tanto che qualche volta fa male). O forse no.
Kurt sorseggia la sua cioccolata e nonostante tutto, nonostante il groppo in gola che non se ne vuole andare e che, anzi, torna con più prepotenza ogni volta che ripensa a suo padre, nonostante l’idea di stare con Blaine, l’idea di baciarlo, riesca a tentarlo quando abbassa la guardia, prima di ricordarsi dello stato del suo cuore, nonostante la vita gli ricordi spesso di quanto le cose non vanno mai come uno si sarebbe aspettato, nonostante tutto, beh, va bene.
Non è felice. E ogni tanto, quando è da solo nel letto a fissare il soffitto, ha paura che non lo potrà più essere. Ma è un pensiero stupido, un pensiero che non vuole che gli appartenga, un pensiero che non può appartenergli. Non è felice, ma va bene. Qualche settimana prima non avrebbe mai pensato di passare il suo tempo con Blaine.
E invece.
Kurt sospira, si rannicchia ancora di più sul divano e se il suo braccio rimane premuto contro quello di Blaine con un po’ troppa intensità, pazienza.
A volte le cose vanno bene. A volte, beh, a volte vanno male. Ma la verità è che spesso vanno e basta. E Kurt a volte è sufficientemente stanco da chiudere gli occhi, e provare a lasciarsi guidare. A volte va anche così.

FINE
 
NOTE: Ed ecco la fic su Kurt che avevo promesso :) Questa è un po’ la controparte di “I spell confusion with a K”, che racconta il punto di vista di Blaine.
Varie note tecniche: il titolo viene da una canzone di Florence + The Machine. Ascoltatela, se vi va :) Così come vi consiglio tutte le splendide canzoni citate all’inizio di ogni act.
Spero che vi sia piaciuta <3
(E un ringraziamento speciale a Mirai che l’ha riletta per me e mi ha dato l’ispirazione per una scena, e soprattutto ha fatto il tifo passo a passo mentre la scrivevo <3)
Se volete parlare con me, potete aggiungermi su Facebook o Twitter :)
Alla prossima! <3
 
   
 
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