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Autore: deliriums    02/01/2013    7 recensioni
Chiusi gli occhi e sospirai trattenendo le lacrime consapevole che anche quell'anno avrei passato il Natale sola.
Dopotutto, dovevo essere ormai abituata a farlo, erano passati già sette anni dall'ultimo Natale in compagnia.
Già.. sette anni da quando era scoppiata quella rovinosa guerra che me lo aveva strappato via.
[...]
Ormai erano sei anni, un anno dopo l'inizio della guerra, che non ricevevo sue notizie, al telegiornale non vedevo il suo volto, al cellulare non rispondeva e non inviava messaggi, nemmeno una lettera.
Era scomparso.
E lottavo contro me stessa per non credere a ciò che poteva significare.
Lui doveva essere vivo.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Quella mattina mi svegliai con una smorfia sul viso e appena visto il calendario una fitta di dolore mi fece risucchiare lo stomaco.
24 Dicembre.
Chiusi gli occhi e sospirai trattenendo le lacrime consapevole che anche quell'anno avrei passato il Natale sola.
Dopotutto, dovevo essere ormai abituata a farlo, erano passati già sette anni dall'ultimo Natale in compagnia.
Già.. sette anni da quando era scoppiata quella rovinosa guerra che me lo aveva strappato via.
Scossi la testa scacciando via i pensieri e mi sedetti sul divano allungandomi per prendere il cellulare.
Lo rimasi a fissare girandomelo fra le mani.
Ogni giorno, ad ogni ora, prendevo il cellulare e guardavo se c'erano dei messaggi, se c'erano suoi messaggi.
Mi bastava un 'Sto bene', un 'Non preoccuparti', un qualsiasi messaggio che poteva farmi capire che lui era ancora vivo, ancora in quel lurido campo a combattere con tutto se stesso per tornare a casa, per farmi capire che mi pensava e per togliermi quel mattone che mi bloccava dalla gola allo stomaco.
Feci un respiro profondo e cliccai un tasto, lo schermo si accese e la scritta 'Nessun nuovo messaggio' mi fece sprofondare fra i cuscini e farmi uscire le solite lacrime mattutine.
Ormai erano sei anni, un anno dopo l'inizio della guerra, che non ricevevo sue notizie, al telegiornale non vedevo il suo volto, al cellulare non rispondeva e non inviava messaggi, nemmeno una lettera.
Era scomparso.
E lottavo contro me stessa per non credere a ciò che poteva significare.
Lui doveva essere vivo.

Posai le forcine sul lavandino e optai per uno chignon.
Raccolsi i lunghi capelli biondi e li serrai con l'elastico nero.
Quella mattina l'aria profumava di freddo, quel profumo che ti penetra i polmoni ghiacciandoli, quell'odore che ti accarezza la faccia quando apri la finestra, l'odore di inverno e di cioccolata calda.
“Di nuovo, voglio riprovare.” dissi entusiasta, serrando le mani al tavolino del bar e alzando un sopracciglio con un sorrisino.
Lui si accese, “D'accordo, ultima possibilità.” annuii, il biondo prese la mira stringendo il marshmellow con il pollice e l'indice, “Pronta?” “Pronta.” “Puoi farcela.” detto ciò fece volare il marshmellow quel che bastava per colpirmi sul naso mentre mi dimenavo con la bocca spalancata a destra e a sinistra.
Liam scoppiò a ridere battendo un pugno sul tavolo e facendo tremare le nostre cioccolate, una risata forte e rauca, tutt'altro che la mia, debole, femminile, quasi non si sentiva.
“Hai barato.” lo accusai sorridendo, lui annuì divertito, “Già, mi sono fidanzato con te apposta per avere una ragazza da battere ai marshmellow.” rispose e scoppiò di nuovo a ridere mentre io mi mordevo il labbro divertita.
Fidanzato.
Quella parola mi faceva ancora uno strano effetto.
“Hai intenzione di berla quella cioccolata?” chiesi sorridente indicando la tazza davanti a lui, senza farselo dire due volte afferrò la tazza e se la posò sulle labbra, lo imitai.
Quando mi staccai lo vidi ridacchiare abbassando lo sguardo sul tavolino, “Che c'è da ridere?” chiesi curiosa, lui mi guardò e scosse la testa, “Ti sono cresciuti i baffi di cioccolata, Vera.” e si aprì in uno dei suoi grandi sorrisi luminosi, arrossì mordendomi il labbro, “Oh..” farfugliai ma prima che potessi continuare lui si alzò dal tavolo allungandosi verso di me e prendendomi il mento fra le mani, “Faccio io..” soffiò e posò le labbra sul mio labbro superiore e il pezzo di pelle sotto il naso.
Dopo un minuto intero si allontanò lentamente, mi guardò negli occhi e poi sorrise mentre io osservavo come il vento gelido gli scompigliava i capelli tendenti al biondo, e annusavo il suo odore.

Lo squillare del telefono fisso mi risvegliò dai miei pensieri e mi accorsi che ero poggiata con i gomiti al davanzale della finestrella aperta in cucina.
Scossi la testa e cercai di cancellare definitamente quel ricordo, non mi ero resa conto neanche che avevo cominciato a sudare e che un ciuffo biondo mi era ricaduto sul viso incurvandosi.
Corsi verso il telefono e risposi, “Pronto?” “Vera?” “Chi parla?” “Vera, sono la mamma.” accennai un sorriso, “Ciao mamma.” “Stai bene? Stai piangendo?” impastai la bocca e avvicinai un polso alla guancia, quando avevo cominciato a piangere?
“No, sto bene, perchè chiami?” “Beh, volevo augurarti buona vigilia e dirti che se volevi potevi venire a passare il Natale qui con me e papà, stasera.” notai nella sue parole un velo di speranza, ma per quanto volessi accettare non ce l'avrei fatto, ero convinta che appena solcato l'ingresso, guardandomi attorno fra tutti quei ricordi e non vendendo Liam sarei scoppiata a piangere e non volevo rovinare il Natale a nessuno.
“Mamma..” “Giuro che non faremo nulla di speciale, auguri, regali, panettone e via, solo quello.” insistette, scossi la testa disperata, “Non posso, mamma.” “Vera.. non puoi continuare così.” mi accasciai a terra portandomi le gambe al petto, cercavo con tutta me stessa di non piangere ma cominciavo a vedere sfocato, un velo di lacrime mi annebbiava la vista.
“Non posso..” sussurrai ancora, sapevo che se la conversazione fosse andata per le lunghe avrei ceduto piangendo e singhiozzando facendole venire una fitta al cuore, così cercai di finirla lì.
“Sicura? Passerai ancora il Natale da sola? Non ti fa bene tutto questo, Vera.. devi cercare di..” “Sicura, buon Natale, mamma, ti voglio un mondo di bene.” la interruppi, le ultime parole rotte.
La sentii sospirare, “D'accordo, buon Natale, piccola mia, stammi bene.” ed attaccò.
Poggiai la fronte contro le ginocchia trattenendo il respiro per alcuni secondi, poi, scoppiai in un singhiozzo rotto dalle lacrime, lo seguirono altri singhiozzi che mi bloccavano il respiro facendomi tossire.
Il vento mi accarezzava i capelli mentre me ne stavo seduta sull'altalena costruita da me e da mio padre quando avevo sei anni.
Fissavo l'erba che mi solleticava i piedi coperti solo dalle calze di seta nera che si infilavano sotto la larga felpa blu.
Ad un certo punto sentii l'altalena traballare e volare in alto, serrai le mani alle corde serrate al ramo dell'albero finchè l'altalena non tornò giù, un'altra spinta e mi ritrovai di nuovo in cielo.
Quando finalmente si fermò mi girai terrorizzata e delle labbra si posarono sulle mie schiudendosi e costringendomi a fare lo stesso.
Poi tutto il mio volto cadde in un calore piacevole appena delle mani mi presero il viso poggiandosi sulla guancia, “Sei gelida, amore.” sussurrò Liam a due millimetri dal mio viso, guardandomi negli occhi, non risposi e mi allungai con il collo per trovare di nuovo le sue labbra.
In un secondo mi sporsi troppo e mi ritrovai sopra il suo petto sdraiato sul prato, ridacchiai e gli levai una foglia da sopra la fronte.
“E tu sei ricoperto di foglie, amore.” sorrise, con il piedi mi diedi una leggera spinta per avvicinarmi al suo viso e sentii lo strusciare dei nostri vestiti mentre Liam si mordeva il labbro.
Finalmente riuscii a trovare le sue labbra e non aspettai altro secondo, incastrando le mani nei suoi capelli e facendo giocare la mia lunga con la sua.


Mangiai distrattamente il pollo nel mio piatto mentre fissavo fuori dalla finestra.
Quanto sarebbe stato bello se nevicasse, piccoli fiocchi di neve sparsi per tutto il giardino.. in tutta la mia esistenza avevo visto nevicare pochissime volte qui a Londra, pioveva sempre, in quel periodo sembrava piovere anche di più, come se fosse possibile.
Mi alzai e posai il piatto nel lavandino sciacquandolo.
Allungai il collo per vedere l'ora: 16:17.
Sospirai pregando che la giornata passasse più velocemente, poi mi affacciai alla vetrata della veranda e ci strusciai un dito sopra, guardando la sdraio sotto l'ombrellone blu che si muoveva col vento.

“Non posso crederci..” soffiai fra i denti e una nuvoletta di vapore gelido uscì dalla mia bocca, “Hai perso la partita.” gongolò Liam da dentro casa lasciando un bacio sulla vetrata.
Gli feci la linguaccia mentre mi congelavo sulla sdraio della veranda sotto l'ombrello blu su cui cadevano cumuli di neve, l'unica cosa a tenermi caldo erano i vestiti e il piumino attorno le mie spalle.
“Hai il nasino tutto rosso.” commentò il biondo, alzai gli occhi al cielo, “D-dai, Liam, f-f-fammi ent-trare.” balbettai mentre i miei denti battevano in continuazione.
Lo vidi sciogliersi e ridacchiai complimentandomi per il mio talento teatrale.
Cominciai a fare finta di tremare, tirai su col naso e mi rannicchiai sulla sdraio chiudendo gli occhi.
Due secondi dopo sentii la vetrata scorrere lentamente e Liam avvicinarsi per poi chinarsi vicino la sdraio e scostarmi i capelli dal volto.
“Vera? Ohi, torniamo dentro, fa nulla.” disse con tono di voce tenero, “Vera?” mi chiamò di nuovo, aveva solo una maglione nero a maniche lunghe e mi chiesi come faceva a non tremare dal freddo sotto quella neve gelida, anzi, le sue mani, che si posarono sulle mie guance, erano caldissime.
“Oddio, Vera!” alzò la voce disperato cercando di prendermi in braccio e portarmi dentro, ma spalancai gli occhi e scoppiai a ridere sotto il suo volto stupefatto che riprendeva colore poco a poco.
“Sei pazza? Mi stavi facendo venire un infarto!” urlò serrandomi le braccia coperte dal piumino, io continuai a ridere con le lacrime agli occhi, “Ma perchè non c'è mai una telecamera che filma quando serve?” dissi fra le risate, lo vidi alzare gli occhi al cielo cercando di non sorridere.
Poi mi gettai su di lui legandogli le braccia sulla nuca e lasciandogli un bacio sul collo, “Non farlo mi più..” bofonchiò poggiando le mani sui miei fianchi, io ridacchiai, “Sei stato dolcissimo.” sussurrai baciandogli la punta del naso, “Mmh..” mugugnò.
Posò le labbra sulle mie come ormai succedeva ogni ora, regalandomi un altro dolcissimo bacio.
Mi allungai di più verso di lui facendo scivolare di poco il piumino che mi scoprì un lembo di pelle facendomi rabbrividire.
Passando le mani nei suoi capelli sentii qualcosa di freddo e umido e appena capito cosa fosse ridacchiai.
Liam si staccò alzando un sopracciglio, “Hai dei fiocchi di neve nei capelli.” dissi e lui rise insieme a me per poi darmi un altro bacio, “Buon Natale, amore mio.” sussurrò sulle mie labbra guardandomi negli occhi, sorrisi, “Buon Natale.”.

Feci una smorfia quando ormai le lacrime avevano ricominciato a scivolare lungo le mie guance, le labbra e aggrapparsi al mio mento.
L'ultimo Natale passato con lui.
Mi morsi il labbro e scivolai lungo il vetro, infilai la mano nella tasca dei jeans e ne tirai fuori il cellulare.
Sospirai chiudendo gli occhi, poi cliccai un tasto.
Nessun nuovo messaggio.
Scoppiai in urlo liberatorio scagliando il cellulare contro il tavolino del salone.
Odiavo il Natale.
“Tesoro, tutto bene?” chiesi preoccupata spegnendo il phon ed avvicinandomi verso di lui, mi sedetti sulle sue gambe, “Liam..?” lo chiamai a bassa voce alzandogli il mento con un dito per guardarlo negli occhi, lui sforzò un sorriso.
Corrugai la fronte e abbassai lo sguardo nel punto dove l'aveva abbassato lui.
Fra le mani teneva una lettera già aperta, “Cos'è?” chiesi, Liam titubante me la porse.
Dentro c'era un foglio scritto al computer, formale, fin troppo formale e la firma alla fine non prometteva nulla di buono.
Feci scorrere gli occhi lungo le righe, quando ebbi finito restai in silenzio, fissa sulle ultime parole.
La rilessi, tre, quattro, cinque volte.
Sentii la mano di Liam posarsi sulla mia guancia e pulirmi una lacrima uscita senza che me ne accorgessi.
“Tu non puoi farlo..” bisbigliai distogliendo finalmente lo sguardo dalla lettera e posandolo sugli occhi nocciola di Liam che balbettò qualcosa, “Vera, io devo farlo.”.
“Quindi vuoi prender parte di una guerra che non ti riguarda?” chiesi corrugando la fronte, “Ci riguarda tutti, Vera.” disse lui rassegnato, “No, non l'hai cominciata tu, perchè allora devi concluderla?” “Vera..” “No, senti Liam, tu resti qui, ci inventiamo qualcosa, non so..” “Vera.” mi interruppe alzandosi dalla sedia obbligandomi a fare lo stesso, “Non posso.” mi sussurrò dolcemente accarezzandomi le guance con i pollici.
Non posso? Che voleva dire 'non posso'?
Non puoi, esatto, non puoi lasciarmi qui da sola per chissà quanto tempo, non puoi andartene e distruggere tutto quello che abbiamo costruito, non puoi partire e andare incontro alla morte, non puoi prendere un'arma, non puoi sparare a delle persone e non puoi farti sparare da loro. Non puoi abbatterti così, non puoi già arrenderti.
Non puoi andare a morire. Non puoi abbandonarmi. “Ehi..” mi richiamò posando la fronte sulla mia, sbattei più volte le palpebre, credevo di avergli detto tutto quello invece le parole mi erano morte in gola sulla prima lettera. Era successo come quando qualcuno ti chiama per svegliarti e poi sogni di alzarti finchè non ti accorgi che sei ancora al letto e non hai fatto nulla di tutto quello.
“Vera, parlami, tesoro.” mi sussurrò continuando ad accarezzarmi un guancia e guardandomi preoccupato.
Abbassai lo sguardo cercando di trovare la voce, sprofondata chissà dove.
“Liam..” cominciai e sospirai sollevata di averla ritrovata, “Non farmi questo, okay?” alzai lo sguardo incastrandolo nel suo, lui aprì la bocca per dire qualcosa ma lo precedetti, “Non andartene, non lasciarmi qui da sola, okay? Tu non sai quanto durerà questa guerra, non lo sai. E se durasse anni? Cinque, dieci, venti, trent'anni, Liam. Io come faccio? Come faccio senza di te per trent'anni, Liam? E tu? E se dopo un anno già non ci sei più?” lui strizzò gli occhi facendo uscire una lacrima e storse il naso, “Liam, ti prego, non farlo. Non procurare questo peso a tutti e due. Come fai a proseguire se io sono qui? Con il pensiero che io sono sola? E io? Come faccio a mangiare e dormire sapendo che stai rischiando la vita? Che ti basta distrarti cinque secondi per farti sparare? Ti prego.. ci inventiamo qualcosa, ti.. ci nascondiamo, scappiamo, quello vuoi, ma.. non andare.” mi accorsi che stavo piangendo solo quando le lacrime mi toccarono le labbra e caddero sulla lingua.
Liam restava con lo sguardo basso e scuoteva la testa lentamente, poi le sue mani scivolarono dalle mie guance alle mie spalle ed alzò il volto, “Vera, ascolta un attimo, riesci a ragionare solo per un momento?” chiese scuotendomi appena, annuii a tratti.
Fece un respiro profondo, “Pensi che sia tutto così semplice? Pensi che ci basti scappare e tutto è finito? Ti rendi conto che è una guerra? Scappiamo e dove andiamo poi? Ovunque vai c'è un uomo con un fucile. E i tuoi genitori? Li lasciamo qui? I nostri amici? Fra poco tutto sarà completamente deserto, tutto chiuso, ma non solo qui, Vera. Vogliamo andare in Francia? Negli Stati Uniti, addirittura? Ti rendi conto di quello che hai detto? E i soldi, chi ce li regala? I tuoi genitori? E su, Vera, scappiamo come dei codardi, sul serio?” si fermò un attimo per riprendere fiato, anche se le parole erano ironiche ed amare continuava ad avere un tono basso e confortevole, “Non posso, non posso restare, non posso fuggire. Ti giuro.. ti giuro che resisterò fino all'ultimo, te lo prometto. Ti prometto che ci sentiremo ogni giorno, che ti spedirò lettere su lettere, ti manderò messaggi.. tutto, pur di farti sapere che sto bene.” restammo un attimo a guardarci, non volevo dargliela vinta ma aveva ragione e faceva così male.
“E ti prometto che tornerò, sano e salvo, e sarò tuo, per sempre.” sospirai.
“Promesso?” riuscii a sussurrare e involontariamente mi uscì un singhiozzo, lui mi sorrise e mi accarezzò i fianchi con le mani, “Promesso.” poi si chinò per baciarmi e sentii le sue mani stringermi ancora di più, allungai le braccia e le strinsi dietro il suo collo.
Strinsi così forte che non mi accorsi che gli stavo tirando i capelli facendolo gemere, così cercai di calmarmi.
Rallentai i movimenti delle labbra e della lingua così che il bacio tramutasse da violento a dolce fino a sciogliermi del tutto.
Allentai la presa delle mani e gli accarezzai la nuca fino a passarle sulle guance ispide per la barba non stata tagliata quella mattina.
Mi alzai in punta di piedi per riuscire a toccargli bene le labbra e mi lasciai trasportare da quel bacio cercando di dimenticare il mondo intero.


Aprii lentamente gli occhi, intorno a me era buio.
Poggiai il gomito sotto di me per tirarmi su.
Mi ero addormentata, sul pavimento del salone.
Mi poggiai le mani sul volto cercando di riprendere coscienza poi mi alzai traballante e mi appoggiai al divano accendendo la lampada sul comodino, l'orologio segnava le undici e due di sera.
Fra qualche ora sarebbe stato Natale e non sapevo se sarei resistita a tanto.
Sbadigliai ed andai in bagno sciacquandomi il viso e sciogliendomi i capelli che mi ricaddero sulle spalle.
Poi, il mio sguardo scivolò dallo specchio alla tenda bianca panna che volteggiava sulla finestrella aperta.
Aguzzai la vista e guardai fuori dove le luci delle case erano tutte accese e la gente urlava e correva nella stessa direzione.
Cosa stava succedendo? Uscii dal bagno ed afferrai il cappotto uscendo di casa.
Tutte le case si erano svuotate, i bambini, le donne ed i vecchi correvano verso la stazione, chi in macchina, chi in moto, chi a piedi.
Una donna mi passò velocemente davanti, era in pigiama ed in lacrime.
Le corsi dietro e cerci di fermarla poggiandole una mano sulla spalla, “Scusa.” la chiamai, lei si girò, gli occhi erano rossi e gonfi, “Emh.. n-non.. ma che sta succedendo?” chiesi, la donna mi regalò un enorme sorriso e mi strinse a se in un abbraccio, rimasi ad occhi spalancati e restituii titubante l'abbraccio, “E' finita.” mi disse poi allontanandosi, “Cosa?” “E' finita!” urlò ricominciando a correre immergendosi fra la folla, allungò le braccia al cielo, “La guerra è finita! Abbiamo vinto!” e caddi a terra in ginocchio.
La mia vista cominciò a sfocarsi, lentamente, tutta la folla che urlava e correva diventò una macchia sfocata che si muoveva ammassandosi.
Le mani mi cominciarono a tremare e il respirò diventò irregolare mentre nuvolette di vapore bianco mi uscivano dalla bocca.
E' finita.
E' tutto finito.
Scossi la testa asciugandomi con i polsi le lacrime, poggiai una mano a terra e cercai di rialzarmi poggiando un piede nudo sull'asfalto, poi, appena alzata sorrisi e cominciai a correre stringendomi il cappotto nei pugni.
Inciampai un paio di volte ma dopo solo due secondi ero di nuovo in piedi.
Quando arrivai alla stazione mi dovetti fermare per le centinaia di persone davanti a me.
Mi guardai attorno e salii su una panchina in punta di piedi cercando di guardare oltre le persone.
Dal treno uomini in divisa uscivano sorridenti e correvano a braccia aperte verso qualcuno in mezzo alla folla. Vidi un uomo correre verso dei bambini e tirarli su girando su se stesso senza smettere di baciarli.
Un ragazzo era corso in contro ad una ragazza in lacrime su una sedia a rotelle, uno urlava a squarcia gola un nome, una donna anziana si era sbracciata per poter arrivare ad abbracciare il figlio, una ragazza aveva colto di sorpresa il fidanzato che non aveva fatto in tempo neanche a scendere.
“Scusa.” mi sentii chiamare e mi girai, un uomo in divisa mi sorrise e guardò prima la donna anziana al suo fianco e poi me, “Possiamo.. sederci?” chiese continuando a sorridere, annuii e scesi dalla panchina per poi cercare di farmi spazio fra la folla.
Piano piano la gente diminuiva, cinquanta, trenta, venti, dieci..
Vidi un sorriso sparire dal volto di una donna mentre si allontanava correndo dalla stazione.
L'uomo che mi aveva chiesto se sua madre si poteva sedere ormai era tornato a casa.
Non sapevo quanto ero rimasta lì ad aspettare, era buio pesto, solo la luce dei lampioni illuminava il treno, vuoto.
Sentii un urlo di disperazione e mi voltai di scatto vedendo una donna accasciarsi a terra piangendo mentre un signore in divisa la consolava.
“Andiamo a casa..” sussurrò un vecchio ad una vecchia pulendole le lacrime sulle guance rugose.
“Mamma, dov'è papà?” mi voltai ancora, un bambino tirava la gonna di una donna che guardava ad occhi lucidi il treno, abbassò lo sguardo sul figlio e sforzò un sorriso, “E'.. e' ancora fuori per lavoro, lui torna più tardi degli altri.” disse con voce flebile lasciando un bacio sulla fronte del bimbo, poi lo prese per mano e si allontanarono sparendo nel buio della strada.
Pian piano anche le altre persone se ne andarono, piangendo.
Anche la donna che urlava disperata se ne era andata strisciando i piedi a terra, ormai terminate le lacrime.
“Scusi, signorina..” mi voltai e vidi un uomo farmi segno di spostarmi per poter pulire.
Mi allontanai lentamente senza dire niente, la bocca increspata dal vento freddo, i piedi nudi congelati.
Mi guardai intorno silenziosamente, non era rimasto nessuno, solo io.
Sentii un rumore di una portiera e un uomo scese dalla guida del treno con le mani in tasca e una sigaretta fra le labbra, “Scusi.” lo chiamai avvicinandomi ma i piedi mi facevano male fra i sassolini.
L'uomo si girò alzando le sopracciglia, “Mi dica.” “Credo ci sia un errore.. lei conosce Liam Payne?” gli chiesi, all'inizio mi parve di vedere un sorrisino divertito spuntare sul volto dell'uomo che poi ridivenne serio, “Scusi, signorina, ma non sono addetto a certe cose, se non lo ha visto uscire dal treno..” esitò, “Mi dispiace.” e si allontano calciando qualcosa.

Quando tornai a casa sbattei così forte la porta che tremò tutta la parete.
Scoppiai in un grido glaciale e le lacrime caddero a catinelle per terra creando una pozza.
Mi aveva detto che si sarebbe fatto sentire, che mi avrebbe scritto ogni giorno, che avrebbe fatto di tutto pur di farmi capire che stava bene.
Mi aveva detto che sarebbe tornato.
Me lo aveva promesso. Mi aveva promesso che sarebbe stato mio, per sempre.
Presi il vaso di vetro sul comodino e lo scagliai contro un quadro che si staccò dalla parete e cadde rompendosi e sdraiandosi fra le schegge del vaso.
“Me lo avevi promesso!” gridai dando un calcio al divano, non badai al dolore, buttai giù il pendolo che fece un rumore tremendo.
“Dove sei ora?” urlai in lacrime, il cappotto zuppo mi scivolò a terra, feci per prenderlo ma con una fitta di rabbia lo strappai.
“Dove sei, Liam!” urlai singhiozzante, mi accovacciai vicino la libreria ed afferrai un quadretto dove c'eravamo io e lui, sorridenti, innamorati.
Mi uscì un altro singhiozzo strozzato e lanciai la foto nel punto dove erano cadute le schegge del vaso e la cornice del quadro.
Rimasi a fissare quel disastro, poi mi alzai di scatto in lacrime sussurrando 'no' ad ogni singhiozzo, corsi dove avevo lanciato la foto ma scivolai e caddi fra le schegge bucandomi le ginocchia e le mani con cui mi ero parata, un altro urlo.
Con le mani sanguinanti cercai la foto e la afferrai tremante cercando di non far caso al dolore che mi partiva dalle ginocchia ai piedi e dai gomiti alle braccia.
“Non ci sei più..” sussurrai, poi respirare si fece più difficile a causa dei singhiozzi e delle lacrime.
Restai lì per neanche cinque minuti, inerme, gli occhi gonfi, il vestito unto di sangue, il dolore che si era calmato ma continuava a pulsarmi, la testa che mi faceva male.
E poi il pendolo rotto fece dei suoni strozzati, le luci nelle strade si accesero mentre si sentiva la pioggia battere sulla strada.
Si sentirono urla di gioia e bambini che gridavano felici.
La mezzanotte era scoccata, era Natale.
Non avevo neanche più la forza di urlare e piangere.
Nello stesso momento in cui feci per sdraiarmi nell'ammasso di schegge, e magari rimanere lì finchè non sarei morta di fame e freddo, il campanello suonò.
Sbattei piano le palpebre cercando di riprendere coscienza ma non mi alzai, fosse stato Babbo Natale, il bambin Gesù, i miei genitori o la morte stessa non credo che mi sarei mai fatta vedere in quello stato.
Un minuto e suonò di nuovo, grugnii e quando suonò la terza volta poggiai tremante una mano a terra facendo una smorfia per il dolore delle schegge, cercai di tirarmi su aggrappandomi con le unghie alla parete e saldando i piedi sanguinanti a terra, feci un respiro profondo e feci un passo avanti allontanandomi dal muro.
Arrivata alla porta mi appoggiai alla maniglia cercando di riprendere fiato e mi guardai, ero zuppa di sangue e mi pizzicavano gli occhi.
Poi abbassai la maniglia a testa bassa ed aprii la porta.
Le luci nelle strade mi colpirono in pieno la faccia e dovetti strofinare gli occhi, perchè nessuno aveva parlato? Era già fuggito guardandomi?
Allontanai le mani dal viso e per un momento mi sentii svenire, la mente annebbiarsi, gli occhi girarsi.
Ero già in paradiso? Ero morta? Quando tempo era passato? La morte era così indolore?
Qualunque cosa fosse successa non riuscii a trattenere un sorriso e altre lacrime mi scesero sulle guance mentre mi portavo le mani gracili e sanguinanti sulla bocca.
“Liam..” sussurrai sorridendo, era lì davanti a me, immobile, un mazzo di rose in mano, la faccia pietrificata, la bocca socchiusa, gli occhi spalancati, pareva terrorizzato.
Poi mi ricordai lo stato in cui ero ridotta e mi venne da ridere.
Mi lanciai su di lui legandogli le braccia al collo quasi facendolo cadere all'indietro e nascosi il viso grondante di lacrime nell'incavo del suo collo.
Cercai di accarezzargli i capelli ma ne trovai di meno di quanti ne aveva prima.
Era ancora in divisa, ma era bellissimo, la barba era sempre della stessa misura, era più muscoloso, pallido, era stanchissimo, due occhiaie gli contornavano gli occhi nocciola.
“Liam.. oh, Liam.” sussurrai singhiozzante lasciandogli un bacio sulla guancia e alzandomi sulle punte, si era alzato.
“V-vera..” sussurrò, “Sono io, amore, sono qui..” con un gesto velocissimo mi afferrò il viso e spinse le sue labbra sulle mie schiudendole quasi subito e stringendomi per la vita facendo cadere a terra il mazzo di rose.
“Vera, sei.. sanguini.” disse staccandosi e una rughetta di preoccupazione si formò sulla fronte, io ridacchiai, “Sei tornato..” sussurrai, “Vera, stai b..” “Ssh, ti prego. Per favore, non dire nulla.” lo interruppi poggiandogli un dito rosso sulla bocca, lui sorrise e riprese a baciarmi.
“Buon Natale, amore.” mi sussurrò all'orecchio per poi lasciarmi un bacio sul collo, lo abbracciai poggiando la guancia sul suo petto e piangendo altre lacrime, “Ti amo tanto, Liam.” e mi strinse ancora di più poggiando il volto sui miei capelli, “Ti amo anche io, amore.”.

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Hello.
Eccomi qui con la one shot di Natale c:
Andrò di fretta perchè sono davvero stanca e devo cominciare assolutamente i compiti, è il 2 gennaio e ho fatto tre cose..
Ah, mi sono ricordata di una cosa:
BUON ANNO, BELLEZZE!
Okay, vi chiederò del vostro capodanno nella mia ff :3
Beh, ora parliamo della one shot.
Sinceramente pensavo di meglio, è più bella 'Take it easy' uff, io speravo venisse splendida.
Vabè, comunque non è neanche da piangersi addosso.
Dopotutto non è morto nessuno.
Di solito muore sempre qualcuno nelle mie one shot, questa è l'eccezione che.. com'era quel modo di dire?
Vabuò, fatemi sapere cosa ne pensate!
Grazie a tutte quelle che hanno usato un pò del loro tempo per dargli un'occhiata e soprattutto a quelle che mi faranno sapere i loro pareri!
Buona notte, belle ♥

  
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