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Autore: jede    03/01/2013    4 recensioni
Aprì la bocca, come per voler dire qualcosa, ma rimase a bocheggiare per un pò, prima di trovare il fiato per parlare.
-Non so nemmeno il tuo nome-, sussurrò guardandola negli occhi.
Santana sorrise, addolcita da quello sguardo. -Ti importa per davvero?-.
°°°°
A volte ti chiedi come mai i cambiamenti arrivano quando meno te l'aspetti; Un nuovo amore che bussa alla porta quando non ne senti piu il bisogno, mentre hai passato mesi e mesi a cercarlo e sperare che arrivasse. E in quei momenti ti chiedi: perchè adesso?
Perchè ogni favola, ha bisogno del suo tempo.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Brittany Pierce, Nuovo personaggio, Santana Lopez
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Once upon a time...'
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NdA:Vi consiglio prima di leggere Fairytales (che troverete qui http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1486348&i=1) prima di continuare, altrimenti molti punti non li comprenderete!
Grazie, buona lettura.



 
A mia sorella, Dede.
Emma è nata per te,
grazie a te e 
ti appartiene.




A NEW FAIRYTALE
 

 
Quando perdi qualcuno che ami, in qualunque modo questo accade, ti senti a pezzi; Ti chiedi come sia possibile che un corpo cosi forte riesca a sgretolarsi sotto al solo tocco di un ricordo, e senti costantemente quel dolore nel petto che ti rende piu freddo e chiuso verso chiunque ti si avvicini. 
Cosi, quando incontri qualcun'altro, qualcuno che sembra invece saperlo curare quel male, qualcuno che ti ascolta e che non si fa intimidire da quel guscio che racchiude tutto ciò che c'è ancora di salvo in te, non puoi far a meno di chiederti "Perchè adesso?" .
Perchè non quando ne avevi più bisogno, perchè non addirittura prima che tutto quello iniziasse? 
Perchè solo adesso?
 
 
°°°°°°°°°°°°°°°°
 
 
-Because Red Riding Hood met the wolf in the woods

 
Il fatto che Rachel Barry vivesse sul suo stesso palazzo, non aveva mai impedito a Santana di ignorarla completamente quando la incrociava, cosa che scatenava sempre da parte della nana isterica una serie di strilli e commenti acidi su quanto poco fosse cambiata dal liceo.
Il fatto che però, dal liceo Santana si sentiva cambiata in tutto e per tutto la aiutò enormemente nel fingere di non aver sentito nulla di quello che aveva detto; Certo, viverci vicino dava i suoi fastidi, ma non poteva negare che avere qualcuno che le ricordava quanto bello fosse il liceo da cui ormai era scappata e ben lontana, fosse bello.
In piu, adesso che Quinn aveva saputo che Santana si era trasferita piu vicina a tutte, -ancora non capiva come Rachel e Quinn fossero diventate amiche-, aveva iniziato a far partire una tradizione di sole femmine che prevedeva film, cibo spazzatura o, durante le serate che si sentivano maggiormente depresse o esaltate, un pub e un bel pò di drink.
A volte Quinn glielo diceva, che era cambiata, ma nessuno fino a quel momento aveva mai osato chiederle piu di quello che lei era disposta a dire; Non parlavano delle Cheerios, non ricordavano la Unholy Trinity quando parlavano degli anni del liceo e nessuno aveva mai tentato di nominare Brittany neppure una volta.
Era un'argomento tabù e, fino a quel momento, tutte avevano messo a tacere quella voglia bruciante che avevano sottopelle di sapere che cosa fosse accaduto tra le due ragazze.
Quando Quinn però annunciò alla ragazza che quella sera altri membri del Glee Club che erano riuscite a rintracciare dopo mesi, si sarebbero uniti a loro, Santana iniziò seriamente a temere che alcuni non si sarebbero di certo fatti problemi a chiedere tutto quanto. E dopo mesi, Santana non era ancora pronta.
 
Il piccolo appartamento di Rachel era praticamente identico al suo, tranne per l'arredamento, ovvio, e la prima volta che Santana aveva varcato la soglia della sua nuova dimora, le era subito piaciuto; Era piccolo, intimo, ciò che le serviva per star bene con se stessa e ricominciare in quella città che era enorme.
Dopo il fatitico giorno del diploma, rivide Rachel Barry e la prima cosa che fu in grado di fare fù ridere; Si, perchè era una cosa abbastanza ironica il fatto che in tutta New York, proprio l'elfo isterico si era dovuta ritrovare davanti, da sopportare.
Solo col tempo, e con l'arrivo di Quinn, Santana iniziò a parlare, spiegando a grandi, grandissime, linee quello che era accaduto tra lei e Brittany, -una lite, non siamo state in grado di perdonare-,  e dove fosse stata durante quei mesi di vagabondaggio,-un pò a sud, poi mi sono stancata-.
Ora, mentre la porta dell'appartamento di Rachel si apriva davanti a lei facendole solo intravedere vagamente la confusione che stava all'interno, Santana si domandò che razza di fato sadico le fosse capitato.
La prima cosa che notò, e sentì, furono le braccia muscolose di Puck stringersi attorno al suo corpo, sollevandola di poco dal pavimento per poi lasciarla andare solo dopo averla portata dentro.
-Oh, Santana, come mi è mancata la tua espressione disgustata-, ridacchiò immerso nei suoi capelli.
La mora sentì il cuore sciogliersi, scaldandosi tra quelle braccia cosi familiari e si obbligò a non versare neppure una piccola lacrimuccia.  -Puck, mi soffochi-, sbottò.
Il ragazzo rise, mollandola e lasciandole cosi intravedere gli altri ospiti; Sparsi per la stanza, ognuno seduto dove capitava le sembrò di ritrovarsi dentro a quell'aula spaziosa del liceo McKinley, con il suo Glee. 
Kurt e Rachel stavano parlando vicino al tavolo, sorridendo e scambiandosi sguardi che solo loro potevano capire, Quinn parlava con Sam e di tanto in tanto lanciavano qualche sguardo verso Mercedes e Finn che invece stavano seduti sul divano con l'espressione di due che sicuramente preferivano trovarsi da qualche altra parte.
Una vera e proprio riunione del Glee, senza però tutto il Glee.
Fu il turno di salutare tutti, chi con piu gioia chi con meno, ma alla fine Santana era certa che tutti stavano provando la stessa sensazione di famiglia che lei stessa sentiva; Con quella gente aveva passato il periodo piu bello di tutta la sua vita, credeva per davvero di riuscire a dimenticarne anche uno solo di loro?
E quando Puck si fece avanti, sbottando con una classica frase da Puckzilla, -Dove sono gli alcolici, Barry?-, tutti scoppiarono a ridere, e per un secondo, uno soltanto, a Santana sembrò di sentire anche la risata di Brittany tra le loro.
 
La serata trascorse tra ricordi, scherzi, piccole liti e tanti, tanti bicchieri di alchool. Nel momento in cui vide Mercedes sfilarsi con sguardo sensuale la maglietta verde che indossava, seppe che la festa stava degenerando; con un sospiro si alzò dal pavimento dove si era lasciata cadere poco prima, e con il suo fedele bicchiere in mano si avviò vero la cucina, alla ricerca di qualcosa da mangiare.
Certa di non trovarci nessuno, si bloccò quando sentì delle voci all'interno e il suo nome sopratutto, pronunciato da una voce che non riconobbe.
-...ma quindi, adesso, non si sentono proprio?-.
-Oh non ne ho idea, ma da come si comporta potrei dirti di no-, quella voce, la seconda, la riconobbe benissimo come quella di Rachel.
-Dio che situazione-.
Il fruscio di qualcosa che veniva spostato distrasse appena i due interlocutori. -E non sai ancora il bello-.
Santana dalla sua postazione aggrottò la fronte, facendosi piu vicina all'uscio, cercando di restare il piu lucida possibile anche se di alchool ne aveva bevuto ben poco. 
-Brittany, sembra che stia venendo a New York, o almeno cosi dice Mercedes che la sente ancora-, sussurrò senza preoccuparsi di abbassare la voce.
Le voci ricominciarono a discutere, ma ormai l'attenzione di Santana era completamente scivolata via; Sbattè le palpebre, cercando di capirci qualcosa, ma l'unica cosa che riuscì a fare fù avviarsi verso l'uscita, afferrando con noncuranza il suo giubbotto dall'attaccapanni prima di spalancare l'uscio e andarsene.
 
Non andò a casa, non ce la fece proprio, cosi scese tutti gli scalini e solo quando l'aria gelata della sera le colpì il viso, riuscì a respirare per davvero; Socchiuse gli occhi, lasciandosi trascinare dal vento, diretta da qualche parte di quella città cosi grande e che ora le stava troppo stretta.
Senza rendersene conto si trovò vicino a Central Park, che era a quasi una decina di isolati da casa sua, e si mise a camminare tra quelle vie che aveva molte volte percorso, senza pensare a nulla in particolare; Faceva freddo, ma c'era ancora qualche coppietta che passeggava tra quelle stradine che la facevano sentire meno sciocca dalla sua fuga cosi improvvisa.
Non aveva neppure domandato per quanto restavano, se avevano dove dormire, se sarebbero ripartiti subito; non li aveva neppure salutati.
Santana chiuse gli occhi, dandosi della scema per quello che aveva appena fatto e presa com'era dai suoi pensieri non si accorse neppure di dove mise i piedi; prima di rendersene conto era faccia a terra, mentre imprecava dentro di se e mentalmente ringraziava chi le avesse dato i riflessi di mettersi le mani davanti  al viso, per non dover fare una visita al pronto soccorso per concludere in bellezza la serata.
Si poggiò sulle ginocchia, registrando a malapena di sentire i palmi scottare, cosi come un leggero dolore al ginocchio sinistro.
-Oddio, cosahofattomidispiace-, una voce sputò fuori quelle parole alla velocità della luce tanto che Santana capì ben poco di quello che le uscì dalla bocca.
Santana si alzò in piedi, spolverando i pantaloni, alla segreta ricerca di strappi o sangue che, fortunatamente non trovò. -Che diavolo...-, borbottò tra sè e sè.
Una mano si poggiò sul suo braccio, in un vano sforzo di aiutarla a mettersi in verticale. -Ti supplico dimmi che stai bene-.
Santana finalmente si decise a guardare la persona che le stava davanti e la prima cosa che notò fu che la persona che aveva davanti era bassa; Oh si, un basso di quelli che devi abbassare lo sguardo di almeno una decina di centimetri.
Incrociò due occhi marroni, ma non era del tutto certa a causa del buio della sera e quel lampione che stava a poca distanza che creava ombre scure praticamente ovunque; In piu i suoi occhi erano attirati, quasi ipnotizzati dai ciuffi rossi scuro che sbucavano da sotto un betterro di lana, che le incorniciava un viso piccolo e un pò arrotondato.
Non si preoccupò di spiegare il suo sguardo, ma le venne quasi da ridacchiare quando notò lo sguardo da pesce lesso che aveva la ragazzina mentre la osservava a sua volta; L'acceso rossore che poi le imporporò le guancie quando si accorse che era osservata, portò Santana a pensare che si era imbattuta in una ragazzina di quidici anni.
-E'.. è tutto okay?-, sussurrò la ragazza.
Santana continuò ad osservare la ragazza, cercando di decifrarne l'età, ma ben presto si rese conto che facendo cosi non faceva che metterla a disagio.
-Si, si, tutto okay-, abbassò lo sguardo notando solo allora che era proprio la ruota di una bici che l'aveva fatta inciampare.
-Scusa, stavo ascoltando la musica, non avevo visto che avevo lasciato la bici in mezzo alla via e l'avrei spostata se avessi saputo che sarebbe passato qualcuno, ma solitamente a quest'ora non passa mai nessuno quindi mi sono detta "hei che può succedere" come al solito, ma mi ripeto sempre che è un'abitudine che devo togliermi, questa, lasciare le cose dove capita e...-, riniziò a parlare alla velocità della luce.
-Hei, calma calma!-, Santana la bloccò, portando una mano davanti al viso della ragazza. -Io sto benissimo, quindi non massacrare la tua coscienza-.
La ragazzina sorrise, abbassando la testa e annuendo leggermente.
Una coppia passò poco distante e Santana alzò appena la testa per osservare il cane che abbaiava, correre lontano prima di essere rincorso dal padrone; Con uno schiocco di lingua tornò a prestare attenzione alla ragazzina.
Teneva il viso basso, mettendo cosi ancora piu in evidenza i suoi capelli rossi, mentre la luce giocava a creare ombre sulla sua pelle quando le dita passavano con imbarazzo tra quei ciuffetti colorati; Il corpo era coperto da un piumino e si intravedevano dei jeans neri stretti a sigaretta ed un paio di scarpe da ginnastica, classiche. Il tutto la rendeva cosi...
-...piccola-, sussurò senza farci caso la mora.
La ragazza alzò di scatto la testa. -Cosa?-.
Santana scosse la testa, scacciando quei pensieri, chiedendosi pure che cosa ci faceva ancora là ferma come un'idiota a parlare con un'estranea che poteva pure aver la metà dei suoi anni, piu o meno.
-Nulla. Io... devo andare-, sbottò sviando lo sguardo e lanciandogli un ultimo sorriso prima di allontanarsi da lei, fino a svoltare l'angolo e sparire cosi dalla sua vista.
Ne era certa, non l'avrebbe piu rivista, ma nulla le potè impedire di sorridere mentre lanciava uno sguardo alle sue spalle, sperando quasi di trovarci due occhi di un colore indefinito e una zazziera di capelli lucenti.
 
°°°°°°
 
-Because Charming kissed SnowWhite for make her wake up
 
 
-Sei sparita giovedì-, sussurrò Quinn mentre entrava assieme a lei nel Starburks vicino all'appartamento di Santana, a prendere il loro consueto caffè, divenuto ormai per Santana una droga.
-Lo so-, scrollò le spalle quest'ultima.
Non gli importava davvero di quello che aveva combinato poche sere prima, anzi, aveva la dannatissima voglia di cancellare tutto quello che aveva fatto, dall'alcool ad origliare quella dannata conversazione; Poco importava che Quinn l'aveva sgridata dicendole che almeno avrebbe potuto salutare o che Rachel l'aveva bellatamente ingorata quel mattino sul pianerottolo, neppure le avesse detto che la sua festicciola faceva schifo.
Si mise in fila, quindi, decisa piu che mai a lasciar correre, bramando invece qualcosa di piu dolce come il caffè che solo quel bar riusciva a produrre.
Quinn al suo fianco iniziò a parlare di qualche nuovo acquisto che aveva preso in quei giorni, e lei preferì di gran lunga perdersi ad osservare il paesaggio al di fuori delle vetrine del locale, dove sul marciapiede e in strada c'era il pienone di gente e mezzi, non che solitamente a New York ci fosse una sola via del centro sgombra.
Un rumore di ceramica andata in frantumi attirò la sua attenzione, come quello di tutto il resto della clientela, facendo scattare il suo sguardo verso destra, dove a terra c'erano un paio di bicchieri e piatti in ceramica a pezzi.
Alzò lo sguardo d'istinto, finendo per incrociarne uno piu spaurito che si spostò immediatamente sul pavimento; Santana riconobbe in quegli occhi la ragazzina che aveva incontrato solo poche sere prima, e un sorriso le spuntò immediatamente sulle labbra costatando che allora non se l'era per davvero immaginata quella bambolina di porcellana.
In un lampo la ragazza era a terra sulle ginocchia, intenta a raccogliere ogni piu piccolo pezzetto di ceramica, con gesti svelti e agitati.
Santana fece appena in tempo ad annotarsi a mente il grembiule verde scuro che portava e la targhetta attaccata al petto, prima che quest'ultima, con il suo solito passo frettoloso si alzò e aprì dietro alla porta riservata al personale.
Quinn al suo fianco sbuffò, distogliendo lo sguardo come tutti gli altri clienti, che come lei avevano osservato tutta la scena contrariati, e riprese da dove si era interrotta, ma se già da prima non aveva l'attenzione di Santana, ora ne possedeva ancora di meno. La mora infatti era fin troppo concentrata ad osservare chiunque uscisse o entrasse da quella porta, per fingere anche solamente di starla a sentire.
Quando però toccò a lei e a Quinn ordinare, Santana si rese conto che difficilmente dal modo in cui era scappata, la ragazza avrebbe avuto il coraggio di mettere naso fuori da quella porticina. Con un sospiro, quindi, si voltò verso il bancone dove una sorridente donna con una bizzarra cuffia in testa le chiese l'ordine.
-Un caffè macchiato bollente e una cioccolata dolce-, sorrise di rimando, facendole segnare anche i nomi.
Le due si spostarno verso l'altra parte del tavolo, ma, Santana fece appena in tempo a prendere in mano il suo bicchiere con sopra il logo del locale che una testa rossa acceso le sfrecciasse davanti agli occhi, uscendo fuori di corsa.
Seguì come meglio potè la testa della ragazza, ma appena quella mise piede fuori dal locale, Santana posò una mano sulla spalla di Quinn attirando la sua attenzione.
-Devo andare, Quinn, ci vediamo dopo-, sbottò senza darle tempo di rispondere e dirigendosi veloce verso l'uscita per non perdere del tutto la ragazza.
Quando fu fuori, si strinse d'istinto la sciarpa attorno al collo prima di cercare con curiosità quei capelli rossi familiari; Non riuscì ad individuarli per un minuto buono, ma non dovette in realtà preoccuparsi molto visto che la ragazza stava poco distante da lei, davanti alle striscie pedonali, in mezzo ad un mucchio di alti pedoni che aspettavano di poter attraversare.
Le si avvicinò, senza trovar la forza di smettere di sorridere e l'affiancò.
-Ciao-, sussurrò per attirarne l'attenzione.
La ragazza saltò sul posto, voltandosi di scatto verso di lei e arrossendo immediatamente, senza emettere alcun suono; Rimase semplicemente ferma ad osservarla, come se credesse di essere diventata pazza tutto d'un colpo e stesse immaginando tutto nella sua testa.
Santana però non si fece intimidire da quello sguardo, ma anzi una domanda le sorse spontanea. -Senti, lo so che può suonare un pò strano, ma... quanti anni hai?-, chiese.
Dentro di sè, una piccola, minuscola quasi invisibile vocina iniziò a pregare silenziosamente che ne avesse minimo piu di sedici: guardandola ora, alla luce del sole, -dio, aveva degli occhi verdi magnifici-, Santana non era certa di poter affermare con sicurezza la sua età.
Bassina, con quel look trasandato da classica teenager, i capelli rossi, il visetto tondo e quegli occhi spaventati da Bambi, Santana davvero iniziava a temere di star flertando con una minorenne.
Che poi, ci stava davvero flertando? No, la sua era solo curiosità e gentilezza.
-Diciotto-, la voce della ragazza la riportò coi piedi a terra e per poco la mora non sospirò di sollievo.
Bene, era maggiorenne almeno, la prigione era evitata.
Prima di poter aggiungere qualcosa, le persone attorno a loro iniziarono a muoversi, vedendo scattare il verde e le due furono obbligate a cammiare assieme a loro per non venir travolte; Quando furono dall'altra parte, Santana si fermò vicino alla fermata dell'autobus, e la ragazza si fermò assieme a lei.
Si guardarono per un momento, nel quale Santana potè finalmente notare tutti quei particolari che qualche sera prima gli erano stati negati: i capelli erano un rosso rame, non molto acceso, ma abbastanza da attirare l'attenzione, la pelle era olivastra scurita forse dal sole estivo, le labbra piene e rosse erano spezzate in un brevissimo tratto da una cicatrice quasi invisibile, che le rendeva ancora piu invitanti, e gli occhi erano di un verde chiaro, e forse c'era anche del marrone, ma Santana non poteva affermarlo con sicurezza.
Le dita delle mani, con le unghie colorate di nero andavano in continuazione a spostrae un ciuffo dalla fronte, in un tic forse di nervoso dovuto alla sua presenza e le scarpe che indossava erano in piu punti sporche di colore e si riuscivano ad intravedere qualche scritta fatta con la biro, probabilmente.
La ragazzina si schiarì la voce, alzando gli occhi per incrociare quelli di Santana. -Senti, io devo andare a casa, mi stanno aspettando-.
Santana sobbalzò. -Ah, certo, scusa! Ti lascio andare-.
Fece per girarsi quando la voce della ragazza la bloccò. -No, aspetta! Mi chiedevo in realtà se ti andasse di.. accompagnarmi, tipo-, sussurrò intimidita.
Santana la osservò, stretta com'era nel suo giubbetto e non riuscì a trattenere un sorrisetto mentre annuiva accettando, senza neppure rendersene conto. Che diavolo le stesse accadendo, non lo sapeva, ma si stava rendendo conto che quegli occhi erano i piu luminosi che avesse mai visto.
 
Durante il tragitto non parlarono, la ragazza troppo intimidita da Santana, e Santana troppo concentrata a dare un significato a quello che stava facendo; La mora seguiva i movimenti della ragazza e neppure per un istante sentì quel silenzio pesante, certo forse una chiacchierata avrebbe alleggerito la situazione, ma non la infastidiva per nulla.
Stare accanto a quella tipa, cosi piccola e intimidita la faceva sorridere senza neppure un vero e valido motivo; Cosi, l'inteneriva quello sguardo e quelle movenze.
Quando la ragazza si fermò di fronte ad un paio di case a schiera, Santana scrutò per un momento l'ambiente che la circondava prima di voltarsi verso la ragazza, che approfittando di quel suo attimo di distrazione, fece la cosa piu strana che Santana si aspettava: con uno scatto si alzò sulle punte, posando una mano sulla spalla e l'altra dietro al collo di Santana, facendo combaciare le loro labbra in modo rude e veloce.
Santana rimase con gli occhi spalancati, di certo presa alla sprovvista da quel gesto avventato, ma in un battito di ciglia la ragazza si era già staccata facendo qualche passo indietro, moridicchiandosi il labbro.
Sorrise, quasi birichina. -Grazie-, sbottò prima di sparire da davanti la vista della mora che era rimasta pietrificata sul posto.
Era durato neppure un secondo, ma Santana era riuscita a percepire il profumo della pelle della ragazza, la presa decisa delle mani che l'avevano obbligata ad abbassarsi per raggiungere la sua altezza, e quando si passò la lingua sulle labbra sentì anche un leggero aroma di fragola, che la portò a chiedersi quanto ancora potesse apparirle quella ragazza ai suoi occhi.
Si voltò per vedere da che parte si fosse diretta, ma forse era rimasta troppo tempo a guardare il nulla perchè ora non vedeva proprio nessuno nella via in cui la ragazza l'aveva condotta.
E Santana sorrise, sentendo il cuore leggero.
 
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-Because Cinderella spoke with the Prince until midnight
 
 
Con le migliori speranze, Santana andò per una settimana di seguito, ogni mattina ed ogni pomeriggio al Starburks all'angolo, alla ricerca di una chioma accesa che l'attirava in maniera completamente inspiegabile.
Andò comunque avanti con la sua vita: uscì con i ragazzi del Glee per ben tre volte, lavorò per il nuovo studio di fotografia per modelli che l'aveva assunta, facendo a volte le corse per star dietro a quel personale che invece stava in quell'ambiente da anni, sistemò gli ultime cose nel suo appartamento, non riusciendo comunque a disfare tutti gli scatoloni che aveva in giro per l'appartamento; Aveva offerto una cena a Quinn  per farsi perdonare del suo comportamento nel Starburks, senza però spiegarle il reale motivo della sua fuga, -avevo delle commissioni-, che fece socchiudere gli occhi alla bionda, mentre la guardava con aria indagatrice.
E andò allo Starburks, ma solo dopo il sesto giorno nel quale non venne a capo di nulla, la mora si decise a prendere in mano le redini di quel stupido gioco: con aria decisa si avvicinò al bancone, sorridendo alla stessa donna che l'aveva servita quando aveva incontrato la ragazzina, attenta che non ci fosse nessuno dopo di lei, cosi da aver il tempo per parlare.
-Senta, sto cercando una persona che lavora qua-, sbottò con convinzione.
Dovette nascondere il disagio quando dovette dirle che non sapeva nè il nome della ragazza che stava cercando, nè nessun altro particolare rilevante se non i capelli rossi.
Fortunatamente la donna, dopo averle lanciato uno sguardo di traverso, si lasciò corrompere da una banconota da dieci dollari posata con noncuranza poco vicino alla sua mano, e sospirò, arrendendosi.
-Non so il nome, ma so che frequenta la St.Jude-, le confessò la donna.
Il liceo. La ragazza era un liceale; Chissà perchè, a Santana questo non sembrò poi cosi difficile da immaginare.
E cosi fu che Santana tornò al liceo.
 
Non se la ricordava tutta quella calca che stava fuori dai cancelli del liceo, quello l'aveva completamente rimosso; Un'attimo prima le uniche persone che si vedevano erano qualche genitore o qualche amichetto che aspettava il rumore della campanella, ma appena questo si fece sentire, in un battito di ciglia un centinaio di adolescenti di tutti i tipi si riversarono nel piccolo cortile e nella strada facendo suonare i clacson delle auto e bloccando in piu di un'occasione il traffico.
Santana registrò appena il fatto che gli studenti portavano le divise, concentrata piu che mai a cercare i capelli rossi di quella ragazzina, in mezzo a quella massa di studenti; Sperò con tutto il cuore che fosse il tipo che usciva sempre per ultima, che forse si fermava troppo a chiudere l'armadietto o a chiacchierare con gli amici, e forse per una volta la fortuna iniziò a girare dalla sua parte.
Quando la gran parte degli studenti aveva ormai lasciato l'edificio, e le speranze di Santana stavano pian piano svanendo, fu allora che vidi un ultimo gruppo scendere le scalinate, ridendo a voce alta.
E Santana la vide.
Le scarpe da ginnastica che indossava anche l'ultima volta, le calze bianche che sparivano sotto alla gonna da ginocchio baige, con dei ricami blu, la camicia che era infilata all'interno della gonna e il maglioncino marrone con stampato sopra lo stemma della scuola, visibile da sotto il giubbotto che aveva lasciato aperto; Con le mani stringeva le cinghie dello zaino che teneva in spalla e non si accorse di Santana per un bel pezzo, nel quale la mora potè osservarla senza essere disturbata.
Quando però, senza volerlo neppure, lo sguardo della ragazza si fermò proprio sulla sua figura, Santana riuscì a vedere, anche da distante, le guancie che le si imporporavano e gli occhi che si spalancavano dallo stupore; Con un sorriso divertito sulle labbra, Santana le fece un cenno di saluto con la testa, le mani ben riparate dal freddo dentro alla tasca del giubbotto.
Con un cenno ed un saluto veloce alle sue amiche, la ragazza si avvicinò titubande alla mora, prendendo a mordicchiarsi il labbro superiore; Quando le fu davanti, si lasciò invece scappare una risatina nervosa.
-Ciao-, sussurrò Santana senza levarsi di dosso il sorriso.
-Che ci fai qui?-, chiese invece l'altra, stringendosi nel giubbotto.
Santana scrollò le spalle. -Sai, l'altro giorno sei scappata cosi velocemente che mi son sentita in diritto di rivederti-.
La ragazzina, a quelle parole, arrossì ancora di piu. -Approposito di quello...-.
Santana alzò un sopracciglio, senza dar motivo di pensare che volesse dire qualcosa, aspettando in realtà con pazienza di sentirla continuare, segretamente felice di averla ancora una volta davanti.
-Ecco, io... bè, io pensavo di non rivederti piu, quindi... non è che faccia cosi con tutti, voglio solo essere sicura di non essere sembrata una che fà cosi, non che chiaramente tu potresti mai andare a pensare che sia una facile, di certo non voglio dire questo, ma volevo solo sottolineare che non l'avrei mai fatto se avessi saputo che ti avrei rivista perchè in realtà è molto imbarazzante e spero di non averti offesa in alcuno modo perchè... oh ovvio che ti ho offesa, cioè, l'ho fatto senza pensarci e di certo dire che non ti avrei rivista non è una...-.
-Calmati-, sbottò Santana, ridacchiando temendo seriamente per la mancanza d'aria nei polmoni della ragazza. -Non sono offesa, e di certo non ho pensato che tu sia una ragazza facile-.
La ragazzina annuì, senza staccare gli occhi dai suoi, prendendo a respirare con piu calma; Con un sospiro si mise piu dritta e lanciò uno sguardo da sotto le ciglia alla mora.
-Ma quindi, se non vuoi le mie scuse... che ci fai qui?-, domandò con cautela.
Santana sorrise appena. -Perchè, ti dà fastidio?-.
-NO!-, sbottò con forza la ragazza, arrossendo subito dopo per quella reazione esagerata. -Ci, cioè, no, no, certo che no non dai fastidio, sono solo curiosa-.
-In realtà, mi chiedevo se ti andasse di farmi fare un giro: anche se sono da un pò qua a New York, non ho avuto molto tempo di visitarla-, entrambe sapevano che era una scusa abbastanza ridicola perchè in fondo nessuna delle due conosceva realmente l'altra e la ragazza averebbe giurato di aver visto una ragazza assieme a lei, allo Starburks un paio di giorni addietro, ma a nessuna delle due, sinceramente, importò.
 
 -E questa è Union Square, non viene molto menzionata ma diciamo che collega Brodway a Fourth Avenue, quindi è... bè importante in un certo senso-, la ragazza si guardò per un'attimo attorno alla ricerca di qualcosa da dire. -Cioè, non so in realtà perchè non sia molto conosciuta, in fondo c'è anche il parco e le giostre, vengono tutti qui prima o poi e.. bè è abbstanza bella. C'è anche un chioschetto, qua vicino, che fa dei kebeb buonissimi-, sorrise imbarazzata lanciando uno sguardo curioso verso Santana che si guardava attorno con un sorrisetto sulle labbra.
La mora dal canto suo si stava divertendo proprio quella giornata; Assieme alla ragazzina aveva deciso di incontrarsi il giorno successivo che era domenica davanti alla scuola della ragazza per poi andare a fare un piccolo tour di ciò che lei riteneva importante conoscere della città in cui viveva da sempre.
Con non poco rammarico però si erano dovute accontentare di ciò che riuscivano a raggiungere in quelle poche ore a loro concesse, luoghi facilmente raggiungibili con la metro o i mezzi di trasporto piu classici, cosi da non dover spendere un capitale.
Le due ragazze si fermarono a sedersi sui bordi della fontana che stava al centro del parco in cui l'aveva condotta la ragazzina e con un sospiro di sollievo Santana si era guardata attorno, scrutando le coppie e le famigliole che giocavano e passeggiavano in quei luoghi.
Si accorse che la giovane la stava fissando solo quando ricambiò il suo sguardo, e sorrise, godendosi lo spettacolo della ragazza mentre raggiungeva cromature sempre piu deliziose.
-Allora, parlami di te-, sussurrò Santana cercando di toglierla da quella situazione di disagio.
La ragazza si schiarì la voce. -Bè, non è che poi c'è molto da dire-.
-Sei all'ultimo anno del liceo?-.
Lei annuì. -Si, anche se mi manca l'anno scorso: ho paura per gli esami di fine anno, sono indietro con alcuni corsi, a dirla tutta-, la ragazza si imbronciò appena.
Santana sorrise. -Non temere, prima di accorgertene saranno già finiti e ti chiederai come diamine hai fatto a non farci neppure caso-.
-Ti manca il liceo?-, le chiese.
-Per alcune cose si, per altre sono felice di essere dove sono ora-, sussurrò abbassando lo sguardo per un'istante, facendo un salto a qualche anno prima, quando ancora era cosi giovane e piena di paure e speranze, tanto da credere di non potercela fare.
La ragazza rise, lasciando uscire un suono che fece sorridere a sua volta la mora. -Ah, a me non mancherà, ne sono piu che certa-.
-Aspetta a dirlo-, l'avvertì con dolcezza Santana.
-Bè adesso tocca a te-, sorrise la ragazza, leggermente piu intimidita.
La mora si voltò con il viso verso di lei. -Chiedi pure-.
-Lavori?-, domandò con una punta d'imbarazzo.
Santana sorrise, come le capitava sempre davanti a quegli occhi intimiditi e annuì, iniziando a raccontare del suo lavoro cercando di renderlo il piu interessante possibile agli occhi di un'adolescente; Passarono cosi il pomeriggio, tra domande, curiosità reciproche, suggerimenti da parte di Santana e costanti sorrisi divertiti da parte della ragazza. Era leggera l'aria che le circondava e davvero, Santana non riusciva a ricordare quando fosse stata l'ultima volta che aveva chiacchierato in modo cosi con qualcuno, da mesi ormai; Forse era perchè quella ragazza non sapeva nulla di lei e delle sue ferite, forse perchè poteva fingere di essere ancora quella Santana intoccabile che faceva girare lo sguardo dai giocatori di football al liceo, ma sotto sotto la mora sentiva che c'era molto di piu dietro a quei sorrisi e a quelle risposte a cuore sincero che non temeva di dare alla ragazza che le stava davanti.
Persero la cognizione del tempo e solo quando Santana sentì lo stomaco della sua compagna brontolare forte, si rese conto che ormai era quasi ora di cena per entrambe; Con un sospiro si alzò dalla pietra fredda, sentendo i muscoli addormentati da quella sosta fin troppo prolungata in quel parco.
Allungò una mano alla ragazza, facendole un leggero cenno con il capo. -Perchè non mi mostri dov'è quel chioschetto cosi inimitabile di kebab?-.
La ragazzina la osservò dal basso all'alto, scrutano prima il suo palmo teso e poi il suo viso, leggendoci chissà cosa che la convinse a sorridere, ed afferrare la mano della mora; Diversamente da come pensava Santana, però, non mollò la presa quando si ritrovò in piedi, ma anzi, rafforzò la presa dirigendosi con passo tranquillo verso un punto che conosceva solo lei.
Santana osservò quella mano piccola stretta tra le sue, e si rese conto che non assomigliava nemmeno lontanamente al ricordo dell'emozione che ricordava: era qualcosa di diverso, qualcosa che aveva una forma ed una consistenza tutta propria.
Qualcosa che la fece sentire ancora per un'attimo un'adolescente.
 
 
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-Because Little Mermaid fell in love without wanting
 
 
Tra una chiacchiera e l'altra si ritrovarono davanti alla scuola della ragazza e Santana si rese conto di quanto velocemente quella giornata fosse passata; Stavano ancora sorridendo, ognuna con il suo motivo personale di farlo, quando la mora si fermò davanti al cortile dove il giorno prima aveva visto sbucare la ragazza dalle porte della scuola.
Santana la guardò, stretta nel suo giubbotto da cui si intravedeva appena un maglioncino verde e dei blue jeans, con ancora un'accenno di sorriso sulle labbra, e si chiese da cosa non riuscisse proprio a staccarsi.
La ragazza fu la prima a parlare, interrompendo quel silenzio che rendeva quel saluto ancora piu difficile da dire. 
-Grazie per oggi, è stato... è stato molto bello-, parola dopo parola, il rossore nelle sue gote aumentava raggiungendo la tonalità delle cigliegie.
Santana ridacchiò. -Bè sei stata tu a farmi da giuda, dovrei essere io a ringraziarti-.
Ma la ragazzina scosse la testa: non lo disse, ma le parole le si leggevano chiare negli occhi, come se le avesse pronunciate, e Santana si stupì di come potessero essere limpidi quegli occhi. Silenziosamente la ragazza le stava dicendo che non era stata la gita a piacere a lei, e neppure visitare New York stessa, ma ben altro. 
Lei, lei aveva reso quella giornata bella per la ragazza.
Con uno sbuffo divertito, Santana le diede ragione e rimase ad osservare i suoi occhi, non sapendo davvero che altro aggiungere; avrebbe voluto continuare a vederla, a parlarci, ma si sentiva troppo strana a star davanti a lei, che le parole non le uscirono.
Come se dentro di sè sapeva già che quella era una cosa che non voleva, ma che voleva allo stesso tempo, e questo la mandava in confusione.
E cosi, non disse nulla.
Con un'ultimo saluto affrettato Santana si voltò, sentendo che stava sbagliando ad andarsene, ma che forse era meglio cosi; Non aveva fatto che un paio di metri quando però si sentì tirare per la manica del giubbotto.
Si voltò stupita, incrociando gli occhi della ragazza initimiditi.
-Che...?-.
-Il lavoro, allo Starburks... bè l'ho lasciato. Cioè in realtà mi hanno licenziata, ma erano dei turni pazzeschi con una paga misera, quindi posso benissimo dire che me ne sono anche andata perchè ero stanca e mi toglieva troppo tempo. Ma non è questo il punto-, prese un respiro osservando le punte delle scarpe, prima di rialzare lo sguardo e puntarlo in quello della mora. -Ho molto tempo libero, adesso, e ho pensato che mancano ancora un paio di posti che dovresti assolutamente vedere, e che non li visitassi ti perderesti davvero un'occasione d'oro-.
Santana stavolta non la interruppe, ma rimase ad ascoltarla straparlare con un sorrisetto sulle labbra; Quando quella finì, le fece un cenno col capo. 
-Mi piacerebbe, ma.. bè io domani lavoro fino a tardi-, dovette confessare.
-Oh.. OH! Oh si, certo, scusa, ovvi che sei impegnata-, abbassò subito la testa, come se fosse stata sgridata dalla madre, facendo due passi indietro. -Scusa, bè allora credo che andrò... adesso, si, ciao-.
Sputò quelle parole fuori e con mezzo giro si stava già dirigendo dalla parte opposta.
-Hei, non hai capito!-, la bloccò Santana, che sorrise vedendo come si girò veloce. -Mi piacerebbe, ma in questo caso penso che dovremmo fare un giro verso sera, il che esclude parchi o luoghi isolati: sai, non vorrei averti sulla coscienza-.
La ragazza la osservò, come a cercare una conferma a quello che aveva appena sentito; Quando, probabilmente, vide quello che cercava, stirò un sorriso sulle labbra per poi parlare, con voce tremolante ma emozionata. -Bè, ci sarebbe Little Italy.. è bella, molto e c'è sempre tanta gente di sera-.
 
 
Se avessero detto a Santana che si sarebbe ritrovata a Little Italy a passeggiare per le vie illuminate, accanto ad una ragazzina che di nascosto continuava a guardarla e a mordicchiarsi il labbro, avrebbe sicuramente pensato che chiunque fosse, avesse fumato roba davvero buona.
Ma così fu: Little Italy era davvero bellissima, la gente che passeggiava parlava anche italiano e questo rendeva il tutto ancora piu affascinante e realistico, i negozi e i ristoranti avevano tutti nomi di origine italiana e c'erano lucine ovunque. Per come l'aveva vista in foto, Santana avrebbe potuto benissimo paragonarla a qualche via di Roma o Verona.
C'era un gran afflusso di gente e questo aveva piu volte obbligato la ragazzina a stringersi contro Santana quando passavano in gruppi, non che nessuna delle due si fosse minimamente lamentata; Con passo calmo e cadenziale, le due avevano fatto prima un giro veloce delle vie, passando anche per qualche scorciatoia, e adesso si guardavano semplicemente attorno alla ricerda di un ristorante che attirasse la loro attenzione.
Erano le otto spaccate quando Santana le annunciò di aver fame, e la ragazza non aveva fatto altro che annuire e seguirla con un sorriso.
-Quello mi ispira-, disse Santana indicando un ristorante dall'altra parte della strada su cui un'insegna luminosa annunciava -Antonio's-.
All'interno era tutto molto semplice e si poteva respirare per davvero un'aria piu leggera di quella che invece si trovava fuori nei marciapiedi dove la gente non faceva che spingere e correre; Si sedettero ad un tavolo per due, con i menù in mano e dei fiori sopra alla tovaglia.
Scorrendo i nome del menù, la ragazzina fu la prima ad aprir bocca.
-Cosa sono le co-cotto..cotolette?-, chiese arricciando le labbra confusa, storpiando completamente la pronuncia italiana.
Santana alzò lo sguardo dal suo menu per sorriderle. -Un tipo di carne, ma non te la consiglio: come minimo ti metteranno un litro di salsa, che a fine serata ti ritroverai ovunque-.
La ragazza splancò gli occhi. -Oh, allora è meglio di no, no-.
Santana non prestò piu attenzione ai piatti da ordinare, presa com'era a rimirare la pelle della ragazza illuminata dalle luci artificiali e quella della candela che stava sopra al loro tavolo: per la serata la ragazza si era tirata indietro i capelli con un cerchietto nero, cosi da mettere in mostra il suo viso giovane.  Non aveva trucco se non del lucidalabbra e un pò di ombretto marroncino, e Santana capì piu che mai che quello era un'appuntamento. 
Certo, che nessuna delle due l'avesse specificato, poco importava.
La mora aveva passato una buona mezz'ora davanti all'armadio, solo in intimo, per decidere cosa mettere: non voleva sembrare che si fosse preparata con largo anticipo, ma neppure che pensasse che per lei quella era davvero una semplice gita; Cosi alla fine aveva optato per un vestito che aveva gia piu volte usato, -pezzo unico, aderente, blu con decorazini grigie-, elegante, ma anche semplice.
Era insicura se vedere la ragazza ancora con jeans e maglione, ma quando se la ritrovò davanti a scuola, il loro punto d'incontro, alle sette meno venti, Santana non rimase assolutamente delusa: il cerchietto che le tirava indietro i capelli, era coordinato al maglioncino che si intravedeva sotto al classico piumone, e si poteva vedere la fine di una minigonna in jeans che le metteva in risalto le gambe. Certo, alla fine aveva ancora calzato le scarpe comode da ginnastica, -questa volta delle converse nere-, ma Santana iniziava a pensare che fossero il suo unico genere di scarpe, quindi non ci fece molto caso.
Nel complesso era perfetta, quindi a lei andò benissimo.
Si accorse del cameriere accanto a loro solo quando questo si schiarì la voce, facendola staccare gli occhi dalla ragazza; Con un cenno, iniziò lei.
-Humm si, vado sul classico, prendo la lasagna-, sussurrò lanciando uno sguardo di sottecchi a Santana.
-Io la pasta col pesce-, sussurrò allungandogli il menù.
Quando si fu alluntanata e le due rimasero di nuovo da sole, Santana non potè impedirsi di sorridere, lasciandosi scappare il pensiero che aveva avuto per tutta la serata.
-Stai bene, cosi-.
La ragazza la guardò, forse incredula, ma Santana ebbe appena una visione di questa che arrossiva, prima che nascondesse il viso, borbottando un -Grazie-, imbarazzato; E ripresero a parlare, di tutto e di niente.
Parlarono ancora della scuola, degli amici della ragazza, delle conoscienze di Santana, del suo lavoro, del motivo del suo trasferimento mentre mangiavano ognuna dal proprio piatto e assaggiando qualcosa da quello dell'altra; Santana rise quando la ragazza fece una smorfia disgustata dopo aver messo in bocca una cozza e la ragazza arrossì sotto ai complimenti di Santana.
E tra una chiacchiera e l'altra, tra uno scambio di sguardi e una risata, Santana si accorse di come il suo cuore batteva veloce, mentre il classico bruciore che sentiva nello stomaco da mesi, -dal ringraziamento-, si fosse come placato; E la mora si sentì bene, bene come non lo era da tempo.
-Andiamo-, sussurrò Santana quando entrambe avevano finito anche il dolce, lanciando uno sguardo di rimprovero quando la ragazza tentò di prendere il portafoglio, notando con la coda dell'occhio come sorrise radiosa abbassando la testa: forse quello era davvero un'appuntamento, allora.
All'aperto, di nuovo sotto a quelle luci, Santana sentì il bruciante desiderio di fare qualcosa, di dire qualcosa che smuovesse le cose, perchè lei stava bene, e per nulla la mondo avrebbe rinunciato presto a quella sensazione; Cosi accadde, per voglia ed impazienza, ma fu perfetto tanto da togliere il respiro a Santana ed imporporare le guancie della ragazza.
Quando si avvicinarono ad uno sbocco, Santana poggiò una mano sulla spalla della ragazza, facendola voltare, prima di abbassarsi verso di lei, con calma, cosi da lasciarle il tempo di scostarsi se non lo voleva; Inutile dire che rimase ferma, e quando le loro labbra si incontrarono, entrambe a conoscienza di quello che accadeva, Santana si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
Le labbra della ragazza erano perfette, si incastravano morbide nelle sue e quando Santana le mordicchiò il labbro superiore, nel disperato tentativo di levarle anche quell'ultima traccia di lucidalabbra, riuscì a risentire le farfalle nello stomaco assieme ad un leggero gusto di cigliegia.
Fu un bacio superficiale, Santana non si sentì di approfondirlo subito, in fondo aveva davanti una ragazza piu giovane e sebbene lei alla sua età era gia a conoscienza di tutto, non era certa che per quella ragazzina fosse lo stesso; E ne ebbe la conferma quando si separarono, quando gli occhi incontrarono quelli dell'altra ragazza spalancati e resi ancora piu luminosi da una luce che li veniva da dentro.
Aprì la bocca, come per voler dire qualcosa, ma rimase a bocheggiare per un pò, prima di trovare il fiato per parlare.
-Non so nemmeno il tuo nome-, sussurrò guardandola negli occhi.
Santana sorrise, addolcita da quello sguardo. -Ti importa per davvero?-.
E quando la ragazzina scosse la testa, Santana non ebbe bisogno di nessun'altra conferma mentre calava una seconda volta per riassaporare quelle labbra cosi dolci; Questa volta anche la ragazza ci mise del suo, qualcosa che colpiva piu di un leggero movimento delle labbra o un respiro piu profondo: si aggrappò alle sue spalle, mentre la mano di Santana rimase ferma sulla sua guancia, e come la prima volta, la primissima volta, l'altra mano si andò a posare dietro la testa di Santana, tirandole dei ciuffi alla base per reggersi sulle punte; E quello che c'era ancora da dire, lo fecero le loro labbra e le loro lingue che parlarono in una maniera del tutto privata che le rese ancora piu vicine.
Cosi iniziò, dall'immagine di una donna che stringeva a sè il corpicino di una ragazzina che si reggeva a forza sulle punte dei piedi, ma non fu l'inizio della loro storia, ma bensì la rinascita di Santana.
 
 
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-Because Peter Pan watched Wendy leave
 
 
-Se mi chiedono di cucire anche solo un'altra manica, scoppio-, borbottò Quinn mentre entrava nell'appartamento di Santana alla ricerca di qualche schifezza da mettere in bocca.
Santana si lasciò invece cadere a peso morto sul divano: quella giornata a lavoro era stata davvero pesante; Con l'arrivo della nuova stagione, tutti erano usciti fuori di testa e avevano iniziato a dare ordini a destra e a manca, a urlare e correre da tutte le parti come dei matti. C'era da perdere davvero la testa.
L'unica soddisfazione era stata alla pausa pranzo quando, dopo aver finalmente messo qualcosa sotto ai denti che non fosse caffè, aveva potuto telefonare ad Emma.
Emma, sussurrò sorridendo tra sè e sè, cosi si chiamava: glielo aveva detto la sera prima quando le labbra erano diventate rosse e gonfie e il bisogno di ossigeno le aveva obbligate a staccarsi.
Avevano fatto le presentazioni ufficiali una col viso ad un palmo dall'altra e Santana non poteva che sorridere ogni volta che gli tornava quel ricordo alla mente; Era stata poi la ragazzina a chiederle il numero, cosi da poterla rintracciare, ovviamente raggiungendo cromature del rosso che fecero sciogliere il cuore alla mora.
Cosi adesso nel cellulare c'era un nuovo nome in rubrica, -Emma-, che riusciva a farle spuntare il sorriso sul viso anche dopo una giornata cosi stressante a lavoro.
Quinn, ignara dei suoi pensieri si lasciò scivolare accanto a lei, iniziando a fare zapping alla televisione masticando quella che sembrava liquerizia.
-Che poi mi devi spiegare che diavolo ci trovano in bello in questi programmi-, borbottò osservando con sguardo scettico un qualche reality show, di alcuni tipi rinchiusi dentro ad una casa.
Santana scrollò le spalle, attirando l'attenzione della bionda che le lanciò uno sgaurdo di sottecchi.
-E già che ci sei, potresti anche degnarti di dirmi che fine hai fatto ieri-.
Santana alzò un sopracciglio. -Cos'è, adesso mi controlli pure?-.
-Bè dopo la tua fuga, la settimana scorsa, molti del Glee credono che tu stia uscendo fuori di testa-, spiegò con nonchalance.
La mora sbuffò. -Fidati, la mia testa sta benissimo-.
Quinn scrollò le spalle. -Se lo dici tu-.
E con quella frase Santana capì che non avrebbe mollato facilmente, ma avrebbe continuato a riempirla di domande e chiederle spiegazioni; Proprio ora che Santana usciva con una persona ed era piu decisa a non farlo sapere a tutto il mondo. 
Non che si vergognasse, no, ovvio; Ma preferiva non mettere Emma sotto lo sguardo indagnatore di quei pazzi dei suoi amici ed ex compagni di liceo, quindi dopo averci pensato aveva optato per incontrare la ragazza sembre a debita distanza dai luoghi che invece frequentava con gli altri, almeno per il primo periodo, poi si sarebbe visto come andava.
-Vado a bere-, Santana si alzò, lasciando là Quinn che la guardò accigliata per un minuto, prima di seguirla in cucina.
Si poggiò con calma alla porta, guardando un punto sul pavimento, e Santana sentiva la curiosità crescerle dentro mentre la guardava di sottecchi, fingendo invece di essere concentrata sulla bottiglia d'acqua.
Poi Quinn sospirò. -Senti, forse l'hai già saputo da qualcun'altro, ma... bè, sai...-.
-Si tratta di lei?-, chiese Santana, irrigidendo le spalle d'istinto; No, davvero, non c'è la faceva a pronunciare il suo nome, non ancora.
Speva che prima o poi qualcuno gli avrebbe detto in faccia quello che aveva soltanto origliato durante la festa, ed era certa che quella persona sarebbe voluta essere Quinn: in fondo, loro due si erano sempre spalleggiate, anche quando tutto andava male e l'unica cosa da fare era prendersela con l'altra.
-Lo sai già?-.
-Non tutto, immagino-.
-Arriva domani, non so bene quando, e non ho la piu pallida idea se stia con qualcuno o dove vada a sistemarsi-, confessò tutto tenendo gli occhi fissi sulla schiena di Santana, come a volerle leggere dentro quello che provava.
Ma la mora non avrebbe potuto aiutarla perchè non lo sapeva neppure lei: sentiva un dolore allo stomaco e non sapeva con che forza riuscì ad impedirsi di posarci una mano sopra, che tenne invece ancorata con forza al bancone della cucina.
Chiuse gli occhi, cercando di non concentrarsi troppo, di non far tornare il suo viso nella sua mente e i ricordi a galla; Preferiva tenerli dov'erano stati fino a quel momento, dove erano piu sicuri per tutti.
Ma Quinn non sembrava della stessa idea. -Prima o poi dovrai sfogarti con qualcuno. Dire quello che è successo per davvero l'anno scor...-.
-No-, l'interruppe la mora. -Non ne ho bisogno-.
Con un respiro profondo decise che era arrivato il momento di uscire di casa, cosi, posata la bottiglia sul tavolo e superata la bionda, sbottò veloce. -Esco, chiudi te-.
E presa il giubbotto splancò la porta, decisa a cambiare aria , non prima di aver udito le parole di Quinn che era ancora ferma nel mezzo della stanza ad osservare la figura della sua migliore amica che stava scappando da qualcosa che nessuno aveva avuto il diritto di conoscere.
-Io ci sono. Sempre-.
Ma non era completamente sicura che la mora le avesse capite.
 
-Esci, sono davanti alla tua via-, Santana guardò un'ultima volta il messaggio inviato, prima di alzare la testa verso le case a schera che aveva di fronte.
Con uno sospiro, mentre si allontanava da casa, si era resa conto che era fuggita una seconda volta dalla sua amica, sempre a causa della stessa persona e aveva desiderato con tutto il cuore di poter ritrovare come la prima volta Emma sul suo cammino.
Ma perchè volere, se poteva farlo accadere in modo di sicuro? Cosi, si era avviata verso il quartiere che gli aveva mostrato quella volta la ragazza e, anche se si era persa piu di una volta, obbligata a ripercorrere anche tre volte la stessa strada, alla fine aveva trovato le case che cercava.
Adesso il problema era capire quale di quelle case fosse quella di Emma.
Prima di poter controllare se il messaggio si era inviato o meno, una figura corse fuori da una delle porte, fermandosi davanti al marciapiede, a pochi metri da Santana; Quindi la sua casa era la terza, quella con l'altalena arruginita e il cespuglio, si annotò a mente la mora.
Con un sorriso le si avvicinò, riconoscendo man mano che si avvicinava i lineamenti dolci che aveva avuto in mente fino a poco prima e il sorriso che la sera prima aveva imparato a riconoscere come quello che faceva quando era imbarazzata ma emozionata allo stesso tempo.
-Ciao-, sussurrò quando le fu vicina.
La ragazza dondolò sui piedi. -Non ti aspettavo-.
Santana scrollò le spalle, guardandosi attorno per un'istante. -Bè se vuoi passo piu tardi-.
-No, nono entra pure, vieni-, le sorrise radiosa la ragazza, afferrandola per la manica del giubbotto e giudandola dentro casa.
Santana per un minuto si gelò: avrebbe incontrato i suoi? Le sembrava presto, a dirla tutta, non era pronta e poi, diamine, non sapeva neppure se stavano assieme, adesso c'erano già le presentazioni ufficiali?
Fortunatamente, senza neppure volerlo, la ragazza mise fine ai suoi dubbi.
-Mia madre lavora fino a tardi, quindi devo stare a casa, ma se vuoi possiamo andare a fare un giro tra una mezz'oretta-, le spiegò, facendola varcare la soglia e chiudendo la porta dietro di lei.
Santana si lasciò scappare un sospiro di sollievo, che l'altra non sentì, e annuì semplicemente. -Certo, va bene-.
Si guardò un pò attorno, osservando il salotto spazioso con divano e due poltrone, diviso da un muretto dalla cucina, della quale però riusciva solo a vedere il tavolo in legno e dei ripiani in accaio della cucina; Infine alla sua destra c'era un corridoio stretto da cui si vedevano due porte e poco piu in là una scala che doveva portare al piano superiore.
Emma la guardò mentre osservava la casa, e si schiarì la voce, prima di parlare. -Ho.. ho lasciato Facebook aperto, vado un secondo a chiuderlo. Se vuoi stare qui o seguirmi.. cioè, non che devi per forza venire in camera mia, ma se vuoi, se non ti mette a.. disagio, tipo, puoi...-.
-Okay-, le venne in soccorso Santana, facendole un cenno e seguendola quando quella si mosse verso le scale.
Le rimase dietro, guardandosi ancora un pò attorno, -si, lanciò anche uno sguardo al suo fondoschiena, ma chi non l'avrebbe fatto, dai?!-, guardando le cornici che c'erano appese sul muro delle scale e poi nel corridoio: in alcune c'era Emma assieme alla madre e il padre, ipotizzò la mora, mentre in altre c'era la ragazza da sola, alcune recenti altre meno, e in altre ancora lei assieme ad un ragazzo piu alto che aveva però i suoi stessi tratti dolci.
La seguì quando la ragazza le tenne la porta aperta per giudarla dentro ad una stanza, la sua stanza: aveva le pareti decorate con la carta da parati azzurra con dei motivi geometrici rosa, il letto ad una piazza era addossato ad una di essere, un'armadio, una cassettiera ed infine una scrivania sopra la quale stava il pc ancora acceso della ragazza.
Mentre questa andava proprio a chiudere la conversazione che era ancora aperta ed a spegnerlo del tutto, Santana rimase ancora un minuto ad osservare ciò che aveva attorno; Sopra la cassettiera c'era una fila di peluches di qualunque genere, c'erano cd e dvd abbandonati per tutta la stanza, ammucchiati in alcuni punti, e accanto all'armadio una sedia con sopra una pila di vestiti che Santana non comprese se fossero maglietta, pantaloni o sciarpe.
Nel complesso si sarebbe aspettato davvero di peggio dalla stanza di un'adolescente, e quando si voltò ad osservare Emma, che le dava le spalle, con una maglietta a manche lunghe con sulle scapole la scritta di Micheal Jackson che fece sorridere Santana e dei pantaloni da tuta grigi stretti che invece mettevano in evidenza il fisico asciutto della ragazzina, la mora abbassò gli occhi.
Per un momento si chiese che diavolo ci facesse là, a casa di una ragazzina, ad osservare la sua cameretta, e in quel momento avrebbe davvero voluto aprire la porta e andarsene di corsa; Quel qualcosa però non battè la voglia che però aveva di sta accanto a quella ragazza e scoprire di piu di lei, farla ancora arrossire e sorridere come aveva fatto la sera precedente.
Quando ebbe chiuso tutto, Emma si voltò verso la mora, che la stava ancora osservando e arrossi sotto al suo sguardo, proprio come aveva desiderato Santana fino ad un minuto prima; Con un sospiro, si guardò attorno.
-Se avessi saputo che venivi avrei... si, dato una sistemata-, sussurrò guardando il casino che c'era per terra con dispiacere.
La mora però, ridacchiò. -Figurati, la mia era decisamente peggio-.
Emma non si lasciò scappare l'occasione e con un cenno fece capire che poteva sedersi sul suo letto mentre lei continuava a guardarla dalla sedia girevole della scrivania. -Da dove vieni?-.
-Lima, Ohio-, sorrise, mentre la mente ripescava ricordi che portava quel nome.
Emma sbattè le ciglia. -Wow, è un bel cambiamento, cioè... da una cittadina a New York... è, impegnativo-.
-Humm, non cosi tanto! Sono stata anche a Chicago che è una via di mezzo tra le due, quindi è come se mi fossi esercitata-, spiegò la mora, senza neppure pensarci.
-Ohh anch'io vorrei tanto viaggiare. Con la mia scuola l'anno scorso siamo stati a Washington, ma non credo possa contare davvero come un viaggio, perchè tutti quelli che conosco ci sono stati almeno una volta e poi, bè non è molto distante-, borbottò come il suo solito.
Santana sorrise. -Anch'io ci sono stata in gita con la scuola, ma non preoccuparti, prima o poi andrai a vedere quacos'altro al di fuori degli Stati Uniti-.
-Si, penso che i miei si rifiuteranno con tutte le loro forze però di darmi i soldi per andare lontano da qui, quindi immagino che questo accadrà tra un paio d'anni-, spiegò stirando le labbra in un sorriso prima di alzare di scatto la testa, colpita da un pensiero. -Ah, si apporoposito, ecco io ai miei non avrei detto nulla di... ieri, quindi...-.
Santana la guardò, aspettando che finisse la frase. -...Si?-.
Emma si portò una mano a torturare una ciocca di capelli. -Ecco, mi chiedevo se.. si, noi dop... okay, lasciamo stare-.
La mora si fece piu vicina, piegandosi sulle ginocchia davanti di lei, spostandole la mano dai capelli.  -Emma, continua-.
La ragazza la guardò negli occhi, e sorrise appena quando sentì il suo nome uscire dalle labbra di Santana; Con un  sospiro, continuò. -No, davvero, era una sciocchezza-.
-Lasciamela sentire, allora-.
Emma si inumidì il labbro, osservando la sua mano stretta a quella di Santana, e buttò fuori un bel pò d'aria dai polmoni. -Noi... dopo ieri, che tu, bè mi.. ci siamo baciate, e adesso tu sei qui e bè, vuol dire che ti interess.. che bè che ti è piaciuto. Io, stanotte pensavo, e anche prima se devo essere sincera, che... cosa siamo?-, domandò con titubanza.
Santana venne presa alla sprovvista da quella domanda, piu che lecita, ovvio; Anche lei ci aveva pensato, poco in realtà, molto poco, prima di scartare l'idea e concentrarsi su altro, ma adesso non sapeva bene cosa dire; Rimase immobile a pensare, cercando una risposta certa che però aspettava ad arrivare ed Emma fraintese il suo silenzio.
Osservò il viso di Santana restare immobile, prima di alzare la testa con un sossulto e aprire la bocca, colpita. -Oh, cioè... No, è okay, va benissimo, cioè... è presto, capisco, scusa sono io che a scuola non avevo nulla da fare e quindi mi sono messa a pensare e probabilmente dovevo arrivarci anche da sola che fosse un pò troppo presto per metter già un'etichetta a qualcosa, a qualcosa che è solo da un giorno e forse neppure quello... va bene, non ti preoccupare...-, straparlò, e stavolta Santana sentì il dovere di poggiarle una mano sulla bocca per farla tacere, guardandola diritta negli occhi.
-Emma, silenzio-, le sussurrò e la vide annuire contro il suo palmo. -Non lo so cosa siamo, sinceramente non lo so, ma non per questo hai sbagliato a chiederlo, è una domanda legittima. Ma, anche se non so con precisione se possiamo già... etichettarci, di una cosa sono certa: mi piace stare con te e voglio continuare a farlo-, le spiegò.
Gli occhi di Emma non mollarono i suoi neppure per un secondo, e quando sentì quelle parole un sorriso si andò a formare contro il suo palmo.
Santana ridacchiò, decidendo che era arrivato il momento di alleggerire l'atmosfera. -E adesso, se ti  lascio andare, posso stare tranquilla che non ricominciereai a parlare a piu non posso?-.
Lasciò la presa quando sentì la ragazza ridacchiare a sua volta, mentre abbassava lo sguardo. -Okay, va bene-.
Detto quello Santana si rimise in piedi, facendo segno alla ragazza di venire con lei a sedersi sul letto; Con la schiena poggiata al muro ed Emma al suo fianco che giocherellava con l'angolo della trapunta, Santana sentì che ogni parola che aveva pronunciato fosse piu che vera.
-Quindi, ti sta bene a te che aspetto a parlare di te ai miei?-, le chiese con un sorrisino la ragazza.
Santana si voltò verso di lei. -Era questo che volevi chiedermi all'inizio?-.
Emma annuì, facendo scivolare dei ciuffi rossi sulla sua fronte.
-I tuoi lo sanno già?-, chiese la mora, alludendo ad un'altra cosa.
Emma recepì subito il significato, e scosse la testa velocemente. -Oh, no, certo che no. Non ho ancora trovato il momento adatto o... la forza. In realtà credono che io mi stia frequentando con un mio compagno di classe, per questo molte volte mio padre quando non c'è nessuno, obbliga mio fratello a star con me-, ridacchiò.
Fece lo stesso Santana, provando ad immaginare la scena. -Il classico papà orso?-.
La ragazza annuì con un sorriso sulle labbra. -I tuoi invece lo sanno?-.
-Oh si, dal liceo. Ormai credo se ne siano fatti una ragione-.
-Come glielo hai detto?-, chiese curiosa.
Santana fece schioccare la lingua, prima di parlare. -Diciamo che sono stata piu spinta a farlo che... bè, diciamo che se fosse stato per me, ancora adesso non lo saprebbe nessuno. Ufficialmente, intendo-.
Lo sguardo interrogativo della ragazza fece capire alla mora che non avrebbe potuto lasciare cosi a metà la storia, ma che avrebbe dovuto darle qualche altro dettaglio.
-C'era questo mio compagno di corso che mi piaceva moltissimo sfottere e lui un giorno nel bel mezzo del suono della campanella, in corridoio si è mess...-.
 
Portò Emma allo Starburks per prendere un caffè assieme, ma non pensò neppure a quello che stava facendo, o alla decisione che aveva preso quel giorno stesso di tenerla lontana da tutti i luoghi in cui avrebbe potuto incontrare qualche sua conoscienza.
Stavano scherzando sulla golosità che Santana aveva da poco scoperto in Emma per tutto ciò che avesse della glassa colorata sopra o zucchero a velo, quando l'attenzione venne attirata da una nana isterica che, con un sorriso sin troppo amichevole per i suoi gusti, si stava avvicinando a loro due, lasciando dietro di lei un tavolo con una tazza di caffè incustodita.
-Santana-, la salutò quando le fu difronte, lasciando uno sguardo di sottecchi ad Emma.
Santana però non la salutò con altrettanto entusiasmo. -Barry-, sibilò.
-Quinn mi aveva detto che eri sparita nel nulla, ora capisco-, continuò quella finta sorridendo cordiale ad Emma, prima di allungarle la mano.
-Rachel-.
La rossa guardò la sua mano, Santana e poi di nuovo la sua mano, prima di allungare titubante la sua e stringerla. -Emma-.
La nana, sempre con un sorriso piu finto continuò ad osservare le due e la poca distanza che c'era tra i loro corpi. -Sono felice di vedere che hai riniziato ad uscire con qualcuno, anche se molto piu piccolo di te. Quinn sarà cosi contenta di fare la tua conoscienza, soprattutto dopo averla sempre vista chiusa nel suo guscio per tutto questo periodo, e che sia tornata la vecchia Santana, quella da una botta e via-.
-Rachel-, sibitò incazzata sempre di piu ad ogni parola  che la sentiva pronunciare: se stava cercando di prendersi una vendetta per qualcosa che aveva fatto, stava decisamente esagerando e aveva già superato tutti i limiti umanamente sopportabili.
Emma al suo fianco faceva scorrere lo sguardo dalla tipa che aveva davanti che le sorrideva con uno sguardo abbagliante, a Santana che invece sembrava essere diventata un blocco di legno al suo fianco.
Lo sguardo stupito di Rachel fece saltare tutti i nervi alla mora. -Oh, ma non mi dire che hai deciso di riniziare con le storie serie? In questo caso allora Quinn non ne sarà che felice, ma di piu. Anzi, dovresti presentarla a tutto il gruppo...-.
-Rachel! Stai zitta, va bene? Non dobbiamo presentarla assolutamente a nessuno, in particolar modo a Quinn! Non è nulla di serio quindi vedi di farti gli affaracci tuoi e tornartene al tuo tavolo-, sbottò arrabbiata.
Riprese fiato dopo quello sfogo, e si accorse solo in ritardo del fatto che Emma aveva smesso di respirare al suo fianco; Con uno scatto, spostò l'attenzione su di lei, che adesso teneva lo sguardo basso diretto sulle sue scarpe.
-Emma..-, sussurrò senza sapere neppure cosa dire.
Quella, si riscosse al suono del suo nome e alzò la testa con un sossulto, prima di girarsi di corsa e uscire dal locale proprio come le aveva visto fare Santana quella volta che si era resa ridicola davanti a tutto il locale. E probabilmente provava la stessa sensazione.
-Ops-, sentì sussurrare da parte di Rachel.
Santana le lanciò un'occhiata fulminante, prima di seguire di corsa la ragazzina fuori dal locale; Corse fino a quando non le fu accanto, cercando di stare al suo passo veloce e di non finire addosso alle persone che camminavano nella direzione opposta.
-Emma!-, la chiamò cercando di farla fermare.
Un signore anziano le borbottò contro quando, con l'intento di accuffare la mano della ragazza, gli aveva dato un colpo contro il fianco; Si scusò senza fare neppure attenzione e ritentò di prenderla, stavolta riusciendoci.
-Emma, per piacere, fermati un secondo-, le sussurrò.
La ragazza si voltò verso di lei, con lo sguardo gelido, senza nessuna espressione in particolare. -Non c'è n'è bisogno, davvero! Capisco benissimo, non ti preoccupare, ho diciott'anni, so come vanno queste cose, non mi hai mica spezzato il cuore o cose simili quindi non temere, ma è che.. è che devo andare a casa perchè mi sono scordata che mi madre voleva una mano stasera a fare la cena e se ritardo poi si arrabbia, anche perchè sono uscite e in realtà neppure potevo, ma vado pure da sola, non è buio sto attenta-, buttò fuori quelle parole guardandola per tutto il tempo e quando ebbe finito, col fiatone, si rigirò sibilando un, -Ciao-, veloce prima di correre via, sparendo nel mezzo della folla che invadeva le vie di New York.
E Santana provò a seguirla una seconda volta, ma con scarsi risulatati; Quindi alla fine non le rimase che guardare il punto in cui era sparita la ragazza e lasciarsi sfuggire un sospiro.
 
 
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-Because Belle trusted the Beast
 
 
Santana picchiò Rachel; Letteralmente e fisicamente parlando, la prima volta che la incontrò sulle scale dopo che Emma era sparita nel mezzo della di New York, le aveva dato uno spintone tanto forte da farla inciampare sui puoi stessi piedi e crollare a terra come un sacco di patate.
Ovviamente in suo soccorso arrivò subito Quinn, che si mise dalla parte della nana isterica che, appunto, iniziò ad urlare come una psicopatica; ma a Santana non fregava miniamamente: era ancora troppo incazzata dopo che aveva visto Emma scappare via da lei come se le avesse davvero fatto del male fisico, -e forse del male glielo aveva davvero fatto- ,per pensare anche lontanamente di sbagliare.
-Santana, sei pazza?-, sbottò la bionda.
La mora sbattè le ciglia. -Io? Chiedilo a questa stronza-.
-Cos..? Rachel che è successo?-, si rivolse alla ragazza che adesso si stava rimettendo in piedi, fulminando con lo sguardo Santana.
-Lei ha...-.
-Te lo dico IO, quello che è successo-, la bloccò Santana, facendo un passo avanti, -Questa stronza non ha ancora imparato cosa significa farsi i fatti proprio, e a rispettare la privacy altrui e credo prioprio che sia arrivato il momento-.
Quinn la fulminò, per il tono minaccioso che aveva usato. -Santana, piantala! Di sicuro Rachel non sapeva quello che...-.
La mora rise, ironica. -Oh, ma certo! Dimenticavo che adesso tu sei il suo cavalier dall'armatura splendente! Sai che ti dico? Perchè non te la scopi una buona volta cosi almeno la pianta di essere costantemente una rompi coglioni, e inizia a viversi una vita propria?!-, detto quello con passo rabbiso le superò e sbattè la porta del suo appartamento dietro a lei.
 
Il giorno dopo, a lavoro il suo capo e qualche collega sapeva che Santana Lopez, del settore taglio fotografico aveva la febbre; nessuno aveva avuto da lamentarsi dato che non aveva mai preso un permesso da quasi un'anno che lavorava là da loro, e per quella giornata si erano già sistemati.
La mora però, non era a casa a soffrire dei dolori dell'influenza, ma bensì si trovava all'aperto, piu precisamente fuori dal liceo St. Jude, con l'aria di una che non aveva molta fretta, da come si muoveva; Quando la campanella suonò, qualcuno avrebbe addirittura potuto dire che fosse sobbalzata.
Come era successo l'ultima volta che era stata là, Emma uscì per ultima assieme a delle altre ragazze, ma diversamente dall'altra volta la ragazzina non stava ridendo come si aspettava; Anzi, sorrideva, ma si vedeva sin da dove era lei che era un sorriso tirato, e si chiese quanto gli avessero fatto male le parole che aveva detto il giorno prima per averle tolto il sorriso.
Stavolta non la vide, cosi Santana potè aspettare che salutasse le sue amiche e guardarla prendere la strada che l'avrebbe condatta fino a casa, prima di avvicinarsi e affiancarla.
-Emma-, sussurrò.
La ragazza si voltò di scatto, guardandola con occhi sgranati; la guardò negli occhi, boccheggiando per un momento, prima di scrollare il capo e guardarsi attorno confusa, come aspettando di veder apparire qualcuno in suo soccorso. Quando però questo non accadde, la ragazza si rigirò di scatto, prendendo a camminare come se non fosse successo nulla.
Santana, imprecò silenziosamente prima di mettersi di nuovo accanto a lei, felice che non c'era quasi nessuno attorno a loro.
-Ieri quella ragazza, Rachel, ha detto un mucchio di stronzate e io altrettanto, ma l'ho fatto solo per farla stare zitta, capisci? Al liceo ero un pò.. no, okay, ero una grandissimo stronza e me la prendevo con tutti e si dà il caso che lei fosse una sfigata di prima categoria e che fosse particolarmente divertente umiliarla e forse questa è stata una specie di vendetta di tutto quello che le ho fatto passare, oppure era solo un modo per irritarmi, io non lo so!! -, cercò di spiegarle velocemente, temendo che potesse sfuggirle ancora come l'ultima volta. -E mi dispiace aver detto quelle parole, perchè non le penso e non immaginavo che ci saresti stata male! Te l'ho detto anche ieri, io voglio provarci con te, ma tu devi volere lo stesso-.
Emma a quelle parole si gelò, voltandosi di scatto verso di lei con gli occhi spalancati. -Pensi davvero che io non voglia stare con te? Mi chiedo ancora come abbia fatto una come me ad attirare la tua attenzione e addirittura a piacerti, e tu credi seriamente che il problema qua sono io?-.
Santana sospirò, rendendosi conto che aveva usato le parole sbagliate. -Spiegami allora cosa vuoi, perchè forse da sola non ci arrivo-.
La ragazza arrossi di colpo, restando però con determinazione legata a Santana con lo sguardo. -Io... io voglio vederti ancora, come abbiamo fatto in questi due giorni, perchè sono stati belli per me e forse è davvero troppo presto per farci conoscere amici e parenti, ma... Io ieri... è come...-.
-Tu lo sai che non sei una botta e via, vero?-.
-Si, si, cioè l'ho capito, non è quello il problema-, scosse la testa la ragazza.
Santana alzò le spalle. -Allora non so davvero dove stia il problema: ero arrabbiata e ho straparlato, ma ti ho gia spiegato che voglio passare del tempo con te, seriamente-.
La ragazzina abbassò la testa, annuendo. -Lo so, ma... Aveva ragione la tua amica, io sono piu giovane e... non vorrei che tu mi vedessi come una ragazzina, qualcosa di noioso, petulante ma diverso dalle solite conquiste come... un passatempo, ecco-.
Santana rimase un'attimo immobile, cercando di assimilare le parole che aveva detto prima di sospirare. -Emma-, si fece piu vicina fino a poggiare le mani sulle sue spalle. -Non esco con nessuno da quasi un'anno, e io ti vedrò sempre come una ragazzina, perchè lo sei-.
Si interruppe, ma quando Emma fece per dire qualcosa, riprese. -Ma, è proprio questo il motivo per cui sono qui adesso; Il fatto che sei giovane e cosi come sei è proprio il motivo per cui dovrei andare via adesso e lasciarti in pace, ma questo è il punto: io non riesco ad allontanarmi, perchè finisco sempre per venirti incontro ancora e ancora. Perchè probabilmente mi piaci e non voglio rinunciare a te-.
La ragazzina tenne gli occhi bassi per tutto il tempo e la mora aspetto che dicesse qualcosa, qualunque cosa che le facesse capire se aveva ancora senso restare là o che si sarebbe risparmiata una figura mostruosa andandosene.
-Non riesco ad immaginarti stronza, dopo quello che mi hai detto-, le sorrise titubante, alzando la testa.
E Santana si lasciò andare in una risata liberatoria, sentendo tutto il nervoso lasciarle il corpo. -Diciamo che con gli anni credo di essere maturata-.
Emma ridacchiò e si fece piu vicina a sua volta, per poi affondare il viso nella curva del collo della mora sorridendo quando le braccia calde e rassicuranti di Santana ricambiarono la stretta, tirandosela contro.
-E comunque, anch'io voglio stare con te-.
 
 
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-Because Alice saw a whole new world
 
 
Emma aveva detto a Santana, una sera mentre l'accompagnava a casa dopo che aveva aiutato la mora a comprare un regalo per il compleanno di Mercedes, che sicuramente non sarebbe stata tanto fortunata a stare assieme a  Santana per piu di una settimana; Fu cosi che quando arrivarono a festeggiare un mese assieme, Santana le fece il solletico fino a farla lacrimare, obbligandola a chiedere scusa per aver dubitato di lei.
Stare con Emma era facile, semplice come respirare o giocare; rendeva tutti i problemi solo delle ombre scuse e riusciva a farla sorridere anche solo aprendo bocca; Indubbiamente Santana amava passare il tempo con lei, da semplicemente passeggiare nel centro di Central Park al passare interi pomeriggi a baciarla nella sua cameretta prima che arrivasse la madre a casa dal lavoro, e tutto quello la faceva sentire un'adolescente.
Ad Emma poi piaceva sentirla parlare del suo lavoro o di quello che faceva quando non era con lei, - come i lavori che stava apportando nel suo appartamento con la carta da parati-, e questo aveva fatto si che, tutte quelle piccole cose, le rendessero piu unite che mai.
Santana sapeva che il professore di Chimica aveva un particolare interesse per le studentesse del suo corso e che invece la prof di Educazione Fisica aveva la leggera tendenza a ditruggere i proprio studenti, ed Emma sapeva che Coraline, la collega di Santana, credeva che quest'ultima fosse una madre single di chissà quale bambino e che il suo capo aveva un'ossessione per le zollette di zucchero.
Non erano neppure cose cosi interessanti, ma riempivano le loro giornate e le loro conversazioni tanto da lasciarle molte volte senza fiato per quanto parlavano; O per quanti si baciavano.
Un mese intero passato a conscersi nella manieria piu classica e Santana iniziava a temere che avrebbe davvero potuto finire col prendersi una cotta.
 
Quel giorno cadeva il loro primo mese assieme e, anche se non l'aveva mai detto, Emma era emozionata di stare assieme a lei da un mese intero; Quindi probabilmente si aspettava un regalo.
Sfortunatamente cadde di venerdì, e quindi la mattina e metà pomeriggio erano entrambe occupate quindi dopo un semplice messaggi di buongiorno avrebbero dovuto aspettare mezza giornata per risentirsi, perchè Emma aveva la fobia di farsi beccara da qualche prof col cellulare e Santana doveva costantemente correre per i suoi colleghi.
Cosi, quando la mora alle cinque spaccate uscì dallo studio, si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, prima di avviarsi verso casa per farsi una doccia e sentire Emma e decidere cosa fare per festeggiare.
Invece della solita strada però, stavolta Santana allungò per alcuni isolati, per vedere se in qualche negozio durante il tragitto trovasse qualcosa di adatto da regalarle; Sorridendo, scrisse un veloce messaggio ad Emma per avvisarla che era appena uscita da lavoro.
-Stai andando a casa? :)
Santana si fermò davanti ad una vetrina con esposti dei manichini e decise di prendergli qualcosa da là dentro, cosi rispose velocemente con un -si- prima di mettere via il telefono. Dieci minuti dopo, la stessa ragazza usciva da là dentro con in mano una busta con dentro un pacchetto regalo che la commessa le aveva fatto con gentilezza, e un'espressione soddisfatta in viso.
Senza piu preoccupazioni si diresse verso casa, ma prima di infilare le chiavi nel portone del palazzo, notò una bicicletta legata al palo della luce che stava proprio là di fronte; Santana rimase gelata sul posto sperando con tutto il cuore che non fosse la bici di Emma, ma sapeva benissimo che era inutlie sperare perchè dalla prima occhiata l'aveva già riconosciuta.
Con maggior fretta aprì il portone per poi avviarsi su per le scale, incrociando le dita nella mano libera sperando con tutto il cuore che Emma non avesse incontrat...
-Santana, eccoti!-, la voce di Quinn la fece immobilizzare, ancora prima di vedere Emma che le sorrideva leggermente a disagio davanti alla porta del suo appartamento.
Sicuramente Quinn l'aveva vista e adesso le avrebbe fatto un'interrogatorio con i fiocchi: dopo la lite tra lei e Rachel, Quinn le aveva detto che la nana isetrica le aveva solo detto di averla vista con una e che si era irritata, e dato che Santana sapeva che Quinn non era un'idiota sapeva che sicuramente aveva già fatto due piu due.
-Quinn-, la salutò senza però togliere gli occhi di dosso ad Emma, e solo allora si accorse come si era vestita la ragazza: aveva indossato il maglioncino azzurro che piu volte Santana aveva mostrato che le piaceva, una gonna a balze nere, le calze e delle converse basse azzurre, con una mollettina che le tirava indietro il ciuffo che solitamente le copriva la fronte.
Era perfetta, e lo era per lei e il loro mese.
Se la immaginava già mentre si specchiava in camera sua prima di decidere di prendere la bici e raggiungere il suo appartamento che era quasi a trenta isolati da lei.
-Ho incontrato quest'adorabile ragazza fuori dal tuo appartamento e non ho potuto fare a meno di chiedermi se è prioprio lei la ragazza di cui parlava Rachel-, sarebbe potuta sembrare una frase dolce se non fosse per lo sguardo che le lanciò Quinn.
Il classico sguardo di avvertimento, di stare molto attenta  a quello che avrebbe detto.
Santana sbuffò, per nulla intimidita. -Quinn, non farti saltare una coronaria-.
-OH MIO DIO, non ci posso credere!-, spalancando le braccia. -Tu te la fai con una ragazzina-.
Emma teneva lo sguardo basso, come se stesse assistendo ad un'orrendo deja-vu, ma stavolta Santana non le avrebbe dato modo di temere; Con un movimento della mano, come a voler mettere da parte quello che aveva detto la bionda, la superò come se nulla fosse, e si avvicinò alla porta cercando la chiave giusta.
-Non è una ragazzina, Quinn, ha diciotto anni-, spiegò senza prestarle molta attenzione, cosa che fece crescere un'accenno di sorriso sulle labbra della ragazza.
Quinn vedendo il suo comportamento socchiuse gli occhi, incorciando le braccia al petto contrariata. -Non mi sembra una buona idea, Santana-.
-Che sei venuta a fare qui, Quinn?-, la mora calcò sul suo nome, voltandosi per osservarla in viso.
La bionda sbuffò. -Non è quello di cui stavamo parlan...-.
-Ma è di quello che IO voglio parlare, quindi ti conviene muoverti prima che decida che qui fa troppo freddo-, sibilò, facendole ben comprendere il suo stato d'animo.
Quinn squadrò un'ultima volta Emma, prima di sospirare e facendole un cenno verso il suo appartamento. -Ho bisogno del vestito verde per stasera e dovevo avvisarti che domani il Glee si riunisce per festeggiare un'ultima volta prima che Puck e Mercedes ripartano-.
Santana annuì, facendo cenno all'amica di entrare dentro, e solo quando questa varcò la soglia si voltò verso Emma che, nel suo posticino, non aveva ancora detto nulla; Con un sorriso le si avvicinò, allungandole una mano.
-Vieni, tra poco se ne andrà-, la rassicurò facendola entrare per la prima volta nel suo appartamento.
Se l'era immaginato in modo doverso, la prima volta in cui l'avrebbe portata a casa sua, ma come sempre non aveva messo in conto il genere di amicizie che aveva attorno a sè; Con un sospiro fece accomodare Emma sul divano mentre entrambe aspettavano che Quinn tornasse all'ingresso con in mano il suo abito.
Quando se la ritrovò davanti, Santana aspettò che dicesse qualcosa come il suo solito. 
-Ascolta, conoscendoti so che qualunque cosa io ti dicessi, tu te ne fregheresti altamente, ma ti chiedo solo di stare attenta a quello che fai: lo sappiamo entrambe che è stato un momento critico e non voglio...-.
-Non accadrà, Quinn-, le sussurrò seria, sapendo benissimo a cosa si riferiva.
Non c'è l'aveva con Quinn, anzi forse proprio perchè era stata lei a dirglielo forse l'avrebbe ascoltata, se fosse già stata un'altra persona l'avrebbe direttamente spinta fuori di casa; ma lei era Quinn, la sua migliore amica che senza sapere nulla le era rimasta a canto piu di chiunque altro senza neppure chiedere.
Era forse l'unica in grado di capirla per davvero, quindi le venne spontaneo annuire alle sue parole e darle ascolto.
Con un sospiro, a malincuore, Quinn decise che fosse ora di levare le tende, ma prima di uscire si girò verso il salotto dove Emma era ancora ferma ad osservarsi le mani.
-E tu-, richiamò l'attenzione della ragazza puntandole contro un dito. -Sembri dannatamente adorbaile ed innocente con quel visino, ma lo sembravo pure io al liceo quindi attenta a chi cerchi di fregare-.
Emma, ovviamente sbiancò, ma Santana era certa che le aveva fatto una buona impressione, altrimenti non si sarebbe nemmeno degnata di guardarla; Fatta la sua parte, Quinn si voltò, decisa a lasciare l'appartamento.
-Ricorda, sabato alle nove in punto al Balcellona, sennò ti mando Puck a prenderti. Oh e ovviamente porta anche Emma!-.
Quando la porta si chiuse, finalmente, dietro alla bionda, Santana si lasciò sfuggire un sospiro e un sorriso mentre si voltava verso la ragazza che era ancora immobile sul suo divano; La mora le si sedetta accanto, sfiorandole una spalla e al suo tocco Emma si rillassò completamente, poggiando la testa sulla sua spalla e scivolando assieme a lei contro lo schienale.
-Avrei voluto sotterrarmi-, sussurrò.
Santana ridacchiò, lasciandole un bacio tra i capelli. -E perderti il nostro primo mese insieme?-.
A quelle parole la ragazza alzò di scatto sorridente la testa, prima di allungarsi e lasciarle un bacio sulle labbra. -Te lo sei ricordata-.
La mora rise. -E come potevo scordarlo dopo che me l'hai ripetuto per mille volte nell'ultima settimana?-.
La ragazza rise, scollando le spalle e tirando su le gambe, poggiandole sul divano, sdraiandosi cosi completamente sul corpo della sua ragazza; Restarono per un pò là ferme a parlare della giornata, di come era andata a scuola e a lavoro, di quello che aveva detto Emma ai suoi per riuscire a sgattaiolare via di sera, in un giorno intersettimanale.
Stava ancora ridendo dell'espressione del padre, quando Emma posò sul grembo di Santana una piccola scatoletta quadrata; Sorpresa fece scattare lo sguardo da lei alla scatola, coperta con uno strato di carta rossa da regalo.
-Ho pensato che sarebbe stato carino darti qualcosa, ma non avevo idee e poi non sapevo se volevi un regalo o meno quindi ti ho preso una cosa che può essere un regalo per il nostro primo mese assieme ma può anche semplicemente essere un regalo, cosi, fatto a caso-, le spiegò come faceva sempre quando si trovava in imbarazzo e le fece un cenno veloce di aprirlo, quando la mora fece per parlare.
Con un sorriso iniziò a scartare il regalo sotto agli occhi ansiosi della ragazza; la scatola non era proprio quadrata ma piu rettangolare e quando si ritrovò davanti una cornice in vetro, il respiro le si fermò in gola. La cornice era decorata con delle forme geometriche ed ogni rombo aveva un suo colore, mentre al centro c'erano tante piccole foto, quelle che solitamente si fanno dentro alle macchinatte che si trovano in giro per le vie della città, e Santana riconobbe le foto che si era fatta assieme alla ragazza.
Erano state ritagliate cosi da coprire tutta la superficie libera e in tutto dovevano essere una decina: le prime le avevano fatte due giorni dopo il bacio all'Little Italy, nelle quali il sorriso di Emma sembrava illuminare tutto lo spazio, e sembrava che Santana non riuscisse a tenere gli occhi fermi sull'obbiettivo, ma costantemente puntati sulla ragazza.
Alcune erano magnifiche: una in cui Emma sorrideva allegra all'obiettivo, come se trattenesse una risata e Santana dietro di lei che le stringeva le braccia attorno al busto, con il mento sulla sua spalla; un'altra in cui avevano i nasi che si toccavano, Santana che sorrideva con gli occhi chiusi ed Emma invece che guardava lei, un'altra in cui Emma aveva la testa tirata all'indietro per posare un bacio sulla guancia, lasciando cosi scoperto il collo.
Le seconde invece le avevano fatte pochi giorni prima di festeggiare il loro primo mese assieme, e Santana appena le riconobbe se ne innamorò subito, dichiarando tra sè e sè che quelle erano le sue preferite; Entrambe avevano la sciarpa ed Emma indossava anche un cappellino di lana, ma non era quello il particolare che fece sciogliere completamente il cuore a Santana: in tutte quelle foto, tutte, le due ragazze si stavano baciando; Come se non riuscissero a fermarsi o quello fosse troppo importante per essere interrotto da un semplice flash.
-Emma-, sussurrò, senza parole.
-Ecco, ho scelto questo regalo perchè cosi se non ti piace o ci lasciamo, puoi sembre buttare le foto e sostituirle con qualcos'altro. O gettare anche via la cornice, tanto non l'ho pagata molto, non ti devi di certo sentire in colpa...-, Santana interruppe subito il suo discorso prendendola per la guancia e coinvolgnendola in una bacio che le tolse il fiato e le fece girare la testa.
Si baciarono a lungo, un bacio che di dolce aveva veramente poco, giudato piu dalla passione e l'entusiasmo che Santana sentiva dentro, e che passò alla ragazza che si strinse a lei con piu forza; Quando si separarono erano entrambe senza fiato.
-Anch'io ti ho fatto un regalo, ma non è nemmeno lontanamente paragonabile a questo-, sussurrò Santana, iniziando a darsi della scema per non aver scelto qualcosa  di piu... personale.
Emma si illuminò a quelle parole. -Mi hai fatto un regalo?-.
Santana rise. -Ovvio! Pensi che sarei venuta a mani vuote?-.
-No, ma non credevo mi avresti preso qualcosa-, sussurrò arrossendo intimidita.
Dopo averle schioccato un bacio sulle labbra, Santana si allungò per prendere la busta con cui aveva varcato la soglia di casa; La passò alla ragazza, osservando la sua espressione allegra mentre apriva il pacchetto con un sorriso, che non sparì quando vide il regalo.
-E'... bellissima, Santana!-, sussurrò voltandosi verso di lei e darle un'altro bacio.
Senza aspettare un risposta, sfilò la sciarpa dalla scatola dove era riposta e accarezzò il tessuto che nei mesi freddi come quello ispirava calore e con le dita seguì i contorni dei disegni delle renne che c'erano sopra; Con uno scatto, poi, se la mise attorno al collo, con un sorriso sulle labbra.
-E' perfetta-.
-E' banale-, la contraddisse Santana.
Emma le lanciò un'occhiata ammonitrice. -L'hai presa pensando a me, questo la rende perfetta-.
Avevano chiaramente un'idea molto differente sul significato di perfetto, ma quelle parole fecero chiudere per un secondo a Santana gli occhi, sopraffatta da quella sensazione che, giorno dopo giorno, Emma riusciva a trasmetterle comportandosi semplicemente per com'era.
Si sentì come se quegli ultimi anni non ci fossero mai stati, come se fosse ancora un'adolescente un pò disillusa ma con ancora cosi tante speranze davanti a lei; Ed era grazie a lei.
-Emma-, la chiamò mentre quella stava ancora ammirando la sciarpa, cercando di mettersela attorno al collo senza piegarla come, diceva lei, le aveva insegnato un'amica, cosi da rovinarla il meno possibile.
La ragazza si voltò verso di lei, senza smettere di lavorare con il suo regalo.
Santana prese un respiro, cercando di darsi forza. -Mi sono innamorata di te-.
E se prima avesse giurato di averla vista felice, quando la ragazza sentì quelle parole, Santana dovette ricredersi; Prima il sorriso le si gelò sulle labbra, sostituito da un'espressione incredula, poi i primi a sciogliersi furono gli occhi dove Santana riuscì ad intravedere anche un luccichio poco rassicurante, ed infine il sorriso. Quello, ovviamente, prima che Emma si lanciasse su Santana, stringendole le braccia attorno al collo.
-Anch'io-, sussurrò contro la sua pelle. -Anch'io-.
Quello, per Santana, era perfetto.
 
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-Because Pinocchio learned not to tell lies
 
 
Quella notte Emma aveva dormito per la prima volta nel suo appartamento e Santana quando aprì per la prima volta gli occhi, disturbata dalla luce che entrava dalle persiane, ci mise un'attimo per capire di aver compagnia nel letto.
Con un sorriso sulle labbra, aveva stretto maggiormente la schiena della ragazza contro il suo petto, posando un casto bacio sui suoi capelli rossi che dal primo momento l'avevano colpita; Non avevano fatto sesso, -chiamarlo amore era abbastanza strano per Santana, dopotutto-, ma avevano comunque buttato giu una piccola barriera che fino ad allora non avevano avuto il coraggio di attraversare; Ne parlavano da giorni ormai, quando Emma le annunciò che i suoi genitori le avevano dato il permesso di dormire da un'amica, che avrebbe gentilmente retto il gioco alla ragazzina cosi da poterle dare l'occasione di dormire finalmente con la sua ragazza dopo quasi due mesi che si frequentavano: Emma le aveva detto che voleva assolutamente sapere com'era Santana quando si svegliava e desiderava con tutto il cuore dormire tra le sue braccia e fare colazione la mattina appena sveglia con lei.
Cosi si erano preparate, Emma aveva preparato tutto l'occorrente mentre Santana sistemava la camera e cambiava le lenzuola; Avevano passato la sera a mangiare cibo cinese d'asporto e guardando un paio di film noleggiati al BlockBuster sotto casa, accoccolate sul divano a farsi ogni tanto le coccole e scherzare.
Quella notte avevano superato la barriera dei vestiti, scoprendosi per la prima volta e studiando il corpo dell'altra, coccolandosi senza spingersi troppo oltre, ed a Santana quello sembrò perfetto.
Ogni tanto di notte si era svegliata perchè Emma scalciava o si stringeva con troppa forza, ma neppure una volta trovò la cosa fastidiosa: la ragazzina, con il suo pigiama con sopra la stampa degli orsacchiotti gli faceva una tale tenerezza che non poteva fare a me di darle un bacio e lasciarsi scivolare ancora nel sonno.
La sveglia quella domenica non era stata puntata, diversamente da come accadeva solitamente quando Santana era sola e si scocciava ad alzarsi a mezzogiorno con ancora tutto da fare; Cosi quando la ragazza da sola aprì gli occhi e vide che erano le dieci e mezza, pensò che fosse ora per entrambe di andarsi a prendere un caffè, facendo cosi felice Emma soddisfando una sua curiosità.
La fece scivolare sulla schiena ed iniziò a posarle baci su tutta la lunghezza del collo, fino ad arrivare al mento, le guancie, il naso, le palpebre ancora chiuse ed infine la fronte dove si soffermò un minuto in piu; La ragazzina, sotto alle sue attenzioni mugulò contrariata, ma invece che allontanarsi, le fece scivolare le braccia attorno al collo, tirandosela maggiormente vicina.
-Svegliati-, le sussurrò Santana contro la pelle del collo.
Emma dal canto suo borbottò un -No-, contrariato prima di rigirarsi, dandole la schiena, nascondendosi sotto al piumone della mora.
Santana ridacchiò, andando a posare le mani sui suoi fianchi. -Forza, sei tu che hai chiesto la colazione insieme. Adesso quindi ti alzi, ti dai una lavata e poi usciamo-.
Ma Emma non sembrava per nulla colpita dalle sue parole, cosi Santana passò alle maniere forti, iniziando a muovere le dita che aveva a contatto con la pelle calda della ragazza: in men che non si dica il corpo sotto alle sue dita si ritrasse, gli occhi le si spalancarono e una leggera risata mista ad un'urlo le uscì dalla bocca.
Si contorse per il solletico, pregando subito Santana di smettere.
-Okay, okay, mi alzo, lo giuro! Ti prego lasciami-, strillò ridendo.
La mora la lasciò in pace, ridendo assieme a lei, facendosi piu vicina per darle un bacio del buongiorno, ma quando fece per poggiare le labbra sopra quelle dell'altra, Emma posò una mano sopra alle proprie, sgranando gli occhi.
-No-.
-Perchè?-, Santana la guardò come se fosse pazza.
-Devo ancora lavarmi i denti! Non ho un bell'alito la mattina-, borbottò contro la mano.
Santana alzò gli occhi al cielo, scostando con forza la mano della giovane, prima di premere con forza le sue labbra su quelle di Emma, lasciandosi cullare dal profumo della sua pelle, ora intenso piu che mai e impresso nelle sue stesse lenzuola.
 
Mano nella mano, le due ragazze si stavano incamminando verso lo Starburks quando proprio un'amica di Emma la salutò, squadrando sia lei che Santana con occhio critico; La mora lasciò che le due parlassero dei loro affari, precedendo la ragazza dentro al locale e mettendosi in fila.
Emma, fuori dal locale si stava mordendo il labbro inferiore, non sapendo se serviva giustificarti per quello che Alexa aveva appena visto: con un sospiro, carezzò il tessuto della sciarpa che aveva attorno al collo.
-Ma quanti anni ha? E' legale?-, sussurrò quella.
-Sono maggiorenne, ovvio che è legale-, sbottò cercando di mettere in chiaro le cose.
Alexa la scrutò a lungo, prima di annuire. -Bè... E' figa, non c'è che dire-, disse complice, facendole l'occhilino.
Emma ridacchiò imbarazzata, ma anche un pò orgogliosa. -Si, lo è-.
Alexa era una delle poche sapeva dei gusti di Emma e non l'aveva mai giudicata per quello o allontanata, quindi la ragazzina sapeva che poteva contare su di lei e aveva bisogno di sapere che non era contro le sue scelte.
Emma si guardò le punte delle scarpe, sentendo l'altra sospirare. -Bè, io adesso vedo a prendere gli appunti di Chimica da Albert, te torna pure a camminare sulle nuvole con quella-, le sorrise dandole una pacca sulla schiena.
Emma annuì, facendosi da parte per farla passare e finalmente si diresse verso lo Starburks, alla ricerca di caldo e Santana; La vide in fila per ordinare e le corse subito in contro, prendendola sottobraccio e sorridendole.
Puntò subito lo sguardo sui dolcetti che c'erano oltre la vetrina e con una serie di moine e sorrisi, riuscì a convincere la mora a prendergliene uno da portare via e mangiare mentre passeggiavano per le vie di New York.
Erano quasi all'uscita quando sentì Santana al suoi fianco voltarsi, come se qualcuno l'avesse chiamata, ma seguendo il suo sguardo la vide solo mentre osservava un'altra ragazza, una bionda, che avrebbe dovuto avere qualche anno in piu di Emma, che ricambiava in pieno lo sguardo della mora.
Anche Emma si prese il tempo di scrutarla, prima che la curiosità la portase a chiedere a Santana chi fosse: avrebbe potuto essere una collega o una vecchia amica, ma dall'espressione che vedeva dentro agli occhi di Santana, Emma sentiva che era qualcuno di piu importante, un qualcuno che sembrava meritare uno sguardo che Emma non le aveva mai visto addosso.
Con un sospiro però, Santana chiuse gli occhi, voltandosi lentamente verso la porta, sibilando solo un, -Nessuno-, che fece capire ad Emma che quella ragazza era qualcuno che sembrava aver lasciato in Santana cicatrici troppo profonde per essere viste o curate.
 
Due giorni dopo stavano pranzando con due hot dog, sedute sulla panchina del parco che stava vicino alla scuola di Emma; La ragazzina aveva ancora addosso la divisa e stava cercando in tutti modi possibili di non macchiarsi la camicia bianca perchè la versione che aveva dato a sua madre era che si era fermata in biblioteca a studare con delle amiche.
Santana invece aveva mezzo turno quel giorno, il che significava pomeriggio libero da poter passare assieme ad Emma; Sorridendo le passò un'altro tovagliolo che la ragazza si posò sulle ginocchia, cercando di proteggere alla bell'è meglio la gonna.
Nel silenzio, Emma, lanciò un'occhiata di sottecchi alla mora, cercando di individuarne i pensieri come ormai le capitava di fare negli ultimi due giorni, senza grande successo; con un sospiro, si rese conto che quei pensieri che le giravano per la testa non l'avrebbero mai lasciata in pace fino a quando non li avesse dato voce.
-Santana-, la chiamò, facendola voltare verso di lei. -C'è una cosa che volevo dirti.. cioè, chiederti-.
Santana aggrottò la fronte, vedendola cosi seria e le fece segno di continuare.
La ragazzina si schiarì la voce. -La... la ragazza che abbiamo incontrato l'altro giorno, allo Starburks, quella bionda...-.
Santana capì subito di chi si riferiva e voltò di scatto il viso, prendendo ad osservare un piccione poco distante da loro che beccava a terra alla ricerca di cibo; Non parlò, ma i suoi movimenti diedero solo che un'ulteriore conferma ad Emma: quella ragazza non era nessuno.
Abbassò il capo, sentendo una brutta sensazione avvolgergli le membra: da come l'aveva guardata sicuramente doveva essere una sua ex, e da come reagiva doveva pensare ancora a lei.
Pensava ancora a quella bionda mentre stava con lei; che schifo, pensò la ragazzina.
Però il silenzio era troppo pesante da sopportare, soprattutto un silenzio cosi opprimente come quello là, quindi Emma decise di continuare, anche se la verità era che avrebbe di gran preferito che a dire qualcosa fosse Santana.
-Io non lo so chi fosse, ma un'idea me la sono fatta da come reagisci e da come... la guardavi, e lei guardava te. So solo che sembri sempre cosi... chiusa ogni volta che accenno a qualche tua relazione passata o al periodo del liceo, come se ci fosse qualcosa che senti di dovermi nascondere-, sussurrò, voltando il capo, osservando il suo pranzo ormai freddo, sentendo quelle parole pesare come macigni sulla sua lingua. -O qualcuno-.
Santana irrigidì le spalle, senza neanch'ora girarsi a guardarla. -Non ne voglio parlare-, sussurrò con calma.
Emma annuì. -Capisco-, annuì, lanciandole uno sguardo, scoprendo come quello sguardo riuscisse a farle sentire dei crampi assurdi alla cuore; Crampi che facevano male. -Voglio solo dire che... non serve che lo dici a me, ma a qualcuno dovresti. Sembra che ti faccia soffrire e.. parlarne, forse ti libererebbe un pò-.
Santana per quel pomeriggio, non aprì piu bocca.
 
Nel silenzio dell'appartamento, Santana si rigirava tra le mani il cellulare, osservando il nome della sua ragazza sullo schermo, senza sapere bene se aveva voglia di chiamarla o meno; Dopo quello che era successo al parco, aveva preferito riaccompagnarla a casa per poi rinchiudersi nel suo appartamento, tirando fuori una scusa qualunque che però fece capire tutto ad Emma.
Con un sospiro mise da parte l'apparecchio nell'esatto momento in cui Quinn fece il suo ingresso dalla sua porta, sorridendole radiosa con in mano l'abito che ormai aveva dato per disperso.
-Hai visto ch... che diamine ti è successo?-, il suo tono di voce cambiò subito, cosi come la sua espressione: da allegra era passata a preoccupata.
Santana si passò una mano sul viso, immaginando che immagine depressa di sè stessa poteva dare a chi la osservava. 
-C'entra Emma? Avete litigato?-, chiese confusa.
-No.. cioè, si... ahh in realtà non ne ho assolutamente idea-, sbuffò tirandosi indietro i capelli dal viso.
Quinn le si sedette accanto, posandole una mano sul ginocchio. -Okay, che ne dici di dire alla zia Quinn che sta succedendo-.
Santana le lanciò un'occhiata di traverso e quando stava per mandarla a quel paese le venne in mente il viso di Emma mentre rientrava a casa, senza averla sfiorata con un dito per tutto il tragitto e senza averla neppure salutata; Si sentì una vera schifezza per come aveva reagito dopo che aveva nominato Birttany, e per la prima volta iniziò a pensare che forse tenersi tutto dentro non la rendeva affatto forte, ma solo spaventata.
-Santana-, le sussurrò Quinn, attirando la sua attenzione.
La mora alzò lo sguardo, specchiandosi in quello dell'amica e iniziò a sentire la bolla che aveva trattenuto i ricordi di Brittany sgretolarsi sotto a quegli occhi.
-Quinn, devo parlarti-, sussurrò, e forse fu il tono o l'espressione che aveva in quel momento, qualcunque cosa fosse stata, fecero capire a Quinn cosa stava per accadere, e la bionda non si trattenne nell'afferrargli una mano, ancora prima che cominciasse.
-L'amavo cosi tanto, e mai, mai avrei potuto credere che sarebbe riuscita a fare una cosa simile-, sussurrò con lo sguardo basso. -Era il giorno del Ringraziamento...-.
 
 
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-Because Aurora slept one hundred years before love again
 
 
Santana si stiracchiò, poggiandosi meglio contro il muretto che stava davanti al cortile del liceo St. Jude e con uno sbadiglio cercò di tenere gli occhi svegli; Quella notte non aveva chiuso occhi, colpa soprattutto di Emma che l'aveva tenuta sveglia fino al mattino per sfogarsi della lite furiosa che aveva avuto con i suoi quando gli aveva confessato che non solo amava le donne, ma che frequentava anche una donna piu grande di lei da quasi quattro mesi, a loro insaputa.
Non serve dire che quando Santana le aprì la porta la trovò con le lacrime agli occhi e tanto, tanto di cui parlare. L'aveva accolta nel suo letto dopo averla fatta calmare e obbligata a farsi una doccia per togliersi il freddo che aveva sin dentro le ossa, dopodichè l'aveva ascoltata parlare fino a quando gli occhi non le si erano sigillati ed era stata obbligata a chiamare per darsi malata quando il mattino dopo a malapena riusciva a vedere dove fosse la cucina.
Adesso, dopo aver messo qualcosa sotto ai denti, aveva pensato di passare a prendere la ragazza a scuola, per portarla a fare un giro e vedere se si era calmata, per poi convincerla a parlare con i suoi genitori con calma e, chissà, anche fare le presentazioni ufficiali.
Il secondo sbadiglio che le uscii, fu stroncato a metà dal suono della campanella; Con un sospiro di sollievo si staccò da quella superficie dura  e si avvicinò alla fila di alberi dove piu volte si era fermata ad aspettare la ragazza.
Quando la vide sbucare in mezzo alla folla, con i capelli raccolti in una coda alta e la classica divisa della scuola, andarle in contro con un sorriso radioso, Santana sentì di trovarsi nel posto in cui avrebbe voluto restare per sempre: davanti a lei.
Quando le fu abbastanza vicina, Emma le saltò in braccio, allacciando le gambe attorno alla vita, baciandola senza esitazioni davanti alla folla di studenti, professori e genitori che le stavano attorno; Sorrise sorpresa e felice allo stesso tempo, colpita come al solito dalla sua spontanetà.
Quando la ragazzina la lasciò respirare, si lasciò scappare una risata che fece illuminare gli occhi della giovane.
-Ti amo, Santana-, le sussurrò senza esitazioni, guardandola e facendole bloccare il respiro.
La mora la osservò, cercando di capire se quello che aveva detto fosse reale, ma quando capì di non essersi sbagliata, non riuscì a far altro che far scontrare una seconda volta le labbra contro le sue; Sentiva il cuore scoppiarle nel petto e avrebbe voluto dire con tutta se stessa che anche lei l'amava, che provava le stesse sensazioni quando l'abbracciava o si sedeva al suo fianco, che sentiva le farfalle nello stomanco quando si baciavano e che quando la vedeva triste non poteva fare a meno di sentire una stretta dolorosa al cuore.
Voleva dirle che l'amava, ma era certa che avrebbe avuto tutto il tempo della sua vita per farlo; Adesso, la cosa piu importante era toglierle il fiato con i suoi baci, proprio come Emma glielo toglieva con un semplice sorriso.
 
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-Because every fairytale needs its time-
 

 
   
 
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