Il bosco
spettrale era ormai alle loro spalle e quasi appariva
solo come un tenue ricordo di un incubo avvenuto in una notte lontana,
eppure
non era successo che il giorno precedente. Avevano ripreso da poco la
strada
maestra ora di nuovo costeggiata da campi, mentre nell’aria
si iniziava a
percepire l’odore caratteristico della salsedine. Il mare
ormai non era più
così lontano e da una collina sopraelevata potevano ben
vederlo come linea
azzurra che si stagliava all’orizzonte. Il sole anche se alto
nel cielo, non
riusciva a scaldare la terra e così l’aria attorno
a loro era frizzante e
fresca. Jun sorrise dolcemente mentre
camminava al fianco dell’amico di una vita, non poteva
credere di essere quasi
arrivato alla città di mare. Non poteva ancora credere di
aver smentito tutte
le previsioni funeste che la madre gli aveva propinato. Era felice,
felice come
non mai in vita sua. Pervaso da quella sensazione accelerò
il passo suscitando
il sorriso di Tsubasa e la perplessità del nuovo membro del
gruppo.
“Cerca di non correre troppo! La tua Dea non scappa
mica!” lo prese in giro il
paladino facendo poi l’occhiolino a Taro, mentre il mago
sbuffando riprendeva
il passo normale e gli si affiancava nuovamente.
“Oh beh… lei ha tutta
l’eternità davanti…”
mormorò il mago alquanto piccato
dalla frecciatina dell’amico, certo sperava ardentemente di
rivedere la sua Dea
una volta giunto a Kai, ma era solo una sua semplice illusione siccome
lei non
gli aveva mai accennato al fatto che si sarebbero rivisti, se non alla
fine della
missione. Ma come gli sarebbe piaciuto rivederla, vedere quegli occhi
azzurro
ghiaccio per perdersi dentro di essi ed affogare poi sulle labbra
rosee.
Affondare le mani nella sua chioma lilla e baciarla. Il suo viso doveva
aver
assunto una qualche espressione da ebete perché
suscitò anche la risata del
giovane chierico che sino a quel momento aveva detto poco o nulla,
sempre
immerso in quelle poche cose che riusciva a ricordare. Frammenti di
luce a cui
cercava di ridare in senso.
“Chiedo scusa…” disse subito Taro
nascondendo poi il resto dell’ilarità dietro
la mano, ma il mago fece un segno di diniego, era contento del suo
ridere,
anche se era a sue spese. Percorsero ancora qualche tratto di strada in
silenzio, mentre alcuni carri passavano accanto a loro superandoli.
Diverse
volte Jun aveva pensato di fermarne uno e chiedere un passaggio sino
alla
città, ma poi ci aveva ripensato, avevano davvero pochi
soldi con loro e forse
non gli sarebbero nemmeno bastati per pagarsi il viaggio in nave,
ammesso che
una nave che salpasse per Ila ci fosse. Effettivamente aveva
pianificato ben
poco quel viaggio e ora se ne pentiva. Se non avessero trovato una nave
cosa
avrebbero fatto? No, non doveva pensare negativo, altrimenti tutto
sarebbe
davvero andato a rotoli! Scuotendo la testa cercò di
cacciare via quei pensieri
e per qualche ora assieme a Tsubasa avevano provato a fare diverse
domande a
Taro sul suo passato, ma davvero non ricordava nulla, a malapena si
ricordava
se un cibo gli piacesse o meno, siccome aveva guardato in modo strano
la mela
rossa che un contadino aveva offerto loro per aver recuperato un maiale
che era
scappato dal recinto. Con diffidenza l’aveva addentata,
scoprendone poi che il
sapore dolce gli piaceva moltissimo e quindi l’aveva poi
mangiata con gusto.
Verso metà pomeriggio un vento forte proveniente dalla costa
si era alzato
portando con se in un attimo nubi nere che oscurarono il cielo come una
pesante
coperta plumbea, nel giro di pochi attimi si scatenò il
diluvio che costrinse i
giovani a cercare riparo sotto un piccola pineta che cresceva sul
limitare di
una villa di campagna. Avvolti nei loro mantelli si erano riparati il
più
possibile in quell’intreccio di sempreverdi, sperando che la
pioggia smettesse
al più presto, ma con loro grande sfortuna fu solo quasi
verso il crepuscolo
che essa accennò a diminuire. Risolto il problema della
pioggia però se ne
presentò un altro siccome ormai era il tramonto e viaggiare
non era più saggio.
Jun imprecò fra i denti per quell’ennesimo colpo
di sfortuna sulla sua strada e
raccolto un sasso da terra lo scagliò verso il centro della
pineta con quanta
forza aveva in sé. Un sordo mugolio di dolore ed il tonfo di
qualcosa di
pensante che cadeva a terra li mise tutti in allerta. Tsubasa estraendo
la
spada dal fodero si avvicinò cautamente al luogo da dove
aveva sentito
provenire il rumore riscontrando alcune tracce di impronte fresche sul
terreno,
le quali si interrompevano di colpo al centro esatto di una
piccolissima
radura. Fermandosi a pochi passi dalle impronte il paladino mosse la
spada,
facendola cozzare contro qualcosa che era stesa a terra.
“C’è qualcosa qui! Ma temo che sia
invisibile!”
“Oh non dovrebbe essere un problema, se mi ricordo bene la
formula…” disse il
mago avvicinandosi all’amico. Socchiude gli occhi cercando la
giusta
concentrazione, il suono della pioggia che ancora lenta continuava a
cadere lo
aiutava a rilassarsi. Sentì la magia scorrergli lungo tutto
il corpo e fluire
dalle sue mani tese verso quello che appariva vuoto, incanalandosi con
tutta la
sua potenza. Le parole dell’incantesimo uscirono quasi come
una cascata dalle
labbra del mago e dopo qualche attimo che le aveva pronunciate fu come
se
l'aria avesse iniziato a fremere, poi si contorse come se la magia
l'avesse
strizzata, e nel vortice di colori che si era formato appare una figura
distesa
a terra, un uomo a giudicare dalla stazza, vestito con gli abiti neri
tipico di
chi non vuole farsi vedere, nel buio della notte. Gli occhi di Taro
erano
vivamente sorpresi, non aveva mai visto nessuno lanciare una simile
magia . . .
oppure si? Un senso di malinconia prese possesso della sua anima, ma fu
lesto a
celarlo ad i due ragazzi. Cautamente si avvicinò anche lui
per osservare il
corpo disteso a terra. Molto evidentemente il sasso scagliato da Jun lo
aveva
colpito in testa facendolo precipitare a terra privo di sensi.
“Che fortuna, hai catturato un ladro senza nemmeno
volerlo!” lo prese in giro
Taro chinandosi accanto al soggetto svenuto per esaminargli la ferita,
osservò
che non era molto grave e di certo di lì a poco si sarebbe
ripreso,
“Guarda che era tutto calcolato! Avevo sentito un rumore e
così…”
“Certo, come no!” lo interruppe Tsubasa ridendo
come un matto mentre legava il
giovane “Fai prima a dire che è stato un bel colpo
di fortuna!” rimessosi in
piedi si caricò in spalla lo sventurato ladro e con il
piccolo gruppetto seguì
le tracce a ritroso. Giunti dinnanzi ad una villa due guardie armate di
lance
sbarrarono loro la strada, non fu difficile immaginare che il ladro
fosse giunto
da lì.
“Chi siete!? Cosa volete!?” chiesero rudemente
scrutandoli con aria torva.
“Siamo dei viaggiatori e vorremmo parlare con il signore
della casa…” rispose
il mago con voce pacata.
“Ah si e per quale motivo?”
“Abbiamo trovato qualcosa che probabilmente appartiene a
lui!” dette queste
parole il paladino mostrò il corpo che portava a spalla. I due uomini guardarono
l’uomo privo di sensi
e, dopo aver parlottato fra loro, uno si diresse verso la casa del suo
signore
tornando poco dopo assieme a lui. I tre ragazzi guardarono
l’uomo avvicinarsi,
era ben vestito e di aspetto distinto. Indossava una tunica verde
smeraldo ed
una calzamaglia nera ad i piedi portava stivali di cuoio nero, ed alla
vita
indossava una cintura ornata di pietre preziose. I capelli azzurri
erano legati
dietro la testa in una coda.
“Hiro mi ha detto che avete qualcosa per me. È
vero?” chiese il nobile con voce
gentile ma ferma, chiaro segno che per ora non era ostile agli
avventurieri.
“Sì Signore è vero… abbiamo
sorpreso questo ladro che fuggiva da casa vostra… o
almeno così dicono le orme che abbiamo seguito”
prese a spiegare il chierico.
“Lo abbiamo perquisito alla svelta e nelle tasche abbiamo
trovato questo
amuleto…” aggiunse Jun mostrando
all’uomo una collana d’oro con un ciondolo a
forma di goccia che fra le sue mani luccicava appena per la magia che
vi
scorreva dentro.
“Ma quello è l’amuleto della salute di
mia moglie!” la sua espressione stupita
fece capire ai ragazzi che non si era minimamente accorto del furto che
aveva
subito “Io non so davvero come potervi ringraziare!”
Diede un'occhiata ai fagotti che si portavano appresso e ad i loro
vestiti
bagnati, ''Sembrate viandanti, e di certo a quest'ora farete fatica a
trovare
un posto per la notte, se volete potete rimanere qui''
“La vostra offerta ci onora mio Signore.” Jun si
profuse in un inchino,
immensamente grato verso quell'uomo che risolveva tutti i loro
problemi,
seguendolo poi verso la casa “Permettetemi che mi presenti,
il mio nome è Jun
Misugi e questi sono Tsubasa Ozora e Taro.” Indicò
i compagni che lo seguivano.
Fermandosi di colpo il
Signore della
casa si volte verso il paladino scrutandolo con estrema attenzione.
“Ozora hai detto? Il figlio di Koudai Ozora?”
guardando meglio il ragazzo si
accorse in effetti dell’incredibile somiglianza fra lui ed il
padre, per non
parlare della madre.
“Si signore, proprio lui, ma come fa a conoscerlo?”
chiese abbastanza
sconvolto.
“Devi sapere che io e tuo padre abbiamo combattuto assieme,
forse ti ha parlato
di me, Akira Tanaka, ma ora entriamo a riscaldarci avremo modo di
parlare sta
sera durante la cena.” E detto questo varcò la
soglia di casa dando
disposizione alle serve di preparare le camere ed un bagno caldo per i
loro
ospiti.
Immerso nell’acqua calda Jun sentì la tensione
accumulata nei giorni precedenti
sciogliersi, così come il freddo che gli si era annidato
nelle ossa. Certo
partire in autunno non era proprio il massimo, con il freddo imminente
dell’inverno, ma non avevano potuto fare diversamente. Il
profumo del sapone alla
rosa gli fece ancora una volta pensare alla sua Signora. La sua Dea. Il
grande
amore della sua vita che non sarebbe mai riuscito a coronare. Il
bussare lieve
alla porta lo fece sobbalzare.
“Si?”
“Sono la cameriera, le ho portato dei vestiti
puliti” mormorò una voce morbida
all’altro capo ed immediatamente il giovane uscì
dall’acqua avvolgendosi
attorno alla vita un asciugamano di lino, un po’ lo
imbarazzava che la donna
entrasse, ma non poteva mica restare nudo durante la cena attendendo
che i suoi
vestiti fossero pronti, la fece così entrare, ma lei con
molto riguardo lasciò
i vestiti accanto al camino e, dopo aver ravvivato le fiamme,
uscì avvisandolo
che la cena sarebbe stata servita di lì a pochi minuti.
Vestendosi velocemente
si asciugò i capelli alla meglio scendendo così
nella sala grande dove il
tavolo di legno era stato riempito di ogni sorta di prelibatezza. Prima
di
prendere posto Akira presentò sua moglie e la sua
figlioletta di appena cinque
anni ad i suoi ospiti.
“Vi ringrazio ancora infinitamente per aver ritrovato la
collana di mia moglie,
purtroppo senza quella non le sarebbe rimasto molto da
vivere…” e la voce ebbe
una note di tristezza.
“Veniamo a noi caro ragazzo… come
vanno le cose in famiglia? Tuo padre
come sta? E tua… madre?” ci mise un po’
a chiedergli della donna e la cosa non
sfuggì affatto al ragazzo che strinse con forza le bacchette
fra le dita.
“Beh diciamo che le cose vanno bene… mio padre sta
per tornare dalla capitale
e… anche mia madre sta bene… insomma le cose si
stanno aggiustando, piano,
piano…”
“Uhm capisco… quindi i tuoi stanno ancora assieme?
Bene…”
La risata della piccola Momo fece volgere tutti i presenti
ad osservare
la scena. Taro sedeva accanto a lei e con il tovagliolo avvolto attorno
ad una
mano impersonava il “serpente del solletico” e ogni
tanto fingeva di attaccarle
il fianco facendola divertire un mondo.
“Momo fai la brava… non disturbare i nostri
ospiti!” la redarguì la madre
scuotendo il capo bonariamente, mentre il viso della piccola si
rabbuiava di colpo.
“Oh no Signora la prego non la sgridi! Non da alcun
fastidio… anzi è bello
giocare con lei…” mormorò il giovane
chierico perso in qualcosa che poteva
anche somigliare ad un ricordo. Una figura nera che correva accanto a
lui, due
bambini? Non sapeva dirlo, sapeva solo che uno dei due era lui, mentre
l’altra
persona restava sfocata ad appena pochi passi da lui, ma rideva, rideva
dolce e
piena di felicità, nostalgia di tempi lontani prese possesso
di lui. Uno
sguardo in direzione del chierico fece capire a Jun che era sprofondato
in
qualcosa di totalmente suo e per non far intravedere quel qualcosa ai
loro
ospiti si rivolse alla piccola.
“Vuoi vedere una magia?” le chiese dolcemente e lei
battendo felice le mani
corse verso di lui, facendosi poi mettere in braccio “Dalla
tua reazione
presumo che sia un si!” rise il ragazzo che per qualche
attimo rimase
silenzioso, quindi s’illuminò di colpo e,
richiamando alla mente le sue prime
lezioni di magia, eseguì una prestidigitazione, facendo
apparire dal nulla una
bellissima rosa color pesca che mandò in estasi la piccola.
“Ancora, ancora per favore!” lo supplicò
dolcemente la bambina guardandolo con
i suoi grandi occhi azzurri.
“Vediamo cosa posso fare!” concentrandosi qualche
attimo nella sua mano venne
evocata una fiammella azzurra che si alzò in aria, iniziando
poi a danzare al
ritmo del battito delle sue mani.
E così alla fine della serata la piccola Momo si
ritrovò con tanti bellissimi
regali da parte del mago. Akira stupefatto aveva sorriso ai giovani e
li aveva
invitati poi a trattenersi con lui nella sala per qualche altra
chiacchierata
prima di coricarsi, mentre la moglie portava a letto la piccola che non
si
voleva staccare dalle gambe di Jun e Taro, che erano stati
così carini con lei.
“Facciamo una cosa” asserì il mago
cercando di calmare il capriccio dettato
dalla stanchezza “Io suono qualcosa col flauto e tu poi vai a
nanna da brava,
va bene?”
Annuendo con vigore la piccina corse in braccio a Taro, mentre
l’amico estraeva
lo strumento dalla custodia e lo accostava alle labbra iniziando a
suonare una
dolcissima ninna nanna, la stessa che sua madre gli suonava quando non
riusciva
ad addormentarsi e così in pochi attimi anche la piccola
Momo cadde in un dolce
sonno ristoratore, pieno di farfalle ed unicorni che giocavano con lei.
“Siete davvero un ottimo musicista!” disse il
Signore della casa, mentre anche
la moglie si complimentava e cercava di togliere la piccola dalle
braccia del
chierico.
“Se volete posso portarla io di sopra così non vi
affaticate!” si offrì Taro
“Ma no, vi abbiamo già arrecato troppo
disturbo!” un'espressione di imbarazzo
passò sul viso della donna, colpita dalla gentilezza del
ragazzo, mentre questi
si alzava e accompagnava la bambina fuori dal salotto. Qualche attimo
di
silenzio cadde dopo quel breve scambio di parole ed Akira
sospirò.
“Voi siete benedetti! Prima avete riportato il medaglione di
mia moglie e ora
siete così gentili con la mia bambina! Come potrò
davvero mai ringraziarvi?”
“Il solo fatto che ci abbiate dato un tetto ed un pasto caldo
è già un grosso
ringraziamento, non eravate tenuto a farlo!” Tsubasa sorrise
verso l’uomo, suo
padre aveva ragione ,era davvero una persona di animo buono e generoso,
era
molto contento di averlo incontrato. A parte il primo momento
d’imbarazzo
dovuto alla storia dei suoi genitori che ormai lo perseguitava dalla
nascita,
la cena era stata molto piacevole, anche se l’argomento
spinoso era stato
lasciato indietro, ma ormai non poteva più essere rimandato.
“Allora cosa ci fate da queste parti? Dove siete
diretti?” chiese il nobile,
mentre i due si guardavano cercando di capire quale fosse la cosa
migliore da
dire, in fondo, per quanto potesse essere gentile, non sapevano se
potevano
davvero fidarsi di lui.
“Siamo diretti all’accademia di Tesla per affinare
le nostre tecniche, siccome
sappiamo che è la migliore al mondo.” disse Jun
annuendo alle sue stesse parole
per darvi più enfasi, infondo non aveva detto una vera e
propria bugia, siccome
quella era davvero la loro meta finale.
“Così lontano?” Akira era stupito da
quello che aveva appena ascoltato “Vi
faccio allora i miei migliori auguri e che gli Dei vi
proteggano!” alzò quindi
il calice in loro direzione, mentre Taro tornava nella stanza e
prendeva posto
accanto a Tsubasa osservando il calice di liquore che aveva fra le mani.
“Vuoi assaggiare?” gli chiese teneramente il
paladino porgendoglielo. Il
chierico prese il bicchiere fra le mani e dopo averlo annusato con
circospezione mandò giù un piccolo sorso di
liquido cristallino che gli bruciò
tutta la gola. Lo diede di nuovo al ragazzo con una smorfia dipinta sul
viso.
No decisamente quella cosa non faceva per lui.
“Oh mia Dea ma che roba è?!” chiese
quando ebbe riottenuto l’uso della parola.
“E' sakè, non lo hai mai assaggiato
ragazzo?” chiese smettendo di ridere ed
osservando il giovane con interesse.
“Forse l’ho assaggiato mio Signore, ma purtroppo
non ho memoria del mio
passato… sembra che abbia perso i ricordi pochi giorni
fa” sospirò tristemente
posando la schiena contro il divano su cui sedeva. Il viso
dell’uomo assunse
un’espressione stupita ed
affranta.
“Mi dispiace ragazzo! Spero tu possa ritrovare presto i tuoi
ricordi! Ma
davvero non ricordi proprio nulla?”
“No, la prima cosa che ricordo sono i visi di Tsubasa e Jun,
quando mi hanno salvato,
per il resto ho solo buio”.
Restarono a chiacchierare amabilmente con lui per alcune ore, quando,
mentre si
stavano scambiano la buona notte, un grido di terrore dal piano
superiore li
fece scattare in azione, corsero rapidamente su per le scale, dove
trovarono la
moglie dell’uomo. L’espressione di lei era di puro
orrore mentre fissava la
porta della stanza della figlia che era stata divelta da quella che
sembrava
una potente forza magica, l'interno della stanza era vuoto.
“La mia bambina! Hanno preso la mia bambina!”
urlava la donna mentre si gettava
fra le braccia del marito che la stringeva forte a se.
“La troveremo tesoro te lo prometto! HIRO!?”
urlò l'uomo, in un misto di rabbia
e dolore, lasciando la moglie nelle abili mali delle cameriere. Il capo
delle
guardie arrivò poco dopo e fu preso subito per il colletto
della cotta di
maglia “Come diavolo è possibile che tu non sia
riuscito ad impedire che
rapissero mia figlia!?” gli chiese furioso sputacchiandogli
anche qualche
goccia di saliva sul viso che aveva assunto un colore cinereo.
“Io non lo so mio signore.. non lo so…”
balbettava sudando in modo
indescrivibile.
“Non lo sai perché hanno usato una
magia!” la voce di Jun arrivò a salvare Hiro
dalle ire del suo signore.
“ Guardate...” Jun chiuse gli occhi, tentando di
riportare alla mente uno degli
ultimi incantesimi che aveva imparato, era piuttosto difficile, ma
concentrandosi sull'immagine della dea che portava sempre con
sé l'incantesimo
sembrò riaffiorare evidente nella sua mente. Mentre
mormorava le parole arcane,
evocò degli spruzzi di colore magico, che andarono a
colorare quello che
sembrava una corda trasparente che partiva dal centro della stanza e
proseguiva
fuori dalla finestra, “Quella è una scia di
energia magica, si è creata quando
il rapitore si è teletrasportato nella stanza, e ora, per un
breve periodo lo
seguirà ovunque vada, una traccia perfetta per inseguirlo,
però dobbiamo stare
attenti, a giudicare dalla potenza di questa aura magica, deve essere
un
incantatore da non sottovalutare.”
“Hiro, ti ordino di prendere tutti gli uomini che riesci e di
seguire quella
scia” ringhiò Akira al comandante delle guardie
che, senza farselo ripetere due
volte corse rapidamente al piano di sotto.
“Andiamo anche noi!” Tsubasa alzò
risoluto lo sguardo verso l'uomo, ”ci siamo
affezionati subito a Momo, sono certo che nessuno di noi possa pensare
di
saperla in pericolo senza correre in suo aiuto”
Il signor Akira non rispose, affascinato dallo spirito di qui tre
giovani, che
rapidamente corsero dietro Hiro per recuperare il loro equipaggiamento
e
partire all'inseguimento.
La corda di energia magica proseguiva dritta verso le montagne e i tre
eroi,
Hiro e dieci uomini cavalcavano rapidamente in quella direzione, con il
vento
della notte invernale che gelava i loro corpi, ma senza che a nessuno
di essi
ne importasse. Il cielo si stava rasserenando dopo l'acquazzone e la
luna piena
illuminava con luce argentea la via che iniziava a diventare sempre
più
scoscesa. Ad un tratto gli inseguitori furono obbligati ad abbandonare
i
cavalli e a proseguire a piedi poiché le rocce aguzze
potevano azzoppare con
facilità i cavalli e nessuno voleva rischiare di perdere di
vista la scia nel
tentativo di aggirarle.
Ad un tratto però, mentre stavano avanzando con fatica tra i
massi che
tagliavano loro mani e vesti, videro non molto lontano la traccia
entrare in
una grotta, non fecero però in tempo a gioirne che apparve,
davanti a alla
caverna, una figura ammantata di nero. “Stupidi
idioti” la figura parlò con
voce profonda “Siete caduti nella mia trappola”,
poi, con un rapido gesto della
mano evocò una selva di ragnatele magiche che si sparsero
nell'aria, andando a
piombare sugli inseguitori, e tutti coloro che ne venivano toccati,
cadevano in
un sonno profondo. Jun pronunciò un rapido
contro-incantesimo che dissolse
parte delle ragnatele, proteggendo se stesso e i due amici, ma quando
rialzò lo
sguardo x affrontare l'uomo nero questi era già sparito, per
cui si
affrettarono ad entrare nella grotta, voltandosi appena indietro per
vedere che
tutti gli altri uomini erano caduti addormentati.
Dentro la grotta l'oscurità profonda non era mitigata dalla
debole luce lunare
per cui Jun dovette evocare una piccola sfera di luce che illuminasse
loro il
percorso, fluttuando a poca distanza davanti a loro.
La grotta , capirono be presto, era in realtà l'ingresso di
un lungo tunnel che
scendeva sempre più nella montagna, appena largo abbastanza
da far passare
senza fatica un uomo magro, Tsubasa imprecò infatti
più volte, poiché l'armatura
lo faceva incastrare tra le rocce, e ormai gli spallacci erano
pesantemente
ammaccati e graffiati.
Un ruggito all'improvviso annunciò che qualcosa di molto
grosso si trovava
davanti, poco al dì fuori del circolo d'ombra creata dalla
piccola luce di Jun,
ma ciò non riuscì comunque a preparali a dovere
all'attacco a sorpresa, solo
Taro, illuminato da un'improvviso istinto, riuscì a reagire
con prontezza.
“Tutti giù” gridò, appena
prima che il soffio rovente riempisse il tunnel di
pietra davanti a loro. Il mago e il paladino si gettarono a terra, pur
consci
di quanto ciò fosse inutile, ma il calore del fuoco non li
raggiunse mai. In
piedi, davanti a loro, Taro stava evocando un muro di gelo che li
separava
dalle fiamme e dall'orrida creatura munita di quattro teste serpentine
che le
stava soffiando. “Cavolo, allora sei utile” rise
Jun alzandosi, prima di notare
che il chierico era concentrato in una profonda trance meditativa per
mantenere
integra la barriera di ghiaccio, “Questo é davvero
un avversario tosto” ringhiò
Tsubasa, “ma non possiamo fuggire, Momo potrebbe essere
là dentro”, impugnò con
entrambe le mani la spada lunga, attendendo che l'idra si fermasse per
riprendere fiato.
Non appena le fiamme smisero di uscire dalle orride fauci, Taro
dissolse la
barriera con una rapido ringraziamento alla dea Crio, impugnando poi il
bastone
ferrato per combattere, mentre il paladino caricava il mostro,
recidendone con
un solo colpo una delle teste.
“Ho letto troppi libri dove gli eroi si trovano a combattere
idre con decine di
teste, questa è una Pyroidra, se non cauterizzate subito il
moncone con il gelo
cresceranno rapidamente altre due teste” spiegò
Jun, mentre cercava la
concentrazione necessaria per ricordare un incantesimo utile.
Le tre teste rimanenti scattarono all'unisono contro il giovane
guerriero che
saltò all'indietro, andando a sbattere contro la parete
della grotta, a quanto
pareva si trovavano in una stanza circolare scavata nella roccia,
abbastanza
grande per contenere l'idra, ma non abbastanza per combattere
agevolmente.
Jun nel frattempo, dopo aver schivato per un soffio un'artigliata
dell'idra,
aveva ricordato un incantesimo da battaglia, che, a detta del suo
maestro,
andava bene contro ogni nemico, e con un guizzo un dardo di energia
incantata,
partendo dalla punta delle sue dita, sfrecciò contro il
nemico, colpendolo al
petto. La bestia urlò di dolore e si inarcò,
dando il tempo a Tsubasa di
rialzarsi e a Taro di lanciare il suo attacco.
“Potente dea dal cuore di ghiaccio, donami il tuo potere
così che possa non
avere pietà dei miei nemici” intonò,
mentre infinite schegge di ghiaccio
fuoriuscivano dalla sua mano, congelando il moncone e un'altra delle
teste
dell'idra. Le altre due teste rimaste però, ormai
più furiose che mai,
scattarono questa volta verso i due incantatori, Taro si protesse con
il suo
bastone, ma Jun non fu altrettanto abile, e le zanne si chiusero sul
suo
braccio. Il mago, gridante e incapace di lanciare incantesimi, fu
sollevato in
aria per essere divorato, e mentre guardava da vicino negli occhi
terribili
dell'idra, pensò che era davvero triste morire
così, deludendo la sua dea. Poi
gli occhi della bestia si avvicinarono e Jun chiuse i suoi. Non
successe nulla.
Poi si sentì ad un tratto piombare al suolo, l'impatto gli
tolse il respiro, ma
si costrinse subito ad aprire gli occhi per potersi difendere, ma ormai
non ce
ne era più bisogno. La lama della spada di Tsubasa era
piantata in profondità
nel ventre dell'idra, e doveva averne raggiunto il cuore, mentre quella
di Hiro
aveva tagliato con facilità la testa che aveva afferrato Jun.
Il mago alzò lo sguardo sulla guardia “Grazie
Hiro, ti devo la vita”. L'uomo
sorrise “Ho fatto solo il mio lavoro, presto, dobbiamo
trovare Momo, mi pare di
aver sentito la sua voce provenire da là in fondo”
indicò un corridoio in ombra
in fondo alla stanza.
Jun
tentò di rialzarsi, ma il sangue fuoriusciva copioso
dalla ferita al braccio e ormai non aveva più forze,
“Aspettatemi, potrebbe
esserci anche quel mago oscuro, e io sono l'unico che potrebbe tentare
di
proteggervi dai suoi incantesimi”, Taro sorrise e si
avvicinò all'amico, “Con
quella ferita non vai di sicuro da nessuna parte, fammi
vedere” si inginocchiò
e gli sfiorò il braccio mormorando una preghiera, scintille
di energia positiva
vorticarono attorno all'arto ferito, andando a rimarginare la carne e a
ricongiungere i lembi di pelle. Il braccio del mago era come nuovo.
Taro
anticipò le parole dell'amico quando questi aprì
la bocca “Non devi ringraziare
me, ma la dea Crio,” poi sorrise “e poi
è anche la madre della dea Lily, no?
Quindi dovresti avere anche altri motivi per ringraziarla”.
Jun chiuse gli occhi e ringraziò mentalmente la signora del
freddo, dopodiché
si rialzò.
I quattro si inoltrarono cautamente nel corridoio, preceduti dalla
fioca luce
di Jun, e dopo pochi metri si ritrovarono in un'altra stanza,
più piccola della
precedente, ma come l'altra completamente spoglia, se non per una
piccola sedia
in un angolo su cui sedeva la bambina.
“Finalmente siete arrivati, il signore col mantello nero mi
ha detto di
aspettarvi qui, e quando arrivavate dovevo darvi il premio”
scese dalla sedia e
si avvicinò a ciascuno di loro, dandogli un bacino sulla
guancia.
I tre ragazzi e Hiro si guardarono negli occhi, chiedendosi cosa
diavolo fosse
successo quella notte, e soprattutto chi fosse il mago misterioso
ammantato di
nero.
“E così era una trappola, ma per chi?”
Akira era pensieroso mentre, nel suo
studio, gli eroi gli raccontavano ciò che era accaduto. La
bambina, appena
tornata a casa, era crollata dal sonno, ed era stata riportata a letto
dalle
amorevoli braccia dei genitori, mentre questi piangevano di gioia.
“Avete almeno idea di chi potesse essere il
rapitore?” chiese il nobile.
“Beh, non siamo riusciti a vederlo in volto, ma a giudicare
dal colore delle
vesti e dai poteri, molto probabilmente si tratta di un mago
Oscuro” ipotizzò
Tsubasa,
“Un mago Oscuro?” Akira alzò un
sopracciglio,
“Certo,” spiegò Jun, “non
vanno confusi con i maghi Neri, i maghi Oscuri sono
incantatori che hanno votato la loro magia alla divinità del
male Yami,
ottenendo in cambio immensi poteri”.
“Non riesco però a pensare cosa volesse un mago
oscuro da lei, mio signore”
intervenne Hiro, “a meno che i suoi bersagli non fossero
questi tre ragazzi . .
.”, il nobile rise, interrompendolo “Hiro, tu
viaggi troppo con la fantasia,
sono solo ragazzini, cosa pensi vorrebbe mai un mago tanto potente da
loro? E'
più probabile che si sia trattato di un errore. Anzi, ora
che mi ci fate
pensare, non vi ho ancora ringraziato a dovere per tutto il vostro
aiuto, se
non ci foste stati voi non avrei più potuto abbracciare mia
figlia”.
Si allontanò un attimo, entrando in una stanza laterale, per
ritornare con un
sacco pieno di monete tintinnanti, che appoggiò sul tavolo
davanti a Tsubasa.
“Ma saranno un migliaio di monete d'oro!”
azzardò Jun, spalancando la bocca,
“Sì, più o meno,” ammise il
nobile, “è il minimo, per ciò che avete
fatto per
noi”
“La vostra generosità ci onora, ma non possiamo
accettarle.” Disse Jun guardano
i compagni che annuivano alle sue parole.
“Non dire sciocchezze ragazzo! Ve lo siete meritato e mi
offenderei se non lo
prendeste”
Al sentire quelle parole i giovani, non seppero più cosa
rispondere, certo
l’oro avrebbe fatto loro comodo, ma un poco si sentivano in
colpa nel
prenderlo. Vedendo la loro indecisione Akira sorrise e messo il
sacchetto nelle
mani di Tsubasa sorrise.
“Vi siamo davvero grati, ma ora dobbiamo ripartire per il
viaggio” disse il
paladino profondendosi in un inchino seguito dagli altri due
“Vi ringrazio
ancora e che la vostra famiglia sia benedetta!”
Presero così congedo salutando l’uomo e la moglie,
facendo anche promettere
loro che avrebbero dato un bacio alla piccola Momo. Sospirando colmi di
orgoglio i tre giovani ripresero la via, mentre i primi raggi del sole
facevano
capolino illuminandoli con benevolenza.
*^*^*
Innanzi
tutto volevo ancora una volta Augurare Buon Anno a tutti!
Spero che questi giorni siano stati bellissimi e che il nuovo anno sia
iniziato per il meglio!
E volevo anche chiedere scusa per la lunga attesa, ma questo capitolo
è stato veramente un parto difficile
ç___ç
Allora prossima!
Bacioni
Lily