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Autore: tonksnape    22/07/2007    11 recensioni
Tonks deve obbedire alle richieste dell'Ordine. Snape deve essere coerente con se stesso. E sono costretti a condividere per pochi giorni la stessa casa. Siamo in un qualche momento del settimo libro. Propongo una coppia un po' diversa dal solito. I personaggi non sono miei, ma di JKR. Buona lettura.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.     LAST LETTER

Severus si svegliò quasi di soprassalto, con la sensazione di aver appena ricordato qualcosa di fondamentale, ma aveva già dimenticato cosa. Una delle sue mani era appoggiata sul fianco di una donna. Una donna con i capelli rosa, che gli solleticavano la bocca. Una delle sue gambe era tra quelle della donna e l’altra sopra il suo fianco. Tonks. La guardò a lungo. Il volto rilassato, gli occhi chiusi e le ciglia scure. La bocca seria, quasi imbronciata. Le accarezzò una guancia, ma non ottenne nessun movimento in risposta. Dormiva profondamente.

Sorridendo, con lentezza, si districò dal corpo della donna e si alzò dal letto. Tonks borbottò qualcosa di incomprensibile e si girò a pancia in sotto, abbandonando le braccia sopra la testa.

Nudo, Severus attraversò il pianerottolo e si chiuse in bagno. Ne uscì più di mezz’ora dopo, avvolto in un asciugamano. Aprì la porta cercando di non fare rumore. Tonks dormiva ancora, nella stessa posizione. Senza bacchetta e senza usare la voce, fece uscire in silenzio dall’armadio biancheria e vestiti e velocemente li indossò. Prese in mano le scarpe e uscì nuovamente dalla stanza. Si sistemò maglione e pantaloni in cima alle scale e poi si mise seduto sul primo scalino e infilò calzini e scarpe.

Non riusciva a togliersi quel dannato sorriso dalle labbra. Lo aveva da quasi un’ora, accidenti a lei! Dalla sera precedente a dire il vero. Anche peggio!

Scese le scale velocemente, sistemandosi i capelli con uno di quegli aggeggi di Tonks, che lei aveva messo sul suo comodino, mentre la consapevolezza di tutto quello che era accaduto la sera e la notte precedente, e anche quella stessa mattina, molto presto, iniziava a preoccuparlo.

Continuando a ripetersi che era stata una scelta di entrambi e entrambi erano ampiamente nell’età adulta, prese una teiera e la mise sul fuoco. Poi si chiese perché stava preaparando la colazione come un babbano. Sbuffando, diede un piccolo pugno sul mobile e decise che stava ragionando troppo e male. Cucinare come un babbano non era un problema. Il problema era aver dimenticato quello che doveva ricor…

Charlie! Charlie Weasley!

Doveva arrivare quella mattina con Remus portandogli le indicazioni su dove trovare l’Ippogrifo di quel pazzo di Black, per potersi muovere liberamente. Non poteva sopportare l’idea che Remus o, peggio ancora, Weasley si accorgessero di come il rapporto tra lui e Tonks era cambiato.

Imprecando a voce alta, Severus prese quello che gli era necessario dal frigorifero. Chiedendosi perché mai era necessaria quell’invenzione ai babbani.

“Ciao…”

Si girò di scatto, con il vasetto della marmellata in mano.

Tonks era davanti a lui, gli occhi socchiusi dal sonno, i capelli arruffati e il suo maglione della sera prima addosso, con sotto degli slip verdi.

“Avevi quelli, ieri?” le chiese, con una smorfia di disgusto.

“Sì, non li hai visti?” chiese con voce arrochita dal sonno.

“No,” gracchiò lui, decisamente schifato. “O forse li ho tolti il prima possibile proprio per quello!”

Lei ridacchiò. “Posso baciarti anche se non mi sono ancora lavata di denti?” gli chiese, aprendo gli occhi e guardandolo come se facesse le fusa. “Solo sulle labbra…”

Severus sentì il cuore andare a mille e il respiro bloccarsi. Era così ingenua! Come poteva interessargli il fatto che non si fosse lavata i denti, se il giorno dopo se ne sarebbe dovuto andare per sempre lontano da lei?

Allargò le braccia in silenzio per accoglierla, mentre lei si tuffava verso di lui e gli dava un bacio veloce.

Severus la strinse a sé con forza, non lasciandole la possibilità di allontanarsi. Poi si ricordò di Charlie e Remus. E allungò le braccia.

“Aspetto Remus e Charlie Weasley, questa mattina,” la informò.

“Oh Merlino, oh Merlino! Charlie…” esclamò cominciando a saltellare. “Hai sistemato il salotto?”

“Stavo per farlo. Tu vai a fare una doccia e pensa alla camera.”

“Corro!” Gli diede ancora un bacio sulle labbra e scomparve.

Severus, ancora con quello stupido sorriso sulle labbra, guardò il salotto e lo risistemò con quattro Incantesimi, aprendo anche le imposte. Guardò l’orologio alla parete. Erano solo le otto, per fortuna.

Terminò di preparare la colazione e si sistemò al tavolino per mangiare. Non aveva senso aspettare che lei scendesse per farle compagnia. Gli altri potevano arrivare da un momento all’altro e lui doveva accordarsi con Remus. All’improvviso si chiese perché Tonks avesse pronunciato il nome di Weasley. Mentre la sua mente divagava sul quel particolare, bussarono alla porta.

Si alzò di malavoglia e andò alla porta d’ingresso. C’erano delle ombre immobili.

“Parola d’ordine,” chiese perentorio.

Gli rispose, correttamente, la risposta di Remus.

Aprì la porta e se lo trovò davanti, con Charlie e Arthur Weasley alle spalle.

“Entrate.” Fece loro cenno con una mano. “Ciao, Arthur. Buongiorno Charlie.”

“Severus.”

“Professore.”

Li precedette in salotto, facendo cenno di accomodarsi sul divano.

“Tonks?” chiese Charlie.

“Credo sia in doccia,” rispose con tono vago Snape. “Scenderà per la colazione.”

“Il cibo la farebbe arrivare ovunque,” commentò con un sorriso Charlie. Era rimasto il figlio più possente di Arthur e Molly. Lavorare con i draghi sembrava averlo portato ad assomigliare a loro. Placido e serafico fino a quando qualcuno non lo aggrediva. In quel momento sembrava in visita ad amici, rilassato in poltrona che si guardava attorno. I capelli cortissimi e le piccole cicatrici sul viso facevano risaltare gli occhi chiari. Severus si sentì pietosamente geloso.

“Come mai con noi, Arthur?” chiese, per distrarsi.

“Ufficialmente sono insieme a Remus per controllare una segnalazione che potrebbe portare il Ministero a catturati,” gli spiegò con un sorriso.

“Oh,” commentò Snape. “E dove saremmo?”

“In Scozia, dalle parti di Edimburgo.”

“Come mai?” chiese perplesso.

“Una qualche tua vecchia e lontana parente, dalla quale potresti rifugiarti.”

“Ah,” minimizzò Snape. “L’unica parente di mio padre è una sua zia babbana di oltre ottant’anni che ama farsi fotografare da giovani uomini!”

Charlie lo guardò meravigliato.

“Volete qualcosa da bere?” chiese Snape.

“Io devo ancora fare colazione, in effetti,” confessò Remus. “E ho anche fame.”

“Ecco, così poi ti prendi quella maledetta pozione che dimentichi spesso!” sbottò Snape spostandosi in cucina.

Quando Tonks scese, una mezz’ora più tardi, trovò i quattro uomini ancora alle prese con la colazione.

Lei aveva passato l’ultima ora, più o meno, a ripensare alla sera e alla notte precedente, crogiolandosi nei ricordi. Nel piacere di quei ricordi. Ma i ricordi venivano interrotti dalla consapevolezza della fragilità di quella relazione, dal timore di essersi fidata di un traditore. Tutte le certezze date da Snape in quelle settimane non erano sufficienti a cancellare la ferocia di quello che aveva fatto. Né a cancellare anni e anni di brutta reputazione che si era costruito. Ma lei era attratta dal suo strano modo di essere così attraente. Beh, si disse, attraente era decisamente troppo. Un tipo. Un tipo decisamente particolare. Mentre faceva questi ragionamenti, scendendo le scale, aveva sentito la voce di Arthur e la risata di Charlie provenire dal salotto o dalla cucina. Erano parecchi giorni che non vedeva Charlie, uno dei suoi amici più cari. Forse l’unico in grado di capire, anche solo dal suo sguardo, quello che era appena accaduto. E questo la preoccupava. Charlie era anche una persona molto riservata, come suo padre. E questo poteva salvarla.

“Buongiorno a tutti,” disse entrando e andando subito ad abbracciare l’amico. Charlie le diede un bacio sulla guancia e le scompigliò i capelli.

“Ciao, Weasley!” borbottò lei, fingendosi indispettita. E girandosi per afferrare una tazza, pronta ad accogliere il suo te. Snape era appoggiato alla finestra della stanza, alle spalle di Arthur e Remus, in una posizione dalla quale poteva guardarla in ogni momento. Lei si sentiva esposta, troppo esposta

Si mise seduta a fianco di Charlie, l’unico posto rimasto libero e si fece prendere dalle chiacchiere attorno al tavolo.

Snape preferì restarne fuori. Continuava a guardare Tonks come se non ci fosse altro nella stanza. O almeno a lui pareva di fare così. Soprattutto guardava il modo in cui Tonks si rivolgeva a Charlie, lo toccava per attirare la sua attenzione su quello che intendeva dire, il modo in cui si sorridevano, il modo in cui Chiarlie la guardava ironicamente. Avrebbe voluto essere al suo posto. Poterla guardare liberamente in quel modo. La rabbia gli crebbe dentro come un vulcano in eruzione, un vulcano che non doveva esplodere. Non lì e non in quel momento. Si girò a guardare fuori dalla finestra, per cercare una distrazione. Il marciapiede era vuoto.

“Severus!” si sentì chiamare da Remus.

“Cosa c’è?” chiese, girandosi verso il tavolo. Remus si era alzato e gli si era avvicinato. Gli parlò sottovoce, costringendolo a distogliere gli occhi da Tonks per potergli dare attenzione

“Quando intendi partire?”

“Domani in giornata.”

“Non c’è nulla che potrebbe farti cambiare idea?” Remus lo guardava negli occhi, senza timore, senza ironia. Serio.

“No,” gli disse bruscamente. “Cosa ti fa pensare il contrario?”

“La direzione del tuo sguardo. Il fatto che lei non ti guarda.”

“Noi due non siamo mai stati amici, Lupin. Non intendo cominciare adesso,” sibilò irritato.

“Ma lei è amica mia,” sottolineò con durezza Remus.

“Geloso?” sogghignò Snape. Con una dolce sensazione di vendetta.

“No, preoccupato…”

Entrambi sapevano che ci sarebbe dovuto essere un insulto, per concludere la frase.

Rimasero a guardarsi, pronti a passare a modi ancora più duri.

“Sarò io uno di quelli che dovrà consolarla quando non ci sarai. Cosa dovrò dirle?” chiese Remus con ira, prendendolo per un braccio, deluso da quell’indifferenza.

Snape sentì la preoccupazione nella sua voce, la rabbia e il senso di impotenza. Poteva anche fingere con gli altri, ma dentro di lui le emozioni erano le stesse. Era preoccupato per lei, per il suo futuro, era arrabbiato per quello che doveva fare, per il destino che l’aveva costretto a diventare quello che era, si sentiva impotente di fronte ad un impegno che andava oltre i suoi desideri. Distolse lo sguardo da Remus, di scatto, guardando ancora fuori dalla finestra.

“Dille che… che avrei voluto che fosse lei la mia anima.” Forse per la prima volta, Remus sentì il dolore nella sua voce, il rimpianto, il desiderio. La voce però era sicura, determinata.

Gli lasciò andare il braccio.

“Che è stata la mia anima in questi giorni, la mia vita,” aggiunse.

Remus fece un piccolo cenno di assenso, che Severus non poté vedere, ancora impegnato a guardare una strada quasi vuota.

“Remus? Severus?”

Si girarono verso gli altri tre. Li stavano guardando con aria interrogativa.

“Proseguiamo,” disse Remus ritornando a sedersi al tavolo.

“Dove si trova l’Ippogrifo?” chiese Snape, con un cenno a Charlie.

“Appena fuori dal paese, nascosto nel bosco. Da dove siete arrivati.” Di fronte allo sguardo meravigliato del Professore aggiunse. “Gli ho messo addosso un Incantesimo di Invisibilità, l’ho ben nutrito e legato. Aspetta lei. Solo che dovrei farglielo conoscere io. Ha passato parecchi proprietari negli ultimi anni ed è facilmente irritabile.”

“Immagino,” commentò sarcastico Snape. Passare da Black ad Hagrid non doveva essere facile neppure per un Ippogrifo. “Ci andiamo adesso?”

Charlie si alzò subito.

“Ci Smaterializziamo, Weasley. Riusciamo a far passare me per Tonks?” chiese ad Arthur. “Destiamo meno sospetti ai babbani e al Ministero della Magia.” Era necessaria la sua copertura per confermare la presenza del figlio e di Tonks in quel paese. E per autorizzare formalmente quell’Incantesimo, vista la situazione di incertezza e di sfiducia. Avrebbero immediatamente controllato, sapendo che Tonks era un Auror e aveva combattuto a fianco dell’Ordine.

“Certamente,” annuì Arthur.

Snape uscì dalla stanza senza rivolgere uno sguardo a Tonks, seguito da Charlie. Tonks rimase un attimo immobile, lo sguardo concentrato, ma non molto allegro. Uscì dalla stanza e salì le scale dietro a Snape che era andato a prendere il giubbotto imbottito che si era comprato due giorni prima.

Entrò nella camera dietro a lui e aspettò che si girasse, infilando il braccio del giubbotto. Rimase interdetto dalla sua presenza. Guardandola mentre tentava di sistemare la chiusura lampo, la vide avvicinarsi e poi baciarlo sulle labbra.

“Ninphadora…” sussurrò, ansioso.

“Lo so che tu non riesci proprio ad essere romantico, ma io sì!” Gli sorrise quasi intimidita dalla sua stessa audacia.

Snape rimase a fissarla, incapace di arrabbiarsi, troppo irrigidito dalla vita per lasciarsi andare. Tonks gli accarezzò il volto con la punta delle dita. All’improvviso Severus le prese la mano e la portò contro la propria bocca, accarezzandola con il respiro, gli occhi chiusi per non farsi distrarre dalla realtà. Tenendole la mano si accarezzò le labbra e il collo, lasciandola andare. Ninphadora gli sorrise, un sorriso grande come se le avesse appena dichiarato di amarla. E per la prima volta anche lei vide negli occhi di quell’uomo la tristezza e il dolore. Rimase a guardarlo, a farsi penetrare da quelle emozioni, fino a quando Severus decise di riprendere la sua espressione di ironico distacco. Chiuse gli occhi  per un attimo e quando li riaprì, il Professore era ricomparso.

Ninphadora lo lasciò andare, spostandosi di lato e facendo un cenno verso le scale.

“Ti aspetto qui.”

Severus si bloccò all’inizio del secondo gradino, un attimo solamente e poi scese.

 

Charlie era al suo fianco mentre Snape si avvicinava all’Ippogrifo e faceva la sua conoscenza. Riconobbe subito l’abilità del Professore nell’andare incontro a quell’animale. Lento, distaccato e deferente. La risposta fu di accettazione immediata. Snape si era guadagnato un alleato.

“Complimenti, Professore!” esclamò sinceramente Charlie, dopo alcuni voli di prova.

“Grazie, Weasley. Preferirei che mi chiamassi per nome, comunque. Ho smesso da parecchi mesi di essere un Professore.” Non era una richiesta, non poteva esserlo se arrivava dalla bocca di Snape, ma era certamente un segnale di stima. E Charlie lo accolse come tale.

“Ti servono informazioni su come accudirlo?” gli chiese, lasciandosi beccare delicatamente e amichevolmente un avambraccio dall’animale.

“Anni di insegnamento con Hagrid sono stati sufficienti, grazie,” commentò, sarcastico. Ma gli fece un accenno di sorriso.

“Sei sicuro della tua scelta?” chiese, senza titubanza.

“Mi sembrate tutti particolarmente attaccati alla mia vita…”

“Beh, ogni aiuto è prezioso di questi tempi. Soprattutto un aiuto con le tue abilità e conoscenze!”

“Almeno non sei retorico…” commentò sinceramente compiaciuto Snape.

“Non crederesti ad altri motivi, no?” Lo disse con la certezza della risposta.

“No,” riconobbe deciso.

“Come è stata la convivenza con Tonks?” Charlie cominciò a sistemare nuovamente l’Ippogrifo per la notte.

“Interessante…” Snape era un po’ distante e lo stava guardando, per sapere quello che avrebbe dovuto fare, quando si fosse trovato da solo con l’animale.

Charlie si girò a guardarlo come se avesse fatto una battuta divertente.

“Movimentata…” aggiunse.

“Silenziosa? Monotona? Rispettosa, dolce e femminile?” propose Charlie ridacchiando.

“Esatto…” Snape si lasciò sfuggire un sorriso.

“È una delle amiche migliori che abbia dai tempi della scuola.” Charlie gli si avvicinò, terminato il lavoro. “Ho sempre pensato che avesse un pizzico di sana follia.”

“Geni di famiglia,” commentò Snape.

“Non è il tipo che si fida facilmente degli altri, sai?” Charlie lo guardò negli occhi. “È sempre stata selettiva nelle sue relazioni. Tonks si innamora solo quando si sente amata dall’altro. Altrimenti desiste.”

Snape si limitò a restituire lo sguardo.

Charlie gli sorrise. “Andiamo?”

Snape annuì.

 

Al momento del pranzo Snape e Tonks erano nuovamente soli. Distanti, ma soli.

Snape era andato ai fornelli per sfogarsi nella cucina. Cominciava a capire Molly. Concentrarsi sul cibo poteva essere rilassante. Tonks era al piano superiore, ma non sapeva a fare cosa.

Nella pentola stava sobbollendo lo stufato con un piccolo Incantesimo per accelerare i tempi. Le verdure erano in forno.

“Posso disturbarti?”

“Dimmi…” le rispose girandosi.

Tonks indossava nuovamente il suo maglione della sera precedente. Con dei pantaloni pieni di tasche e cerniere.

“Devo considerare quel maglione tuo?” le chiese.

“Si, mi piacerebbe tenerlo,” ammise.

Con un cenno di assenso della testa, Snape si girò nuovamente verso i fornelli.

Tonks si avvicinò e gli mise le braccia attorno alla vita, appoggiandosi alla sua schiena. Mescolando il cibo con una mano, Severus appoggiò l’altra sopra le mani di Tonks. Rimasero così, senza parlare.

“Parti domani?” chiese Tonks in un sussurro.

“Sì,” confermò Severus. “Deve essere così, Ninphadora.”

Senza dire nulla, Tonks aumentò la stretta delle sue braccia attorno ai fianchi di Snape. “Niente ti farà cambiare idea, vero?”

“Ho lavorato diciassette anni per arrivare a questo, Ninphadora. È qualcosa che va oltre me e oltre i miei desideri.”

“Almeno dimmelo, Severus…” gli chiese con voce implorante.

Snape rimase in silenzio per parecchi minuti, accarezzandole le mani. Poi le aprì e si girò verso di lei.

“Ninphadora…”

Lei alzò lo sguardo verso di lui.

“Mi piaci da molto tempo. Ti ammiro già da quanto eri una mia studentessa.” Tonks sentì che cercava di controllare il tono della voce, per evitare di farsi prendere dalle emozioni. Era teso. “Io…” si fermò, incapace di parlare oltre. Si chinò verso di lei per un bacio tenero.

“Lo so che non otterrò di più…” gli rispose Tonks con gli occhi chiusi e il volto rivolto verso di lui. “Ma questo mi basterà anche dopo…”

“Brava ragazzina…” le disse Snape con condiscendenza.

Tonks sorrise.

 

Mentre erano a tavola parlarono del passato e dei ricordi del periodo di scuola. Tonks arrivò a ridere fino alle lacrime ascoltando Severus che le raccontava aneddoti raccolti negli anni. Passarono del tempo anche in salotto, davanti al fuoco acceso, abbracciati.

E il resto della notte insieme.

 

Una manciata di tempo dopo…

Snape arrancava lungo la strada in salita, al centro del paese, alla ricerca del numero civico esatto presso il quale avrebbe trovato una camera e dei pasti caldi. Gli erano stati garantiti attraverso l’Ordine in modo da non destare sospetti di collaborazione né per il Ministero, né per  Mangiamorte.

Da lì avrebbe proseguito fino all’incontro con Voldemort e al suo destino. Le sue valutazioni lo avevano portato a pensare che non avrebbe mai partecipato ad uno scontro diretto con i seguaci dell’Ordine, poiché Voldemort lo avrebbe distrutto prima per il suo tradimento. Perché l’Oscuro Signore oramai sapeva che lo aveva tradito. Doveva saperlo. E questo prevedeva morte certa. Il suo obiettivo era quello di passare quante più informazioni errate ai Mangiamorte.

La casa era una misera catapecchia a due piani, con le pareti verde marcio e scrostate. Suonò il campanello e immediatamente venne accolto da una donnina mingherlina e rugosa, che con voce flebile lo invitò ad entrare e salire le scale che portavano alle camere. Non gli chiese alcun documento, né alcuna motivazione riguardante il suo soggiorno. Lo stava aspettando ed era arrivato. L’avevano assicurata che avrebbe pagato. E questo era sufficiente.

Snape si sistemò nella camera spoglia. Era stata ben pulita, per fortuna.

Lanciò la sua borsa sul letto e iniziò a svuotarla. Ne uscirono i maglioni, i pantaloni e le camicie che aveva comprato. Ma anche una tuta grigia, un maglione arancione e una serie infinita di lacci per capelli di varie dimensioni e colori. E in fondo a questi una lettera. Sorridendo per la folle iniziativa della ragazzina, Snape si mise seduto sul letto e aprì la lettera.

 

“Mio caro Severus,

o forse mio dolce Severus. Dolce? Non ci credi neppure tu, vero?

Mio Severus, allora. Chiaro e conciso. La tuta è solo per avere qualcosa di più, il maglione arancione è per avere qualcosa che ti ricordi di me e i lacci per avere qualcosa di mio. Oltre questi oggetti anche questa lettera. Che ti scrivo mentre stai finendo di prepararti alla partenza. Ti conosco abbastanza da sapere che anche questa doccia durerà per mezz’ora. Ho tempo. Per dirti che ti amo. Non riesco ancora a capire cosa è successo, ma tant’è. Credo che questo dubbio sia reciproco, comunque. Neppure tu sai quello che è successo. Ma siamo innamorati. Vorrei che la tua lealtà ti rendesse così leale e sincero da ammetterlo anche con me… ma se i miei ricordi non sbagliano ti ho sentito mormorare qualcosa del genere questa notte…

 Mi mancherai.

Ti ricorderò.

La mia speranza mi porterà ad aspettare il tuo ritorno e la mia mente continuerà a ripetermi che non ci sarà alcun ritorno. Ma ti porterò con me.

Oltre a questo, amore, ricordati di portarmi sempre con te. Sempre. In ogni momento.

Grazie per questi giorni.

Sii coerente con te stesso e se puoi ritorna.

                                                                                  La tua ragazzina.

 

Snape chiuse gli occhi. E portò la lettera alle labbra.

 

Un mese dopo

Aveva preso l’abitudine di guardare Arthur quando rientrava a casa. Lo osservava per capire quale fosse la situazione al Ministero, se erano arrivate notizie di Severus. Lo stesso faceva quando incontrava Remus, per capire quali informazioni aveva l’Ordine riguardo a Severus. Sapeva riconoscere i segni dell’esultanza o della sconfitta in entrambi i suoi amici. Sapeva, solo guardandoli, se l’Ordine aveva raggiunto un successo oppure se erano chiamati a non dimenticare un amico morto in battaglia.

Remus le aveva detto chiaramente che gli accordi con Severus erano di non mandare notizie all’Ordine, ma di tenere i contatti tramite Hermione. Questo perché molte delle informazioni che Severus poteva fornire sarebbero state utili anche a Harry. E perché i continui movimenti dei tre amici avrebbero reso difficile un controllo sulle rotte dei gufi.

Anche quella sera aspettava il rientro di Arthur. Lei aveva terminato un programma di sorveglianza insieme ad una nuova leva che stava addestrando. Dalla partenza di Severus si era lanciata sul lavoro. Molly la guardava preoccupata per questo, già da parecchi giorni.

Tonks non era ancora riuscita a parlare con Molly del dolore che aveva dentro per quella lontananza senza fine, per la consapevolezza che non sarebbe tornato, ma anche del piacere e della felicità che i ricordi di quei pochi giorni le avevano dato. Il piacere e la felicità di aver avvicinato così tanto un uomo come Severus Snape da sentirgli sussurrare, tra i capelli, “Ti amo.”

Una felicità che si sarebbe portata per tutta la vita. Senza alcun rimpianto per non avergli risposto. Almeno non a parole.

“Ciao, Tonks…”

Girò la testa di scatto verso la porta della Tana. Era così persa nei ricordi che non aveva sentito entrare Remus. Lo fissò accorgendosi della piega dura delle labbra.

“Severus…” disse con calma e consapevolezza.

“Non ho notizie certe Tonks. Ma mi aveva detto, prima di andarsene, che se non avessimo avuto sue notizie per almeno sette giorni dovevo considerarlo disperso in battaglia e consegnare a te questa lettera.”

Remus aveva parlato con voce bassa e arrochita dal dolore. E le stava allungando una pergamena sigillata.

“Ho aspettato un giorno in più,” le confessò con una smorfia di scusa.

Tonks sentiva la mano tremare, ma prese la lettera dalla mano di Remus e la fissò ondeggiare nella sua.

“Grazie,” gorgogliò con la voce rotta dall’emozione.

Senza guardarlo si mise a sedere sul divano, vicino al caminetto. Si accoccolò su un angolo del divano, cercando di trovare un solido appoggio di fronte alla tensione che la stava elettrizzando. Spezzò il sigillo della lettera e la aprì.

Due fogli.

 

Ragazzina,

lascio questa mia lettera a Remus per te con la consegna di fartela avere quando non avrò più notizie di me per almeno sette giorni. A quel punto io non ci sarò più. Ma questo lo sapevamo entrambi.

Quello che non sapevo, che non prevedevo, che non immaginavo, era di innamorarmi di una ragazzina. Una ragazzina con i capelli rosa. Una donna attraente e divertente. Mi hai sconvolto la vita più di ogni altra cosa. Hai portato un tale turbinio di emozioni da rovinarmi del tutto.

Devi avermi fatto bere qualche pozione per rendermi così… umano. Severus Snape innamorato. Non lo avrei mai messo tra le mie attese o tra i miei desideri.

Ti scrivo di notte, l’ultima che passiamo insieme. Tu stai dormendo acciambellata sul letto. Io scrivo a lume di candela seduto davanti a te, per guardarti.

Sarò sincero. Ti desidero da molto tempo. Con vergognosa certezza da quando ti ho rivisto nell’Ordine. Da allora desidero capire cosa nascondono quei vestiti enormi che indossi. Mi immaginavo qualche capo di biancheria intima rosso o arancione. Mi piaceva immaginarlo. Mi è piaciuto scoprire che era vero. Ma questo lo hai visto. Desideravo vedere i tuoi occhi scurirsi per il piacere e le tue labbra aprirsi verso le mie. E desideravo tutto quello che abbiamo vissuto insieme in queste due notti.

Ma innamorarmi, no. Quello non era tra le mie aspettative. Eppure ci sei riuscita. Sappi che io non ho fatto nulla per aiutarti. Non ho cercato motivi per innamorarmi di te, non ho ascoltato mai i miei sentimenti. Ho cercato di oscurarli, di comprimerli, di ignorarli. Ma tu sei stata brava a scovarli e alimentarli. Oltre il desiderio. Fino ad entrare nella mia vita.

Remus mi ha chiesto cosa poteva dirti quando io sarei morto. Gli ho risposto di dirti che sei stata la mia anima, la mia vita.

Sto sgocciolando romanticismo sul pavimento. Imbarazzante.

Ti immagino a casa di Molly e Arthur. Immagino che ti abbracceranno e ti consoleranno. Lasciati consolare da tutti coloro che vorranno farlo. Lasciati amare da altri uomini. E ama altri uomini. Hai la forza per andare oltre. Hai il mio permesso, se dovessi sentirne il bisogno.

Ho provato a dirti quello che provo per te, ma stavi già dormendo. O forse no. Non lo saprò, ma tu sappi che l’ho detto. Sottovoce.

                                                                                              Severus

 

Tonks ripiegò con attenzione le due pergamene e le tenne tra le mani, mentre Molly, seduta al suo fianco, le metteva un braccio attorno alle spalle e la abbracciava, lasciando che le sue lacrime le bagnassero i vestiti.

 

Qualche mese dopo…

Tonks stava percorrendo la strada che l’avrebbe portata a casa di Remus per la riunione dell’Ordine. Erano vicini alla vittoria. Lo sentivano. Lo sapevano.

Lei sentiva anche lo sguardo di qualcuno alle sue spalle. Da alcuni giorni. E da alcuni giorni si ripeteva che era solo la sua immaginazione, il suo desiderio di averlo ancora vicino. Accennò ad un triste sorriso e accelerò il passo.

Qualcuno, dietro di lei, accelerò il passo.

 

 

Il finale "aperto" lascia spazio alla vostra più sfrenata fantasia, in bene e in male.

Grazie per aver letto la FF fino a qui.

Alla prossima.

 

Per gli ultimi commenti grazie a marygenoana, Astrid, Mixky, Piccola Vero, Ellinor, Noel, Kleo2004, AlexandraRoses... sperando di non aver dimenticato nessuno.

 

  
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