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Autore: Aven90    04/01/2013    1 recensioni
Prefazione. Ebbene sì! Si torna alla carica con un argomento ad alta tensione! La trama è pressappoco questa: il commissario Svente è uno stacanovista, e nessuno si è mai lamentato di lui.
Ma stavolta una brutta gatta da pelare lo costringerà a scendere a patti col nemico. Riusciranno i nostri eroi a salvare tutti i prigionieri di uno psicopatico?
Genere: Comico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dentro la posta erano rimasti, oltre gli impiegati e l’evaso, solo il tizio che stava fungendo da commentatore per il sollazzo di Alexander, il figlio di Elisabeth, il quale voleva andare all’ufficio postale tutti i giorni, e una specie di uomo dormiente, del quale la testa spuntava da un pesante plaid preso da chissà dove. 

E dire che dal biglietto cadutogli dalla mano era il numero due della coda, tuttavia il rivolo di bava che gli fuoriusciva dalla bocca spalancata testimoniava che la catalessi durava da prima dell’inizio di questo racconto. Svente decise di mettere alle strette il nemico restìo a volersi arrendere, tuttavia logorato dalle ferite fisiche che aveva subito o che si erta auto indotto.

“Non ti sembra ti siano rimaste molte alternative, Embratson” disse Svente, tramite il fedele megafono.

“No, non sembra nemmeno a me” ammise Archie, guardandosi attorno.

“E allora cosa aspetti a venire da me?” chiese Svente.

“Prima voglio fare un ultimo tentativo” rispose Archie, con tono stanco.

“Davvero? E con chi? Il ragazzo con gli occhiali non si può (perché?), il ragazzino sarebbe troppo anche per te… ti rimane solo l’uomo che sta dormendo sulla destra” elencò Svente.

“Conviene svegliarlo” disse vago Embratson.

“No, conviene arrendenti” rispose secco il commissario, ma Archie fece orecchie da mercante e cercò di svegliare il tizio.

“Ehi” ordinò brusco, togliendogli il plaid.

Svente sibilò preoccupato “Di solito, quando mi svegliano in questo modo, mi metto a urlare come una scimmia, cerco la pistola e mi metto a crivellare di colpi il soffitto, ed è per questo che le tubature sembrano scolapasta”

Martha osservò “Aveva detto che vivevate da solo”

Svente rispose ”Sì, e la domestica che mi pulisce la casa non conta?”

Mentre Svente elencava le persone che passavano da casa sua anche solo per un secondo, come il lattaio, il postino, il lavascale del condominio, il tecnico del gas e l’uomo della Tecnocasa, il tizio strinse gli occhi reagendo ad uno scrollìo più energico, e li aprì mostrandone due paia cisposi e grigi, e disse “Chi sei? Dove sono? Che ore sono?”

Archie sollevò lo sguardo verso l’orologio digitale appeso alla posta, stranamente funzionante “Sono le undici e cinquanta minuti. Ma non è questo è il punto! Ora tu verrai con me per farmi passare indenne!”

“Da dove, scusa?” il tizio stava ancora dormendo mentalmente.

“Da questo posto!” precisò Archie.

“A dove?” chiese ancora il tizio, ora sveglio del tutto.

“Fuori di qui, ovunque non ci siano sbirri!” rispose Archie pazientemente e non specificando la destinazione, onde evitare ulteriori polemiche come era stato fatto nel precedente capitolo.

Dimmi che te lo ricordi.

“Già… e se poi ti rubano la bici, poi che fai?” chiese il tizio.

“Cosa c’entra?” chiese Archie, che non aveva bici.

“Ho una bici parcheggiata” precisò quello, ormai completamente vigile e pronto ad annoiare il suo interlocutore.

“Non potremo portarla con noi” disse Archie.

“Perché?” chiese quello, deluso.

“Ci intralcerebbe” osservò Embratson.

“No, ho provato che andando in bici ci si mette molto meno che andare a piedi” osservò tranquillamente l’altro, che ancora non aveva un nome, ma perlomeno i capelli.

 “Certo, ma noi siamo dei ricercati, e visto che non è un tandem quello che possiedi…” Archie spiegò così la situazione.

“Visto che non è un tandem? Prosegui, non mi piacciono le frasi a metà” incalzò lui.

“Non hai capito? Andremo a piedi” concluse allora Embratson.

“Col sacco di denaro?” chiese il tizio.

“Certo, che rapina sarebbe altrimenti?” il dialogo surreale proseguì, e ad Embratson sembrava quasi gli piacesse.

“E secondo te sembra giusto derubare la gente anziana?” chiese moralista il suo interlocutore.

Archie rispose ”Non lo so, so solo che ho una voglia matta di uscire di qui!”

“Dovresti fare chiarezza però su questo aspetto!” il tizio non capiva che si stava mettendo in guai seri, contro un evaso insanguinato e con in mano un estintore piuttosto pesante.

“Non m’interessa, ora muoviti!” Archie non sopportava più il dolore agli arti che accusava.

Il tizio, per tutta risposta, cominciò a muovere il busto e gli arti sinuosamente, come se fosse uno di quei pupazzi mossi dal vento davanti le concessionarie di auto.

Come se stesse cercando di essere divertente.

Archie chiese sputacchiando “Che cazzo fai?”

“Mi sto muovendo” rispose concentrato quel tizio.

Archie guardò Svente, che stava ridendo a crepapelle assieme a Martha e Gregory (Martha in realtà era sempre guardinga, come se la situazione potesse aggravarsi di punto in bianco), al che colpì con un pugno il tizio spiritoso.

Aveva ragione Martha. Come sempre.

“Vuoi fare dunque la persona seria?” chiese senza traccia di umanità Embratson.

“D’accordo, avresti potuto dirlo subito però, invece di colpirmi a morte come se fossi un punching ball. E che cos’è successo, sembra che avevi davanti il demonio?” recitò il tizio, massaggiandosi la mascella.

Archie si toccò la nocca “Non esagerare… non ti esce nemmeno sangue”

“E chi lo dice?” il tizio era diffidente.

“Lo dico io, che lo vedo” disse Embratson.

“Se mi mentissi? Sento in ogni caso il sangue in bocca, deve essermi caduto un dente”

“Non ti sto mentendo, poiché mi servi vigile e cosciente” rispose Archie.

“A cosa ti servo?” chiese il colpito.

“Per passare indenne davanti al commissario” rispose ancora una volta Embratson.

“Quindi sarei un ostaggio?” se ne rese finalmente conto.

“Esatto” Archie era intimamente felice di essere arrivato al punto.

“E quindi mi scaricheresti uccidendomi non appena avrai raggiunto i tuoi scopi?” di conseguenza, il tizi stava ricomponendo le responsabilità di essere un ostaggio.

“Sì, è esatto anche questo” Archie non aveva motivo di nasconderlo.

“COMMISSARIO! Lo arresti!” ilo tizio si dipinse sul volto un’espressione di paura.

Svente rispose “È quello che stiamo cercando di fare, però non abbiamo la certezza che non farà saltare le cervella a qualcuno, per questo non possiamo attaccare in massa per arrestarlo”

“Qualcuno chi?” chiese il tizio, in maniera sincera.

“Lei, ad esempio” rispose Svente, con una mezza idea di sacrificarlo, nell’eventualità.

“Si spieghi” il tizio non lo faceva apposta.

Svente prese fiato e spiegò per bene “Farà! Saltare! Le! Tue! Cervella!” esclamò infine, esasperato.

Il tizio annuì “Beh, è una situazione spinosa, no?”

Svente sgranò gli occhi e commentò sarcastico “Vagamente!”. Il tizio occhialuto accanto ad Alexander era d’accordo con Svente, fra gli sghignazzi del ragazzo, il quale nel frattempo aveva già pagato la sua bolletta, in quanto un impiegato mosso a pietà aveva ripreso il suo lavoro regolare all’insaputa di tutti.

Nel frattempo, il tizio, resosi conto di quello che aveva in mano Embratson, si sentì minacciato dall’estintore, ma non disse nulla.

“Adesso tu verrai con me, volente o nolente” ordinò Archie, puntandoglielo contro.

“Come?” il tizio non aveva capito.

“Come sarebbe, come? Non è una risposta!” Archie era davvero alterato.

“Volente o nolente?” chiese il tizio.

“Questo lo devi decidere tu, ma non fa differenza, credimi” Archie voleva davvero lanciargli l’estintore sul cranio.

“Invece fa molta differenza, e molta. Ecco un’altra cosa che dovresti rivalutare nel tuo carattere: le decisioni degli altri contano”

Archie si ritrovò di nuovo a libro aperto.

In ogni caso, scosse la testa, anticipando il commento di Svente che sicuramente voluto sbeffeggiando “Accetti dunque di essere mio ostaggio?”

“E perché me lo chiedi così gentilmente, eh? Di solito i rapitori rapiscono e basta, non  è che ora studiano il galateo”

Ad Archie la pressione del sangue stava superando livelli altissimi.

“Ma scusa” sibilò infine, mortifero “se ti minaccio, non ave bene perché non capisci quello che voglio dire, se te lo chiedo per favore non va bene nemmeno perché risulterebbe OOC rispetto al rapitore standard… ma allora che cosa dovrei fare?”

“Costituirti” s’intromise Svente, seccato per non avere la scena anche lui.

”NO! A parte costituirmi!” Archie chiuse gli occhi infastidito, come Svente avesse detto chissà quale parolaccia.

Il tizio rispose “Dovresti capire innanzitutto che cosa vuoi dalla tua vita: essere un criminale ricercato a vita per rapinato da una banca che fa peraltro schifo…”

“Grazie tante” commentarono gli impiegati in coro.

 “… piuttosto che essere un prigioniero, ma quantomeno non sei ricercato da nessuno, a parte forse da un pene vagante dietro di te, quando cogli le saponette che sono sempre a terra”

Archie Embratson non lo ascoltò nemmeno, lo imbavagliò e lo portò di peso verso l’uscita, tuttavia non avrebbe mai immaginato che quell’ostaggio avrebbe avuto la bella idea di vomitare.

Proprio così, vomitò tutto sé stesso sulla spalla del povero evaso, il quale si mise anche a piangere, nel vedere tutto il cibo che era andato perduto, fra i quali ottimi broccoletti. Svente applaudì l’iniziativa dell’ostaggio, ma quest’ultimo precisò “No, commissario, davvero, sto male, soffro il mal di mare. Qualcuno mi porti dei medicinali atti a farmelo passare”

“Mal di mare su una spalla?” chiese Martha.

“Sì, perché il rollìo è lo stesso. Se lo è, lo è ovunque”

“Mi sento rollare” dichiarò Svente.

“Vero? Anche lei ha bisogno della medicina, allora”

“Allora dico che non v’è bisogno di medicine! Andiamo!e se provate a fermarci, farò strage di crani!”

“Crani?” chiese lì’ostaggio.

“Sì, di teste” rispose Archie.

“Quali teste?” chiese ancora quello.

“Quelle della carramba” rispose Archie, che gli piaceva quella parola.

“Cosa sarebbe la carramba?” l’ostaggio viveva sulla Luna.

“La polizia!” Archie era tornato nervoso.

“È ancora troppo vago” l’ostaggio non riusciva a capire niente che non gli fosse detto esplicitamente.

Archie decise di provare a dirlo con testuali parole “Allora dichiaro che spappolerò la testa a tutti gli sbirri che mi stanno davanti”

“Tutti è impossibile” scosse la testa l’ostaggio.

“Perché?” Archie era anche seccato. Non aveva mai pensato, nel momento in cui evase, di incontrare quel tipo di persone.

“Perché è impossibile che nessuno degli agenti ti spari addosso anche dopo avere ucciso un solo agente, poiché la vendetta fa parte dell’uomo”

Archie constatò che aveva ragione, quindi fece prima ad avanzare per dar odorare la puzza di vomito a Svente e la sua squadra, ma sfortunatamente per lui l’allarme antincendio lo bagnò al punto che l’odore sparì, per qualche legge fisica che voleva un bagnoschiuma nell’acqua.  

 

Fine Capitolo! Stiamo per finire questa appassionante (sic!) storia! lasciate un commento!

   
 
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