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Autore: _blueebird    04/01/2013    18 recensioni
Ci vogliono pochi minuti per leggerla e altrettanti per innamorarti di loro.
Camille, una sedicenne che lotta tutti i giorni per rimanere a galla in una società di pregiudizi, ingiustizie e in continua lotta con la sua timidezza e con i suoi problemi, si innamora. Tra i banchi di scuola, tra gli amici veri e le cattiverie, troverà l'amore che la porterà a crescere, a soffrire e a combattere i suoi demoni.
Una storia che vi prenderà e che vi scalderà il cuore.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Scolastico
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Lo confesso, non sono mai stata la persona più sicura di questo mondo. No, sinceramente non lo sono proprio.
E con questi pensieri che era cominciata la mia giornata. Uno schifoso martedì mattina di primavera. L’erbetta irrigidita dal freddo mi ricordava che era ancora presto per pensare all’estate e che mi mancavano ancora molte insufficienze, prima di chiudere definitivamente i battenti e mettere via lo zaino e i libri nell’armadio.
 
Rachele arrivò alla fermata del bus con un energia e un sorriso invidiabile. I sui capelli ricci e rossicci le ricadevano morbidi lungo le spalle, uscendo a ciuffi fuori dal berretto. Le lentiggini le incorniciavano gli occhi azzurro-verdi  sempre luminosi ed amichevoli. Come faceva a essere così bella di prima mattina? “Buongiorno!” Urlò a squarciagola svegliando una signora che si era assopita sulla panchina. “Ssh, Rachele!” Le dissi guardando con la coda dell’occhio la signora anziana. “Uff…  Camille!” Sbottò con una faccia così buffa che non potei non ridere.
 
Arrivata a scuola salimmo tre rampe di scale e ci dirigemmo in aula. ‘3C’ Indicava il cartello scritto in grassetto, fuori dalla porta. Appoggiai lo zaino vicino al banco e sospirai. “Ciao Cami!” Mi sorprese Ludovica appena arrivata anche lei. “Hai studiato per l’interrogazione di latino?” Chiese. “Mmmm.. . Non troppo a dirla tutta. Ieri sono dovuta a andare a pallavolo e verso sera è arrivato a casa mio fratello da Berlino. Abbiamo festeggiato con una grande cena. Mia madre era al settimo cielo. E’ rimasta tutto il giorno in cucina distruggendo padelle e scodelle. Abbiamo seriamente rischiato la morte tutti, ieri, assaggiando i suoi piatti!” Ludovica scoppiò in una risata fragorosa nello stesso momento in cui suonò la campana.
 
Due. Fottute. Ore. Di. Latino. Dio probabilmente aveva ascoltato le mie preghiere, perché la Tedeschi  si era completamente dimenticata dell’interrogazione e si era messa a parlare di quanto Cesare fosse incredibilmente abile a scrivere un testo così semplice e coinciso come il De bello Gallico.
Così passai il tempo a scarabocchiare il banco. Faccine buffe, un cane stilizzato… e senza accorgermene scrissi un nome. Un nome che torturava i miei pensieri e le mie notti più di quanto desiderassi.  Fabio. Era da Novembre che questo nome era entrato prepotentemente nei miei pensieri e mi seguiva in ogni momento. Lento e inesorabile mi faceva arrossire. Non potevo fare finta di ignorare quello che provavo per lui. Era qualche cosa di intenso, che si diffondeva inesorabile dentro la mia testa.
 
“Prof posso uscire?” Chiesi. La Tedeschi mi fece un segno con il capo. Uscii. “Oh Dio, grazie per aver inventato i cessi!” Sussurrai. Mi spostai con una mano il ciuffo di capelli, biondo paglia, che mi ricadevano sul viso e mi diressi verso il corridoio.
E fu li che lo vidi. Alto e moro. I jeans stretti e quella maglia aderente che, beh, mostrava il fisico di un diciottenne che faceva nuoto da ormai una vita. Ve lo assicuro. Non avevo mai visto delle spalle così muscolose e grandi prima. Avvampai.
Camminai lungo il corridoio fingendomi sicura di me. Non ero mai stata una brava bugiarda. Dovevo per forza passargli accanto per arrivare al bagno. Non vi era altro modo.  In quel momento alzò gli occhi, verso di me. Deglutii. Porca vacca. Sto per morire. Non arriverò salva a casa, me lo sento. Il cuore mi balzava in petto come se volesse strapparmelo e fuggire via.
 
Continua a camminare, pensavo, continua a camminare. 5 metri. L’ansia aumentava ad ogni passo. 3 metri. Dio spero di non essere troppo rossa. Avrei dovuto vestirmi meglio. Dio perché non mi sono vestita meglio oggi, cazzo?! 1 metro.
 
Non smetteva di guardarmi. Ma io ero troppo imbarazzata per sostenere il suo sguardo. Così gli passai accanto senza guardarlo. 2 metri più in là. “Ciao” Pensai. Non glielo dissi.
 
Ero tornata dal bagno, davanti alla classe pronta per entrare. Mi voltai verso la sua aula e lo vidi. E rimanemmo lì, a fissarci per un secondo. O forse era trascorsa un’ intera un ora, non lo so. So solo che mi sorrise e da quel giorno io non fui più la stessa. 
  
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