Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: sophie97    04/01/2013    3 recensioni
"La vera scelta non è mai tra il fare una cosa e il non farla, ma tra il farla o non farla per coraggio oppure per paura." [M.Gramellini]
Prima classificata al contest "Per le autostrade di Colonia" indetto da ChiaraLuna21.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Semir entrò nel capannone con la pistola puntata davanti a sé.
Ma si bloccò quasi subito a bocca spalancata: non poteva crederci! L’aveva vista solo un paio di ore fa, a casa con Andrea!
«Ehi Gerkhan! Ci si rivede finalmente!» esclamò Küler.
L’ispettore non rispose, era rimasto pierificato: l’uomo che aveva di fronte teneva davanti a sé Aida, usandola come scudo, puntandole una pistola alla tempia e a qualche metro di distanza c’era Ben, in piedi, ammanettato.
«Bhè? Che ti prende? Sei rimasto senza parole?».
«Hans, sei un gran…».
«Ah-ah-ah ispettore» fece il criminale agitando un dito in segno di rimprovero «Niente parolacce davanti ai bambini!».
Semir guardò sua figlia, lesse la paura nei suoi occhi.
Tentò di mantenere la calma: «Cosa vuoi?».
«Oh, non essere così scortese, dai! Voglio semplicemente fartela pagare per ciò che mi hai fatto…».
Era ovvio, cos’altro poteva volere altrimenti? Tuttavia quelle parole furono come un pugno nello stomaco per il poliziotto. La certezza che quel maledetto avrebbe fatto del male ad Aida o a Ben si stava lentamente insinuando tra i suoi pensieri.
Küler continuò: «Sai Semir, non è stato affatto piacevole passare quello che ho passato e l’unica cosa che voglio adesso, prima di finire rinchiuso in una cella per il resto della mia vita, è la vendetta.».
«Guarda che sei stato solo tu cinque anni fa a…» l’ispettore venne interrotto da Hans: «Non andiamo a tirar fuori il passato adesso. Quello che conta è che tu e Kranich mi avete rovinato e, dato che a far fuori il tuo collega ci ha già pensato qualcun altro, rimani solo tu, Gerkhan. Ora, vedi la tua piccoletta? È coraggiosa sai? E anche testarda, proprio come il papà.».
«Lasciala andare, lei non c’entra niente!» Semir sentiva la rabbia aumentare ad ogni parola pronunciata dal criminale, mentre tentava di capire dove quella mente malata volesse arrivare.
«Ti chiedo solo una cosa, sbirro: uccidi il tuo amico.».
Altro pugno nello stomaco.
Uccidere Ben? No, non poteva. Non…
«Oppure ammazzo il tuo angioletto…scegli.».
Scegli? Ma che razza di ricatto era?
«Se provi anche solo a torcerle un capello, io giuro che…».
«Non giurare, non sei nelle condizioni di fare proprio niente. Ora scegli, e vedi di fare in fretta.» replicò Küler facendo più pressione con la canna dell’arma sulla tempia della bambina, che fissava il papà con occhi colmi di terrore.
Semir avrebbe voluto rassicurarla, dirle “Andrà tutto bene” ma lui stesso sapeva che non sarebbe andato tutto bene, non riusciva a convincersi del contrario.
Incrociò lo sguardo di Hans e per un attimo il pensiero andò al passato…era stato suo amico, suo collega…e poi? Cos’era rimasto di quel ragazzo? Solo un criminale, un assassino…
Capì di essere in trappola. Perché questa volta nessuno poteva tirarlo fuori dai guai. Era solo, solo con la decisione che doveva prendere.
Alzò la pistola, la puntò verso Ben; non poteva sparare a Küler, c’erano troppe possibilità di colpire Aida.
Si aggrappò all’ultima speranza che gli restava: e se il ragazzo avesse avuto un giubbotto antiproiettili? Cercò di individuarlo ma non lo vide…non c’era!
L’amico lo guardava, consapevole di ciò che sarebbe accaduto.
Sperò che Semir prendesse la decisione giusta…”Salva la bambina…”.
Il poliziotto sentì la rabbia salire ed ebbe paura di esplodere…ma a cosa sarebbe servito? Provò a ragionare in maniera razionale ma arrivò ad un'unica dannatissima conclusione…
«Gerkhan, ti consiglio di muoverti se stasera vuoi avere tra le braccia la tua bambina…viva.».
Le mani gli tremavano terribilmente, era un miracolo come Semir riuscisse a tenere dritta la pistola.
«Chi…chi mi garantisce che dopo aver sparato al mio collega la lascerai andare?» cercò di prendere tempo. In realtà sapeva che non le avrebbe fatto niente. Sapeva che a lui sarebbe bastato Ben e sapeva che una volta compiuta la sua vendetta si sarebbe consegnato autonomamente alla polizia. E questo lo faceva arrabbiare ancora di più: si stava prendendo gioco di lui.
«Vuoi fare una prova forse?» lo sfidò Küler.
Piombò il silenzio.
Passò ancora qualche secondo.
Semir strinse i pugni fino a farsi male.
Aveva la fronte imperlata di sudore.
Non poteva sparare al suo migliore amico. No, non lo avrebbe fatto.
«Come vuoi allora.» fece Hans come leggendogli nel pensiero e applicò una leggera pressione sul grilletto.
Aida chiuse gli occhi.
Doveva fermarlo…
«No!» urlò…
…e sparò.
Il colpo rimbombò nel vuoto del capannone.
Tutto sembrò fermarsi per alcuni attimi.
Era successo tutto così in fretta…
Küler tolse la canna dell’arma dalla tempia della bambina, che riaprì gli occhi spaventata.
Ben sgranò gli occhi, restò paralizzato per qualche attimo. Impallidì e si accasciò a terra, in una pozza di sangue, provocando un rumore sordo.
A Semir scivolò la pistola di mano, si sentì mancare. Non poteva crederci: l’aveva fatto davvero; aveva sparato al suo collega, al suo migliore amico…a Ben Jager!
Hans scoppiò a ridere soddisfatto mentre l’ispettore correva verso l’amico.
Si inginocchiò accanto a lui, gli sollevò la testa appoggiandola sulle proprie ginocchia: «Ben…Ben ascoltami, Ben! Devi…devi resistere…hai…hai capito Ben? Devi…».
Il ragazzo cominciò a boccheggiare, tentando di dire qualcosa.
Sentiva un dolore terribile al petto e lottava in continuazione per mantenere la lucidità, almeno per il tempo necessario a finire il discorso che doveva fare al suo collega: «S-Semir…io…».
«No, Ben non sforzarti…Ben…».
«Io ho chiamato un’ambulanza Gerkhan…e anche la polizia, ho fatto bene?» sghignazzò Küler divertito.
Semir si voltò un attimo a guardarlo: pensò di non avere mai odiato una persona come in quel momento; poi tornò a pensare a Ben, che intanto si sforzava di parlare.
L’ispettore si tolse la giacca tentando con quella di arrestare l’emoragia.
«S-Semir…hai…hai fatto la…la scelta…giusta…».
 Semir a quelle parole non riuscì a trattenere le lacrime come aveva fatto fino a quel momento.
«Ben, mi dispiace ma…ma io…».
Il ragazzo abbozzò un sorriso amaro, tossì e ricominciò a parlare, non aveva ancora finito: «Va…va bene co-così…Dii…dii ad Aida che…che sarà sempre…la…la mia principessina e…e…» fu scosso da un altro attacco di tosse che gli provocò un maggiore dolore alla ferita.
«No, Ben, glielo dirai tu perché ce la farai! L’ambulanza sta arrivando…».
Ben scosse il capo e disse un’ultima parola, che Semir non riuscì a comprendere, prima di chiudere gli occhi…per sempre.
Sentì ancora la voce del collega che gridava il suo nome…il pianto di Aida e il suono di una sirena, che però si allontanavano sempre di più. Il dolore al petto scomparve quasi.
Sorrise.
Poi non sentì più nulla.
«Ben! Ben svegliati, Ben! Ti prego…ti prego svegliati…Ben!» urlava Semir tra le lacrime.
Gli strinse le mani attorno alle spalle e cominciò a scrollarlo violentemente, come se questo avesse potuto in qualche modo riportarlo in vita, ma non accadeva niente!
Sentì la porta del capannone aprirsi alle sue spalle, rumore di passi che si avvicinavano, la voce della Engelhardt dietro di lui: «Semir, cosa…».
Il poliziotto si fermò e allentò la presa sul corpo ormai immobile di Ben.
Si voltò verso la donna: «Capo…capo, io ho…ho ucciso Ben.» sussurrò.
Il commissario rimase a bocca spalancata, si chiese per un secondo se il collega non si stesse sbagliando, le sembrava impossibile!
 
Küler si avvicinò a Semir mostrandogli i polsi: «Bhè Gerkhan? Non mi ammanetti?».
L’ispettore non ci vide più; gli sferrò un pugno nello stomaco, tanto forte che il criminale fu costretto a piegarsi in due dal dolore. Poi un altro al viso e un altro ancora…
Avrebbe continuato fino ad ammazzarlo se non fossero intervenuti Otto e Dieter a fermarlo trattenendolo da dietro per le braccia.
Hans fu fatto salire in una macchina della polizia e si rivolse a Semir un’ultima volta prima che venisse chiuso il finestrino della vettura: «Ci si rivede all’Inferno…Gerkhan!».
Il commissario prese in braccio Aida, che continuava a piangere, tentando di tranquillizzarla.
Ben nel frattempo venne coperto con un telo dai soccorritori, arrivati troppo tardi.
 
~˙~˙~
 
Tre giorni dopo, Semir sedeva in disparte al funerale del collega.
La Engelhardt stava pronunciando il solito discorso, quello che già aveva sentito anni prima, per Chris, per Tom, per Andrè… ma era diverso. Le altre volte non era stato in grado di salvare la vita ai propri colleghi…questa volta era stato lui a premere il grilletto.
Nella sua mente rivide le immagini del passato: Chris ucciso davanti ai suoi occhi, Tom steso a terra durante il temporale, Andrè disperso nelle profondità del mare.
Era buffo. Aveva perso un collega dopo l’altro ma a lui in tutti questi anni non era accaduto niente.
Ma sarebbe stata l’ultima volta.
Non avrebbe perso qualche altro amico a causa del suo lavoro. Una volta finita la cerimonia sarebbe passato dal comando a consegnare la sua lettera di dimissioni e a salutare i colleghi.
Qualcos’altro da fare avrebbe trovato.
Si alzò, si avvicinò alla bara e lesse il nome di Ben inciso su di essa. Si, era l’ultima volta che assisteva al funerale di un suo collega.
Si allontanò sul sentiero ricoperto di ghiaia bianca, solo, senza aspettare che il commissario finisse il suo discorso. A cosa serviva in fondo? Non avrebbe certo riportato indietro Ben.
Tirò un calcio ad un sassolino, che finì in una pozzanghera.
Si sentiva terribilmente in colpa e non si sarebbe mai liberato da questo peso. Ma cosa avrebbe dovuto fare? Aspettare che Küler sparasse a sua figlia?
Se solo avesse aspettato pochi secondi sarebbero arrivati i rinforzi e tutto si sarebbe concluso per il meglio probabilmente…ma Hans stava premendo il grilletto, l’avrebbe uccisa! Avrebbe ucciso Aida!
Continuò a camminare per le strade di quel triste cimitero finchè non arrivò ad una lapide dall’aspetto familiare. Si fermò davanti ad essa e sorrise: «Tu sai come mi sento no? Forse sei l’unico che può capire…conosci Hans, lui non scherza, non ha mai scherzato! Pensa, ha detto che si sarebbe vendicato volentieri anche su di te se tu ci fossi stato…Credi che Aida mi perdonerà mai per ciò che ho fatto al “suo zietto”?» si interruppe improvvisamente e si guardò intorno.
“Che stupido, sto parlando ad un pezzo di marmo…” pensò.
Ma non potè fare a meno di sorridere nuovamente leggendo quel nome inciso sulla croce di legno: Tom Kranich.
“Grazie Tom…per tutto”.
Ecco, era stata questa l’ultima parola di Ben prima di andarsene, quella che subito non era riuscito a comprendere!
“Grazie…”.
  
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