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Autore: capslokid    05/01/2013    0 recensioni
"La verità è che ovunque uno scelga di essere, è sempre nel posto sbagliato."
Colin decide di far visita a Jared, pur non sapendo cosa lo aspetti. Ma riusciranno a trovare un punto d'incontro.. come sempre..
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.

La verità è che ovunque uno scelga di essere, è sempre nel posto sbagliato.
 
Jared si alzò dal divano, scomodo e puzzolente, e si incamminò verso la cucina alla ricerca di qualche avanzo commestibile: doveva pur mangiare qualcosa, oltre a bere birra.
Aveva ancora un leggero spiraglio di speranza negli occhi. Leggero e inutile. Inutile era la parola della settimana. Lui era inutile, così come il posto dove si trovava da oramai otto giorni, lontano da tutto e tutti. Da solo…

Sette giorni prima aveva deciso, in preda all’ansia e alla rabbia, di andare via di casa per almeno un mese. Suo fratello continuava a fare finta che lui non esistesse, e nella sua vita ormai tutto si riduceva ad alcol, fica, tette, culo e cani. Per quanto Jared amasse suo fratello, non lo sopportava più; lo irritava e lo infastidiva. Decise quindi di scappare nel monolocale che Terry, cinquatenne fotografo depravato nonchè suo fedele amico, gli aveva regalato per le occasioni speciali.

… come un cane. Trovò un’insipida insalata di farro nel fondo del frigo e in due forchettate la finì. Era di nuovo pronto a ripartire con la maratona di birra, letto e tv, quando d’un tratto sentì dei tonfi ripetuti provenire dalla porta. Vi si diresse a passo di lumaca, armeggiò con la serratura qualche istante e, bonfonchiando qualcosa, riuscì infine ad aprire la porta d’ingresso.

“Hey… ciao Colin!” esclamò Jared pietrificandosi dalla testa ai piedi e accorgendosi che l’altro stava sorridendo sotto i baffi.

“Posso entrare?” chiese Colin senza smettere di sorridere, grattandosi la nuca con la mano sinistra. Senza ribattere, il moro si scostò e fece entrare l’irlandese in quel piccolo spazio, strano e angusto. Colin iniziò a guardarsi intorno; doveva ricordare, almeno qualcosa.

“Hai fatto dei cambiamenti qui dentro, vero? Mi sembra… diverso” domandò, osservando ogni dettaglio della casetta
.
Nel frattempo Jared aveva cercato di chiudere al meglio la porta e di recuperare la calma... almeno fino a che l’irlandese non fosse uscito da lì dentro.

“Ho solamente spostato i mobili e dipinto le pareti di rosso. Non lo trovi più carino?” disse, cercando di sembrare tranquillo;
ovviamente non ci riuscì, così si accasciò sopra il pouf che si trovava vicino al letto, comprato qualche giorno prima in un discount qualunque.
Colin stava percorrendo il piccolo monolocale con una lentezza unica. Voleva godersi quel momento come se fosse stato l’ultimo della sua vita.
L'irlandese
si girò ad osservare Jared, che aveva lo sguardo spento e fisso sul parquet, poi curvò la testa a destra e gli si avvicinò.

“E’ tutto okay, Jay?”

Jared poteva percepire la presenza di Colin alle sue spalle e, nonostante fosse agitato e teso come una corda di violino,
la cosa non gli dispiaceva affatto.
Colin si abbassò leggermente, scostò la sciarpa di Jared e posò le sue labbra sull’orecchio del moro.

“Che cos’hai, Bambolina?”

L’americano si sentì morire.
Bambolina.
La sua mente non riuscì a formulare una frase di senso compiuto, nulla che si potesse intendere.
Bambolina.
Ora... sì, ora avrebbero potuto sostituirlo alla corda di un violino. Avrebbero potuto suonarlo, avrebbero potuto sbatterlo al muro: il risultato sarebbe stato solamente una parete frantumata e un Jared ancora più nervoso.
Colin si scostò dal suo orecchio e scivolò in ginocchio, dietro di lui; Jared riprese a respirare regolarmente.

“Irlandese di… di merda!” urlò Jared alzandosi dal quel dannato e scomodissimo pouf.
“Vaffanculo! Si… vaffanculo, Colin! Per… perchè sei venuto?”

Jared si sistemò la camicia e si sbottonò i primi due bottoni: stava morendo di caldo e probabilmente era diventato rosso come un pomodoro maturo. Iniziò a camminare a destra e a sinistra e, se solo avesse potuto, sarebbe salito pure sulle pareti e sul soffitto.

“Dimmi che non mi vuoi e me ne andrò.”

Cole sapeva bene come stuzzicarlo e non si sarebbe di certo fermato ora, proprio sul più bello; amava vedere l’americano andare del panico per colpa sua.

“Sai che non è quello che voglio...” bisbigliò Jared, che si era finalmente fermato, abbassando lo sguardo.

Il primo pensiero che balzò in mente a Colin fu quello di alzare il sedere da quello stupido parquet, andare dal moro e abbracciarlo più forte che poteva. Nel frattempo l’altro stava recitando la parte del piccolo cucciolo indifeso, con gli occhi tanto grandi e brillanti che avrebbero fatto tenerezza persino a Lucifero… figuriamoci a Colin.

Passarono svariati minuti e i due erano ancora in silenzio: nessuno parlava e nessuno si muoveva.
Si stavano guardando, fissando, scrutando, capendo. Si volevano.

L’americano fece due passi in avanti, senza smettere di guardare Colin, e quest'ultimo  si alzò dal pavimento e, in men che non si dica, fu davanti a Jared; finalmente poteva sentire quel suo odore di menta invadere le sue narici e farlo impazzire. Impazzire di piacere. Di amore.
Jared scrutò l’irlandese dal basso verso l’alto: si poteva ritenere soddisfatto; sorrise e spalancò di nuovo gli occhi davanti a Colin.

“Me ne devo andare o... ?” bisbigliò il più giovane, soffiando sulle labbra dell’americano. Jared rabbrividì e serrò sempre più quella morsa invisibile e impercettibile.

“…”

Tutto quello che Colin ricevette come risposta furono due ansimi e poi il silenzio.
Restarono a fissarsi per alcuni minuti, ancora e ancora e ancora. Non riuscivano a staccarsi.
Il primo a ‘rompere il ghiaccio’ fu Cole, che appoggiò la mano sul fianco destro di Jared.


And you used to be everything to me
And now your tired of fitghting

  
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