Probabilmente mi
ucciderete dopo aver letto questo capitolo, quindi scrivo prima qui le cose che
devo dirvi. XD
Intanto
ringrazio dal più profondo del cuore tutti coloro che mi hanno appoggiato
(lettori, recensori, amici…)
Grazie a voi sono arrivata fin qui.
Questo
capitolo, vi dirò, è una vera e propria pazzia.
Ma è che ho in mente una
cosa, e quindi.. bè, vedrete! XD
Non posso che invitarvi a leggere ragazzi,
ragazze e vampiri!
Ciao a tutti, alla prossima!
~
Minako-Lore
"Nulla è difficile per chi
ama."
Marco Tullio
Cicerone
~ A BEAUTIFUL MORTAL
– CHICAGO 1918
»
EPILOGO
Un
dolce calore mi avvolgeva il corpo, facendomi volare.
Ma non era la stessa
sensazione che provavo quando tornavo indietro nel tempo. No. Quella era
decisamente più famigliare, più confortante.
Piano aprii gli occhi, anche se
la palpebre pesanti mi rendevano tutto più difficile.
Sembrava quasi che mi
risvegliassi da un lungo sonno, durato settimane intense e spiacevoli.
Ancora intontita mi guardai attorno con gli occhi impastati dal sonno. Posta
sopra di me vi era una coperta scozzese rossa, decisamente calda, che mi
riscaldava le ossa gelide che avevo.
Gemei assonnata, tirandomi su a sedere:
ero nella stanza di Edward a Villa Cullen.
La felicità mi travolse come un
fiume in piena, mentre sorridevo estasiata.
E me ne fregai altamente di tutto quello che era
accaduto nel passato di Edward. Non volevo riviverlo, ora che ero nel presente.
Finalmente a casa.
Mi
tolsi la coperta di dosso, ma mi ritrovai stranamente ad avere freddo. Quindi,
ancora un po’ intontita, me la avvolsi addosso sopra il pigiama leggero che
indossavo.
Camminai a piedi nudi sul pavimento della stanza, stanca e
affaticata. Aprii la porta e uscì nel corridoio. Lo percorsi, quando sentii in
lontananza delle voci provenire dal piano inferiore.
Un chiacchiericcio
vivace, felice. E sentii distintamente il vocione di Emmett dire qualcosa a
proposito di un albero.
Strano:
il mio udito era un po’ rovinato, pensai. Non sentivo bene.
Scesi la
scalinata che portava al salotto. E li vidi:
Alice, Esme e Emmett stavano
incominciando a mettere delle palle colorate su un bel albero di
Natale.
Carlisle se ne stava tranquillo a leggere un libro dall’aria vecchia,
mentre accanto a lui Jasper stava scrivendo qualcosa su un quaderno. Rosalie
fissava il lavoro di coloro che stavano abbellendo l’albero con aria critica, a
volte dicendo qualcosa per migliorarlo dal suo punto di vista. E infine, notai
Edward.
Ma non l’Edward con gli occhi verdi e il viso coperto di lentiggini e
malato della mia ‘visione’. No, era il VERO Edward.
Era seduto sul seggiolino
del pianoforte, rivolto però a guardare l’albero di Natale con un sorriso sulle
labbra perfette.
Le braccia erano posate elegantemente sulle gambe, mentre
lo sguardo era brillante.
“Che
fai Jasper? Scrivi la letterina per Babbo Natale?” chiese Emmett divertito,
guardando il ragazzo mentre gli faceva una smorfia.
“Ah ah,
divertente.”
“Già, lo penso anch’io! Comunque cosa gli chiederai?”
“Di
farti inabissare nel grande Oceano Pacifico.”
“Allora è vero che gli scrivi
una lettera!”
Mi lasciai scappare una risatina, e tutti si voltarono di botto
verso di me. Mi sentii la guance andare in fiamme, e mi stupii. Evidentemente
era il mio subconscio a farmelo credere. In fondo, ero una vampira.
Misi da
parte queste spiegazioni, e posai il mio sguardo su Edward: si era fatto un po’
scuro, e il sorriso si era affievolito.
“Ciao.”
Dissi timidamente, e in un attimo fui abbracciata da Esme e Alice.
“Oh,
Bella, finalmente ti sei risvegliata!” esclamò Alice disperata, baciandomi sulla
guancia.
“Da quanto è che non mi risvegliavo?” chiesi confusa, mentre alcune
fitte di emicrania mi martellavano in testa.
Tutti si guardano l’un l’altro
amareggiati.
“Quasi tre settimane.” rispose piano Esme, e gemei.
“Dove
sei stata?” chiese poi Alice. Sospirai a guardare verso Edward. Lui notò il mio
sguardo, e si alzò in piedi.
“Ha bisogno di riposo. Non ha più la forza
fisica di prima.” Annunciò e si avvicinò a me, cingendomi la vita con un
braccio, per poi costringermi a salire le scale. Tutti rimasero nel più assoluto
silenzio.
Camminammo piano e, quando giungemmo alla sua stanza, lui la
sorpassò, e si sedette per terra. Lo fissai stralunata, ma lo imitai.
Eravamo al buio, e la sola valvola di luce proveniva da una piccola
finestrella in alto. Grazie a quella fessura potevo scorgere l’incertezza sul
suo viso.
“Ho avuto paura. Stavolta sul serio.” Iniziò stanco, portandosi una
mano sul volto. Trattenni il fiato.
“Ci sono tante cose da mettere in
chiaro.” Concluse poi con un sospiro, girandosi per incontrare la mia
espressione stanca.
“Già.”
Rimasimo in silenzio per un po’, poi presi
parola.
“Ti devo delle scuse.” Iniziai piano. “Ti ho accusato di… sì,
insomma, di non amarmi. E mi dispiace tanto, Edward, tu non sai quando…” dissi
mentre sentivo gli occhi pungermi gli occhi. Lui gemette, e mi si parò di
fronte.
“Non ti posso dar torto, mi hai accusato di vederti brutta, di non
volerti. Però hai ragione, sono troppo possessivo con te, sono asfissiante.”
Replicò dolorante. Gli posai una mano sulla sua guancia.
“Hai passato cose terribili. Sia nella tua vita da umano
che in quella da vampiro. Hai visto morire i tuoi genitori, te stesso… hai
vissuto la guerra… solo ora mi rendo veramente conto che inferno è stato per
te.” Sussurrai, avvicinandomi al suo volto. Lui gemette, e posai le mie labbra
sulle sue.
Non volevo un bacio violento, e neanche lui.
Ci sfiorammo
appena, mentre ci abbracciavamo affettuosamente.
Iniziai a ridere come una
bambina per la felicità quando mi accarezzò la schiena. Posai quindi la mia
testa nell’incavo del suo collo freddo, trovandolo decisamente gelido. Ma ero
troppo presa dalla felicità per darci peso.
Lui
soffiò dolcemente sui miei capelli, scompigliandomeli un poco. Mi accorsi che
ridacchiava anche lui.
“Ti amo.” Mormorai piano sul suo collo di marmo,
mentre alcuni ciuffi dei suoi buffi capelli rossi mi solleticavano il naso. “A
chi lo dici.”
Ridacchiai nuovamente, soffiando contro i suoi capelli per
levarmeli dalla faccia.
“Quindi che giorno è?” chiesi, poi, calmandomi un
poco.
“
“Dannazione.”
Sbottai. Lo vidi preoccuparsi.
“Che c’è?” chiese in ansia.
“Non ti ho
comprato niente.” Dissi sbuffando. Mi guardò dolcemente.
“Tu mi hai già fatto
un regalo.” Mormorò, mentre appoggiava il viso sulla mia fronte.
“A sì?”
chiesi confusa. “E quale?”.
“Sei tornata da me.” Disse come se fosse la cosa
più naturale del mondo. Sorrisi come una bambina, e mi sentii nuovamente la
guance in fiamme. Stavolta mi preoccupai.
Mi portai titubante una mano sul
volto e, con orrore, mi resi conto che era calda.
Cercai con gli occhi
Edward, che si stava mordendo un labbro.
“Sono calda.” Constatai confusa.
Lui sospirò, abbassando lo sguardo.
“Cosa succede?” chiesi impaziente,
alzandogli il volto con una mano.
“Prima dimmi dove sei stata.”
Deglutii a
fatica, e sospirai.
“Nel tuo passato.” Ammisi, mentre mi guardava con
un’espressione neutra.
“Dev’essere stato interessante se ci sei stata così
tanto.” Disse un poco irritato.
Lo guardai male.
“E’ stato orribile.”
Ammisi, rivivendo con la mente tutte quelle situazioni. Mi guardò
tentennante.
“In che momento della mia vita sei stata?” chiese sottovoce,
come avendo paura di dire qualche brutta cosa.
Sospirai.
“Quando
iniziavate a essere malati.” Gemei. Si irrigidì, e mi guardò triste. Poi
qualcosa mi balenò in mente.
“E… ti ho fatto del male.” Dissi chiudendo gli
occhi. Lo sentii muoversi confuso verso di me.
“Mi hai fatto male?” chiese
incredulo. Annuii.
“Non so come ho fatto male… sono diventata ‘solida’.
Potevi vedermi, potevo toccare gli oggetti. Per disgrazia avevi fatto cadere una
tazza per terra,e prendendola… sì, bè, ti eri tagliato. Quando ho sentito
l’odore del suo sangue non sono riuscita a trattenerti, e ti sono saltata
addosso, facendoti male. Per fortuna l’azione è stata così veloce che non ti sei
accorto di me.” Spiegai.
Ogni frase, ogni parola, ogni lettera, era come una
pugnalata nel petto. Lui era lì, e mi fissava ascoltandomi con attenzione.
Mi
fissava ardentemente, e io attesi impaziente un suo segno di vita. Alla fine si
riscosse.
“Adesso capisci, quando ti dicevo che era difficile per me?” chiese
stanco. Annuii.
“Sì. E ti chiedo nuovamente scusa.” Iniziai con un sospiro.
Poi la curiosità ebbe la meglio e continuai: “Secondo te perché sono divenuta…
‘solida’?”
Mi guardò un attimo come a valutare la mia domanda, poi risposta
piano.
“Penso che… la tua voglia di starmi accanto, immagino fossi ben lungi
dall’esser felice, ha preso il sopravvento e ti sei fatta prendere dal momento.
Nulla di preoccupante comunque, non più, almeno… “ sospirò pesantemente. Lo
guardai accigliata.
“Non più?” chiesi confusa. Mi guardò in modo strano.
“Vieni.”
Mi aiutò ad alzarmi, la coperta ancora sulle spalle, e mi guidò
per il corridoio fino a trovarvi uno specchio appeso.
“Guardati.”
Obbedii,
e rivolsi l’attenzione all’immagine riflessa dinanzi a me: occhi castani, pelle
rosea e guance rosse.
Ero
umana.
“S-sono
umana…” balbettai incredula, toccandomi con una mano la guancia arrossita. Lui
sospirò. Per l’ennesima volta.
“Sì.” Rispose stancamente.
“Ma come
ho fatto?!” esclamai con rabbia, mentre la lacrime stavano via via stuzzicandomi
gli occhi.
“Carlisle pensa che il tuo potere ti sia uscito fuori controllo
e… non so come, sei tornata umana.”
Non riuscivo a crederci. No. Non era
possibile.
“Edward… “ sussurrai.
Ma lui non diceva niente.
Non mi morderà più, mi lascerà morire
pensai terrorizzata.
“Mi morderai, non è vero?” chiesi angosciata, mentre
tentennava.
“Non lo so, Bella.”
Mi sentii a pezzi. Il mio cuore si
infranse, e le lacrime incominciarono a scendere. Tirai su col naso in fretta.
Non volevo farlo assistere a quello stupido spettacolo umano.
“Bella, non per
una ragione personale. Non capisci che se tornerai vampira avrai nuovamente quel
potere?” mi chiese disperato. Sbattei un piede per terra.
“Lo so, lo so,
Masen, tu e le tue stupide teorie! Fai un po’ come vuoi! Ma se non mi morderai
io me ne andrò.” singhiozzai con rabbia. Lo vidi sbiancare – per quanto gli
fosse possibile. E anch’io mi sentii male: cosa avevo detto?
“Vai.”
Mi
pietrificai e lo fissai negli occhi.
“Vai.” Ripetè, mettendosi le mani in
tasca. Il sangue mi si gelò.
“Io… “
“Bella, tutto questo ha dato prova che
sarà difficile in ogni caso per noi.” Sospirò con dolcezza Edward, gli occhi due
pozzi neri.
“Ma io… “
“Vai.”
Lo guardai allontanarsi, lasciandomi sola
in mezzo al corridoio.
Ero sola. Di nuovo. E stavolta non l’avrei fatta
franca.
In
soggiorno tutti mi guardarono con espressioni tristi. Alice doveva aver avuto
una qualche visione o, semplicemente, avevano sentito tutto.
In ogni caso, mi
diressi verso di loro.
Mi ero cambiata, avevo indossato un paio di jeans neri
con un maglione bianco sopra. Ma ero un automa. Non riuscivo ancora a capire
bene.
“Bella… “ iniziò Alice titubante. Sorrisi mentre le lacrime mi
scendevano giù.
“Niente Alice.” La fermai, tirando su col naso.
“L’ha
detto perché è sconvolto.” Sussurrò Emmett. Negai con la testa.
“In un certo
senso ha ragione. Vi ho creato problemi. A tutti voi.” Singhiozzai.
Non
ebbero il coraggio di ribattere. Indicai, poi la mia valigia ai miei
piedi.
“Me ne vado. Addio.” Mormorai e, prima che qualcuno di loro mi venisse
in contro supplicandomi di restare, uscii fuori nel turbinio di neve che mi
impediva di camminare bene.
Notai il mio pick-up parcheggiato li di fronte, e
vi corsi all’interno. Posai la valigia e notai una figura corrermi incontro,
bussando poi sul finestrino. Senza fiato lo abbassai, e Edward mi si parò di
fronte.
“Addio. Stai facendo la cosa migliore.” Mormorò.
“No, non è la
cosa migliore.” Replicai acida. Si accigliò. “La cosa migliore sarebbe morire.”
Prima che potesse controbattere gli posai le mie labbra sulle sue con foga.
Lui rispose, e le dischiusi voracemente.
Poi con velocità richiusi il
finestrino, e misi la retromarcia.
La figura longilinea di Edward si faceva
sempre più lontana, e con lei la mia voglia di vivere.
Sapevo cosa stava
pensando. Probabilmente mi augurava felicità.
Ma quello che non sapeva era
che io stavo andando a suicidarmi. E lui, questo, forse non se lo aspettava. Ma
intanto, non l’avrei più rivisto.
-
a beautiful mortal * the end -