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Autore: Out of this world    24/07/2007    27 recensioni
Molte volte mi chiesi come poteva essere Edward da umano...
Genere: Romantico, Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Probabilmente mi ucciderete dopo aver letto questo capitolo, quindi scrivo prima qui le cose che devo dirvi. XD
Intanto ringrazio dal più profondo del cuore tutti coloro che mi hanno appoggiato (lettori, recensori, amici…)
Grazie a voi sono arrivata fin qui.
Questo capitolo, vi dirò, è una vera e propria pazzia.
Ma è che ho in mente una cosa, e quindi.. bè, vedrete! XD
Non posso che invitarvi a leggere ragazzi, ragazze e vampiri!
Ciao a tutti, alla prossima!

~ Minako-Lore

 

 

 

 

"Nulla è difficile per chi ama."

Marco Tullio Cicerone

 

 

 

~ A BEAUTIFUL MORTAL – CHICAGO 1918
EPILOGO
»

 

 

Un dolce calore mi avvolgeva il corpo, facendomi volare.
Ma non era la stessa sensazione che provavo quando tornavo indietro nel tempo. No. Quella era decisamente più famigliare, più confortante.
Piano aprii gli occhi, anche se la palpebre pesanti mi rendevano tutto più difficile.
Sembrava quasi che mi risvegliassi da un lungo sonno, durato settimane intense e spiacevoli.
Ancora intontita mi guardai attorno con gli occhi impastati dal sonno. Posta sopra di me vi era una coperta scozzese rossa, decisamente calda, che mi riscaldava le ossa gelide che avevo.
Gemei assonnata, tirandomi su a sedere: ero nella stanza di Edward a Villa Cullen.
La felicità mi travolse come un fiume in piena, mentre sorridevo estasiata.
E me ne fregai altamente di tutto quello che era accaduto nel passato di Edward. Non volevo riviverlo, ora che ero nel presente. Finalmente a casa.

Mi tolsi la coperta di dosso, ma mi ritrovai stranamente ad avere freddo. Quindi, ancora un po’ intontita, me la avvolsi addosso sopra il pigiama leggero che indossavo.
Camminai a piedi nudi sul pavimento della stanza, stanca e affaticata. Aprii la porta e uscì nel corridoio. Lo percorsi, quando sentii in lontananza delle voci provenire dal piano inferiore.
Un chiacchiericcio vivace, felice. E sentii distintamente il vocione di Emmett dire qualcosa a proposito di un albero.  
Strano: il mio udito era un po’ rovinato, pensai. Non sentivo bene.
Scesi la scalinata che portava al salotto. E li vidi:
Alice, Esme e Emmett stavano incominciando a mettere delle palle colorate su un bel albero di Natale.
Carlisle se ne stava tranquillo a leggere un libro dall’aria vecchia, mentre accanto a lui Jasper stava scrivendo qualcosa su un quaderno. Rosalie fissava il lavoro di coloro che stavano abbellendo l’albero con aria critica, a volte dicendo qualcosa per migliorarlo dal suo punto di vista. E infine, notai Edward.
Ma non l’Edward con gli occhi verdi e il viso coperto di lentiggini e malato della mia ‘visione’. No, era il VERO Edward.
Era seduto sul seggiolino del pianoforte, rivolto però a guardare l’albero di Natale con un sorriso sulle labbra perfette.
Le braccia erano posate elegantemente sulle gambe, mentre lo sguardo era brillante.

“Che fai Jasper? Scrivi la letterina per Babbo Natale?” chiese Emmett divertito, guardando il ragazzo mentre gli faceva una smorfia.
“Ah ah, divertente.”
“Già, lo penso anch’io! Comunque cosa gli chiederai?”
“Di farti inabissare nel grande Oceano Pacifico.”
“Allora è vero che gli scrivi una lettera!”
Mi lasciai scappare una risatina, e tutti si voltarono di botto verso di me. Mi sentii la guance andare in fiamme, e mi stupii. Evidentemente era il mio subconscio a farmelo credere. In fondo, ero una vampira.
Misi da parte queste spiegazioni, e posai il mio sguardo su Edward: si era fatto un po’ scuro, e il sorriso si era affievolito.

“Ciao.” Dissi timidamente, e in un attimo fui abbracciata da Esme e Alice.
“Oh, Bella, finalmente ti sei risvegliata!” esclamò Alice disperata, baciandomi sulla guancia.
“Da quanto è che non mi risvegliavo?” chiesi confusa, mentre alcune fitte di emicrania mi martellavano in testa.
Tutti si guardano l’un l’altro amareggiati.
“Quasi tre settimane.” rispose piano Esme, e gemei.
“Dove sei stata?” chiese poi Alice. Sospirai a guardare verso Edward. Lui notò il mio sguardo, e si alzò in piedi.
“Ha bisogno di riposo. Non ha più la forza fisica di prima.” Annunciò e si avvicinò a me, cingendomi la vita con un braccio, per poi costringermi a salire le scale. Tutti rimasero nel più assoluto silenzio.
Camminammo piano e, quando giungemmo alla sua stanza, lui la sorpassò, e si sedette per terra. Lo fissai stralunata, ma lo imitai.
Eravamo al buio, e la sola valvola di luce proveniva da una piccola finestrella in alto. Grazie a quella fessura potevo scorgere l’incertezza sul suo viso.
“Ho avuto paura. Stavolta sul serio.” Iniziò stanco, portandosi una mano sul volto. Trattenni il fiato.
“Ci sono tante cose da mettere in chiaro.” Concluse poi con un sospiro, girandosi per incontrare la mia espressione stanca.
“Già.”
Rimasimo in silenzio per un po’, poi presi parola.
“Ti devo delle scuse.” Iniziai piano. “Ti ho accusato di… sì, insomma, di non amarmi. E mi dispiace tanto, Edward, tu non sai quando…” dissi mentre sentivo gli occhi pungermi gli occhi. Lui gemette, e mi si parò di fronte.
“Non ti posso dar torto, mi hai accusato di vederti brutta, di non volerti. Però hai ragione, sono troppo possessivo con te, sono asfissiante.” Replicò dolorante. Gli posai una mano sulla sua guancia.
“Hai passato cose terribili. Sia nella tua vita da umano che in quella da vampiro. Hai visto morire i tuoi genitori, te stesso… hai vissuto la guerra… solo ora mi rendo veramente conto che inferno è stato per te.” Sussurrai, avvicinandomi al suo volto. Lui gemette, e posai le mie labbra sulle sue.
Non volevo un bacio violento, e neanche lui.
Ci sfiorammo appena, mentre ci abbracciavamo affettuosamente.
Iniziai a ridere come una bambina per la felicità quando mi accarezzò la schiena. Posai quindi la mia testa nell’incavo del suo collo freddo, trovandolo decisamente gelido. Ma ero troppo presa dalla felicità per darci peso.

Lui soffiò dolcemente sui miei capelli, scompigliandomeli un poco. Mi accorsi che ridacchiava anche lui.
“Ti amo.” Mormorai piano sul suo collo di marmo, mentre alcuni ciuffi dei suoi buffi capelli rossi mi solleticavano il naso. “A chi lo dici.”
Ridacchiai nuovamente, soffiando contro i suoi capelli per levarmeli dalla faccia.
“Quindi che giorno è?” chiesi, poi, calmandomi un poco.
La Vigilia di Natale.” Rispose con un sorriso, staccandosi per guardarmi in faccia. Ci rimasi male.
“Dannazione.” Sbottai. Lo vidi preoccuparsi.
“Che c’è?” chiese in ansia.
“Non ti ho comprato niente.” Dissi sbuffando. Mi guardò dolcemente.
“Tu mi hai già fatto un regalo.” Mormorò, mentre appoggiava il viso sulla mia fronte.
“A sì?” chiesi confusa. “E quale?”.
“Sei tornata da me.” Disse come se fosse la cosa più naturale del mondo. Sorrisi come una bambina, e mi sentii nuovamente la guance in fiamme. Stavolta mi preoccupai.
Mi portai titubante una mano sul volto e, con orrore, mi resi conto che era calda.
Cercai con gli occhi Edward, che si stava mordendo un labbro.
“Sono calda.” Constatai confusa. Lui sospirò, abbassando lo sguardo.
“Cosa succede?” chiesi impaziente, alzandogli il volto con una mano.
“Prima dimmi dove sei stata.”
Deglutii a fatica, e sospirai.
“Nel tuo passato.” Ammisi, mentre mi guardava con un’espressione neutra.
“Dev’essere stato interessante se ci sei stata così tanto.” Disse un poco irritato.
Lo guardai male.
“E’ stato orribile.” Ammisi, rivivendo con la mente tutte quelle situazioni. Mi guardò tentennante.
“In che momento della mia vita sei stata?” chiese sottovoce, come avendo paura di dire qualche brutta cosa.
Sospirai.
“Quando iniziavate a essere malati.” Gemei. Si irrigidì, e mi guardò triste. Poi qualcosa mi balenò in mente.
“E… ti ho fatto del male.” Dissi chiudendo gli occhi. Lo sentii muoversi confuso verso di me.
“Mi hai fatto male?” chiese incredulo. Annuii.
“Non so come ho fatto male… sono diventata ‘solida’. Potevi vedermi, potevo toccare gli oggetti. Per disgrazia avevi fatto cadere una tazza per terra,e prendendola… sì, bè, ti eri tagliato. Quando ho sentito l’odore del suo sangue non sono riuscita a trattenerti, e ti sono saltata addosso, facendoti male. Per fortuna l’azione è stata così veloce che non ti sei accorto di me.” Spiegai.
Ogni frase, ogni parola, ogni lettera, era come una pugnalata nel petto. Lui era lì, e mi fissava ascoltandomi con attenzione.
Mi fissava ardentemente, e io attesi impaziente un suo segno di vita. Alla fine si riscosse.
“Adesso capisci, quando ti dicevo che era difficile per me?” chiese stanco. Annuii.
“Sì. E ti chiedo nuovamente scusa.” Iniziai con un sospiro. Poi la curiosità ebbe la meglio e continuai: “Secondo te perché sono divenuta… ‘solida’?”
Mi guardò un attimo come a valutare la mia domanda, poi risposta piano.
“Penso che… la tua voglia di starmi accanto, immagino fossi ben lungi dall’esser felice, ha preso il sopravvento e ti sei fatta prendere dal momento. Nulla di preoccupante comunque, non più, almeno… “ sospirò pesantemente. Lo guardai accigliata.
“Non più?” chiesi confusa. Mi guardò in modo strano.
“Vieni.”
Mi aiutò ad alzarmi, la coperta ancora sulle spalle, e mi guidò per il corridoio fino a trovarvi uno specchio appeso.
“Guardati.”
Obbedii, e rivolsi l’attenzione all’immagine riflessa dinanzi a me: occhi castani, pelle rosea e guance rosse.

Ero umana.

 

 

 

“S-sono umana…” balbettai incredula, toccandomi con una mano la guancia arrossita. Lui sospirò. Per l’ennesima volta.
“Sì.” Rispose stancamente.
“Ma come ho fatto?!” esclamai con rabbia, mentre la lacrime stavano via via stuzzicandomi gli occhi.
“Carlisle pensa che il tuo potere ti sia uscito fuori controllo e… non so come, sei tornata umana.”
Non riuscivo a crederci. No. Non era possibile.
“Edward… “ sussurrai.
Ma lui non diceva niente.
Non mi morderà più, mi lascerà morire pensai terrorizzata.
“Mi morderai, non è vero?” chiesi angosciata, mentre tentennava.
“Non lo so, Bella.”
Mi sentii a pezzi. Il mio cuore si infranse, e le lacrime incominciarono a scendere. Tirai su col naso in fretta. Non volevo farlo assistere a quello stupido spettacolo umano.
“Bella, non per una ragione personale. Non capisci che se tornerai vampira avrai nuovamente quel potere?” mi chiese disperato. Sbattei un piede per terra.
“Lo so, lo so, Masen, tu e le tue stupide teorie! Fai un po’ come vuoi! Ma se non mi morderai io me ne andrò.” singhiozzai con rabbia. Lo vidi sbiancare – per quanto gli fosse possibile. E anch’io mi sentii male: cosa avevo detto?
“Vai.”
Mi pietrificai e lo fissai negli occhi.
“Vai.” Ripetè, mettendosi le mani in tasca. Il sangue mi si gelò.
“Io… “
“Bella, tutto questo ha dato prova che sarà difficile in ogni caso per noi.” Sospirò con dolcezza Edward, gli occhi due pozzi neri.
“Ma io… “
“Vai.”
Lo guardai allontanarsi, lasciandomi sola in mezzo al corridoio.
Ero sola. Di nuovo. E stavolta non l’avrei fatta franca.

 

 

In soggiorno tutti mi guardarono con espressioni tristi. Alice doveva aver avuto una qualche visione o, semplicemente, avevano sentito tutto.
In ogni caso, mi diressi verso di loro.
Mi ero cambiata, avevo indossato un paio di jeans neri con un maglione bianco sopra. Ma ero un automa. Non riuscivo ancora a capire bene.
“Bella… “ iniziò Alice titubante. Sorrisi mentre le lacrime mi scendevano giù.
“Niente Alice.” La fermai, tirando su col naso.
“L’ha detto perché è sconvolto.” Sussurrò Emmett. Negai con la testa.
“In un certo senso ha ragione. Vi ho creato problemi. A tutti voi.” Singhiozzai.
Non ebbero il coraggio di ribattere. Indicai, poi la mia valigia ai miei piedi.
“Me ne vado. Addio.” Mormorai e, prima che qualcuno di loro mi venisse in contro supplicandomi di restare, uscii fuori nel turbinio di neve che mi impediva di camminare bene.
Notai il mio pick-up parcheggiato li di fronte, e vi corsi all’interno. Posai la valigia e notai una figura corrermi incontro, bussando poi sul finestrino. Senza fiato lo abbassai, e Edward mi si parò di fronte.
“Addio. Stai facendo la cosa migliore.” Mormorò.
“No, non è la cosa migliore.” Replicai acida. Si accigliò. “La cosa migliore sarebbe morire.”
Prima che potesse controbattere gli posai le mie labbra sulle sue con foga. Lui rispose, e le dischiusi voracemente.
Poi con velocità richiusi il finestrino, e misi la retromarcia.
La figura longilinea di Edward si faceva sempre più lontana, e con lei la mia voglia di vivere.
Sapevo cosa stava pensando. Probabilmente mi augurava felicità.
Ma quello che non sapeva era che io stavo andando a suicidarmi. E lui, questo, forse non se lo aspettava. Ma intanto, non l’avrei più rivisto.

 

- a beautiful mortal * the end -

 

  
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