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Autore: Phantom_Miria    06/01/2013    3 recensioni
I tuoi amici ti dicono che, a modo tuo, sei prevedibile. ‘L’impresa più pericolosa, e ti ci butterai; la sfida più ardua, e tu ne uscirai vincitore’. Ma la tua vita, quella è imprevedibile. Le persone che ti circondano lo sono anche di più.
“Quello che so, è che tu non tieni sufficientemente alla tua vita.”

Allen e Lavi in una discussione sull'importanza della propria esistenza.
[Lavi/Allen amicizia, pre-slash] IC, ambientata la notte prima della partenza della nave di Anita.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Allen Walker, Rabi/Lavi | Coppie: Rabi/Allen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Volevo solo scrivere una fic che avesse come titolo quella parola, che poi si è svelata una parola perfetta per un tema appropriato. Fic iniziata una cosa come… un anno fa? Finita ora. Il destino di tutte le mie fic (apparte la parte in cui vengono finite).

Non ha senso sotto più punti di vista. Stile, italiano, senso canon, pathos, profondità intellettuale, dove siete andate?

C’ho messo secoli a decidere quando ambientare questa fic. Ero davvero indecisa perché Allen tecnicamente ha uno spirito che è una montagna, quindiii mi serviva un periodo di tempo in cui ancora non sapesse cosa voleva dalla sua vita. E questo periodo era ambientato per i miei gusti troppo presto perché Lavi fosse già innamorato :I PERCIO’ da Laven è passata a LAVEN PRESLASH, e il risultato è che avviene la notte prima della partenza della nave di Anita, quando è passato già tanto tempo da quando si conoscono, sono successe molte cose (nella mia testa ne sono successe anche di più), e fate finta che siano amici superconsolidati.

Disclaimer: [s.m., raro. Vedere anche: ‘grande desiderio irrealizzabile’]

 

 

.floccinaucinihilipilification

».

and then, the thing you care most about is out of the grasp of your hand, never to return

( should have done something while you could )

 

I tuoi amici ti dicono che, a modo tuo, sei prevedibile. ‘L’impresa più pericolosa, e ti ci butterai; la sfida più ardua, e tu ne uscirai vincitore’. Ma la tua vita, quella è imprevedibile. Le persone che ti circondano lo sono anche di più.

“Quello che so, è che tu non tieni sufficientemente alla tua vita.”

Il libro non è poi così interessante. Lo posi aperto sulle cosce e lo ignori.

Lavi ti osserva. Non fa altro che osservarti, ormai, e parlare. E parlare. E schivare i tuoi pugni. E dire cose sempre più insensate ogni giorno che passa.

“Non ho tendenze suicide, Lavi,” e davvero, sinceramente pensi che sia la verità.

Lavi ti osserva. Sbuffa, si lecca le labbra, se le asciuga con il dorso delle dita, si massaggia il mento. Il suo occhio scorre sul tavolo, i mobili della camera da letto, sul soffitto, su di te. Di nuovo su di te, sempre su di te.

“Consciamente, forse no,” concorda, sbrigativo, e la sua risposta non ti piace.

“Ma il fatto è,” continua, “che il tuo combattere ogni tanto è come correre nudi verso mille lance sollevate. Non pensi a te stesso, Allen.”

La camera non ti piace più. È troppo silenziosa, troppo polverosa, non c’è niente da guardare; nessuna distrazione, nessuna interruzione tra una parola e l’altra per riprendere il respiro, sarebbe bello se Lavi smettesse di parlare. Sarebbe bello se se ne andasse. Eppure Lavi non è mai nel posto giusto al momento giusto. Tu lo sei, è una di quelle cose per cui sei prevedibile. Lavi no. Lui rappresenta l’apoteosi dell’imprevedibilità.

Guardi dappertutto, eppure non c’è più nulla intorno a te; non c’è mai stato nulla, perché i tuoi muri per Lavi sono solo vetro trasparente. Non può toccare, ma può vedere. Ti chiedi se arriverà mai il giorno in cui quei muri sublimeranno davanti a quell’occhio imperscrutabile. E ti rispondi. La risposta è spero non oggi.

“Non è divertente, Lavi,” ti difendi. Non c’è l’ombra di un sorriso nella stanza.

Allen…” Sembra diverso. Sembra stressato, ed è una novità. Ma non ti importa, anzi, forse se riesci a stressarlo ancora di più smetterà di insistere sull’argomento. “Non ci sono solo vite altrui da salvare, c’è anche la tua da conservare.”

Un’imminente emicrania preme contro la tua fronte.

“Non dire idiozie, Lavi, per favore. Se fosse vero, con tutte le battaglie che ho combattuto sarei morto da un pezzo.”

La voce di Lenalee riecheggia nella tua memoria, il suo sguardo infuriato, le sue guance livide. Grida qualcosa, le parole si perdono. Continua a urlarti contro.

“Questo solo perché tu sei una creatura fuori dall’ordinario, Allen. Immagina un’impresa ritenuta impossibile per chiunque, e con tutta probabilità tu vincerai dove tutti gli altri prima di te hanno fallito. È ciò che sei, ed è ciò che ti rende così difficile da sconfiggere.”

Non ti piace il modo in cui continua a ripetere il tuo nome ad ogni frase. Vuoi chiedergli di smettere di pronunciarlo, ma temi che non sia su questo che puoi permetterti di concentrarti nel mezzo di questa discussione. Inizi anche tu a tastarti i capelli alla ricerca di insetti invisibili e a grattare il bracciolo della poltrona. Poi ti fermi, e con calma stringi le mani insieme. Odi quando diventi irrequieto. Ti domandi perché ti sei agitato in primo luogo, e non sai darti una risposta soddisfacente.

“Forse,” dice Lavi, “sei solo troppo forte perché ti si possa sconfiggere.”

Per un momento, contempli la possibilità di scoppiargli a ridere in faccia, e con antitetica serietà valuti anche quanto a lungo tu debba tirare avanti l’eventuale risata perché esprima al meglio il tuo parere in proposito.

Ma Lavi è così serio che gli angoli della bocca ti si piegano all’ingiù senza che tu possa fare niente per risollevarli e darti la desiderata parvenza di leggerezza.

“Quello che non so, Allen, è come farti capire che non sei autorizzato a buttare la tua vita come desideri… tu devi sopravvivere.”

“Lavi, quello che dici non ha alcun senso,” sospiri con tutta la pesantezza che i tuoi polmoni ti concedono. “Non so cosa ti ha dato l’idea che io non mi stia impegnando a sopravvivere in questa guerra, ma hai torto. Non ho intenzione di morire.”

Lavi non risponde. Distoglie lo sguardo, si stropiccia nervosamente l’occhio, e si tortura il labbro inferiore.

Tu…” Lavi si interrompe. “Tu. Tu cerchi di salvare chiunque. Qualunque cosa. Salveresti anche un cespuglio. Il problema,” Lavi arranca, incespica nelle sue parole e sembra di secondo in secondo più afflitto. Più stanco.

È la conversazione più stentata che abbiate mai condiviso.

“È che devi imparare ad arrenderti. Che non puoi sempre salvare tutti. Che ogni tanto non c’è più speranza di salvare qualcuno. Devi… valutare quando è possibile fare qualcosa o meno. In quei casi… dovresti semplicemente imparare a tirarti indietro. Perché sennò sprecherai la vita in qualche tentativo inutile di riparare qualcosa che non è destinato ad esserlo.”

Ti accigli. Speri di non aver capito quello che Lavi sta cercando di dirti, perché in tal caso vorrebbe dire che non ha capito nulla, nulla, di te, della tua vita, della tua guerra.

“Mi stai chiedendo di smettere di salvare la gente a meno che non sia sicuro al cento per cento di poterlo fare? Mi stai dicendo che devo smettere di rischiare la pelle per salvare la gente perché la mia vita è più importante?”

“Sì— no!” Lavi grugnisce in frustrazione, strizza l’occhio, scrolla la testa. Sta perdendo la pazienza, ti concedi di sperare che si alzi e se ne vada.

Ma Lavi non se ne va, anzi, si alza dalla sua poltrona e si avvicina alla tua. È arrabbiato, le sue sopracciglia sono talmente aggrottate che quasi si toccano, e il verde  smeraldo del suo occhio vibra di emozioni in cui non desideri rimanere coinvolto.

“Qualche giorno fa hai soccorso una bambina che era stata colpita da un proiettile akuma. Lo sapevi che era senza speranza, l’hai visto, eppure al secondo colpo ti sei buttato su di lei per difenderla. E ieri sei quasi morto ammazzato tentando di salvare un akuma che stava per essere distrutto da un altro akuma! Devo continuare? Ho la lista memorizzata nella mia testa, una fotografia di ogni tua azione insensata! Quindi la questione è: sei pazzo o solo stupido?!”

All’improvviso ti senti le guance in fiamme, e le tue mani prudono per qualcosa da stringere e rompere, ma con un estremo atto di volontà, le tieni saldamente ancorate ai braccioli della tua poltrona. Le tue unghie lasciano smagliature indelebili nella fine stoffa ricamata.

“Non puoi sapere,” sibili tra i denti stretti, “tu non puoi vederle, le anime. Non sai cosa vuol dire vederle marcire tra le catene, sentirle urlare per il dolore, chiedere perdono per la loro debolezza… non lo sai.”

“No, non lo so,” sussurra Lavi, fermandosi nella sua marcia irruenta, e la sua espressione è qualcosa di pietoso, nella sua esasperazione. Ma non ti lasci abbindolare, e le tue dita non mollano la presa sull’unica tua fonte di distrazione fisica. “Non lo so, Allen. Ma noi combattiamo ogni giorno per loro, contro di loro, e in una guerra la morte è inevitabile. Non puoi salvare tutti.”

“Non lo posso sapere se non ci provo,” mormori velenoso, e ci metti meno di un secondo a capire che è la cosa sbagliata da dire.

Lavi si passa una mano sul volto nuovamente arcigno. “È almeno quello l’ unico motivo per cui sei così? Il tuo unico problema è davvero essere così dannatamente altruista? Perché a me non sembra realistico! Ho girato il mondo, Allen, e non è umano essere così spudoratamente altruista.”

“Forse è quello che tu hai visto a non essere umano,” suggerisci con rabbia mal repressa.

Hah, forse è questo, no?” Lavi sorride beffardo al soffitto, e non riesci neanche a capire se sta schernendo te o se stesso, perché Lavi sa essere complicato così. Ma l’unica cosa che vorresti fare ora è alzarti e spingerlo contro il muro, allontanarlo, fargli del male—forse in questo modo non ti sentiresti così messo all’angolo. Non sai neanche perché ti senti messo all’angolo.

Ma come tutto il resto, alla fine non fai neanche questo. Più perché Lavi ti batte sul tempo che per mancanza di volontà. Perché in un battito di ciglia Lavi avanza e poggia le mani sui braccioli della tua poltrona, le vostre facce così vicine da poter sentire i furenti respiri reciproci.

“Vuoi sapere cosa penso io, Allen?” sibila Lavi, e la sua iride è un fuoco smeraldino di rabbia e frustrazione, così vivido che ne senti il calore sulla tua pelle, sulle tue labbra, nei tuoi stessi occhi. “Penso che tu sia stanco. Sia stanco di combattere, di soffrire, di trascinarti in questa guerra senza fine in cui possiamo solo aspettare e affrontare le cose man mano che ci vengono buttate addosso, senza poter prendere l’iniziativa, senza poter dire ‘oggi è il giorno in cui la facciamo finita’. Penso che tu sia stanco di rischiare la vita ogni giorno e agire nell’ombra, non ricevere niente in cambio, nessuna soddisfazione, nessuna felicità, neanche la speranza che il domani sia migliore di oggi, perché non è mai migliore. Continua a diventare peggio, e peggio, e noi siamo bloccati in questo circolo senza fine, senza possibilità di decidere per noi stessi, e la gente ti parla di Innocence e destino e doveri verso l’umanità e tu pensi ‘non l’ho voluto io, non l’ho chiesto io questo potere’. Ed è normale, tutti si sentirebbero così. Ma tu… tu sei troppo forte per lasciarti andare, no?”

Lavi prorompe in un sorriso malsano che vuoi solo strappargli dalla faccia, e stringe quasi convulsamente le sue dita intorno alla poltrona, le sue nocche bianche e minacciose che chiedono pace mentre il suo occhio scruta alla ricerca di una reazione, oltre alla rabbia, che tu non vuoi concedergli.

“‘Continua a camminare’, è il tuo motto, no? Perciò… se non puoi abbandonare tutto questo, almeno puoi tentare di dedicarti così intensamente alla tua missione che finirai morto in men che non si dica, potendo dire ‘ho dato il mio meglio’. Morirai con un’ulteriore vita salvata sulla coscienza, o nel tentativo di salvarla, e chi potrà biasimarti se non lotterai per restare in questo mondo? È risaputo che fa schifo. Le persone non sono fatte per sopportare certi dolori. Alla fine, tutti si spezzano.”

Ti limiti a guardarlo, respirando appena. Vorresti dire qualcosa, vorresti controbattere, opporti, gridare ‘no! No! Non è così!’ ma le parole non ti escono, sanno di fumo sulla tua lingua. Apri la tua bocca, e la richiudi, e per la prima volta in quell’ora speri che Lavi dica qualcosa, qualsiasi cosa, che allontani il silenzio e quel che il silenzio potrebbe significare.

Lavi respira, finalmente più calmo, e c’è qualcosa nel modo in cui il suo sguardo e le sue spalle cadono davanti a te che ti schiaccia il cuore in una morsa inaspettata quanto dolorosa.

“Ogni tanto, Allen, mi sembra che tu brilli,” Lavi mormora, ora con una voce così flebile che se non fosse così vicino a te, forse non riusciresti a sentirlo. “E ho la sensazione che un giorno arriverai a brillare così intensamente che sparirai nella tua stessa luce, davanti ai miei occhi, e io non potrò fare—e per il mondo sarà come se non ci fossi mai stato, perché il mondo è così, ti accoglie e subito ti mastica, ti sputa fuori, e poi ti inghiotte, tu non ci sei più e tutto rimane come prima. Ma per il mondo, non per noi. Non per Lenalee, non per l’Ordine, non per Crowley, per Miranda, neanche per Kanda. Per nessuna delle persone che ti conosce.”

Le tue dita si rilassano contro la superficie ora sgualcita della poltrona, e tu con loro, all’improvviso ti senti molle, debole, un corpo senza ossa adagiato in una prigione di velluti sotto lo scrutinio di una persona che ti guarda e ti vede.

“Non so neanche se vergognarmi ad ammetterlo, ma se fosse qualcun altro, non mi importerebbe. Per quello che sono non deve importarmene, ed è così. È sempre stato così. Ma tu, Allen… tu sei un virus. Tu t’infiltri in ogni fessura lasciata scoperta, travalichi ogni difesa che la gente alza contro di te e penetri sempre più in profondità, e prima che le persone se ne accorgano, sei lì, nella loro testa, nel loro cuore, e per quanto si sforzino e si dicano che non vale la pena affezionarsi, perché finirà tutto prima o poi, e di ogni cosa rimarrà solo il nome in inchiostro su un vecchio libro, non riescono a cacciarti fuori.”

Cerchi di distogliere lo sguardo, ma non ci riesci, ad un tratto lui è come un magnete, catalizza tutte le tue emozioni, le tue forze, i tuoi pensieri, in quel singolo punto, tutto si fonda su quello sguardo, e ti senti come se fossi sul punto di afferrare qualcosa che ti era sempre sfuggito, un tassello elusivo di un puzzle che tenti di comporre da anni.

“Perciò Allen, ti chiedo un favore, perché so che sei più forte di così. La prossima volta che ti troverai in una situazione in cui ne va della tua vita… pensa a loro. Pensa a Lenalee, pensa a Crowley, pensa ai tuoi amici, a tutti quelli che hanno bisogno non solo del tuo braccio, della tua Innocence, ma di te, di te. Se sei davvero così altruista, pensa di dovere tornare a casa, pensa a lei.”

E con ciò Lavi scivola via da te, lasciandoti addosso un pesante senso di rivelazione. Si passa la mano sugli occhi ancora una volta, ma questa volta con essa ricade fuori la rabbia, e l’unica cosa che vi rimane è un’insondabile spossatezza. Abbassi gli occhi, il pavimento accoglie il tuo sguardo senza giudicarti e decidi che vi tratterrai l’attenzione per un po’, per quanto basta a Lavi per andarsene, e magari qualche minuto in più.

Ma quando scorgi i piedi dell’altro sulla soglia, e Lavi ti sorprende un’altra e ultima volta—“Lo so di essere egoista, ma… non ti devi permettere di lasciarci indietro, non puoi.”— solo allora il tuo nodo alla gola si scioglie, e non sai se è perché senti che questo è il momento giusto per parlare, o semplicemente il tono di Lavi mentre ti impone di vivere ti ha infranto qualcosa dentro che aspettava solo di essere liberato.

“Io non…” inizi, ed è il dubbio che Lavi non sia capace di crederti a fermarti in quell’istante. “Non voglio morire.”

È appena un sussurro quello che esce dalle tue labbra socchiuse, ma Lavi ti sente comunque.

“Allora dimostramelo.”

...

..

.

 

 

 

.

..

...

E così la tua tomba è una solitaria e cupa foresta di bambù, l’unica testimone delle tue ultime gesta una luna immensa e pallida che ti ammicca dal profondo di un perfetto cielo notturno.

Senti il sangue che sgorga dal piccolo foro che è dentro di te, dentro il tuo cuore. Sgorga con sempre maggior vigore, incurante della vita che sta trascinando con sé, nel tuo petto, e allaga il tuo torace, affoga i tuoi polmoni in un oceano rosso vivo, e il dolore è così intenso che ti impedisce di muovere una sola parte del tuo corpo senza forze, di respirare, di pensare, di chiederti ‘e ora, cosa succederà?’

Il buco si strappa e si allarga, e con esso la tua coscienza si stira, si indebolisce, le tue braccia e le tue gambe paiono immobili blocchi di ghiaccio, e la luna si fa sempre più vicina, un’argentea e rotonda luminescenza che in pochi secondi diventa l’unica cosa che riesci a scorgere oltre le tue palpebre cadenti.

E infine ella è accanto a te, davanti a te, sei sicuro che non ci siano nient’altro intorno se non lei, perciò con uno sforzo immane che ti costa un altro fiotto di sangue fuori dalle labbra violacee, alzi la mano dal suolo, per toccarla.

C’era la luna piena anche la notte in cui Mana morì. Mana ha visto la luna prima di morire, inizi a chiederti, è la luna che ti porta via? Che raccoglie quel che resta di te oltre gli atomi del tuo corpo infranto e ti porta in quell’altro posto?

E quindi ora, mentre perdi sensibilità e il dolore si offusca e si mischia con il nulla, te lo chiedi, che cosa succederà. Ho combattuto così tanto, Mana, e sono così stanco. Voglio riposare da così tanto tempo… Ho cercato di salvare tutti, ho davvero tentato… Quello che vuoi ora è chiudere gli occhi, e non sentire più nulla.

Non è ancora abbastanza vicina, pensi, le tue dita non sfiorano nulla se non sbuffi di aria gelida, ma sei convinto che basti ancora qualche secondo perché… perché…

pensa a loro

Per un attimo, la luna sembra fermarsi nel suo tragitto, mentre tu la scruti, implorandole di venire da te. E quando ella riprende a muoversi, lenta e inesorabile, la tua mente ti disobbedisce e inizia a domandarsi

pensa a Lenalee… pensa ai tuoi amici… sono egoista… non ti devi permettere

Hai davvero fatto tutto quello che potevi? Hai cercato di salvare Suman fino all’ultimo, come ti ha chiesto Lenalee… hai fatto la scelta giusta? È stato tutto inutile? La tua morte sarà inutile?

pensa di dovere tornare a casa

Forse aveva ragione. Forse ha sempre avuto ragione, lui, Lenalee, tutti, forse ti conoscevano meglio di quanto tu conosca te stesso. Forse stavi aspettando questo momento da anni.

Come sei grande… non avvicinarti…’ pensi, indistintamente, ma la luna non ti ascolta, non sente le voci che senti tu rimbombare nella testa.

E forse, c’è davvero qualcuno che sa che puoi essere più forte di così.

quando chiudi gli occhi e pensi al mondo, cosa vedi

Non voglio…’ realizzi, e i tuoi occhi si aprono da soli con una violenza che credi per un attimo di essere solo degli occhi.. Cerchi di muovere le labbra, ma non riesci più a distinguerle, non riesci a capire se senti troppo o troppo poco, il dolore, il nulla, la luna, niente sembra più reale, immerso in una foschia onirica, l’unica cosa che rimane sei tu, e l’assurda certezza che sei ancora vivo. ‘Non voglio! Io non sono ancora…

Ancora…!

Non voglio morire!

 

 

 

 

 

 

 

E non morirai, Allen Walker,’ la voce ti sussurra.

 

 

 

 

 

 

 

In definitiva penso che il progetto di fare apparire Lavi come quello che ha ragione sia un po’ fallito, che sia Lavi quello tremendamente egoista che un po’ tiene troppo ad Allen e un po’ si sente una merda in confronto all’umanità che Allen dimostra nei confronti del mondo (perché lui in confronto non è esattamente ‘umano’ e ricco di pietas :I ) e Allen sia solo lo stupido altruista che mette in secondo piano la propria vita HAHA maaa a voi la scelta. Tanto questa fic non ha senso comunque. Però mi dà grande soddisfazione, in qualche modo, riuscire a ritirare fuori una fic dagli oscuri antri del mio computer e portarla a termine, a prescindere dal risultato finale. Poi la maggior parte delle mie fic le rileggo mille volte e le cambio sempre qua e là, quindi magari mbooh col tempo potrebbe migliorare. Ora volevo solo pubblicarla HAH. Revius ar lòv :)

PS. A proposito della parte con Suman, ora che ci penso… Lenalee l’ha menata tanto con il fatto che Allen si sia quasi ucciso per salvare gli akuma di Road dall’autodistruzione (e a ragione, direi), eppure quando compare Suman, prega Allen in ginocchio di salvarlo, mandando così sia Allen in uno stato di debolezza assurda per un tentativo pseudononriuscito, e poi ovviamente in uno stato di quasimorte, come sappiamo tutti. Lenalee, ma dio santo… (sono certa che Lavi ce l’avesse un po’ con lei per avergli chiesto una cosa del genere.)

   
 
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