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Autore: jas_    06/01/2013    17 recensioni
«Ricordi il giardino di tua madre, te lo ricordi?»
Annuii, «come dimenticarselo» dissi acida, tirando su col naso.
Pierre mi asciugò una lacrima col pollice e mi accarezzò una guancia senza smettere di guardarmi.
«Tu sei come una di quelle primule che io ti ho aiutato a portare in casa quando ci siamo conosciuti, sei bellissima e hai tanto da dare se solo... Se solo riuscissi a tirare fuori il coraggio! Ti nascondi sempre dietro a questi occhi tristi, so che è difficile ma così non fai altro che renderti piccola. Io vedo cosa sei, so il tuo potenziale, sei come una primula in inverno. Fa' arrivare la primavera e sboccia, mostrando i tuoi colori veri.»
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pierre Bouvier
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Endless love'
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Prologo
 

 
Mi affacciai al terrazzo di casa mia osservando il piccolo giardino che mia madre curava con passione da quando ne avevo memoria. Non era molto grande, forse microscopico se confrontato con le vaste distese verdi di alcune ville che sorgevano fuori città, ma era il più bello.
Era il più bello perché in ogni fiore che sbocciava in primavera era racchiuso tutto l'amore che mia madre gli dedicava, era bello perché mi trasmetteva pace. Un piccolo spazio in cui rifugiarsi quando avevo bisogno di pensare, di fuggire dai litigi tra i miei genitori che avevano teatro solitamente in cucina o quando semplicemente volevo stare sola. Un posto da condividere con le persone più care, quelle che non vanno e vengono ma che rimangono per sempre, nonostante gli ostacoli che la vita pone. Era ridicolo pensare che un semplice giardino racchiudesse così tanti significati ma era la semplice verità, e per capirlo bastava vederlo in primavera, quando quei pochi metri quadrati di natura diventavano un arcobaleno di colori. Colori veri.
 
«Lola, ci sono visite!» sentii mia madre gridare.
Sussultai, rischiando di far cadere il cellulare che tenevo in meno, e rientrai in camera chiudendo la finestra. Ero talmente assorta nei miei pensieri che non mi ero nemmeno accorta che avessero suonato. Scesi in fretta al piano inferiore ed arrivai infondo alle scale che avevo quasi il fiatone. Pierre mi guardava divertito.
«Tesoro inizio tra poco il turno, ci vediamo stasera» mi avvertì mia madre posandomi un bacio sulla fronte.
«Ciao Pierre» salutò poi il ragazzo, prima di andarsene.
«Arrivederci signora Roland.»
«Come stai?» chiesi, andando in cucina ed aprendo il frigorifero alla ricerca di qualcosa da bere.
«Lola» mi richiamò Pierre serio. Fui costretta a voltarmi. «Mi è arrivata la lettera.»
Deglutii improvvisamente preoccupata, sapevo che quel momento sarebbe arrivato ma mi sembrava troppo presto. La scuola non era nemmeno finita, Pierre non aveva ancora sostenuto gli esami e già l'università di Los Angeles gli mandava la lettera di ammissione? Era troppo presto, troppo.
«Che cosa dice?» mormorai , timorosa.
«Non l'ho ancora aperta. Non ne ho avuto il coraggio.»
Rimasi in silenzio, non avrei augurato a nessuno di trovarsi in quella situazione.
«E poi volevo farlo con te» continuò Pierre, avvicinandosi, «speravo che mi avessi aiutato.»
Sorrisi amaramente, «hai scelto la persona sbagliata allora» commentai.
Il che era vero, fosse stato per me avrei nascosto quella lettera da qualche parte e l'avrei ripresa in mano a fine estate così da poter passare altri tre mesi in tutta tranquillità e senza fare il conto alla rovescia per quando io e il mio ragazzo ci saremmo dovuti separare.
Pierre non diede ascolto alle mie parole, appoggiò la lettera sul tavolo e mi prese il viso tra le mani. Era estremamente serio, ed erano poche le volte in cui Pierre non scherzava
«Qualunque cosa dica quella lettera, questo non è un addio. Okay?»
Mi sforzai di annuire mentre le lacrime già mi rigavano le guance. Pierre me le asciugò prontamente, prima di posare le sue labbra sulle mie. Ricambiai il bacio con rabbia e passione allo stesso tempo, era impensabile che probabilmente da settembre non avrei più assaporato quelle labbra come avevo fatto per gli ultimi tre anni.
Mi staccai lievemente da lui tirando su col naso, Pierre mi sorrise rassicurante e le sue guance paffute parvero gonfiarsi ancora di più.
«Apriamo quella stupida lettera?»
Annuii e lo presi per mano trascinandolo verso il giardino sul retro. Mi sedetti in assoluto silenzio sul dondolo ed aspettai che Pierre facesse quello che doveva fare, ma le sue mani non si mossero.
«È bellissimo qua» disse, guardandosi intorno quasi meravigliato.
«Come tutti gli anni» gli ricordai.
Lui annuì, «sì ma... Questo posto ha qualcosa di speciale.»
«Qui mi hai baciata per la prima volta.»
Pierre sorrise, «dopo che ti aiutai a portare dentro il regalo di compleanno per tua mamma.»
Annuii, perdendomi nei ricordi di quel piacevole pomeriggio.
Non conoscevo Pierre molto bene, ma sapevo chi fosse sin dell'asilo siccome abitavamo nella stessa via e dall'inizio delle superiori mi ero presa una cotta per lui. Una di quelle che non ti fanno pensare ad altro, che ti fanno sospirare quando ti passa accanto e ti saluta come in realtà fa con tutti, che ti fa riempire interi quaderni di scuola delle sue iniziali e che ti fottono letteralmente cuore e cervello.
Avevo deciso di regalare a mia madre delle primule, perché mi aveva sempre detto che le piacevano ma chissà perché non le aveva mai comprate. Stavo tornando a casa con in mano un enorme vaso colmo di fiori quando Pierre si offrì di aiutarmi. Rimasi sorpresa da quel gesto ma nonostante l'agitazione e l'imbarazzo accettai l'aiuto e dopo aver portato i fiori in casa gli offrii un bicchiere di tè, senza sapere bene cos'altro fare. Cominciammo a chiacchierare del più e del meno, seduti su quel dondolo in cui stavamo anche in quel momento e poi lui, di punto in bianco, mi baciò.
«Qui mi sono anche dichiarato» precisò.
«E io ti ho detto che ti amavo.»
«La prima volta che abbiamo litigato e tu mi hai tirato una sberla invece, eravamo al ballo d'inverno se non sbaglio.»
«Come dimenticarselo, c'era quella troia che ti si strusciava contro neanche fossi un palo da lap dance» commentai.
Pierre rise, «te l'ho detto che ho cercato di respingerla, non ti tradirei mai.»
Sospirai, appoggiando la testa sulla sua spalla ed osservando quelle primule che ormai erano diventate grandi.
«La verginità invece l'ho persa a casa tua» conclusi, «con il cantante dei Green Day che mi osservava come posseduto.»
«Era un poster, l'unico ragazzo che ti può vedere nuda sono io» affermò, cingendomi le spalle con un braccio ed attirandomi a sé.
«Sono rimasta comunque traumatizzata dalla cosa» conclusi.
Pierre mi sventolò la lettera sotto il naso, «apriamo?»
Annuii, «veloce e indolore.»
Lui mi guardò negli occhi ancora per qualche istante prima di strappare la carta ed estrarre il foglio contenuto.
Vidi i suoi occhi correre a destra e sinistra mentre leggeva la lettera riga per riga, poi ripiegò il foglio e mi guardò impassibile.
«Mi hanno ammesso» disse.
Silenzio.
L'unica cosa che si sentiva in quel momento era il rumore delle macchine in lontananza, nient'altro. Nemmeno il mio respiro, ero in apnea, e probabilmente anche Pierre.
Sin da quando mi disse che aveva mandato la domanda per la facoltà di medicina di Los Angeles sapevo che l'avrebbero ammesso e che quindi mi sarei trovata in quella situazione ma mai e poi mai avrei potuto immaginare la sensazione che provavo in quel momento.
Mi sentivo... Vuota. Morta dentro. Pierre nel giro di tre mesi si sarebbe trovato a più di mille chilometri di distanza da me quando negli ultimi tre anni mi ero abituata ad averlo intorno tutti i giorni.
Mi scappò un singhiozzo, che preannunciò la crisi di pianto che stavo per avere.
«Lola non è poi così grave» mi rassicurò Pierre abbracciandomi. «Lo so che saremo lontani ma tornerò ad ogni vacanza e poi anche tu l'anno prossimo finirai la scuola e potrai raggiungermi. Si tratta solo di avere pazienza.»
Le parole di Pierre erano solo un suono lontano ed ovattato per me, mi ero chiusa in me stessa e la mia mente aveva cominciato a viaggiare senza sosta, a pensare come sarebbe stata la mia vita da allora in poi. Avremmo trascorso l'estate come speravo non avrei mai dovuto fare, prima della sua partenza.
«Lola, dì qualcosa» mi spronò Pierre, scrollandomi per le spalle.
«Sto male» fu l'unica cosa che uscì dalla mia bocca, quasi paralizzata.
Lui sospirò affranto, «ti prego non puoi reagire così, dobbiamo...»
Si passò una mano tra i capelli frustrato e da come si agitò sul posto capii che aveva bisogno di una sigaretta ma stava cercando di smettere. Me lo aveva promesso.
«Non è un addio, okay?» disse infine, costringendomi a guardarlo negli occhi.
Ma lo fu eccome.

 

-


 

Tadaan! Eccomi qua :D
Ve l'ho detto che prima o poi sarei tornata a scrivere su Pierre, promessa mantenuta :)
Questa storia mi è venuta in mente ascoltanto la versione di True Colors contro il bullismo, in cui canta anche Pierre.
In realtà il testo mi piace da morire e mi sembrava carino scrivere una storia con questo titolo ahahaha 
Quindi diciamo che è la long che è costruita attorno alla canzone che rappresenta la personalità complicata di Lola che conoscerete meglio negli altri capitoli :)
Cercherò di aggiornare una volta a settimana, più o meno, ora sto scrivendo il nono capitolo ma nonostante sia abbastanza avanti non mi va di pubblicare tutto subito e poi rischiare di farvi aspettare un'eternità come è successo con Thinking Underage. Inoltre quest'anno ho la maturità, per ora non è che mi stia ammazzando di studio però... Sì, ecco ahaha
Spero che la storia vi piaccia, niente Hot Baguettes o robe strane, amo David ma odio le bromance e ho notato che nel fandom è pieno di storie a rating rosso su loro due, non che sia contro ma... Io sono più per le storie d'amore alla Nicholas Sparks, non so se mi spiego uù
Quindi spero che questo amore platonico - che poi non è platonico ma fa niente - vi piaccia :)
La smetto qua, fatemi sapere che ne pensate di questo piccolo prologo, ci tengo davvero!
Jas

   
 
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