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Autore: Darik    07/01/2013    3 recensioni
Il destino lotta per far accadere ciò che deve accadere, ma i piani millennari sono ormai compromessi, e mentre nuove figure emergono, i vecchi attori cercano di vincere, sopravvivere o almeno vivere.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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1° CAPITOLO
Il tunnel era piuttosto largo e buio, le pareti umide e  piene d’infiltrazioni d’acqua, mentre grosse pozzanghere occupavano  quasi interamente il pavimento in cemento armato.
Una leggera nebbia  era nell’aria e sembrava un predatore in attesa della sua preda, ossia  l’uomo con indosso una tuta nera, uno zaino e il volto coperto da un  passamontagna, che si aggirava all’interno della galleria ormai  abbandonata.
Non aveva una torcia, bensì un visore a infrarossi, che ai suoi occhi faceva apparire il mondo attraverso una lente rossa.
All’interno  del visore era inserita anche una mappa digitale del luogo, e a un  certo punto dentro tale mappa cominciò a pulsare un puntino rosso.
L’uomo tirò fuori dallo zaino un fucile spara-rampini e mirò verso l’alto.
I rumori lievi dello sparo e del rampino che si attaccava a qualcosa rimbombarono nel vuoto della galleria.
Al suo gancio era attaccata una corda piuttosto sottile, che adesso penzolava davanti a lui.
Lo  sconosciuto, grazie a dei guanti muniti di ventose, riuscì ad  arrampicarcisi senza problemi, fino ad arrivare al punto dove si era  agganciato il rampino, una grata bianca che fungeva da termine per un  condotto verticale, stretto ma non troppo.
Con una boccetta d’acido, lo sconosciuto sciolse la serratura della grata, che si aprì verso il basso.
Stavolta dallo zaino furono tirate fuori quattro grosse ventose, due per le mani e due per le ginocchia.
Grazie ad esse, l’uomo poté lasciare la corda e infilarsi nel condotto, restando poi attaccato alle sue pareti interne.
In  caso di fallimento lo avrebbe atteso un volo di almeno venti metri,  forse non letale ma certamente doloroso, e la galleria abbandonata  sottostante, usata in passato per i lavori di costruzione di quel  quartiere generale sotterraneo, non era certo il luogo migliore dove  rompersi una gamba.
Dopo qualche minuto di arrampicata in stile uomo  ragno, finalmente fu in vista l’uscita del condotto, chiusa da una  seconda grata, di colore nero.
Al di là di essa, s’intravedeva un’illuminazione artificiale.
L’arrampicatore  si fermò a un metro di distanza, usando le ventose delle ginocchia come  perno, riuscì ad appoggiarsi con la schiena alla parete dietro di lui e  si liberò le mani lasciando attaccate le ventose a quella davanti.
Grazie  al visore, vedeva la protezione della grata, consistente in un reticolo  di laser invisibili in condizioni normali, e sapeva anche che quei  laser non erano come quelli dei musei, che fanno solo scattare gli  allarmi.
Quei laser, oltre a questo, tagliavano anche, di netto: un  oggetto solido che vi fosse passato attraverso si sarebbe trasformato in  tanti pezzettini simili a coriandoli.
Per questo l’intruso tirò  fuori dallo zaino prima un oggetto di forma cilindrica, così piccolo da  poter stare nel palmo della mano, e poi una bacchetta, anche’essa molto  sottile.
Sulla sommità della bacchetta lo sconosciuto inserì il  cilindretto, poi premette un minuscolo pulsante del primo oggetto, che  iniziò silenziosamente ad allungarsi verso l’alto.
La bacchetta si  rivelò essere un’asta telescopica, che raggiunse il reticolato e lo  superò passando attraverso i suoi piccolissimi spazi vuoti, fermandosi  infine alle soglie della grata.
L’uomo premette un altro pulsante,  sul suo visore, e la sua visuale cambiò a metà, diventando sulla destra  come quella di uno schermo televisivo, affiancato alle immagini  dell’infrarosso: il cilindretto era una minitelecamera.
Le immagini a  destra mostravano un corridoio, ricoperto interamente da lastre di  marmo nero, mentre le luci erano in fila sul soffitto.
Ma se le informazioni ricevute erano esatte, in quelle luci erano mimetizzate anche delle telecamere di sorveglianza.
Grazie ad un magnete inserito, il cilindretto rimase attaccato alla grata quando l’asta rientrò.
L’intruso la rimise a posto ed estrasse dal suo zaino un congegno rettangolare con sopra un pulsante e un display.
Fissò l’oggetto alla parete, attivandolo, e sul display apparve la scritta ‘3:00’, che iniziò a diminuire.
L’uomo riprese le ventose delle mani, dopo aver preso da un taschino quella che sembrava una piccola bomboletta spray.
Quando  il conto alla rovescia terminò, il congegno sulla parete emise un lieve  bip, e contemporaneamente nella mente dell’uomo scattò l’ordine di  partenza.
Si arrampicò velocemente, raggiunta la grata spruzzò sui  suoi bordi il contenuto della bomboletta, ed essi sfrigolarono per un  istante. L’acido usato non emetteva fumo, poiché nei corridoi c’erano  sensori antincendio molto sensibili.
Con la spinta del braccio, l’intruso aprì la grata ed entrò nel corridoio, richiuse la griglia e si appoggiò a una parete.
Batté per tre volte su un punto del muro, che si aprì scorrendo di lato e rivelando la presenza di una stanza.
“Uff,  i cari, vecchi stanzini per le pulizie, non mancano mai”, commentò  l’uomo togliendosi il passamontagna quando la porta scorrevole si  richiuse: era Rioji Kaji.
Non poté non notare che persino l’ingresso  di quello stanzino era mimetizzato e con un’apertura particolare, quindi  chissà quanto erano protetti i punti importanti di quel luogo.
Guardò l’orologio: non doveva perdere altro tempo.
Il  detonatore elettromagnetico che aveva attaccato al muro aveva emesso un  ridotto impulso energetico capace di far cortocircuitare i sistemi  elettronici nel raggio di cinque metri.
Però l’effetto era breve e  dopo quattro minuti tutto ricominciava a funzionare come prima, inclusa  la telecamera che sapeva essere stata nascosta anche in quello stanzino.
Nel  caso delle telecamere, l’impulso era stato calibrato, chissà con quali  calcoli, in modo da bloccare l’immagine fino a quando non finiva  l’effetto: la versione aggiornata del classico trucchetto della foto  piazzata davanti all’obiettivo.
Ed era una versione realizzata da una cellula dei servizi segreti della Nerv, formata e comandata esclusivamente da Gendo Ikari.
Quest’ultimo  d’altronde era l’unico che poteva procurarsi la fedeltà assoluta della  migliore scienziata Nerv, Ritsuko Akagi, a sua volta l’unica in grado di  penetrare nei computer della Seele senza lasciare traccia, e  procurandosi così gli schemi tecnici completi, e segretissimi, della  base di coloro che nell’ombra comandavano il mondo.
La Nerv si era ormai ribellata al suo creatore.
Ma nonostante questo, restava sempre creatura, quindi non poteva fare tutto.

****
“Lei è davvero sicuro che dietro a tutto ci sia la Seele?”
Alla domanda di Rioji, Gendo non si scompose.
“Non  ho detto questo. Io non penso che si tratti di un piano alternativo di  quei vecchi, perché nulla di simile è contemplato nelle Pergamene del  Mar Morto. I vecchi smetterebbero persino di respirare se ciò fosse  indicato in quei rotoli. Perciò c’è il rischio che ci sia un terzo  giocatore”.
“E allora cosa c’entra la Seele?”
“La Seele non è  l’organizzatrice dell’eventuale terzo piano, però potrebbe essere  all’origine di chi l’ha organizzato. Difficilmente a questo mondo può  esistere qualcosa di segreto senza che quei vecchi ne sappiano almeno  qualcosa. Dobbiamo scoprire se c’è e di cosa si tratta”.
Kaji si accese una sigaretta. “Quella Mari Makinami non ha detto nulla?”
“Non  credo sia affidabile. Ha detto di essere sola, e di non avere alcuna  memoria delle sue origini, quindi di non saper neppure spiegare le sue  capacità. Le ha e basta. Ha passato l’infanzia in un orfanotrofio in  America, poi ne è uscita e si è fatta una vita in Giappone. Tiene al  Fourth Children perché le sta molto simpatica. Forse dice la verità o  forse no. Lei mi ha assicurato che le cose stanno così. Anche il test  della macchina della verità le dà ragione. Ma può funzionare su un  simile soggetto? All’orfanotrofio confermano di averla trovata nel 2005  che vagabondava per le strade. Insomma, non c’è nulla che vada oltre il  mero sospetto”.
“E in quali computer della Seele sarebbe, forse, la risposta definitiva sull’effettiva presenza di un terzo giocatore?”
“Non  in quelli normali”, rispose Gendo alzandosi e andando ad ammirare il  panorama del Geo-Front dalle pareti-finestre del suo ufficio.
Quell’azione  sorprese Kaji, dato che il comandante sembrava capace di parlare solo  stando seduto con le mani intrecciate davanti alla bocca.
“Ti sto per  rivelare un segreto, Kaji. Devi sapere che nella base principale della  Seele esiste una zona segreta, posta al centro, che si può considerare  come il suo cuore. Neppure io l’ho mai vista. D’altronde la Seele mi ha  fatto venire nella sua sede solo una volta, per sancire l’alleanza. Ed è  già tanto, perché per Fuyutsuki non è stato così, fummo io e Yui a  garantire per lui. Ma sto divagando. Dicevo, quella zona è segreta, ed  io ne so l’esistenza perché me ne parlò Yui tanti anni fa,  raccomandandosi di non dirlo a nessuno. La Seele, infatti, non vuole  neppure che si sappia dell’esistenza di tale sezione. A lei fu permesso  di visitarla una sola volta, perché i vecchi le fecero vedere le  Pergamene del Mar Morto, in modo da ottenerne la fedeltà. Tuttavia Yui  non poté fornirmi dettagli sull’ubicazione perché fu bendata durante il  tragitto”.
Gendo si girò e scrutò Kaji.
“Lì sono custoditi i veri  segreti della Seele”, riprese il comandante. “Gli altri segreti, quelli  che noi conosciamo, sono informazioni che i vecchi sono disposti a  condividere con pochi altri, a determinate condizioni. I segreti di  quella zona, invece, solo la Seele li deve conoscere. Quindi se i nostri  creatori c’entrano qualcosa con le origini di Mari Makinami, la  risposta è in quella sezione. Tuttavia non è possibile accedervi con gli  strumenti moderni, è del tutto isolata. E’ necessaria un’incursione  vecchio stile”.
“E avete pensato a me perché sono la vostra spia migliore”, continuò Kaji.
“Esatto. Tu hai dimestichezza con la Seele, perciò sai come muoverti nel loro territorio. Accetti?”
“E’ una domanda retorica?”
“Ovviamente”.
“Lei  mi conosce bene, comandante. Sa che il mio desiderio di conoscere la  verità è tale che sono pronto a sfidare anche l’ignoto”.
“Precisamente.  Stiamo già approntando tutto il necessario per farti entrare di  nascosto nel quartier generale della Seele. Ricorda che il tragitto lo  conosciamo solo fino ad un certo punto. Dopo dovrai arrangiarti”.
“Sono abituato ad arrangiarmi”, rispose prontamente Kaji andandosene.
Gendo lo osservò uscire, poi andò a sedersi alla sua scrivania.
“Ti  conosco bene, Kaji”, pensò rimettendosi nella sua posa classica. “Così  come ti conoscono bene quelli della Seele. Quindi, se ti scopriranno,  sarà facile incolparti dicendo che hai agito di testa tua”.


****
“Il  comandante mi userà come capro espiatorio nel caso qualcosa vada  storto. Però la posta in gioco vale l’essere sfruttati”, considerò Kaji  rammentando la discussione avuta con Gendo Ikari il giorno dopo la  battaglia col 14° Angelo. In quel momento, con le ventose si arrampicava  sul soffitto dello stanzino.
Mimetizzata, c’era una nuova grata che portava a un condotto per l’aerazione.
“Un altro classico immancabile”.
Sapeva che anche in quella griglia c’era il reticolato laser, disattivato dall’impulso elettromagnetico.
Con l’acido la aprì ed entrò, richiudendola pochi attimi dopo che l’effetto elettromagnetico cessasse.
Ora  però veniva la parte più difficile: senza avere una meta precisa,  avrebbe dovuto girare per i condotti d’aerazione alla ricerca della  misteriosa sezione segreta.
Inoltre sapeva che anche nei condotti  c’erano laser e telecamere, entrambe coprivano tratti di dieci metri,  intervallati da un metro libero nel quale lui avrebbe potuto  rannicchiarsi quando doveva fermarsi.
Si era portato una bella scorta  di emettitori elettromagnetici, però doveva pure fare attenzione a non  esaurirli tutti, altrimenti non avrebbe potuto tornare indietro.
“Davvero una bella comodità”, mormorò cominciando la sua lenta avanzata a intervalli di quattro minuti.

****

“Entri l’imputata!”, ordinò una rossa figura incappucciata in piedi su un alto scranno.
Una porta si aprì, e apparve un’altra figura incappucciata, di colore marrone, che s’inginocchiò davanti alla prima.
“Eccomi al tuo giudizio”, dichiarò.
“Sorella,  ti sei macchiata di gesti altamente sconsiderati. Ti rendi conto che ti  sei fatta scoprire dal ribelle e hai rischiato di farci scoprire dai  padri?”, accusò la figura rossa.
“Chiedo perdono, fratello maggiore.  Però è proprio per tutelare i vostri piani che ho agito in quel modo. I  piloti di Evangelion sono necessari per sconfiggere gli angeli”.
“Per la Nerv, i piloti degli Evangelion sono sostituibili in continuazione. Non era necessario salvare quella ragazza”.
La persona accusata non seppe cosa rispondere.

Fuori dalla porta, due ragazze, molto belle e formose, discutevano tra di loro.
Indossavano  tutte lo stesso abito: giacca rossa con gonna, body nero, stivaletti  marroni e lunghe calze nere che arrivavano poco sopra le ginocchia,  lasciando scoperte le cosce.
Inoltre, avevano entrambe gli occhi di colore rosso sangue.
“Lucifer,  secondo te cosa le farà?”, domandò una delle ragazze, con lunghi  capelli castani, che sembrava piuttosto in apprensione.
L’altra aveva  i capelli neri, lunghi e lisci, e rispose scostandosene altezzosa una  ciocca: “Tsk. Sicuramente la punirà duramente. Magari distruggendo il  40% della sua materia cerebrale. Anche se detto tra noi, Mammon, dubito  che quella lì abbia abbastanza cervello. Certo io ne ho più di tutti”.
“Non  dire così della sorellona. Viene subito dopo il fratellone. Merita  rispetto. Certo che sono lì dentro già da un po’. Sono un po’  preoccupata per lei. E’ cosi meritevole. Gliene starà dicendo di tutti  i…”
La porta si aprì all’improvviso, facendole sobbalzare entrambe.
La  figura marrone uscì con passo calmo e si tolse il cappuccio,  squadrandole, poi il suo sguardo si addolcì un po’ osservando Mammon.
Quest’ultima la abbracciò. “Sorellona! Stai bene?”
L’interpellata le accarezzò la testa, per poi rivolgersi a Lucifer. “Dov’è Asmodeus?”
“E’ andata a fare un lavoretto di spionaggio”, spiegò annoiata.
“Un lavoretto di spionaggio? Vuoi dire che…”
“Si! Asmodeus forse oggi perderà la verginità con un bel tipo!”
“E tu, sorellona, com’è andata?”, insistette Mammon.
“Una  semplice lavata di capo. Siamo ad un passo dalla meta ed è necessario  l’appoggio di tutte. D’altronde io il mio lavoro lo faccio, e lo faccio  da anni, al contrario di qualcun altro entrato in azione solo da pochi  mesi”.
“Tu sei bravissima, però anche il nostro lavoro è di qualità”, rispose Lucifer.
“Il fratello maggiore è tornato al suo teatro”, comunicò infine la sorella assolta prima di svanire.

Mari Makinami aprì gli occhi.
Era ancora nella sua cella improvvisata, bloccata su quella croce.
“Dunque non sono riuscita a convincerlo. Ha mandato qualcuno lo stesso. Poveretto”, pensò mestamente.

****

Nel  suo ufficio il comandante Ikari insieme al suo vice, Fuyutsuki, leggeva  dei documenti arrivatigli tramite un computer portatile.
“Allora è questo il segreto che riguarda Mari Makinami”, commentò Fuyutsuki.
Gendo  annuì. “Esattamente. Quella ragazza è l’unica superstite del progetto  Adamiti, sviluppato dalla Seele insieme al progetto Eva”.
Fuyutsuki  lesse con grande interesse quegli appunti. “A quanto pare nel 2001 la  Seele avviò un programma per creare degli esseri umani potenziati,  adatti a pilotare gli Evangelion. I piloti nati normalmente erano  considerati troppo difficili da trovare, quindi si ritenne una cosa  migliore crearli su misura. Questo li avrebbe resi più capaci e  controllabili, esseri umani con capacità fisiche e intellettive  nettamente superiori a quelle di qualunque persona normale. Quei vecchi  sostengono che non si deve creare un dio, ma poi non perdono l’occasione  per giocare a quel ruolo”.
“Hai ragione", assentì Gendo per poi riprendere la lettura. "Questi esseri andavano  creati ingravidando donne selezionate con un seme modificato  geneticamente e creato prelevando campioni organici da altri individui  selezionati. Entrambi i genitori biologici erano inconsapevoli di  appartenere a un esperimento della Seele, questo per non creare troppi  testimoni”.
Fuyutsuki sospirò. “Chissà a quante madri hanno mentito,  dicendo che i loro figli e figlie erano morti, mentre invece li aveva  prelevati la Seele per allevarli come cavie da laboratorio. E chissà  quanti padri inconsapevoli ci sono nel mondo.
Ma anche la Seele  risente dei limiti della tecnologia, e cosi, mentre noi al Gheirn  ammucchiavamo Eva fallimentari uno sull’altro, loro invece ammassavano  individui sfigurati geneticamente. La maggior parte dei bimbi non  sopravvisse che pochi mesi, alcuni riuscirono a crescere ma col passare  del tempo mostrarono segni di squilibrio mentale e impazzirono. Mentre  altri ebbero un'incredibile crescita fisica, accompagnata però da  scarsissimo sviluppo dell’intelligenza: ragazzi alti almeno due metri,  che avevano sviluppato in modo naturale un fisico da culturista, ma con  la mente di un infante. Altri ancora ebbero un corretto sviluppo  intellettivo ma anche un corpo troppo debole e malaticcio. Su tutti  questi soggetti ritenuti ‘fallimentari’, gli scienziati della Seele  eseguirono diversi esperimenti per capire cosa non andasse. Mio Dio, che  orrore!”
“Però”, aggiunse Gendo, “un gruppo di questi adamiti sembrò  mostrarsi all’altezza delle aspettative. Erano otto ragazze e un  maschio. Eccellente sviluppo fisico unito ad un eccellente sviluppo  mentale. Sembrava fatta. Li sottoposero anche a una crescita accelerata  in modo da averli pronti per il 2015. E anche qui tutto andò liscio”.
“Per questo”, osservò Fuyutsuki, “quella Makinami risulta di almeno quattro anni più grande dei nostri Children”.
“Ma  nel 2005”, continuò il comandante Ikari, “un incendio distrusse  l’istituto dove gli adamiti erano custoditi. Degli esemplari riusciti,  non sopravvisse nessuno, anche se furono ritrovati e identificati otto  corpi, sette femmine e il maschio. Di quelli non riusciti, rimase un  gruppo di forzuti minorati”.
“Quindi l’ottava femmina scomparsa è la nostra ospite”.
“Così  sembra, e sembra davvero che sia l’ultima in circolazione. D’altronde  qui c’è scritto che i forzuti sono morti sei mesi fa, uccidendosi a  vicenda in preda ad un raptus di follia”.
“Allora di adamiti è  rimasta solo lei, anche perché l’incendio all’istituto diede il colpo di  grazia all’intero progetto. La Seele, infatti, stanca di perdere tempo e  risorse in un progetto che aveva dato più fallimenti che successi,  sospese tutto. Si dedicò alla ricerca di piloti tra le persone normali,  soggetti più rari ma anche più stabili e meno dispendiosi”.
Gendo  sembrò soddisfatto. “Molto bene. Kaji ha compiuto la sua missione, si è  intrufolato in un supercomputer interno della Seele, irraggiungibile  anche dai Magi perché all’occorrenza scollegato dalla rete mondiale, e  ha trovato tutte queste informazioni”.
“Che ne è di Kaji?”
“La  Seele lo aveva scoperto e lo stavano inseguendo. Ha fatto appena in  tempo a mandarmi queste informazioni. Penso che ormai sia morto”.
“Poveraccio. In fondo era un bravo ragazzo”. Fuyutsuki appariva davvero dispiaciuto.
“Ora  devo cominciare a prepararmi per l’incontro che il presidente Keel mi  chiederà sicuramente domani. Sospetterà subito che Kaji era in missione  per conto mio. Quel vecchio è davvero prevedibile”, concluse Gendo.

Kaji non riusciva a muoversi.
Era  steso per terra, sul pavimento di una casa diroccata e abbandonata da  chissà quanto tempo, ed era legato come un salame e imbavagliato.
Chi  l’aveva legato era stato molto abile, e il colpevole era una ragazza  bionda, più o meno dell’età dei Children, con i capelli biondi raccolti  in due lunghe code ai lati della testa.
Indossava uno strano saio nero.
La  misteriosa ragazza chiuse il computer portatile col quale Kaji aveva  cercato di trasmettere le sue informazioni al comandante Ikari.
La  spia della Nerv c’era riuscita, era riuscita ad accedere al cuore della  base della Seele: un immenso cubo nero situato dentro una gigantesca  grotta sotterranea, grande la metà del Geo-Front.
Il cubo era completamente isolato, perché incredibili generatori magnetici lo tenevano sospeso a mezz’aria.
L’accesso  avveniva tramite veicoli volanti, dei piccoli aerei ad atterraggio e  decollo verticali, che andavano e venivano da una piattaforma retrattile  posta su una parete del cubo.
Kaji viaggiando nei condotti di  aerazione aveva raggiunto l’hangar delle navette, ma purtroppo era stato  scoperto mentre cercava di salire su una di esse.
Grazie ad una  bomba fumogena era sfuggito alle guardie nascondendosi di nuovo nei  condotti di aerazione, e facendo il percorso inverso era persino  riuscito ad uscire dalla base della Seele.
Aveva raggiunto quella casa per comunicare le poche cose scoperte a Ikari.
Il tempo di attivare il portatile, di inserire il suo codice, scritto e vocale, d’identificazione.
Ed un istante dopo la giovane lo aveva aggredito.
Non poteva essere un caso, chissà da quanto tempo lo aveva pedinato, senza che lui si accorgesse di niente.
Kaji aveva cercato di difendersi, ma era stato steso con un singolo, fulmineo, calcio al viso.
Ripresosi, si era ritrovato legato e ora si chiedeva chi fosse quella misteriosa nemica.
Era forse un super agente della Seele?
Ma in quel caso, perché non lo aveva ancora ucciso?
E soprattutto, come mai aveva spedito lei stessa delle informazioni a Ikari?
Se  era al servizio della Seele, così ossessionata dal mantenimento dei  suoi segreti, non avrebbe dovuto semplicemente riferire alla Nerv che  non aveva scoperto nulla?
La ragazza si voltò verso Kaji. “Mm, quanto  sei carino. Davvero eccitante. Non immagini che voglia ho di sbatterti  sopra e sotto. Purtroppo non posso farlo. Perché gli uomini dei  vecchiacci stanno venendo qui per ucciderti, e questa dovrà essere la  versione ufficiale per i vecchiacci: Rioji Kaji, spia della Nerv, tenta  una sortita nella loro base, si fa scoprire e viene ucciso senza aver  comunicato alcunché. Mentre per Gendo Ikari la versione dovrà essere che  ti sei fatto scoprire, hai fatto in tempo a inviargli delle  informazioni che confermano e completano la versione di quella scema di  Mari. E poi sei stato ucciso. Mi dispiace, sei un tipo molto sexy, ma  gli ordini del fratellone non si discutono”.
La ragazza con una mano gli tolse il bavaglio e con l’altra gli strappò le corde con un unico gesto.
Kaji reagì subito dandole alcuni pugni in pieno volto.
La spia della Nerv era un uomo forte, in quei pugni ci mise tutta la sua forza.
Eppure lei incassò senza colpo ferire.
“Ora  tocca ad Asmodeus”. Divertita la ragazza prese Kaji per una spalla e  sollevandolo come se fosse una bambola, lo mandò a sbattere  violentemente contro il soffitto.
Kaji ricadde a terra dolorante.
“Bye”, lo salutò lei saltando agilmente giù da una finestra.
Kaji  fece appena in tempo a rialzarsi che decine di uomini armati e in tuta  mimetica nera fecero irruzione nella stanza con le armi spianate.
“Misato… mi dispiace”, fece in tempo a pensare l’uomo.
Poi il rumore di raffiche di mitra riempi l’aria della notte.

Asmodeus si allontanava correndo allegramente ad una velocità incredibile.
“Hihihihihi! Mi dispiace solo che dovrò attendere ancora prima di avere un ragazzo!”

  
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