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Autore: NoceAlVento    07/01/2013    3 recensioni
Un breve monologo teatrale.
 
Per fortuna c'era Proton. Lui sì che era un grande condottiero. Ci istruì su dove andare, ognuno di noi, ancora mi ricordo il suo modo di parlare, crudele e spaventoso.
(si alza e mima il discorso in una voce impostata e decisa) “122”, diceva, “tu vai a nordest e tieni d'occhio l'accesso… E tu, 67, coprilo qualche metro più in là. Voi due”, e guardava me e Lynn, “venite con me”.
(si sposta verso il lato destro del palco) Ci portò dalla parte quasi opposta, e mise Lynn a fare da guardia all'unica via che ci arrivava. Poi mi diede in mano una pala e mi disse “Avanti, ora scava”. Io non ho mai avuto braccia forti e dopo due minuti già non ce l'avrei fatta più; ma ero nei Rocket, e non obbedire avrebbe significato finirne fuori in un niente.
Una domanda comunque gliela feci. Mi presi questa soddisfazione. “E tu dove vai?”.
“A non farmi prendere dalla polizia”, rispose. Non è che si potesse discutere un granché, con quella partenza.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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I: "Regrette rien" La mia storia più cupa e autobiografica.
Questa è la prima definizione che mi viene in mente per questo monologo. Premetto che per non rovinare l'impatto finale non scriverò alcun Dietro la storia, perciò questo spazio sarà un po' più lungo di quanto intendessi.
Tanto per chiarire, la Palinodia non ha alcun legame con il Ciclo, che comunque riprenderà quanto prima con Involutus. Ho sentito di doverla scrivere per due particolari ragioni: la prima è l'inconsueta fase di stanchezza psicofisica che ho attraversato in questo autunno-inverno 2012, l'altra è il desiderio di rifiatare dallo stile magniloquente che il Ciclo mi impone e cercare qualcosa di più leggero – che poi naturalmente leggero non si è rivelato, anzi, forse scrivere per il Ciclo mi rilassa di più.
Tornando alla demarcazione di prima, possiamo ora precisare: è cupa perché racconta una delle vicende più opprimenti che abbia mai partorito e senz'altro ne detiene il primato tra le fan fictions; è autobiografica perché è densa di riferimenti più o meno distorti al periodo in cui è stata concepita e scritta, che pur non essendo stato per me triste è stato quello in cui più mi sono sentito gravato da carichi da tutte le parti senza che io avessi intenzione di accettarli. Una frase nella Palinodia esprime bene ciò, ma è talmente ben contestualizzata che offrirò un biscotto virtuale a chi saprà individuarla.
Ah, breve aggiunta: in origine il racconto doveva essere one shot, ma mi sono reso conto che sarebbe stato troppo pesante sia da leggere che da commentare in una sola volta. Come risultato quelli della Palinodia sono i capitoli più corti che scriverò mai, wooo~!

Con l'augurio di non deprimere nessuno,
Novecento

P.S. C'è un'evidente citazione gaberiana nel testo: tanto per assodare, essa è quello che è, ovvero un'allusione, e non un mal celato tentativo di plagio. Non che ci fosse bisogno di chiarire, ma non si sa mai.
P.P.S. Perdonatemi i primi due atti, lo so anche io che sono insipidi, ma mi servivano per poter scrivere i successivi.


* * *


I: "Regrette rien"



Qualcuno entrava nei Rocket perché era nato a Celadon City.

Qualcuno entrava nei Rocket perché il nonno, lo zio, il papà… La mamma no.

Qualcuno entrava nei Rocket perché si sentiva solo.

Qualcuno entrava nei Rocket perché aveva ricevuto un'educazione troppo puritana.


Qualcuno entrava nei Rocket perché "La Storia è dalla nostra parte!".

Qualcuno entrava nei Rocket perché prima (prima, prima…) era un poliziotto.

Qualcuno entrava nei Rocket perché glielo avevano detto.

Qualcuno entrava nei Rocket perché non gli avevano detto tutto…


Qualcuno entrava nei Rocket perché… il colpo di Stato? Oggi, no; domani, forse; ma dopodomani…

Qualcuno entrava nei Rocket perché aveva capito che il crimine andava piano, ma lontano!

Qualcuno entrava nei Rocket perché Proton era una brava persona.

Qualcuno entrava nei Rocket perché Lance non era una brava persona…


Qualcuno entrava nei Rocket perché “Gli scarafaggi, gli agenti, i generali. Facile, no?”.

Qualcuno entrava nei Rocket perché "Viva Giovanni, viva Archer, viva Ariana!".

Qualcuno entrava nei Rocket perché era così affascinato dai fuorilegge che voleva essere uno di loro.

Qualcuno entrava nei Rocket perché non ne poteva più di essere un fuorilegge…


Qualcuno entrava nei Rocket perché andava sempre al Celadon Game Corner.

Qualcuno entrava nei Rocket per moda, qualcuno per principio, qualcuno per frustrazione.

Qualcuno entrava nei Rocket perché voleva comandare tutto!

Qualcuno entrava nei Rocket perché non conosceva boss, generali, e affini…


Qualcuno entrava nei Rocket per far rabbia a suo padre.

Qualcuno entrava nei Rocket perché aveva scambiato il motto del Team per il Vangelo Secondo Giovanni.

Qualcuno entrava nei Rocket perché voleva essere un miglior Rocket degli altri.

Qualcuno entrava nei Rocket perché non c'era niente di meglio…


Qualcuno entrava nei Rocket perché Celadon City, il Mount Moon, la Pokémon Tower, eccetera, eccetera, eccetera!

Qualcuno entrava nei Rocket perché chi era contro era nei Rocket!

Qualcuno entrava nei Rocket perché non sopportava più quella cosa sporca e viscida che ci ostiniamo a chiamare giustizia!


Qualcuno credeva di entrare nei Rocket, e forse entrava in qualcos'altro.



(L'attore è solo sulla scena, appoggiato a un bancone da bar parallelo alla quinta di sinistra, con il capo chino su un foglio. Accanto a lui c'è un altro sgabello vuoto. Inizia a parlare a un ipotetico conversatore lì seduto.)

Ah, buonasera anche a lei. Uh, come? Certo, si accomodi… (ripone il pezzo di carta in tasca) No, non si preoccupi, non ha interrotto niente. Leggevo scartoffie.

Perdoni l'invadenza, ma che ci fa uno come lei in questa bettola? No, dicevo per i vestiti. Non sarà mica un agente in borghese, vero?

Ah, problemi di cuore… Del resto chi non ne ha a questo mondo? Buona fortuna, sono i più difficili da mandare via.

Io? No, sono felicemente fidanzato. Però sa, nel passato…

\

Vede quello là all'angolo? (indica il limitare del bancone) Lui viene qui ogni sera e si mette sempre nello stesso posto, terzo sgabello dal fondo, e ordina sempre lo stesso alcolico, ormai da così tanto tempo che solo il barista sa cosa beva davvero ogni volta. Ci ho parlato un po', ogni tanto: l'ha lasciato sua moglie dopo vent'anni di matrimonio.

Ah, non volevo, mi dispiace… Davvero non si è offeso? Bene, meglio così.

Come? Sa, non è il primo a chiedermelo, ogni tanto qualcuno si interessa a me quel tanto. Se ci tiene posso raccontarle come sono finito qua. Devo avvertirla però, non è affatto una bella storia. Nel mio passato ho fatto cose che farebbero accapponare la pelle anche al peggiore dei criminali.

In realtà non è difficile da immaginare di cosa stia parlando, siamo a Celadon dopotutto. Immagino che anche lei si ricordi del periodo di qualche anno fa in cui il Team Rocket imperversava per Kanto, no?

Ne sono stato una recluta.

Ah, ma forse la sto illudendo, non ero affatto importante. Anzi, probabilmente tra tutti sono stato il più inutile.

No, non è modestia, ho vissuto una vita ai margini del progetto. Non che non vi credessi, anzi, spesso sono gli impiegati a essere i più fedeli alla ditta per cui lavorano. Forse non avevo la malizia necessaria per la scalata sociale che altri hanno compiuto.

Prego? Ah, mi spiace, non ho intenzione di dirglielo. Le ragioni per cui sono entrato sono private e tali devono restare, anche perché ancora non c'è amnistia per quelli che come me hanno partecipato, e non vorrei passare dei guai solo per aver parlato troppo dopo aver bevuto.

Ma no, mi fido di lei, e le giuro che non le nasconderò niente se posso, ma davvero, quello non posso dirglielo. Mi capisca.

No, non è vero, non ho niente da rimproverarmi. Voglio dire, adesso fanno tutti finta di niente, ci trattano come pezze da piedi, come bestie, ma non eravamo malvagi. Volevamo soltanto creare un mondo migliore.

Ah, lei può prendermi in giro quando vuole, ma era così. Eravamo dei ribelli, certo, ma non volevamo fare male a nessuno. Qualche vittima ci fu, lo so bene, ma le assicuro che nessuno di noi si divertiva a uccidere pokémon. Un mio carissimo amico che era con me a Lavender stette male per giorni per quello che vide.

Ricorda, la Pokémon Tower? No? Non si preoccupi, ci arriveremo…

(guarda l'orologio da polso) Oh, si è fatto più tardi di quanto pensassi. Le chiedo scusa, la mia fidanzata mi aspetta a casa. Non so se capisce…

(si alza, fa per andarsene, poi si ferma) No, certo che non lascio la storia a metà, io sono qui ogni sera, se lei…

Benissimo, magari limerò qualcosa per l'occasione.

Però venga un po' prima, domani.

(Esce.)

   
 
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