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Autore: Dark soul_    07/01/2013    2 recensioni
"Alexi? Voleva un bene dell'anima a quel ragazzo, lo amava ... ma come fratello... sì era come se Alexi fosse il suo fratellino e lui dovesse proteggerlo dalle insidie del mondo."
Genere: Erotico, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Carry me away from my pain

Män som hatar kvinnor¹


Janika aveva passato l'ultima settimana accanto al suo chittarrista insieme a Janne, gli erano stati vicino giorno e notte e si erano presi cura di lui. Le fratture alla gamba e al braccio sarebbero guarite entro le due settimane successive mentre la ferta alla testa, meno grave, dava già ingenti segni di miglioramento. La madre della giovane aveva telefonato alla ragazza informandola che sua sorella stava migliorando e che forse sarebbe davvero andato tutto bene; La bonda fece riportare i mobili e quant'altro in Finlandia per poterli risistemare in casa sua, nonostante stesse quasi sempre in ospedale.
Mancavano pochi giorni a Natale, tutta la Finlandia sembrava essersi scossa la neve di dosso per immergersi nell'atmosfera delle lunghe festività. Dopotutto quello era il periodo più bello da vivere nelle regioni scandinave: le vetrine illuminate dei piccoli negozi che vendevano giocattoli, le numerose cioccolate calde servite nei bar, i bambini che correvano per strada ignari del pericolo di caduta causato dalle strade perennemente ghiacciate, il profumo di legno bruciato nel camino che invadeva e inebriava i sensi delle persone e ovviamente le innumerevoli tradizioni che andavano dalla Sauna in famiglia il giorno della vigilia, veniva infatti sentito molto più profondamente il ventiquattro del mese e considerato questo come Natale, alla dichiarazione di Pace che veniva letta intorno a mezzogiorno e trasmessa in televisione in tutto il paese. Lo chiamavano il Paese del Natale, per le loro strane tradizioni e per la solennità con cui veniva celebrata questa festa. Tutti, da i più piccoli ai più anziani si attivavano per colorare un mondo grigo e monotono e rendere questo giorno Il Giorno Speciale. Con gli alberi di Natale, veri abeti scelti i primi di Novembre nelle foreste vicino casa e tagliati pochi giorni prima, addobbati senza un vero criterio logico ma semplicemente con tutte le decorazioni possibili e luci a più non posso che, a uno straniero, verrebbe da chiedersi se nelle case di questo Paese abbia per caso vomitato Joulupukki. Strana tradizione è anche quella dei "Babbi Natale in affitto" da qualche anno infatti andava di moda fra gli studenti raccimolare denaro portando nelle case caramelle e regali ai più piccini e togliendo alle famiglie quello che sembrava essere l'enorme fardello di trovare una persona disposta a indossare barba e cappello rosso.  Ma Janika pensava che quest'anno non avrebbe vissuto tutto questo. Cos'era il Natale nelle loro tradizioni? Era rimanere con i propri genitori e i fratelli e godersi quell'intimità rotta nelle frenetiche settimane di lavoro dell'anno. Ma lei non aveva più ufficialmente una famiglia. Sua madre era a Stoccolma ad assistere la sorellina che si trovava in un ospedale Svedese e lei era lì, in una Helsinki troppo bianca e monotona per poter resuscitare con le luci natalizie. Ma riusciva comunque a sorridere, perchè con lei c'erano Alexi e Janne e benchè anche loro avrebbero passato le feste con le rispettive famiglie, sarebbe stata bene.
Arrivò a casa verso le dieci di sera, lei e il tastierista aevano aspettato che il giovane si addormentasse dopodichè, essendo il turno dell'altro, Janika era tornata nella sua vecchia villetta e si era seduta sulla sua poltrona ammirando la stanza. Era vuota. Non materialmente, c'era il pianoforte che troneggiava in sala dando uno stile classico all'abitazione e i mobili antichi, sua madre amava lo stile vittoriano e aveva sempre fatto di tutto perchè l'alloggio fosse arredato con gusto. Ma c'era qualcosa che sfuggiva, che mancava e che rendeva tutto così anonimo. Ed era il fatto che non ci fosse la sua famiglia, era perchè casa è un rifugio in cui tutti i problemi non esistono, un posto in cui poter stare con i propri cari, nel quale condividere tutto. Ma lei non aveva mai avuto qualcosa di simile. Suo padre se ne era andato e ora anche sua madre e sua sorella erano lontane. Aveva sempre dato per scontato il loro amore e ora le mancavano. Prese gli spartiti che erano rimasti sparsi sul tavolo della cucina e si sedette al piano, accese le candele poste sul candelabbro accanto allo strumento e spense le luci. Suonò moonlight e fantaisie-Impromptu e si fermò solo quando sentì il campanello suonare. Accese le luci e si diresse verso la porta, la aprì.
Rimase dieci minuti buoni a squadrare la persona che si trovava di fronte, incredula e indecisa sul da farsi. La figura maschile, tuttavia, sembrava più sicura di lei e la guardo ammiccando:
- Mi fai entrare? -
Era il suo ex ragazzo. L'accento norvegese gravava ancora pesantemente sulla sua pronuncia cacofonica del finnico, ma c'era qualcosa di diverso in lui. Il modo di porsi e ... i suoi vestiti. Indossava un paio di pantaloni in velluto marrone abbinati a una giacca sotto la quale si intravedeva una camicia a righe azzurro chiaro e una cravatta rosa. Continuò a fissarlo indecisa e sentendosi fuori luigo, come se non fosse in casa sua. Era sempre stata una ragazza piuttosto elegante ma negli ultimi tempi non aveva avuto molto tempo per curare il suo aspetto e ora indossava una felpa dei Cradle of Filth e un paio di jeans strappati. Gli fece cenno di entrare, chiuse la porta e si sedette accanto a lui sul divano:
- Cosa ci fai qui? -
L'altro rise, quella risata gli ricordò quando si conobbero in quinta elementare e quando gli chiese il suo nome, lui rispose " Trygve" suscitando non poco la sua ilarità. Le rispose che era tornato in Finlandia per lavoro, aveva ereditato l'azienda di suo padre e viaggiava spesso. In realtà aveva sede in Lapponia ma, visto che c'era, aveva pensato di fare un giro per Helsinki e di passare a trovare la sua ex fidanzata. Sottolineando il fatto che non si erano ma lasciati davvero. Janika era decisamente in imbarazzo, aveva più volte maledetto il nome del giovane di fianco a lei perchè l'aveva abbandonata nei momenti più difficili e ora si ripresentava totalmente diverso - che fine avevano fatto i pantaloni di pelle e le catene? - a dirle che non si erano mai lasciati:
- Scusa ma sai, ti ho detto che ero incinta e sei scappato e ora torni sbucando fuori dal cilindro? Ho una vita io, non sono qui a correre dietro a te. -
Trygve si incupì lasciando che un'ombra cupa attraversasse i suoi occhi verdi, aveva toccato un tasto dolente, come una nota stonata in un'esecuzione del Trillo del Diavolo, si gratto nervosamente la testa sulla quale un tempo ricadevano lunghi capelli neri che erano stati tagliati dandogli l'aspetto di un militare. Alzò lo sgardo e trafisse Janika con un'occhiata glaciale:
- A proposito ... come sta il bambino? -
La biondina stabuzzò gli occhi e fece un'espressione disgustata, disse di averlo perso. Nei primi mesi e quando si provano forti emozioni può capitare.  Trygve si alzò in piedi e le diede uno schiaffo, lei gli bloccò la mano e si akzò a sua volta mettendosi sulla difensiva. Il ragazzo la guardò ripugnato e alzò il tono di voce:
- TROIA! Hai ucciso mio figlio! TU NON NE AVEVI IL DIRITTO! -
Lei si tastò l tasca per controllare di avere il cellulare a portata di mano, non sarebbe stata la prima volta che quell'uomo le metteva le mani addosso. Ma stavolta non voleva essere una vittima inerme soggiogata alla tirannia di uno dei tanti uomini che odiano le donne. Indietreggiò di un passo e rispose che era lui quello che non aveva nessun diritto di ripiombare nella sua vita e che se ci teneva tanto al suo cazzo di figlio sarebbe potuto rimanere con lei e aiutarla fin da subito invece di andarsene con una delle sue cagne. L'altro le allungò un'altra sberla che lei bloccò prontamente, era impressionante come i suoi riflessi si fossero accentuati dall'ultima volta. Sentendosi impotente davanti alla prontezza di  risposte della giovane si limitò a urlarle contro che quella sua "Cagna" non avrebbe mai abortito, perchè una vita è sempre una vita. Janika fece una risata ironica:
- Tu! Mi vieni a parlare di vita! Due cose, stupido bastardo; Primo, non ho abortito volontariamente, ma è stato un aborto spontaneo, se proprio ti interessa Secondo, sì, stronzo, mi hai quasi ammazzata di botte un sacco di volte e ora vuoi ripetere la scena, e vieni a parlarmi di diritto di vivere!? Ma fammi il favore! Non sei altro che un lurido verme, un bastardo e un fottuto stupratore. Sì, Vittu. Perchè nel caso non te lo ricordassi m hai fatta ubriacare e mi hai tolto la verginità contro il mio volere, mi hai messa incinta e qualche giorno dopo te ne sei andato! E ora sei qui, con la mano tesa a picchiarmi un'altra volta. Ma quanto siamo stati insieme noi? Un mese e mezzo, forse neanche. Mi hai quasi uccisa quattro volte. Esci da questa casa e sparisci dalla mia vita. -
Il ragazzo la guardò con disprezzo come se avesse sparato un sacco di cazzate e stesse facendo un colossale errore, ma soprattutto non sopportava che una donna, una puttanella, gli rinfacciasse le sue azioni. Istintivamente le sferrò un pugno in pancia che, stavolta, non riuscì a schivare. La bionda si piegò in avanti dolorante e sputò addosso all'aggressore che, incattivito dalla sua impudenza, le sferrò un'altro colpo facendola barcollare e cadere a terra. Le diede un calcio nello stomaco facendola gemere di dolore poi la guardò, vittorioso per aver un'altra volta soggiogato la sua inerme vittima. La toccò più leggermente con la punta del piede ma facendole ugualmente male poi si voltò e mise la mano sulla maniglia della porta ma sì girò un'ultima volta per guardare gli occhi viola colmi di lacrime della ragazza:
- Sì, ora me ne vado, esco dalla tua vita. Tu sei solo una troia e non mi meriti. Tu ti meriti solo un qualche barbone. Sei un'assassina, una puttana e soppratutto una grandissima testa di cazzo. Ero venuto a offrirti un'altra opportunità insieme a me e tu, come al solito, hai rovinato tutto. Secondo quello che dici questa è la quinta volta che cerco di ammazzarti, già mio padre ha ragione. Non porto mai a termine quello che inizio e mi dispiace. Ma ho un aereo da prendere e non ho tempo per ammazzarti di botte. -
Janika fece una risata inquietante che gli provocò un forte dolore allo stomaco e mentre l'altrò richiudeva la porta gli urlò contro che non era vero che non aveva tempo, semplicemente non ne aveva le palle.

***

Il mattino dopo Janika si svegliò ancora distesa sul pavimento della sala, cercò di alzarsi ma i dolori le impedivano qualsiasi movimento. Ormai ci aveva fatto l'abitudine. Cercò il telefono e non lo trovò, doveva esserle scivolato sotto il divano quando aveva ricevuto il primo pugno, si allungò distendendo la mano per tasttare il pavimento, trovò l'oggetto e lo attrasse a sè. Janne l'aveva chiamata una decina di volte, guardò l'orario, erano le dieci e lei doveva andare in ospedale alle nove per permettere all'altro di andare a farsi una doccia mentre lei si prendeva cura di Alexi. Lo richiamò e attese la sua risposta:
- Janika stai bene? Dove sei? E' un'ora che ti chiamo! -
Cercò di parlare ma dalla sua bocca uscì solo un rantolo soffocato, Janne le disse che sarebbe arrivato a casa sua in pochi minuti come intuendo che c'era decisamente qualcosa che non andava. La ragazza chiuse la chiamata e si raggomitolò di nuovo cercando una posizione nella quale i muscoli non le sembrassero sotto una pressa e pianse. Di odio, di disperazione ma anche per liberarsi della tensione accumulata la sera prima, era stata picchiata e in un primo tempo aveva tenuto testa al suo aggressore, era stata atterrata e insultata ma era comunque riuscita ad avere l'ultima parola. Si sentiva vittoriosa, come un generale che ha conquistato un territorio impossibile che, tuttavia, ha dovuto sacrificare il suo esercito. Piangeva anche di gioia, il sapore amaro della vittoria aveva il gusto ferroso del sangue.
Si sentì rincuorata sentendo la macchina del tastierista parcheggiare davanti casa sua e ancora più al sicuro quando lo vide varcare la soglia e correrle incontro per prenderla in braccio e farla sdraiare sul divano:
-Perkele! Ma cosa ti hanno fatto? Chi .. chi vittu è stato? -
Lei cercò nuovamente di parlare ma non ci riuscì, indicò la porta come cercando di dire che era qualcuno che conosceva, Janne non capì ma era sicuro che doveva portarla in ospedale. La prese in braccio di nuovo cercando di farle meno male possibile e non chiedendosi neanche se riuscisse a camminare o meno, le caricò in macchina e attraversò la città sfrecciando fra i quartieri bene di Helsinki fino all'ospedale. In quei giorni lo stava vedendo davvero troppe volte. Entrò nel pronto soccorso e aspettò che un'infermiera gli chiese cosa fosse successo:
- Non lo so, l'ho trovata stamattina a casa sua -
La biondina annuì come a confermare la sua tesi tuttavia l'altra sembrava già essersi fatta il suo filmino mentale sul perchè un uomo vestito da metallaro dovesse portare una ragazzina dall'aria pesta in ospedale. Indicò loro una stanza dove un medico li attendeva. L'uomo era basso e non troppo magro, con un naso aquilino e una forte stempiatura tuttavia aveva l'aria cordiale e non fece domande sull'accaduto cercando di essere il più gentile possibile e di non giudicare fatti che non conosceva. Fece sdraiare Janika sul lettino e le chiese di indicare la zona che le faceva male ma, accorgendosi del suo stato di shock la fece sedere e le diede un bicchiere d'acqua. Lei bevve avidamente e sembrò riacquistare parte del suo vigore e la capacità di parlare:
- Mi ha picchiata .. no, non lui - disse indicando Janne - il mio ex ... è arrivato ieri sera, me le ha date e se n'è andato. Non è la prima volta che lo fa. -
Il medico alzò un sopracciglio e le sorrise ancora, come se il fatto non gli interessasse, voleva solo sapere cos'avesse non il per4chè. La visitò rapidamente e le diede una pomata da mettere sugli ematomi dicendole che non era nulla di grave.
Janne la prese per mano e insieme uscirono per poi dirigersi verso il reparto in cui era ricoverato Alexi:
- Ma perchè lo ha fatto? -
Janika alzò le spalle e gli spiegò l'accaduto, cinicamente come se stesse raccontando una favoletta o un pettegolezzo di inutile importanza. Il tastierista cercò di interpretare questo comportamento dicendosi che forse voleva tenere lontano l'accaduto per difendersi dalla sua emotività o forse per lei era diventata una banale routine. Le chiese perchè non l'avesse mai denunciato e l'altra rispose che sarebbe stato inutile. Lui aveva un sacco di soldi e avrebbe preso gli avvocati migliori della scandinavia i quali le avrebbero ritorto contro di tutto e di più. Era una battaglia persa in partenza, insomma. Presero l'ascensore insieme a un vecchietto in sedia a rotelle e alla sua accompagnatrice, una punk più svestita che vestita che sembrava parecchio scazzata per la situazione ma che iniziò a rinvigorirsti vedendo Janne e a troieggiare apertamente flirtando con lui che, tuttavia, riusciva ad avere occhi solo per Janika. Provò una pena ingiustificata per l'anziano inerte con un espressione rassegnata sul viso e un respiratore collegato a una bombola d'ossigeno. Era lì. Non esisteva davvero. Passava i suoi giorni ad aspettare che la morte lo prendesse e che lo portasse via da una famiglia che non aveva tempo per lui. Scesero tutti allo stesso piano ma presero direzioni diverse. Janika e Janne arrivarono in camera di Alexi che, ignaro di qualsiasi cosa, si era riaddormentato con il vassoio della colazione ancora intatto appoggiato sul comodino.
La ragazza si avvicinò a lui e gli baciò le labbra, il vocalist si scosse leggermente dal sonno e, vedendo la ragazza, sorrise. Tuttavia il suo volto cambiò in fretta espressione vedendola sofferente le chiese cosa fosse successo e i fatti gli vennero spiegati da Janne che sembrò essere più capace di provare disgusto per l'accaduto. Alexi spalancò gli occhi e si mise a sedere, ormai non gli facevano pù male le ferite, le fece spazio sul letto e lei si sedette accanto a lui. La abbracciò e la baciò come non aveva mai fatto. Poi si staccò leggermente da lei:
- Devi denunciarlo. Quel bastardo deve pagare. -
La bionda gli sorrise come per placare l'animo selvaggio di un bambino che non può capire:
- Ha un sacco di soldi, non potrei mai vincere una causa contro la sua bellissima sfilza di avvocati, probabilmente i migliori avvocati scandinavi. -
Ma il Wildchild non voleva darsi per vinto e le disse che avrebbe pagato Dio in persona per difenderla, ma i tre la presero sul ridere e scherzarono per qualche minuto chiedendosi quanto un Dio che permette queste cose accetterebbe soldi per difendere una donnina di ventitrè anni appena e che stava passando tutte le pene dell'inferno. Janika doveva essere stata uno stupratore nella sua vita precedente. Uno stupratore o un infanticida.

***
Boom boom baby! xD Allora è una settimana di Merda questa e non so quando altro aggiornerò, se uscirò viva dalla 58497548 versioni e verifiche pubblicherò un altro capitolo il prima possibile.
Nulla ne approfitto per ringraziare ancora tutti... alla prossima :)

N.D.A.: ¹= è il titolo originale di "Uomini che odiano le donne" di Stieg Larsson, è svedese e non finlandese ma, in quanto citazione, ho preferito lasciare il titolo in lingua originale :)
  
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