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Autore: Chara    08/01/2013    14 recensioni
C’era una volta… No, così non va proprio. C’era una cazzo di volta il rock. Sì, decisamente molto meglio. Il rock è sempre stato una ragione di vita, per coloro che ci credevano davvero. Era qualcosa che faceva vibrare il cuore e le ossa e ricordava alla gente che sapeva sentire non soltanto con le orecchie che si poteva essere fottutamente vivi anche solo ascoltando un suono. Eppure non era solo un suono, era pura anima, l’espressione più sincera di coloro che la lasciavano fluire dalle proprie mani. I musicisti consideravano i propri strumenti come una parte di loro, come un’estensione del proprio corpo, e nessuno sapeva meglio di essi quanto il rock n’ roll fosse uno stile di vita, una religione. Un motivo per continuare a fare ciò che facevano e per crederci ancora.
Beh, quasi nessuno. C’erano loro. Sì, loro… le groupie.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti, Slash
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 30


 

«Mi sentii a casa quando il tour dei Cult sbarcò alla Long Beach Arena. Ricordo che arrivai nel corso della notte precedente e mi trovai a osservare incantato l’edificio. Lì avevo visto Ozzy, AC/DC, Black Sabbath, Judas Priest, Billy Idol e un numero infinito di altri, e tante volte avevo pensato che suonare lì significava che eri arrivato

 

 

- Smettila di sospirare come una checca isterica, vedrai che andrà tutto bene! –

Slash voltò il capo verso colei che aveva appena parlato, scoccandole un’occhiata a metà tra lo spazientito e l’imbarazzato e lei, per tutta risposta, piantò le unghie sul dorso della sua mano, che stringeva da quando erano arrivati là. Mancavano meno di ventiquattro ore al momento in cui i Guns avrebbero suonato alla Long Beach Arena, in California, a casa. Erano emozionati, eccitati, non stavano più nella pelle, ma Slash sapeva che, come in ogni cosa, non c’erano solamente dei lati positivi. Lui aveva paura di fermarsi, di arrivare a posare i piedi per terra, di muoversi con le sue scarpe dalle suole consumate anziché con le ruote altrettanto consumate di un fottuto autobus che cadeva a pezzi e che però li aveva portati in giro per tutto il Nord America. Per quello Angie gli stringeva la mano, perché, se doveva essere la sua groupie fino in fondo, voleva essergli vicino e capire anche quella volta. Non che dovesse sforzarsi, in ogni caso.

- Tra qualche giorno collasserò ubriaco sul bancone del Rainbow – disse poi per rompere il silenzio, osservando la piccola lastra di granito ai suoi piedi, sulla quale spiccava la scritta Rainbow Lagoon Park, che nulla aveva a che vedere con il loro amato bar – Dio, quel pezzo di legno mi ha provocato così tanti bernoccoli in questi ultimi anni che mi stupisco che la mia testa non si sia mai aperta in due –

- Le teste di cazzo sono peggio del cemento, non lo sai? –

- Stasera sei simpatica come uno spillo nelle palle – sbuffò contrariato, lasciando poi che Angie lo baciasse a fior di labbra – E sei anche una leccaculo, mi sembri un po’ Axl –

- Adesso sei tu che dovresti leccarmi il culo, dopo una sparata del genere –

- Se vuoi ti lecco qualcos’altro – propose con un sorrisetto perverso e quella solita luce affamata negli occhi, lasciando poi scivolare la mani fino ai suoi glutei sodi – Non per vantarmi, ma sono piuttosto bravo –

- Lo so che lo sei – annuì divertita, assecondandolo quando la spinse in avanti per far scontrare i loro bacini – Ma non vantarti troppo, mi sembri un po’ Axl –

- Stronza – mugugnò prima di sprofondare il volto nella sua scollatura, come tanto gli piaceva fare.

- Da morire – annuì lei, pizzicandogli un fianco per poi fuggire via.

Slash la guardò sgusciargli via dalle braccia, mentre camminava sensuale e ancheggiava nel buio illuminato della notte californiana. Persino l’aria era diversa nella contea di Los Angeles, ed Angie sembrava ancora più bella. E lui non riusciva a guardarla senza eccitarsi come un ragazzino, non riusciva a guardarla senza sentirsi irrimediabilmente attratto dal suo sguardo sagace e dalle sue curve armoniose. La rockstar realizzò di avere una voglia pazza di prenderla e farla sua proprio lì, sull’asfalto o magari su quel pezzo di granito la cui scritta Rainbow Lagoon Park gli sembrava davvero troppo… pura. Come se avesse bisogno di una sporcata, ecco. Magari la sua.

Sogghignò, spostando lo sguardo sulla sua groupie per proporle quell’affare che profumava di proibito e squilibrato, un po’ come loro due. Sicuramente avrebbe acconsentito subito, la amava proprio per quello.

Un momento.

Cosa cazzo aveva appena detto? Ah, merda.

Si riscosse da quei pensieri fottuti, decidendo che il modo migliore per dimenticarsi i casini in cui si stava annodando fosse proprio mettere in atto quella sua fantasia. Ma, quando si voltò verso di lei, la vide canticchiare e rimase un attimo imbambolato con gli occhi sulle sue labbra.

- Talk about things and nobody cares – sussurrava, e Slash ebbe un moto d’orgoglio sentendo quanto eccelsi fossero i gusti musicali della sua… ancora, stava pensando ancora a lei come la sua ragazza. Si domandò per quanto tempo ancora avrebbe potuto schivare quel pensiero - Wearing other things that nobody wears

La afferrò per un braccio, facendola voltare. Angie smise di cantare, stupita da quel gesto, e poi gli sorrise.

- Ya callin’ my name, but I gotta make it clear – replicò la rockstar, sorridendo a sua volta con le labbra sulle sue - Can’t say where I’m gonna be in a year -

- Dio – la groupie chiuse gli occhi, appoggiando la fronte sulla sua. Si era messa a cantare la prima canzone che le era passata per la testa, forse non era un caso che il secondo verso fosse proprio quello. Lui le stava dicendo che non sapeva quanto il loro legame sarebbe durato, no? Perché l’essenza di un legame è fatta da coloro che lo compongono, e bastava così poco perché tutto si spezzasse. Ne avevano già avuto un assaggio, ma fortunatamente avevano solamente rischiato di mandare tutto a puttane. Non era successo, ma ad Angie era bastato quell’assaggio per avere il terrore folle che tutto finisse… groupie. Nancy. Sid. Il loro legame sarebbe mai stato minimamente paragonabile a quella leggenda che, nonostante tutto, non era solo eroina?

- Cosa? – le chiese, carezzandole uno zigomo con il pollice.

- La tua voce – sorrise, posando la mano sulla sua – Mi farei fottere anche solo dalla tua voce –

- E invece ti farai fottere dal proprietario di questa voce – sogghignò Slash, sollevandola di punto in bianco e caricandosela in spalla. Sembrava che non stesse aspettando altro… era un chiodo fisso, aveva in mente solo il sesso ed era quasi preoccupante – Comunque, parlando di voce, sappi che ho intenzione di farti urlare fino a domani mattina… tu la perderai, la voce –

- Ma Slash – strillò, prendendogli a pugni la schiena e ringraziando che non potesse vederla sorridere – Domani sera devo urlare, non posso perdere la voce –

- Farai il pesce – la prese in giro, facendole fare un saltello che le strappò uno strillo acuto – Ecco, vedo che hai capito –

Risero e si provocarono fino all’albergo, dove ci diedero davvero dentro fino a perdere la voce. Peccato che Angie fosse abituata ad urlare per ore sotto le torture della sua rockstar, e la sera dopo fu là sotto tra la folla a fare il suo dovere, in compagnia di Gilda e Jen e dei loro amici venuti appositamente da LA.

Le ragazze se ne stavano sotto il palco, urlando e contorcendosi come delle vere fan. Solo che loro sapevano anche come incitarli a dovere, magari passandosi la lingua sulle labbra o sfiorandosi il corpo accidentalmente mentre li guardavano negli occhi. Il culmine, però, lo raggiunse naturalmente Angie quando, alla fine di una canzone, riuscì a sfilarsi il reggiseno da sotto la maglia e lo lanciò a Slash, ridendo come una pazza.

Il chitarrista la guardò con gli occhi spalancati mentre un sorriso divertito gli deformava le labbra e in quattro falcate raggiunse Axl. Gli rubò il microfono e puntò lo sguardo sulla sua groupie, slacciandosi anche il bottone dei jeans. Fin lì niente di strano. Insomma, lo faceva sempre.
- Piccola, grazie mille per il tuo regalo. Lo custodirò come se fosse un tesoro - ridacchiò. Dio, era completamente ubriaco e non era proprio una cosa strana chiedersi come cazzo facesse a suonare conciato in quel modo - Mi piacerebbe ricambiare ma, lo sai, non porto mai le mutande –

Inutile precisare che tutta la platea esplose in un ruggito roboante.

Angie roteò gli occhi, riconoscendo come la megalomania gli si addicesse terribilmente e lo facesse sembrare ancora più sensuale. Come se fosse possibile.

Erano un concentrato di sesso, là su quel palco completamente fatti e sudati, e mezzi nudi, e dentro la musica che suonavano e cantavano. Ed erano così… dio, erano il sesso. Qualunque donna con un minimo di ormoni avrebbe desiderato di farsi fottere da tutti e cinque, magari anche contemporaneamente. Nessuno era così, non avevano mai visto nessuno così.

La groupie si defilò dopo Paradise City, correndo per arrivare nel backstage in tempo per prendere la sua rockstar e strusciarsi un po’ su tutto quel sudore e quella musica che aveva addosso più dei vestiti, e mostrò il suo pass con sfacciataggine, lasciandolo a penzoloni sulla scollatura. Il tizio che la fece entrare era tra quelli che si erano lamentati della sua, e delle altre, presenza costante dietro il palco e fu con malcelata soddisfazione che lo scavalcò, diretta verso quei disgraziati che di lei non si lamentavano mai. Beh, Axl l’aveva fatto fino a poco tempo prima e Slash continuava a farlo, soprattutto quando lo teneva sulle spine… di solito dentro una doccia, o su un materasso. Cose interessanti, comunque.

Arrivò insieme a loro, e fu colpita dallo sguardo estasiato di Slash. Avevano suonato divinamente quella sera, ne erano consapevoli, e vederlo così soddisfatto e, per una volta, conscio di quello che sapeva donare al pubblico le fece scattare qualcosa dentro.

Si lanciò su di lui, intrufolandogli la lingua tra i denti senza nemmeno dargli il tempo di capire cosa stesse accadendo. Con la coda dell’occhio vide Izzy rubargli la sigaretta con calma serafica, per poi sospingere gli altri dalla parte opposta rispetto a loro. Quello aveva già capito tutto, che novità.

Angie interruppe il bacio con un’ansia incontrollata a livello del petto, ma quando incrociò i suoi occhi neri, appannati, luminosi e unici, mandò tutto a farsi fottere e lo disse.

- Ventidue –

- Eh? – replicò lui, cadendo dal pero e facendo crollare anche tutta la tensione.

La giovane roteò gli occhi, stringendo le labbra per evitare di sorridere, e ripeté.

- Ho ventidue anni – scandì di nuovo, tamburellando per un momento le mani sul suo petto. Lui rimase lì a guardarla imbambolato, realizzando cosa davvero lei stesse facendo.

C’era sempre stato un alone di mistero attorno alle groupie. Nessuno sapeva nulla di loro, a volte anche il nome con cui si facevano chiamare non era reale, e molte di loro tenevano segreta soprattutto l’età, per evitare che le loro amate rockstar le cacciassero, considerandole troppo vecchie o rimpiazzandole semplicemente con carne più fresca. Era quello che aveva fatto anche Angie. Ma confessandogli quel numero scomodo si era resa vulnerabile, aveva messo corpo ed anima nelle mani di colui per cui aveva dato inizio alla sua gloria e alla sua rovina ed in quel momento toccava solo a lui decidere cosa fare.

- Hai la mia età? – allibì stupito, ciondolando per un momento nell’incertezza. Non aveva bisogno di guardare gli occhi celesti della sua groupie per capire che erano arrivati ad un giro di boa in quel casino in cui si erano ficcati. Voleva solamente capire quale fosse il modo più adatto per dirglielo.

Sì, perché non poteva tenersi per sé proprio quella cosa. Insomma… insieme facevano più di quarant’anni e saperlo con certezza, chissà perché, lo rendeva reale.

- Sei troppo vecchia per fare la groupie, cazzo – sbuffò, trattenendo un sogghigno vedendola sbarrare gli occhi con terrore crescente, così decise di continuare – Io dico che sarebbe ora di diventare la mia ragazza –

Un boato enorme esplose da ogni angolo, facendoli quasi saltare per aria. Una manica di gente era rimasta là nell’ombra ad ascoltare. Non si erano persi una parola… quei figli di puttana.

 

 

«I nostri amici vennero a trovarci da LA e, quando salimmo sul palco, ci sostennero più di quanto avesse fatto tutto il pubblico canadese messo insieme. Era grandioso, eravamo a casa.»


 

*



Giorno. Oggi è un giorno triste per me, ma farò la persona normale e non farò scene da Via col vento. Bene, a parte ciò vorrei precisare che l'insegna Rainbow Lagoon Park c'è davvero fuori dal parchetto vicino alla Long Beach Arena. Ho passato un pomeriggio intero su google maps per le vie di Long Beach, con tutte quelle palme californiane così fighe xD E la canzone che canticchiano è Sweet Emotion dei miei amati Aerosmith. Effettivamente mi domando perché, invece del tour con i Cult, non abbia preso quello con gli Aerosmith. Vabbè, ormai è andata xD Le citazioni all'inizio e alla fine del capitolo sono, ovviamente, tratte dal libro di Slashone, e basta. Ho finito e non annoierò più nessuno con le mie note chilometriche. Se vi va sto pubblicando un'altra ministoria, sempre su Slash, ed è il seguito di un'altra. Però sommate fanno 12 capitoli, quindi non è nulla di impegnativo. Se vi va, sono là entrambe. Ringrazio di nuovo Lisa per il betareading e il supporto morale e voi anime buone che mi avete tanto seguita :') Adesso me ne vado perché sono ridicola davvero, lol. A presto,

Giuggi

   
 
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