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Autore: Aibaf    09/01/2013    7 recensioni
Liam trasalì e lesse il contenuto di quel messaggio in un bisbiglio a metà tra lo sconcertato e il divertito“Ti vuoi mettere con me, sì, no, metti la crocetta… ?!”
***
Una Ziam che sfiora il demenziale. Ve li siete mai immaginati Payne e Malik alle prese con la prima elementare?
Genere: Commedia, Demenziale, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Liam Payne, Zayn Malik
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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If you really love me, check the box

Ad Eliana,
Raffaella,
 Vincenzo,
 Riccardino e Marika,
che sono “i miei bambini”
 e qualunque cosa accada, sempre lo rimarranno.

 ***

Quello nuovo era veramente strano.
Aveva un colore della pelle strano, più scuro del suo e decisamente più chiaro di quello color cioccolato di Nigel. I suoi occhi erano strani: erano troppo grandi e guizzavano da una parte all’altra della classe, veloci, alla ricerca di un banco vuoto. Persino il suo modo di parlare era strano, con quell’accento che non aveva mai sentito che enfatizzava le ‘zeta’ e strascicava le ‘esse’.
A Liam, quello nuovo, quello Zayn lì, non gli stava per niente simpatico. E lui era il capoclasse e –oh sì- se quel bambino con quel ciuffo spettinato di sette anni non avesse rigato dritto, sarebbe filato dalla maestra a snocciolare tutte le cose cattive che aveva osato fare nel corso della ricreazione. Perché lui era capoclasse, e se quel bambino gli era già antipatico al primo sguardo, avrebbe potuto rendergli la vita un inferno.
La maestra gli cingeva le spalle con un braccio, sorridendo, mentre diceva a tutti che Zayn si era trasferito a Londra a Natale  e che sarebbe rimasto con loro almeno fino alla fine dell’anno; Zayn era simpatico, aveva voglia di diventare amico di tutti, sapeva parlare bene l’arabo, aveva quattro sorelle…e, come constatò Liam, non sapeva nemmeno allacciarsi il cravattino della divisa decentemente. La sua mamma glielo aveva insegnato già da diversi mesi, perché, in fondo, lui era un ometto maturo e perbene.
La maestra propose di sorteggiare il banco dove si sarebbe seduto il bambino nuovo: Liam trovò la cosa estremamente inutile, dato che Amanda e Anita, in prima fila, stavano già bisbigliando di plausibili fidanzamenti mentre ammiccavano e ridacchiavano compiaciute in direzione del bambino-nuovo-e-fico. Avrebbe potuto benissimo sedersi tra loro due, che già stavano scegliendo il vestito da indossare per il loro principesco matrimonio e i nomi- oltre a Barbie, ovvio- per le loro numerose e bellissime figlie femmine, tutte che, sfidando i princìpi della genetica, sarebbero dovute nascere con una cascata di capelli biondi e un paio di grandi occhi blu.
Quando Liam consegnò il bigliettino che aveva ripiegato più volte dove c’era scritto –in corsivo, come i grandi- il suo nome, sperò con tutto il cuore che la fortuna, almeno per una volta, virasse inaspettatamente dalla sua parte; non voleva condividere niente con quello Zayn lì, né le matite colorate, né la narrativa di Pinocchio che leggevano il Venerdì, né tantomeno il suo coloratissimo borsellino del Manchester, pieno di pastelli a cera.
Tenne le dita incrociate sotto la rastrelliera del banco, gli occhi serrati e il volto paonazzo, mentre pregava Babbo Natale affinchè non condividesse il posto con uno che probabilmente non sapeva nemmeno distinguere i Power Rangers dalle Tartarughe Ninja. Non ora che aveva perfino convinto il suo compagno di banco –nonché miglior amico- Niall a non rubargli la merenda dalla tasca posteriore del suo Eastpak blu.
Avrebbe rinunciato al cestino dei Lego per il prossimo Natale, se qualcuno lassù lo avesse ascoltato. Ma quando sentì la sedia di Niall grattare sulle mattonelle e Zayn poggiare la cartella su quello stesso banco, Liam si convinse che l’anno seguente avrebbe organizzato uno sterminio di massa degli Elfi e delle renne di quel vecchio enorme e barbuto. Altro che bontà.
Forse non era stato gentile abbastanza- pensò, mentre Zayn sparpagliava i suoi quaderni nel contenitore di metallo posto sotto il suo banco. Forse era una punizione divina per aver respinto Ashley, due settimane prima, che si era presentata piangente al suo cospetto con un anello ricavato dalla carta stagnola che avvolgeva il suo croissant e tanti buoni propositi da fidanzatina perfetta. O forse era semplicemente quello che sua madre chiamava Bad Kiarma  quando parlava con zia Lilli di papà. Chiunque fosse quel Kiarma, allora, l’avrebbe pagata più di Babbo Natale e tutti i suoi aiutanti messi insieme.
Zayn si torturò per un attimo il bordo della sua camicia, prima di indirizzargli un sorrisino timido e carico di aspettative, ricambiato da un’occhiata truce e sin troppo scortese.
“Di che squadra sei?” Chiese il castano, stringendo gli occhi indagatorio. Niente presentazioni, niente pacche sulla spalla. Meglio tastare prima il terreno con domande a bruciapelo. Doveva scoprire se non sopportava il moretto o se gli stesse totalmente antipatico; ora che gli aveva già portato via Niall, non aveva intenzione di vedere rapito il suo orgoglio da tifoso.
“Liverpool.” Rispose Zayn, in un attimo, e solo voltando la testa si accorse del borsellino con lo stemma del Manchester che troneggiava prepotentemente sul banco dell’altro, occupando più spazio del dovuto.
L’occhiata sconcertata che gli rivolse Liam fece capire ad entrambi che la loro convivenza sarebbe stata tutt’altro che facile.
 
 

***

 
Non è che si odiassero, no. Era che nessuno dei due sapeva stare più di cinque minuti zitto senza criticare il minimo movimento dell’altro. Liam credeva  -e forse adesso ne aveva davvero la certezza- che Zayn fosse uno dei bambini più distratti, pigri, scansafatiche e paraculo (si faceva il segno della croce quando anche solo pensava a quella parola, perché la sua spiccata fede religiosa impiantata dalle catechiste e nonna Mary virava in quei gesti estremamente pittoreschi in situazioni simili) che avesse mai conosciuto.  C’era una lista infinita di cose per le quali avrebbe tanto dovuto odiare quel bambino dalla carnagione ambrata, eppure ogni mattina si ritrovava seduto al suo posto accanto a lui, ostentando una disperazione acuta, che poi così forte non era, e celando il sollievo di essere ancora il compagno di banco di Zayn. In fondo rischiare le piaghe da decubito per più di sei ore al giorno accanto a un bambinetto che sembrava avere gli spilli conficcati nella tavola in legno della sedia poteva avere una venatura divertente, accentuata poi dalle occhiate di invidia pura che Anita e Amanda solevano lanciargli da quattro file più avanti, con gli occhi stretti dall’invidia e le mani serrate che tremavano dalla rabbia attorno alle loro penne cancellabili.
Zayn Malik era quello proprio fico e oramai era diventata un’ambizione comune a molte, quella di provare a fidanzarsi con lui. Era diventato una specie di sport a livello agonistico, nel quale nessuno riusciva ad ottenere la medaglia d’oro. Il moretto le mandava vie una dopo l’altra con una scrollata di spalle ed una smorfia che era pura diffidenza, le congedava con un ‘no’ secco e le vedeva tornare a posto senza batter ciglio, sculettanti nelle loro gonnelline di panno della divisa e ferite nell’orgoglio di bambine. Aveva rifiutato persino Brittany, che era decisamente la bambina più aggraziata e carina della classe almeno fino quando non sorrideva, svelando incisivi grandi e sporgenti che le costavano il soprannome di Bugs Bunny.
Questa sua versione da latin lover non faceva altro che suscitare l’ilarità di Liam, che, conoscendo oramai abbastanza bene il suo compagno di banco disordinato  e distratto non riusciva proprio a vederlo in quella veste di assoluta compostezza e seduzione: Zayn era il bambino con cui litigava ogni mezz’ora, non un farfallone.
Aveva anche deciso che non avrebbe abusato della propria condizione di capoclasse (alias Capo Supremo) con lui, nonostante ne combinasse di cotte e di crude. Per esempio, Zayn era mancino, ed era seduto alla sua destra: ogni volta che la maestra dettava un racconto o commissionava un disegno i due banchi diventavano un campo di battaglia, dove ognuno faceva del proprio meglio per tirare gomitate nelle costole dell’altro e riuscire così ad occupare una porzione più vasta del piano di lavoro. Zayn era pasticcione. Il suo borsellino era sempre costellato di macchie d’inchiostro dei pennarelli a spirito che riponeva senza tappo; perdeva qualsiasi autorizzazione e avviso che gli fosse consegnato e aveva il tremendo vizio di strappare le pagine, assottigliando i quaderni fino a renderli dello stesso spessore dei volantini dei discount.
I suoi libri erano molto spesso stracciati, le copertine staccate a metà e rosicchiate agli angoli, pasticciava le pagine dei testi con disegnini stupidi ma precisi nella tecnica ogni qual volta Liam gli prestava i suoi.
E poi, oh, c’era sempre la questione del Liverpool. Liam non si capacitava del fatto che uno –tutto sommato- simpatico come Zayn potesse tifare per una squadra perdente come quella; ogni lunedì mattina scoppiava sempre un diverbio acceso durante l’appello, fatto di insulti innocui pronunciati e mezza voce e sorrisini sarcastici sul risultato delle partite della giornata precedente.
Era una mattina di maggio e stavano studiando inglese, aspettando con smania la pausa pranzo: Liam era vagamente arrabbiato con il moro, che aveva avuto la sfacciataggine di non presentarsi alla festa di compleanno di Maggie il pomeriggio precedente, lasciandolo solo in mezzo alle femmine; e non importava se Zayn avesse avuto la febbre alta e la tosse secca, una promessa andava rispettata comunque e questa volta i tre videogiochi di Toy Story per la PSP non sarebbero bastati come contentino. Certo che no.
Aveva passato tutto il tempo del dettato con la testa china sul foglio per non incontrare lo sguardo dell’altro, che farfugliava continuamente scuse con voce flebile e quell’espressione da cane bastonato che riusciva sempre a farlo intenerire. Gli aveva intimato un paio di volte di tacere con voce seccata e o sguardo ancora fisso sulle righe del quaderno di Topolino, e quando aveva alzato lo sguardo, dopo tre quarti d’ora, tutto il volto di Zayn si era illuminato, aprendosi in un ghigno di speranza. Stringeva la sua biro per mancini – che comunque non rendeva migliore la sua grafia- e lo implorava di perdonarlo, giurando che gli avrebbe prestato tutti i suoi fumetti di Lupin.
Quando Liam, con espressione indecifrabile, si sporse sul quaderno dell’altro e constatò con voce atona che aveva saltato come al solito le doppie e che “marmellata” si scriveva con due “elle” ed una “t”, Zayn mugugnò soddisfatto, e con un verso liberatorio si abbandonò sullo schienale della sedia, allentandosi il cravattino visto il gran caldo. Lo sapeva che avrebbero fatto pace.
Passo l’ultimo quarto d’ora di lezione attaccato come una vongola al braccio di Liam, sussurrandogli una battuta dopo l’altra nell’orecchio come a voler mostrare quanto fosse un amico simpatico o semplicemente come se stesse cercando di fare il possibile per riacquistare ancora la sua fiducia; mancavano pochi minuti a fine lezione, Zayn aveva appena finito di mormorare una barzelletta su uno storpio ed un calciatore ed era già stato ammonito tre volte dalla maestra, quando una pallina di carta colpì il bambino castano. Caithleen, dalla altra parte della classe, gli fece un occhiolino e gli rivolse un sorrisino malizioso, poi rossa in volto, si girò per intavolare una nervosa chiacchierata con la sua compagna di banco.
Con il sopracciglio alzato e lo sguardo di Zayn addosso, quasi più curioso di lui, Liam aprì il foglio in tutta fretta e con i palmi delle mani lo appiattì lungo tutta la superficie del banco: il primo pezzo di carta era un semplice A4 malconcio, dove vi era un disegno molto stilizzato ma estremamente eloquente: un bambino con le sue fattezze, castano, con le guance rosse e l’incarnato chiaro stringeva la mano ad una bambina dai lunghi capelli rossi e mossi sino alla vita ed il volto spruzzato di lentiggini scure. Al di sotto di una cornice di cuori rossi e fuxia, un po’  sbavati lungo i bordi, troneggiava la scritta in grassetto Caith+Liam= Amore per Sempre. Il moro si accigliava sempre di più, torturandosi il colletto della divisa, mentre osservava da sopra la spalla il bambino che prendeva in mano un bigliettino spiegazzato ricavato da un quaderno a quadretti con i margini rossi. Liam trasalì e lesse il contenuto di quel messaggio in un bisbiglio a metà tra lo sconcertato e il divertito“Ti vuoi mettere con me, sì, no, metti la crocetta… ?!”
A quel punto, tutto successe molto velocemente: un’ape entrò dalla finestra in classe, scatenando il panico nelle prime file dalla parte opposta della classe; la maestra saltò giù dalla sedia e accorse con il libro di narrativa in mano, cercando di scacciare gentilmente l’insetto, avvicinandolo alla finestra aperta dalla quale era entrato; Caithleen smise di fissarlo come se fosse vestito con una tuta catarifrangente e nascose la testa sotto il banco per paura di essere punta; un paio di libri caddero dalla mensola stracolma vicino all’armadio e Zayn si impossessò velocemente della dichiarazione d’amore per il suo amico, artigliando con ferocia la carta ed emettendo una sorta di urlo di guerra stridulo.
Liam lo fissava a bocca aperta, mentre Zayn annaspava dalla rabbia, il respiro irregolare, prendendo il disegno e stracciandoglielo in più pezzettini, che poi scagliò con irruenza nello zainetto di Micheal, seduto davanti a loro. A niente servirono le deboli proteste dell’altro su quell’atteggiamento totalmente scorretto, perché vennero tutti coperti dalla cantilena di Zayn, un ripetersi continuo di “Adesso-gliela-faccio-vedere-io-a-quella”: prese la sua penna per mancini ed iniziò a scribacchiare sul foglio, con aria infuriata: quando ebbe finito appallottolò nuovamente il biglietto e lo lanciò verso Caithleen prima che Liam, con il braccio teso premuto contro il suo, riuscisse ad afferrarlo.
“Ehi, Zayn, perché le hai scritto che è scema?”
“E’ vero.” Rispose l’altro atono, guardando davanti a sé a braccia incrociate e battendo il piede sulle mattonelle.
“…E poi comunque non è vero che sono già impegnato!” sbuffò il castano con un piagnucolio, mentre la campanella suonava e i primi bambini si precipitavano già fuori dalla classe.
Silenzio. Gravido. Assordante silenzio. Liam fissava Zayn e Zayn fissava le scarpe multicolor di Linda sparire dietro la porta dell’aula.
“.Questo lo dici tu, Liam Payne.” Mormorò con gli occhi ridotti a fessure e le guance scarlatte, mentre filava fuori dalla classe, giustificando il rossore della sua pelle con il gran caldo.
Liam, accigliato, si affrettò a seguirlo verso la mensa.
Oh, non l’aveva mica detto che quel bambino era proprio strano?

 

***




 
L’angolo della pseudo-autrice.
Ciao a tutti, mi chiamo Fabia e di professione sono una pseudo-scrittrice. Sono la stessa che ha scritto la OS strappalacrime –ed anche strappa bocce, forse- di It’s all your own fault, che si salva probabilmente solo per il titolo figo e per l’amore delle cinque recensioni e dei dieci preferiti che mi avete lasciato e che mi hanno reso euforica per circa tre settimane.
Avevo intenzione di pubblicare taante OS Ziam, possibilmente una prima di Natale, ma sono una ritardataria cronica e quindi anche voi mi conoscerete per la mia scarsa puntualità e per la mia distrazione con margini d’errore veramente molto ampi. Quest’altra bambina è stata concepita durante le mie infruttuose ore di lezione a scuola: in realtà parla di bambini che frequentano i primi due anni delle elementari, ma vi posso assicurare che metà delle cose descritte sono comuni anche ad una quarta del liceo scientifico. Quindi devo ringraziare i miei compagni di banco con i quali passo cinque ore della mia splendida vita a pasticciare le guance di colla e a riempirmi di segni di pennarello indelebile che vanno via solo dopo una strofinata intensiva di acetone. Dodo, Mary, Andrea, grazie per essere tre insostituibili minchioni.
Adesso passo a voi, perché le note stanno diventando più lunghe di quel pillolone Ziam di quasi 2300 parole che vi ho appena rifilato: innanzitutto volevo ancora una volta ringraziarvi per tutte le letture, visite e appoggio che mi date. Poi: cosa ne pensate di questi One Direction teneri e paciocconi in versione prima elementare? Sono o non sono adorabili? Vi è piaciuta?
Che dite, continuo a scrivere qualche altra shot su di loro, magari estendendo anche qualcosina per il Larry?
Vi prego, fatevi sentire perché sobbarco di idee solo un paio di persone, e di questo passo andranno al manicomio prima dei vent’anni.
Con tanto amore,
Fabia.
 
 
   
 
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