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Autore: Gelidha Oleron    10/01/2013    2 recensioni
Ventitré come i miei anni.
Ventitré come le stagioni in cui ero stato lontano dalla mia Sophie.
Ventitré come i passi che feci per raggiungere l'indegno.
Ventitré come i secondi che mi separavano dalla morte.
(CP9: KAKU.)
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaku
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Mancavano ormai pochi minuti all'inizio della cerimonia: mi guardai allo specchio e mi sistemai il nodo alla cravatta, tradendo un tremolio emozionato.

Era da tanto che aspettavo quel giorno e finalmente era arrivato: si erano riuniti per noi tutti i nostri amici e parenti, anche i più lontani, per imprimere nella memoria quel momento così importante nella vita di entrambi.

Diedi un ultimo sguardo al riflesso nello specchio, dopodiché mi sforzai di guardare altrove. La tenda bianca che mi ospitava era stata attrezzata con tutti i comfort necessari: pettine, gel, dopobarba e profumo da uomo molto costoso.

Ma il mio nervosismo non si concesse pace e sbirciai nuovamente la mia immagine nell'attrezzo ovale che mi stava di fronte con ancora più perplessità: una nuova figura però catturò la mia attenzione, un'ombra bianca alle mie spalle che notai solo grazie all'ausilio dello specchio e che mi fece sussultare.

"Sophie!" mi voltai immediatamente con occhi sbarrati "Che...che ci fai qui?" non potei fare a meno di squadrarla da capo a piedi e di constatare quanto fosse bella in abito da sposa: il suo vestito era lungo e semplice, così come la sua chioma bionda sciolta sulle spalle e il suo trucco appena accennato.

"Shhh!" portò un dito sulla mia bocca e mi sorrise "Non resistevo, ero troppo curiosa di vederti" mi osservò compiaciuta anche lei "Stai benissimo"

Il suo commento gentile mi fece arrossire parecchio "Ma...sai che porta sfortuna vedersi prima? Perché non..." ammutolì i miei balbettii impacciati con un lungo bacio.

"Mi piaci, sposo" le sue parole non fecero altro che farmi increspare le labbra in un malizioso sorriso.

"Davvero?" non riuscii a trattenermi e presi a baciarla sul collo, mentre lei mi stringeva i capelli.

"Sai, mi sei sempre piaciuto senza quello stupido capello" confessò sinceramente, adagiando il suo corpo sul tavolino in legno alla nostra destra e attirandomi a sé con la cravatta.

Sbuffai "Ma che dici?" mi portai istintivamente una mano sulla testa, ma per tutta risposta la ragazza ne approfittò per liberarmi dalla giacca nera.

"Sophie..." sussurrai con ardore, mentre le mie mani non si arrestavano e tendevano lussuriose verso le sue gambe ormai scoperte "Non dovremmo...sai..."

Ma in un istante il nodo alla cravatta fu allentato e i primi bottoni dell'immacolata camicia bianca sbottonati "Ti amo, amore mio"

"Ti amo anch'io, ma..." scoppiai a ridere, mentre cercava di provocarmi aggrovigliando le gambe attorno al mio bacino "Per favore, non rovinarmi la reputazione di bravo ragazzo: la stai mettendo seriamente a rischio"

Rise anche lei, cercando di alzarsi e vedendo i suoi tentativi ostacolati dai miei continui baci impazienti "Sei sempre il solito, Kaku"

Una volta che fummo in piedi, posò delicatamente la testa sul mio petto e si strinse tra le mie braccia, ammirando la nostra immagine allo specchio insieme a me "E' davvero un bel ritratto, non trovi?" le chiesi con dolcezza, passandole una mano tra i capelli.

Lei sospirò, poi improvvisamente sciolse l'abbraccio e prese il mio volto tra le mani "Promettimi..." incalzò seria "Promettimi che mi resterai accanto qualunque cosa succeda, che sarai con me ed Eleanor nel bene e nel male, che chiuderai i battenti alla violenza e tornerai a fare il carpentiere qui a Kodama" esitò, i suoi occhi nei miei "Ti rendeva così felice...ristruttureremo l'officina di tuo padre e vivremo di cose semplici, come abbiamo sempre fatto...promettimelo prima di salire sull'altare, Kaku"

I miei pensieri andarono in tilt per un attimo: la mia esperienza nelle forze governative mi aveva insegnato tanto, mi aveva fatto fare cose orribili per poi farmi capire che tutto era sbagliato, che nella vita tutto è fugace e precario, che in un momento puoi trovarti all'apice del successo e il secondo successivo ritorni in profondità, nel fallimento, a rischiare di perdere le cose più importanti.

Ma qual era per me la cosa più importante? Gli occhi esigenti e preoccupati che mi stavano di fronte erano la risposta.

Sophie, come avrei potuto dirti di no? In tutte le vittime che mi ritrovavo a sacrificare, temevo di ammazzare e far fuori per sempre il ragazzino di cui tanto tempo fa ti sei innamorata, ho creduto più volte che non esistesse più questo fantomatico e contraddittorio me stesso, che mi stessi giocando tutto pur di avanzare nella mia irrefrenabile lotta contro il mondo intero.

Ma niente e nessuno ha cancellato noi, amore mio, nemmeno l'acqua di Water Seven ha saputo lavar via il ricordo di te e di questo cuore che ti è sempre appartenuto.

"Te lo prometto" conclusi con felicità, al che la ragazza mi abbracciò contenta e mi baciò di nuovo.

"Ora devo andare" si congedò poco dopo "Tua madre mi ammazzerà quando scoprirà che sono venuta da te"

"Ci vediamo all'altare allora" lasciai con rammarico la sua mano, consapevole che quando l'avrei ripresa sarebbe stata la mano di mia moglie.

Al pensiero, mi rallegrai: stava succedendo davvero.

 

 

 

 

 

Feci un respiro profondo e mi decisi a varcare la soglia della chiesa con le mani che mi sudavano, pensai probabilmente di star affrontando l'ennesima battaglia e quindi raccolsi tutto il mio coraggio. Ma non appena attraversai il corridoio, mi sentii immediatamente rinfrancato: a destra mia madre in lacrime, commossa forse dal grande passo che si apprestava a fare il suo primogenito; accanto a lei mia sorella Kyoko sorridente e radiosa, la quale mi scoccò un occhiolino d'assenso; e seduta in un piccolo angolino mia figlia Eleanor che reggeva soddisfatta le fedi su un cuscinetto bianco e rosa come il suo vestito, la quale mi sussurrò affettuosa un "Ti voglio bene" tra il silenzio.

Feci guizzare lo sguardo a sinistra, dove lo spettacolo era più o meno simile: primo tra tutti spiccava Rob Lucci in giacca grigia, che indugiò sui miei passi impassibile ed inespressivo; accanto a lui Jabura e Califa mano nella mano, il primo a sbraitare contro Lucci perché non l'aveva ancora perdonato per la questione di Gatherine, la seconda a sospirare a causa delle delicatezze del compagno e a guardarmi con affetto; poi Fukuro che cercava di zittire Kumadori per il suo incessante parlare della propria madre defunta; infine Blueno che si limitò a rivolgermi uno sguardo compiaciuto.

Voi: la mia forza, la mia motivazione, la mia spinta ad andare avanti.

Presi postazione agitato, ma anche rassicurato e, quando entrò Sophie, i nostri occhi s'incontrarono e non poterono mascherare una nota divertita di cui soltanto noi potevamo conoscere la ragione.

Accanto a lei mio fratello Milo, il quale si era offerto volontario di accompagnarla con un grande sforzo emotivo, dato che nei miei confronti si era sempre imposto di mostrarsi competitivo e polemico "Tutta tua, sapu-Kaku" mormorò al mio orecchio, mentre baciavo la fronte della ragazza e le sorridevo con gioia.

Annotai mentalmente di ringraziarlo: dopotutto, non era da lui indossare completi eleganti e comportarsi bene e il fatto che il giorno del mio matrimonio rappresentasse un'eccezione, mi lusingava.

Tutto andò alla perfezione, filando liscio ed intenso come il pianto di mia madre e, quando giunse il turno di Eleanor, la incoraggiai felice: la piccola fece piccoli passi verso noi e ci porse le fedi con aria solenne.

E dal momento in cui gli anelli presero posto sulle nostre dita, non ci fu più un numero a regolare le sorti della mia vita, ma una parola: una parola semplice, breve e concisa, una parola che pronunciai con convinzione e di cui non mi sarei mai pentito, una parola che ci avrebbe accompagnati tutti i santi giorni e sarebbe diventata la nostra risposta preferita al tempo trascorso insieme, una parola che, inevitabilmente, avrebbe suggellato il patto perfetto per l'eternità.

Sì. Mille volte sì. ©

 

 

 

 

 

 

 

E così finisce definitivamente “Ventitré”! Ero scettica sull’inserire o meno questa parte del matrimonio, ma dopo aver partecipato a quello di mia sorella mi sono decisa a scriverlo: paradossale, ma ci pensavo proprio il giorno stesso della cerimonia xD E contando che sto parlando del 27 ottobre, vi faccio capire come la conclusione di questa storia fosse già ben fissata nella mia mente da diversi mesi: il problema, come sempre, è il tempo che richiede il mettere le idee a poco a poco nero su bianco.

Ma spero che questo finale, come tutta la storia, sia stato di vostro gradimento e vi ringrazio di vero cuore per avermi seguita! Soprattutto te, Archi!

Ci sentiamo alla prossima, qualora lo vogliate ;)

 

  
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