Libri > I segreti di Nicholas Flamel
Ricorda la storia  |      
Autore: Porrima Noctuam Tacet433    10/01/2013    3 recensioni
[I segreti di Nicholas Flamel, l\\\\\\\'immortale.]
Passi. Passi umani.
Si avvicinavano, prima lentamente, poi sempre più velocemente. La creatura si abbandonò all’incoscienza, che sembrava chiamarlo, porgergli la mano. In un ultimo pensiero, pregò mentalmente il figlio degli homines di mettere fine alla sua vita da sopravvissuto.
Una raccolta di flashfic, senza un ordine temporale preciso e senza nessuna pretesa.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Immortali e segrete esistenze.

 

Sopravvissuto.

La creatura respirava affannosamente, come se facesse fatica a trovare aria. Disteso sulla roccia dura e fredda della grotta, le gambe ancora completamente immerse nell’acqua. Si rannicchiò su un fianco, con le ultime forze, e rimase così per quelle che gli sembrarono ore, ogni muscolo dolorante, il respiro che si indeboliva, la vista che gli si offuscava.

La sua mente precipitò in un limbo creato da ricordi e sogni, e prima che lui potesse accorgersene, si era già allontanata dalla realtà.

Delle grida di terrore e rabbia gli fecero pulsare le tempie, sostituendo il rumore del vento o lo scroscio delle onde che si infrangevano sugli scogli. Le grida del suo popolo. Poi si trasformarono in canti, i loro canti.

La creatura teneva i suoi enormi occhi spalancati, ma era capace di vedere solo dei colori, delle ombre, a volte delle immagini del suo passato, della sua gente, della sua casa. L’unica sensazione a trattenere la sua mente in quella grotta che avrebbe preferito non dover conoscere mai, era il dolore. Un dolore che partiva dal fianco e si propagava in tutto il corpo. Sentiva freddo. E non gli era capitato quasi mai in vita sua.

Con le orecchie ancora vibranti di quei canti ovattati e armoniosi e di quelle grida, la creatura si accorse appena di un rumore secco che riempiva con il suo eco tutta la grotta.  Passi. Passi umani.

Si avvicinavano, prima lentamente, poi sempre più velocemente. La creatura si abbandonò all’incoscienza, che sembrava chiamarlo, porgergli la mano. In un ultimo pensiero, pregò mentalmente il figlio degli homines di mettere fine alla sua vita da sopravvissuto. L’ultima cosa che vide prima di svenire, furono due occhi grigio ghiaccio posarsi su di lui.

 

Il figlio degli homines

<< Chi sei? >> chiese la creatura, in una lingua usata dagli homines di cui però non conosceva il nome, la voce vibrante di stanchezza e sorpresa.

<< Mi chiamo Niccolò Machiavelli >> rispose l’umano, nella stessa lingua.

L’uomo alto e canuto tese la mano con un sorriso divertito, come se sapesse già che la creatura non avrebbe compreso il significato di quel gesto. E non si sbagliava.

la creatura allontanò il suo palmo aperto con uno schiaffo, che produsse uno schiocco secco e che lasciò un po’ bagnata la pelle del figlio degli homines.

La breve risata di Machiavelli riempì la sala. Quella fu la prima volta in cui la creatura credette fermamente che l’italiano fosse pazzo. In futuro, avrebbe avuto questa impressione per questioni ben più serie, perché si sarebbe rivelato un homines pieno di idee e di stratagemmi fuori dal comune. Ma molto presto la creatura si accorse, inevitabilmente, che la linea che separava pazzia da genialità era davvero molto sottile.

Nome

<< Se davvero vuoi restare al mio fianco, allora dovrei come minimo sapere il tuo nome >> constatò Niccolò Machiavelli, seduto su uno scranno in legno, i gomiti appoggiati sulle ginocchia.                                                     

La creatura gli rivolse uno sguardo confuso.

<< Tra la mia gente non è così importante avere un… nome. >>

Non era così importante, si corresse, ingoiando a fatica la rabbia e forse anche un fiotto di tristezza.  L’immortale parve intuire almeno in parte ciò che gli passava per la testa, perché riprese a parlare subito dopo, con l’intento di allontanarlo dai pensieri cupi che gli offuscavano la mente.

<< Temo che dovrai scegliertene uno . Sai, l’eternità è lunga, e a quanto ho capito nessuno dei due ha intenzione di lasciare questo mondo tanto presto.  Dovrò pur chiamarti in qualche modo. >>

La creatura rimase in silenzio per qualche attimo, abbassando il capo, pensando che solo due giorni prima non sapeva nemmeno cosa volesse dire, avere un nome. Non aveva mai prestato attenzione a come veniva chiamato. Nessuno della sua specie l’aveva mai fatto, perché, in fondo, la sua razza era stata in grado di capirsi anche con una totale assenza di suoni.

<< Dagon. >>

Quell’unica parola fece alzare la testa a Machiavelli, e gli strappò un sorriso. La creatura ricambiò il suo sguardo.

Dagon. Era una parola della sua lingua natale, una parola che voleva dire più di quello che lasciava intuire dal suo suono quasi troppo semplice. 

Una parola che, nell’unica lingua degli homines che la creatura conosceva, si traduceva in più di un suono. Il suo significato, Dagon lo tenne sempre per se, forse per orgoglio, e Machiavelli non lo seppe mai.

In un altro Regno d’Ombra, nelle profondità delle  sue acque, quello che era diventato il nuovo nome della creatura veniva pronunciato di rado, forse nelle favole, ma sempre con vivo interesse.

Dagon, o anche Da Ghi on, salvato da un uomo.

Machiavelli avrebbe per sempre ricordato alla creatura, anche se involontariamente, il debito di riconoscenza che essa aveva nei suoi confronti, ogni qual volta l’avesse chiamato per nome. E se c’era una certezza che Dagon aveva in quel momento, era proprio il fatto di sentirsi grato nei confronti di quel figlio degli homines. In tutta la sua vita, non si era mai sentito così. E avrebbe ricambiato il favore, anche se l’italiano non gli avesse mai chiesto niente.

<< Allora, piacere di aver fatto la tua conoscenza… Dagon. >>

 

Domande

Dagon, nel tempo, pensò che Machiavelli potesse essere molte cose. Un mago, uno scrittore, un truffatore, un grande comunicatore.  Quando pensavi di essere riuscito a carpire tutti i suoi segreti, ecco che avevi sempre la netta sensazione che qualcosa ti fosse sfuggito. 

Machiavelli era una mente brillante, sopra le righe. I suoi sorrisi sembravano  più dei ghigni divertiti, come se il mondo avesse preso a girare al contrario e lui fosse l’unico ad essersene accorto.

Dagon non poteva evitare di provare una qualche ammirazione per quell’uomo che con la sua intelligenza manipolava le persone come fossero burattini nelle sue mani.  Conosceva bene l’animo umano, questo non era difficile capirlo, lo comprendeva a fondo, lo studiava con attenzione, per riuscire ad imprigionarlo in un dei suoi innumerevoli inganni. Eppure, delle volte i suoi occhi si velavano di compassione, di umanità. E l’immortale non sembrava vergognarsene per niente.

Astuto, talvolta spietato, ed estremamente curioso.  La curiosità era una caratteristica che proprio Dagon non riusciva a capire, forse perché non gli era mai appartenuta. E poteva leggere molte domande negli occhi grigi di Machiavelli, domande nascoste, che l’italiano fortunatamente teneva per se.

Che cosa è successo al tuo mondo?

Perché vuoi l’Ombra morta?

Da quale Regno d’Ombra provieni?

Dagon era sollevato dal non dover dare risposta, ma sapeva che Niccolò Machiavelli non avrebbe avuto bisogno delle sue parole per immaginarsi ciò che era accaduto.

 

Il canto delle balene

Era la prima volta che Dagon visitava un acquario, ma aveva già capito di odiarli. Perché mentre gli umani sgranavano gli occhi e i bambini indicavano saltellando le vasche, lui ricordava tempi antichi, rammentava ciò che aveva provato a dimenticare in tutta una vita, anzi, in diverse vite. Quella sete di vendetta che non era ancora riuscito ad assopire. E che voleva far scatenare contro l’Ombra, in tutta la sua potenza.

Machiavelli aveva insistito molto per andare da solo, ma Dagon, senza sprecare parole, gli aveva aperto la portiera della macchina, facendogli cenno di salire a bordo, con uno sguardo che non ammetteva repliche. L’immortale si era dovuto arrendere, alla fine. Dagon sapeva che Niccolò aveva molti nemici, nonostante rimanere dietro le quinte gli riuscisse benissimo, e quando la creatura aveva scelto cosa fare della sua vita da sopravvissuto, non aveva giurato solo di uccidere l’Ombra, ma anche di proteggere colui che lo aveva salvato. E fino a quando il figlio degli homines non fosse stato del tutto fuori dai guai, cosa quasi impossibile, Dagon lo avrebbe seguito.

La creatura si sistemò i grandi occhiali da sole sul naso e si abbassò il cappello, nervoso, mentre intorno a lui la gente gli rivolgeva fugaci sguardi perplessi. Machiavelli, con la consueta curiosità, si avvicinò alla parete opposta.

Guardandolo, Dagon si disse che non era stata una cattiva idea quella di accompagnarlo. Machiavelli non si poteva certo definire una persona prevedibile, e la sua guardia del corpo non avrebbe potuto permettere che, in un attimo di follia, l’immortale avesse improvvisamente deciso di prendere il volante .  Si sarebbe ammazzato contro il primo semaforo, se fosse riuscito a partire, si intende. Una morte misera, che di certo non rendeva giustizia alla sua persona.

<< Dagon! >> 

La creatura si riscosse bruscamente dai suoi pensieri, volgendo lo sguardo verso Machiavelli. L’immortale aveva indossato delle cuffie grigie e le teneva premute con due dita sopra le orecchie, senza curarsi, per una volta, di celare la sorpresa e l’ammirazione. Alzò gli occhi su Dagon, si tolse velocemente le cuffie, con un sorriso malizioso.

<< Senti, Dagon! >>  abbassò la voce, sapendo che anche sussurrando la creatura lo avrebbe sentito.

<< Somiglia moltissimo al tuo canto. >>  detto questo, alzò le braccia e gli fece indossare le cuffie.

Dagon rimase incantato. Sentì appena Machiavelli borbottare tra se qualcosa come “ Ma come ha fatto a sfuggirmi questa scoperta? “, mentre si riempiva la testa di quei suoni armoniosi, così simili alla sua voce.

Gli acquari non erano poi così male, e gli occhi di Niccolò Machiavelli sembravano dirgli la stessa cosa.

<< Il canto delle balene >>  lesse l’immortale, sul cartello lì a fianco, con un ghigno ammirato.

 

Niccolò, tu lo sai. Lo sapevi da molto prima che Dagon si togliesse gli occhiali e le scarpe per inseguire la vendetta che desiderava ardentemente da secoli. Non c’è niente che non abbia un epilogo, nel mondo. In qualsiasi mondo, un odio così profondo non può che portare alla distruzione.

Ascolti con un orecchio solo John Dee, che ti chiede se davvero Dagon  ha qualche possibilità.

<< Ne sono sicuro. >>

Menti, Machiavelli. Tu menti sempre.

Ma forse è meglio così.

Hai fatto una promessa.

Di amici ne hai già persi tanti, e altrettanti non li hai mai considerati tali. Avresti potuto, non l’hai fatto. Non te ne penti, dopotutto.

Non avresti potuto fermarlo, e speri che il tuo servo sappia quello che fa. Ma è stato lui a guardarti, per un brevissimo istante, come per dire “ da adesso in poi, dovrà davvero imparare a guidare, signor Machiavelli.”

Non sei triste, né preoccupato. Non avrebbe senso esserlo, non ora che anche tu hai un compito da portare a termine. Eppure adesso sei tu a dover salire in macchina al posto di guida.

Con due passi superi le scarpe nere lasciate abbandonate sull’asfalto.

 

Salve! : D

È da molto che non pubblico niente, ed è da molto che voglio farlo. La storia non è venuta fuori proprio come speravo, forse, ma è già qualcosa! Il primo passo dopo la completa mancanza di ispirazione! Scusate se non riesco a scrivere niente sui personaggi buoni. È più forte di me, ma non è tutta colpa mia, Scott sa creare dei “cattivi” trooooppo fantastici! ; )

Non so se la caratterizzazione dei personaggi risulti un po’ OC. Boh, ditemelo voi, se avete voglia ; )

Ciao!

 

 

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > I segreti di Nicholas Flamel / Vai alla pagina dell'autore: Porrima Noctuam Tacet433