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Autore: CowgirlSara    30/07/2007    7 recensioni
Lo sappiamo, il colonnello Roy Mustang è l'incontrastato rubacuori del comando centrale. Ma cosa succederebbe se sulla sua strada arrivasse un degno rivale? E, soprattutto, come reagirebbe il colonnello se quest'ultimo insidiasse le grazie di un certo tenente?
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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dance for three - 5
Eccoci qua. Come sempre, arrivata alla fine di un’avventura, mi prende quel vago senso di malinconia, inevitabile quando si trae soddisfazione da un lavoro. Succede anche a voi? Eggià…

Stavolta non risponderò una per una alle recensioni che mi avete lasciato (oddio, siete stati troooooopppppoooo buoni!!!!), non per pigrizia, ma solo perché molti dei vostri dubbi saranno chiariti da questo ultimo capitolo e poi perché non saprei davvero che dire per rispondere ai vostri (per me esagerati) complimenti. Vi posso solo dire:     GRAZIE!!!!!!!
Per me è un soddisfazione enorme, credetemi, enorme, essere riuscita con questa storia senza troppe pretese a conquistare se non il rispetto, per lo meno la stima di persone come voi. Grazie ancora! Mi avete davvero commossa!

Cosa altro dire? Non sono proprio soddisfattissima dell’epilogo, a voi il giudizio. Spero che gradirete questo finale leggermente melenso. Aspetto i vostri commenti e… tra qualche giorno controllate il capitolo, perché penso che aggiungerò la risposta alle recensioni finali in una postilla.

Grazie ancora a tutti, di cuore. Un bacio
Sara

5 - Salva l’ultimo ballo per me

Un paio d’ore dopo, quando la cena era finita ed il ballo era nel vivo, Riza si avvicinò al tavolo delle bevande. Anthony era andato in bagno e lei ne approfittava per rinfrescarsi la gola.
“Complimenti, è un bellissimo vestito.” Le disse una voce ben conosciuta.
La donna si voltò, per trovarsi davanti il colonnello che le sorrideva con gentilezza. Lei abbassò gli occhi imbarazzata, cercando qualcosa da guardare che non fosse il bellissimo uomo che aveva davanti. Averlo di fronte, negli ultimi tempi, le dava una gran pena al cuore.
“Grazie…” Mormorò quindi.
“Sono belli anche i fiori.” Continuò Roy, indicando il piccolo bouquet di rose bianche bordate d’azzurro. “Glieli ha presi il Maggiore Paul?”
“Certo.” Rispose Riza, osservando i fiori. “S’intonano col vestito…”
Vorrei che tu t’intonassi con me, come una volta… pensava lui, nel frattempo, con una certa tristezza. Non possiamo più ignorare questa cosa tra noi, Riza…
“Amelia è deliziosa, stasera, davvero molto carina.” Riprese la ragazza, lanciando un’occhiata alla segretaria, che conversava con alcune persone dall’altra parte della sala.
“Già…” Fece lui, seguendo il suo sguardo, ma tornò subito a guardare lei. “È una donna molto intelligente e dolce, l’avevo sottovalutata.”
“Lei sottovaluta sempre le donne, Signore.” Intervenne Riza con un sorriso.
Gli occhi di Roy si fecero improvvisamente seri, fissandola. Erano scuri e profondi, pieni di pensieri ed emozioni come non li vedeva dai tempi di Ishbal. Le si svuotò lo stomaco davanti a quelle profondità e si sentì scivolare via.
“Non ho mai sottovalutato lei, Tenente.” Le disse con un fremito nella voce.
Riza scosse il capo, cercando di respingere quella nuova intromissione nella sua anima. Non credeva che Roy fosse consapevole di quanto riusciva ad andare a fondo dentro di lei, ma le faceva male e non poteva permetterglielo.
“Roy, io…” Balbettò la ragazza abbassando gli occhi.
“Io devo…” Tentò lui.
“Riza, tutto a posto?” Domandò una voce maschile alle loro spalle.
Si voltarono per vedere il maggiore Paul che arrivava. Si portò accanto al tenente e le circondò la vita con un braccio. Mustang seguì con disapprovazione il gesto, poi alzò uno sguardo ostile su Anthony, che rispose con aria seria.
“Allora, tutto bene?” Chiese ancora una volta Anthony, rivolgendosi di nuovo alla donna.
Lei lo guardò, distogliendo finalmente gli occhi da Roy. “Sì, certo, ci stavamo solo… salutando.” Rispose infine, incrociando nuovamente lo sguardo dell’uomo dai capelli neri.
“Beh, buonasera, Colonnello.” Salutò quindi il maggiore, poi si girò verso Riza. “Che ne dici, balliamo?” Lei stentò un attimo prima di voltare il capo, ma poi annuì sorridendo. “Credo che anche lei dovrebbe invitare la sua dama, Colonnello.”
A quell’invito, Roy spostò gli occhi da quelli di Riza, tornati ancora su di lui, a quelli di Anthony. “Stia certo che lo farò.” Gli rispose duro.
“A più tardi, Signore.” Soffiò Anthony, trascinando via la donna. Ma questo non impedì un ulteriore capitolo del gioco di sguardi tra lei e Roy. Un altro triste capitolo.
Il colonnello Mustang prese con rabbia un bicchiere di champagne e lo bevve tutto in un fiato. Aveva ragione Paul, perché diavolo continuava a perdere tempo? Era meglio che ballasse con Amelia e la finisse di pensare a Riza. Sì, ma come faceva se lei c’era? Non solo fisicamente, nella sala da ballo, ma nella sua mente, nel suo cuore. Riza esisteva, solida, viva. E sentiva che, se l’avesse persa, i fantasmi annidati nella sua anima sarebbero tornati fuori e, senza di lei, come avrebbe fatto a respingerli?
A distrarlo dai suoi pensieri fu una figuretta rosa che si avvicinò leggermente traballante al tavolo e afferrò veloce un bicchiere di champagne alla fragola. Roy la guardò preoccupato. Era, all’apparenza, allegra, ma la sua gaiezza era senz’altro dovuta all’alcool, perché i suoi occhi non erano proprio vivaci. L’uomo le scostò delicatamente una ciocca di lunghi capelli biondi dalla spalla e ci posò sopra una mano calda.
“Winry…” Chiamò piano; la ragazzina sussultò appena, volandosi.
“Oh, Colonnello, buonasera!” Salutò quindi, con allegria etilica. “Ha sentito quant’è buono questo coso alla fragola?”
“Winry, quanti ne hai bevuti di quelli?” Le domandò con tono paterno, non poteva permettere che quella ragazzina si ubriacasse.
“Eh… ecco… due o tre…” Balbettò incerta lei. “…forse… cinque…” Roy roteò gli occhi, era già bella che partita, questi adolescenti!
“Tesoro…” Riprese gentile l’uomo, sfilandole il bicchiere di mano, Winry lo guardò male. “…adesso è meglio se vai a prendere una boccata d’aria…”
“No!” Si oppose la ragazza, stringendo i pugni. “Lo so io cosa è meglio!” Dichiarò quindi, mentre lui la fissava sbalordito. “Sarà meglio che quell’idiota patentato di Edward Elric si decida ad invitarmi a ballare, sennò… sennò… Questo è un ballo, no? E allora perché io non ballo, eh? E dove cavolo si è ficcato quel coniglio di Ed?! Si può sapere?!”
Ah, ecco qual era il problema! Quando beccava Acciaio gli faceva un culo come una rosa! Mollare quella povera ragazzina da sola, in balia dello champagne alla fragola! Senza contare che, vestita a quel modo, era davvero deliziosa e, in quello stato, poteva fare brutti incontri. Si guardò intorno e, per fortuna, vide Shieska a qualche metro da loro.
“Aspetta qui, cara, che vado a cercarlo.” Le disse, tenendola delicatamente per le spalle. “Adesso ti porto da Shieska e andate un po’ fuori sul balcone, ok?” Winry annuì. “A Ed ci penso io…” Lei annuì ancora, con sguardo fiducioso e Roy l’accompagnò dall’altra ragazza.
Affidata Winry all’amica, finalmente poté dedicarsi ad Amelia, che, dopo aver seguito la scena, lo aspettava con un sorriso. Era vero, aveva proprio sottovalutato quella ragazza, era una che capiva le cose e non era giusto che la trascurasse così.
“Tutto a posto?” Gli domandò lei, quando l’uomo la raggiunse.
“Sì, ha solo bevuto un po’ troppo.”
“Oh, poverina…”
“Balliamo?” Le propose però lui, distraendola dall’osservazione di Winry e Shieska. Amelia annuì sorridendo, gli porse la mano e si fece portare al centro della sala.

Passò circa un’ora, durante la quale si susseguirono balli e pause. Edward non si fece vivo, almeno sulla pista. Il colonnello, però, si era praticamente dimenticato della vicenda, poiché ogni volta che alzava gli occhi sugli altri ballerini, si trovava ad incrociare quelli di Riza, la qualche, ovviamente, li chinava subito quando si accorgeva che lui la guardava.
La faccenda andò avanti per un po’ e la donna, infine, si stancò. Era spossante dover evitare quegl’occhi e aveva paura che Anthony se ne accorgesse. Approfittò di una pausa per dire al suo accompagnatore che andava alla toilette e si allontanò veloce.
Il colonnello Mustang, in quel momento, si era fermato per bere ed era accanto al solito tavolo con Amelia. Quando vide Riza staccarsi dal maggiore e prendere la via per i bagni, pensò che doveva approfittarne, c’erano cose che voleva chiarire in tutti i modi. Stava per dire alla sua dama che andava in bagno, ma si rese conto che non poteva mollarla di nuovo.
“Colonnello…” Lo chiamò qualcuno alle sue spalle; si girò e vide Havoc. Ah, per una volta il sottotenente giungeva a proposito! “Il Comandante…”
“Jean Havoc!” L’interruppe però il suo superiore, stupendolo.
“Sì?” Fece il ragazzo perplesso; Roy lo prese per un braccio, portandolo accanto a se.
“Sottotenente Jean Havoc le presento la signorina Amelia Rose.” Fece il colonnello con un sorriso.
Lo sguardo dei due giovani s’incontrò. Lei sorrise e chinò gli occhi, arrossendo appena. Lui si grattò la nuca imbarazzato. Era un buon inizio, pensò Mustang.
“Posso lasciarvi un attimo da soli?” Fece l’uomo, ponendosi tra i due e tenendoli entrambi per un braccio, come ad unirli. “Dovrei andare alla toilette.”
“Ma prego…” Mormorò Amelia.
“Faccia pure…” L’assecondò Havoc.
“Bene!” Esclamò soddisfatto Roy, prima di lasciarli e incamminarsi un po’ troppo velocemente.
Dopo qualche secondo d’imbarazzo e risatine nervose, Amelia alzò gli occhi in quelli di Jean. Era carino. Begl’occhi blu. Magari aveva un’aria un po’ imbranata, però…
“Così lei collabora col Colonnello Mustang…” Buttò lì, per intavolare una conversazione.
“Eh, sì…” Rispose Jean, cui mancava disperatamente una sigaretta.
“È una persona speciale, eh?” Lui annuì non proprio convinto. “Com’è lavorare con lui?” Gli chiese quindi.
“È… ecco, è… avventuroso…”
“Addirittura…”

Roy era di fronte all’elegante porta imbottita che conduceva al corridoio dei bagni, indeciso. Quando allungò la mano per afferrare la maniglia, la porta, con un soffio, si aprì verso l’interno e Riza uscì fuori a testa bassa.
La donna alzò gli occhi e si trovò davanti il volto leggermente sorpreso dell’uomo. Non riuscì ad evitarsi un forte tuffo al cuore e, nel tentativo di impedire una conversazione come la precedente, abbassò di nuovo il capo e fece per superare Mustang.
“Riza, aspetta!” La richiamò però lui, allungandosi nel tentativo di afferrarla; non ci riuscì, ma la ragazza si voltò, colpita dalla confidenza in quelle parole.
“Che cosa vuole, Colonnello?” Gli domandò quindi e quella nota di disperazione nella sua voce non sfuggì all’uomo.
“Perché?” Le chiese Roy, avvicinandosi con sguardo tormentato.
“Perché cosa?” L’interrogò lei, mentre sentiva un improvviso tremito che risalendo dalle mani le invadeva tutto il corpo.
“Perché sei venuta al ballo con lui?” Le porse la domanda, fermandosi proprio davanti a lei.
Erano uno davanti all’altra, a solo un paio passi di distanza. Riza sentiva il calore emanare dal corpo di Roy, il suo respiro la raggiungeva, provocandole profondo disagio ed emozione. Lui la guardava negl’occhi, avvertiva il profumo dei suoi capelli sciolti, quasi gli sembrava di sentire il battito accelerato del suo cuore. O forse era il proprio, che gli rombava in petto.
“Perché lui me lo ha chiesto prima…” Rispose infine la donna, ostentando una freddezza che non possedeva in quel momento. Perché tu non me lo hai chiesto prima…
“Questo non conta!” Esclamò Mustang, battendo un pugno sul muro accanto a lei; cosa che li avvicinò ancora di più.
“Non conta?” Replicò la donna. “Non conta? Solo quello che vuoi tu conta, è vero?” Lui, che non si aspettava quella reazione, spalancò gli occhi e si scostò di un passo.
“Che vuoi dire…” Mormorò confuso.
“Voglio dire… perché sarei dovuta venire con te, sempre che tu ti fossi deciso a chiedermelo prima o poi, per starmene lì, in un angolo, con la mia uniforme, a guardarti ballare con un’altra!” Riza gli gridò questo con rabbia, mentre i suoi occhi diventavano lucidi.
Roy, sempre più perplesso e addolorato, la guardava aggrottando la fronte, rendendosi conto di non conoscere affatto quella donna che proclamava di amare, che lei gli aveva sempre nascosto una parte importate della sua anima. E lui voleva sapere ogni cosa, voleva scoprire i suoi lati oscuri, come lei conosceva i suoi.
“Riza, io…” Riprese con rammarico. “…io non volevo che mi accompagnassi come Luogotenente, volevo… volevo che tu fossi la mia dama, che indossassi questo vestito per me…” Le confessò, per una volta sincero.
La donna, indignata, si sottrasse a lui con un movimento fluido, dandogli le spalle. Non poteva permettersi di fargli vedere le proprie lacrime, quelle che versava per lui.
“Avresti dovuto chiedermelo prima.” Gli rimproverò dura. “Sarebbe bastato un giorno… sarebbero bastate poche ore…”
“Riza…” Tentò l’uomo, allungando una mano, ma lei si girò di scatto.
“No.” S’impose, negando col capo. “Adesso è troppo tardi, Roy.” Lui si sentì gelare da quelle parole. “Se non sbaglio c’è qualcuno che ti aspetta di là e… aspettano anche me.”
Mustang sospirò e rilasciò le braccia lungo i fianchi. Aveva ragione, era tardi. E c’erano troppe cose tra di loro. Se questa conversazione continuava rischiava di perderla per sempre.
“Buonasera, Colonnello.” Lo salutò Riza, prima d’incamminarsi verso la sala.
Roy, nonostante quello che si era detto fino ad un attimo prima, non riuscì a trattenersi e, stavolta, fece un lungo passo verso di lei e la prese per un polso obbligandola a voltarsi. Nella furia del gesto, l’uomo afferrò anche il bouquet, che si disfece. I fiori si ruppero ed i petali bianchi piovvero a terra in un triste valzer.
Entrambi li seguirono con lo sguardo mentre cadevano, poi alzarono il capo e si guardarono. Avevano tutti e due gli occhi lucidi. L’espressione di Riza era triste e arrabbiata, quella di Roy rammaricata e confusa. La donna sfilò la mano dalla presa di lui.
“Scusa…” Sussurrò il colonnello.
“Lascia stare…” Replicò lei scuotendo la testa, poi si allontanò senza dire altro.

Roy restò qualche minuto in quel corridoio semibuio a commiserarsi, guardando i petali bianchi sparsi sulla moquette scura. Ogni cosa che faceva sembrava portarlo più lontano da Riza, si sentiva smarrito. Temeva non ci fosse modo di rimediare.
La porta dietro di lui, ad un tratto, soffiò di nuovo, aprendosi. Mustang si voltò e vide Edward uscire con espressione, strano per lui, timorosa. Si guardarono negl’occhi per un attimo, poi abbassarono subito il capo, entrambi imbarazzati.
“Hai sentito tutto?” Domandò il colonnello, mettendosi dritto e dignitoso come un vero soldato deve sempre essere, soprattutto nei momenti di difficoltà.
“Sì…” Ammise Ed sconsolato.
“Bene.” Annuì un compito Roy, guardando da tutt’altra parte.
“Mi dispiace…” Affermò tristemente il giovane alchimista, sembrando veramente addolorato. “È una brutta situazione.”
“Hm…” Fece l’uomo con un’alzata di spalle. “Mi ci sono cacciato da solo, quindi penso che dovrò tentare di uscirne allo stesso modo.”
“Davvero, sono molto dispiaciuto.” Rincarò il ragazzo.
“Ti ringrazio per la solidarietà, Acciaio, ma preferirei tentare di sollevarmi da questo lago di letame in solitudine.” Replicò amaro il colonnello.
“Beh, allora, se è così… la lascio…” Dichiarò mesto Ed, superando Roy con un’ultima occhiata preoccupata. L’imbarazzo, comunque, lo vinse ed evitò di guardarlo ancora.
“Ah, Edward.” Lo richiamò però il superiore, sorprendendolo, perché non lo chiamava quasi mai per nome.
“Sì?” L’interrò il ragazzo, dopo essersi girato verso di lui.
“Non essere stupido come me.” Gli consigliò, facendogli aggrottare le sopracciglia. “C’è una ragazza molto carina, di là, con grandi occhioni blu e un bel vestito, ha bevuto un po’ troppo, ma credo che se tu la invitassi a ballare ne sarebbe molto felice.”
Edward spalancò la bocca in un sospiro colpevole, poi ripensò al modo indegno in cui aveva abbandonato Winry e chinò gli occhi.
“Grazie, Colonnello.” Disse infine, consapevole delle sue colpe e pronto a rimediare.
“Di nulla, Acciaio.” Incassò l’uomo, con un cenno umile. “Fatti valere, non prendere esempio da me, se te la lasci scappare, poi te ne pentirai.”
Il ragazzo annuì, guardandolo entrare dalla porta dei bagni con aria abbattuta, ma pur sempre rivestito del suo contegno da militare. Ed, quindi, prese un lungo respiro. Basta errori, per quella sera, si disse, prendendo spedito il corridoio che conduceva in sala.

Il colonnello Mustang tornò in sala quasi mezz’ora dopo averla lasciata. Era rimasto in bagno a riflettere, guardandosi allo specchio e dandosi dello stupido. La situazione sulla pista da ballo si era, nel frattempo, evoluta.
Edward e Winry ballavano piano, al ritmo di una musica ormai lenta e dolce, che si accordava con la stanchezza degli utenti e dei ballerini a fine serata. Lui era un po’ più basso e la ragazza, per poggiare il capo sulla sua spalla, si doveva piegare un modo un po’ strano, ma dal sorriso sulle sue labbra si sarebbe detto che non le costava troppo. Erano proprio una bella coppia, pensò Roy.
Spostando lo sguardo, il colonnello incontrò un’altra coppia, a dire il vero un po’ più impacciata, ma altrettanto carina. Havoc e Amelia erano un po’ più spostati verso le grandi finestre e tentavano di ballare, pestandosi reciprocamente i piedi ad ogni passo, tra scuse e sorrisi. Si erano proprio trovati, quei due, lo sapeva che sarebbero andati d’accordo.
Roy sbuffò un sorriso. “Sembra che qualcosa di buono, alla fine, stasera l’ho fatto…” Commentò scuotendo il capo.
Non vide Riza. A dire il vero non la cercò nemmeno. Non voleva vederla con lui. Pensò di andare via, ma poi si diresse verso la sala del banchetto e sedette ad un tavolo vuoto. La bottiglia di champagne, per fortuna, non era vuota. Per l’ennesima volta, nella sua vita, pensò di tendere pericolosamente all’alcool…

Era passata mezzanotte, quando Anthony e Riza decisero di andare via. L’uomo sembrava particolarmente stanco e annoiato e lei, dopo lo scontro con Roy non era certo dell’umore migliore.
I due ufficiali, allora, ritirarono i soprabiti al guardaroba e si diressero al parcheggio. La notte era umida e fredda, non c’era la luna e una nebbia fine e bianca aveva cominciato ad alzarsi dai canali.
Il maggiore Paul precedeva il tenente Hawkeye e lei si domandava il perché di quell’atteggiamento; lui, difatti, non era mai stato un tipo distaccato, ma quella sera sembrava distratto, pensieroso.
Giunti nel parcheggio, Riza lo vide fermarsi e lei fece altrettanto. Tra le auto parcheggiate s’intrufolava già la lieve nebbia. La donna rabbrividì, guardando le ampie spalle contratte del suo accompagnatore.
“Che cosa facciamo, adesso?” Le domandò l’uomo senza voltarsi.
“Non capisco, Anthony…” Mormorò perplessa lei. “Andiamo a casa?”
“E, stasera, mi farai salire?” Replicò Paul, girandosi verso Riza.
La donna si gelò sul posto, lo guardò negl’occhi confusa, poi prese un lungo respiro. “Anthony io… ecco, io…” Balbettò quindi.
“Tranquilla.” Fece lui scrollando il capo, con espressione arresa ed un sorriso triste. “Lo so.”
“Che cosa vuoi dire?” L’interrogò la donna, insospettita.
“Andiamo…” Rispose lui, levando per un attimo gli occhi al cielo, per poi riposarli su di lei. “Non sono stupido, tu stasera hai parlato con me, cenato con me, ma avevi la testa altrove. Ballavi con me, ma desideravi le braccia di un altro.” Riza non poté che restare in silenzio, fissandolo attonita. “Non mi hai detto cosa è successo ai tuoi fiori.” Riprese lui poi, indicando il polso ormai sguarnito della donna.
Anche lei lo guardò, sollevandolo appena, quindi cercò di nuovo gli occhi di Anthony. “Solo un incidente…”
“Sì, un tamponamento col Colonnello Mustang…” Affermò ironico il maggiore; lei, a quella parole, trasalì. “Cosa vi siete detti?” Le chiese poi, con garbo.
“Niente di particolare.” Rispose Riza, cercando di tornare lucida.
“Non credo, o non saresti così turbata.” Soggiunse l’uomo.
“Ti garantisco che tra me ed il Colonnello non c’è niente.” Si sentì di precisare la donna.
“Di concreto, forse no.” Ribatté lui, mentre si girava verso destra, mettendosi ad osservare il canale che scorreva vicino al parcheggio. “Ma non è me che stai rassicurando con questa frase.” Aggiunse definitivo, lanciandole un’eloquente occhiata.
Trascorse qualche minuto di silenzio. Anthony continuava a guardare il buio nebbioso di quella notte. Riza, invece, avvertiva il freddo entrarle nelle ossa. Non si era mai sentita messa in difficoltà come quella sera. Lei era sempre stata una donna forte, indipendente, che prendeva le decisioni da sola, senza bisogno di troppi consigli; le sue uniche incertezze, i soli logoranti dubbi, glieli aveva sempre regalati il suo rapporto con Roy Mustang. Riza era una donna troppo razionale e intelligente, però, per permettersi di cedere ai suoi sentimenti verso di lui, troppo ligia al dovere per compromettergli la carriera. La sua, di carriera, al limite, poteva anche essere sacrificata, ma non quella del suo superiore.
Ma Riza, fino a quella sera, non aveva mai avuto la consapevolezza che sarebbe bastata una sua sola parola, per far esplodere la passione. Quella notte gli occhi di Roy non avevano mentito guardandola, non si erano nascosti dietro al dovere e al grado e lei non si era mai sentita così debole, così pronta a cedere. Povero Anthony!
“Sai…” Fece l’uomo, rompendo finalmente il silenzio. “…sono sempre stato un rubacuori, io, fin dai tempi della scuola.” Le raccontò senza guardarla. “Mi piace corteggiare le donne, vedere l’effetto che gli faccio.” Continuò, mentre tornava a girarsi verso di lei. “Ma non pensavo di andare tanto lontano da casa e trovare una donna che lo rubava a me, il cuore.” Confessò sincero.
“Oh, Anthony…” Mormorò rammaricata lei; il maggiore si avvicinò.
“Forse, per via della mia condotta col genere femminile, avevo delle colpe da scontare, altrimenti non capisco perché mi sia innamorato della donna di un altro…” Affermò mesto.
“Io non sono… la donna di nessuno…” Tentò il tenente in un moto d’orgoglio. Lui sorrise benevolo.
“Oh, Riza, forse ancora non te ne sei resa conto, ma è così.” Dichiarò Anthony, dolce, ma con tono inconfutabile.
“Che cosa succede, ora?” Domandò infine la donna, dopo qualche attimo passato a guardarsi negl’occhi.
Anthony chinò il capo, mantenendo il suo mesto sorriso. “Niente. Io riparto, la settimana prossima torno a casa.” Le disse.
“Oh…” Commentò soltanto la donna.
“Vorrei, però…” Riprese l’uomo, fissandola intensamente. “…poter portare con me almeno un tuo ricordo, un bacio.”
Riza sorrise e annuì. “Questo si può fare.”
Si avvicinarono, lui le prese il viso tra le mani e carezzò le sue guance morbide con i pollici, quindi si piegò su di lei, posando le proprie labbra sulle sue, in un contatto soffice. Fu un bacio breve e dolce. Quando si lasciarono lui guardò altrove e lei arrossì appena.
“Credi che…” Mormorò quindi il maggiore, sempre con lo sguardo rivolto alla notte. “Potresti tornare da sola? Io… io preferirei andarmene…”
Riza sorrise tristemente e abbassò il capo. Capiva il suo turbamento e si sentiva anche un po’ in colpa, per non essere riuscita a ricambiarlo.
“Stai tranquillo.” Lo rassicurò quindi. “Torno dentro e mi faccio chiamare un taxi.”
“Grazie.” Rispose immediato l’uomo, con un certo sollievo.
“Non c’è proprio niente di cui devi ringraziarmi, Anthony.” Replicò la donna, ancora imbarazzata da tutta la situazione.
“Verrai a salutarmi?” Le chiese infine lui, prima di andarsene.
“Ci puoi contare.” Assicurò il tenente con un sorriso, lui annuì.
“Buonanotte, allora.” La salutò poi.
“Buonanotte.” Rispose Riza, quindi lo guardò andare via velocemente, con un ultimo cenno di saluto, prima di sparire tra la nebbia.

Riza, rimasta sola, sospirò profondamente e poi si appoggiò di spalle contro il fianco di un’automobile parcheggiata. Doveva ancora riordinare le idee su quello che era successo. Rabbrividì per il freddo e si strinse nella giacca bianca, che non si era infilata ma aveva sulle spalle.
“Non posso credere che l’abbia lasciata qui da sola.” Affermò una voce familiare, con tono quasi scandalizzato.
Riza alzò gli occhi e fece un breve sorriso a Roy che si stava avvicinando. Non ripensò alla discussione che avevano avuto, perché le faceva piacere che fosse arrivato.
“Mi creda, ha le sue buone ragioni per farlo.” Replicò poi. “Ci osservava da molto?” Gli chiese poi, memore delle esperienze passate. Lui scrollò le spalle.
“So che i miei precedenti non depongono a mio favore, ma, mi creda…” Rispose il colonnello con un sorrisetto senza ironia. “…sono uscito dalla sala soltanto un attimo fa, ho visto… solo il bacio.”
Riza fece una smorfia buffa, levando gli occhi al cielo, mentre lui la raggiungeva, fermandosi a pochi passi da lei.
“Era un bacio d’addio.” Confessò la ragazza, guardando davanti a se.
Un bacio d’addio? Roy non sapeva se esultare, ballare o che. Il primo istinto sarebbe stato quello di abbracciarla e piangere dalla felicità. Doveva controllarsi, però. Tossicchiò, cercando di darsi un contegno. Ma cominciava a sperare che, forse,  i suoi timori fossero abbastanza infondati.
“È… finita?” Domandò infine, con voce più stentata di quanto avrebbe voluto. Riza gli dedicò un’occhiata retorica.
“In realtà… non credo che sia mai nemmeno iniziata.” Affermò con un’alzata di sopracciglia.
Roy, sopraffatto dall’emozione, con le gambe di ricotta e le mani che tremavano affondate nelle tasche, non riuscì a fare altro che appoggiarsi a sua volta contro la macchina, con un sospiro. Trascorsero qualche minuto così, fianco a fianco, persi nella contemplazione del vuoto.
“Mi deve perdonare, Tenente.” Dichiarò ad un certo punto Mustang, attirando l’attenzione della donna, che lo guardò.
“E per quale motivo, Signore?” Ribatté quindi, incuriosita.
“Perché sono un uomo complicato.” Rispose lui, alzando il viso verso il cielo scuro.
“È parte del suo fascino.” Replicò però Riza, riportando i suoi occhi su di se. “Se non lo fosse, non sarebbe più lei.”
“Sì, ma la faccio soffrire.” Soggiunse Roy, fissandola negl’occhi con le sue iridi cupe come la notte.
“Io sto bene.” Annunciò però lei, con un sorriso. “Non sto soffrendo… adesso.”
Lo sguardo che si scambiarono, fu sufficiente ad entrambi per capire che niente avrebbe mai potuto alterare la magia tra di loro. Il parlarsi con gli occhi. Il non aver bisogno di dire. L’Alchimia dell’Alchimista.
“Balliamo?” Propose allora Roy, scostandosi dall’automobile. Riza spalancò gli occhioni chiari.
 “Ma, Signore, qui? In un parcheggio?!” Esclamò piuttosto allibita.
“Chi l’ha detto che per ballare ci vogliono una sala e un’orchestra?” Proclamò lui tutto entusiasta, porgendole la mano.
“Beh, per lo meno la musica ci vorrebbe…” Precisò lei, ancora scettica.
“Oh, andiamo! Non sia così pragmatica!” Fece l’uomo, invitandola con un gesto. “La senta nella sua mente, la musica.” Le consigliò poi, con tono dolce e convincente.
E Riza, infine, sconfitta da quel tenero attacco, allungò la mano, che fu subito catturata da quella di Roy. Nello staccarsi dalla fiancata, però, le scivolò la giacca dalle spalle; lei la vide cadere e guardò l’uomo.
“Così ho freddo.” Affermò e fece per riprenderla, ma lui l’attirò a se, stringendole il braccio intorno alla vita.
“Lasci stare, la scaldo io…” Sussurrò poi, a pochi centimetri dal suo viso.
La donna sentì veramente come un fuoco divampare dall’interno del proprio corpo e si domandò fino a che punto si spingessero le prerogative del Flame Alchemist…
Iniziarono a ballare un valzer lento e, fin dai primi passi, si trovarono in perfetta sincronia, come se la musica nelle loro menti fosse la stessa, ritrovando quell’accordo che per troppo tempo era sembrato perduto. Piroettarono quasi senza peso sull’asfalto, con la nebbia che danzava con loro, tra i loro piedi, formando sinuosi vortici attorno alle pieghe dell’abito di Riza. Per tutto il tempo non smisero di guardarsi negl’occhi.
Si fermarono dopo un tempo che non seppero quantificare. Entrambi avevano un leggero fiatone. La ragazza rabbrividì, sentendo il sudore gelarle sulla schiena.
“Sta tremando.” Costatò Roy osservandola.
“Fa freddo…” Rispose lei, con un sorriso forzato, per l’emozione ancora forte e viva, ma anche per la temperatura di quella notte quasi invernale.
Il colonnello sorrise appena, con dolcezza, poi si scostò dalla donna e, con un gesto fluido, si tolse il cappotto e glielo depositò sulle spalle. Riza se lo strinse subito addosso, ristorata. E poi, era una sensazione bella non solo perché ne aveva bisogno. Quel soprabito era caldo, portava il tepore del corpo di Roy, il suo profumo. L’uomo le sorrise di nuovo e lei rispose nello stesso modo.
“La ringrazio.” Gli disse poi.
“Di nulla.” Rispose lui. “Riza, io…” Riprese poi, dopo qualche istante di reciproco imbarazzo.
“Sì?” L’incitò lei.
“Io…” Era chiaramente titubante, guardava ovunque fuori che nella sua direzione. “Riza, io volevo dirti tante cose, stasera…” Affermò infine.
“Lo so.” Fece la ragazza comprensiva.
“Vorrei solo che potessi capire.” Mormorò a voce bassa, chinando gli occhi e parlandole con sincerità. “Vorrei che tu vedessi cosa c’è oltre i miei doveri, i miei silenzi, i miei… fantasmi.” Io lo vedo, avrebbe voluto dire Riza, ma preferì continuare ad ascoltarlo. “Non sai quanto è dura la battaglia, tutti i giorni, con i sentimenti, i dubbi e le colpe…”
“La conosco bene, quella battaglia, Roy.” Lo rassicurò il suo tenente. Lui sorrise mesto.
“Voglio solo che tu ci sia, per combatterla insieme a me.” Le confessò infine. “Tu ci sarai, Riza?” Domandò poi, supplichevole.
E Riza fece una cosa che lui non si sarebbe mai aspettato da una donna, di solito, controllata come lei. Si avvicinò cauta, tolse le braccia candide da sotto il cappotto, gliele passò intorno al collo e, dopo essersi sollevata appena sulle punte, lo baciò. Con passione. A lungo. Roy, ad un certo punto, perse ogni controllo, l’abbracciò con forza e affondò nella sua bocca con la stessa determinazione di un naufrago che si aggrappa ad un pezzo di legno per non affogare. Lei rispose con una tenerezza che non credeva di possedere, realizzando che avrebbe dovuto farlo molto prima. Perché era perfetto come nient’altro.
Quando finì, tutti e due avevano respiro e battito accelerati; si guardarono negl’occhi, sorpresi e felici. Riza sorrise dolcemente.
“Non sono mai andata via, Roy.” Gli disse quindi, rispondendo alla sua precedente domanda.
L’uomo, preso dalla foga e dall’emozione del momento, l’afferrò per le spalle. “Oh, io ti…”
Riza, però, si sottrasse alla sua presa con garbo, interrompendolo. “Mi accompagneresti a casa?”
Roy sapeva cosa aveva fatto. Aveva bloccato una dichiarazione repentina, fatta sull’onda emotiva di quel magico istante, di cui avrebbe potuto pentirsi, anche se non lo credeva. Dio, se lo conosceva bene! La ringraziò mentalmente, aveva ragione: i tempi non erano maturi. Le sorrise.
“Volentieri.” Accettò, quindi, porgendole il braccio; lei lo prese con un sorriso e s’incamminarono verso l’auto del colonnello, scambiandosi uno sguardo complice.
Forse non era il tempo per le dichiarazioni, ma di certo lo era per qualcos’altro. Una dolce promessa dietro ad uno sguardo. La promessa di esserci per sempre.

Epilogo

Qualche settimana dopo, al quartier generale.
Era una mattina di sole, nonostante l’inverno fosse infine arrivato a Central City. Il colonnello Mustang stava ricevendo i rapporti dal tenente Hawkeye, osservandola compiaciuto e non capendo o memorizzando un beato cavolo di quello che diceva.
Oh, se era bella quel giorno! Negli ultimi tempi si ritrovava a pensarlo più spesso del solito. Forse perché lei sembrava diventata più consapevole, più donna. Sorrise sornione, chiedendosene retoricamente il perché.
Si scambiarono, infine, uno sguardo pieno di sottintesi, ma tenero e intimo, mentre lei gli porgeva un ultimo foglio, spingendolo verso di lui con le sue dita candide, che Roy avrebbe solo voluto prendere e baciare.
“E poi ci sarebbe questo, da firmare.” Gli disse con un sorriso.
Il colonnello prese la scheda con nonchalance, rispondendo al sorriso, poi abbassò gli occhi per leggerla. In un attimo la sua espressione si trasformò.
“Che cos’è?!” Domandò allarmato, alzando subito gli occhi su Riza.
“Il modulo d’iscrizione alla Maratona di Central City.” Spiegò tranquilla la donna, continuando a sorridere.
“Ehhhhh?!” Sbottò lui incredulo.
“Per gli allenamenti possiamo cominciare domattina alle quattro.” Affermò poi, distrattamente, il tenente, mettendosi a spulciare una cartellina.
“Alle quattro?!” Esclamò Roy, strabuzzando gli occhi.
“Va bene.” Soggiunse Riza comprensiva, con un sorriso materno, lui si fece speranzoso. “Alle quattro e mezzo.” Concesse, con l’espressione che diventava improvvisamente cinica.
“Ergh…” Si lamentò il colonnello, crollando sui rapporti da firmare.
“Su, su, non faccia così!” L’incitò lei, mentre usciva dalla sua stanza. “Ci aspetta molto lavoro, se vogliamo vincere!”
Roy, quando la voce di Riza si fu spenta nell’altra camera, sospirò sconsolato, posando il mento sulla mano sollevata. Sapeva che lei, prima o poi, gliel’avrebbe fatta pagare. Doveva averla fatta penare parecchio, con il suo comportamento tormentato e indeciso degli ultimi tempi, se Riza era andata a ritirare fuori quel suo accenno alla Maratona, per altro chiaramente sarcastico…
Il principio dello scambio equivalente, forse, valeva anche in quella circostanza. Lui aveva fatto soffrire Riza e lei si rivaleva facendogli correre una maratona. Ma, allo stesso tempo, Roy aveva sofferto, moltissimo, ed ora era ripagato con la più dolce delle monete…
E allora, forse, poteva anche faticare un po’ e fare la gara, se poi, alla sera, distrutto dalla fatica, avesse trovato una buona cena ed un bagno caldo. Una bagno da fare in compagnia, magari…
“Allora, lo firmi o no, quel modulo?” Gli domandò una voce dolce all’orecchio; Roy sussultò alzando gli occhi. Riza era tornata lì e gli sorrideva.
Il colonnello fece un sorriso, poi afferrò la sua stilografica e, con un gesto fluido e deciso, virò la sua firma in fondo all’iscrizione. Il tenente scosse il capo e prese il foglio.
“Sei proprio uno sciocco.” Gli disse quindi, con una dolcezza tale che non sembrava proprio un insulto. Lui la guardò sorpreso, mentre usciva dalla stanza, appallottolava il modulo e lo buttava nel cestino della carta.
Roy si lasciò andare contro la spalliera, ridendo piano e scuotendo la testa. Quella donna non avrebbe mai finito di sorprenderlo! E l’amava per questo.
Riza gli lanciò un ultimo, dolcissimo sguardo sorridente. Roy rispose allo stesso modo. Non c’era niente che valesse quanto lei. Era stato stupido a pensare che qualcuno potesse portargliela via. Solo ora, che la sua protettiva presenza gli era così vicina, capiva che niente e nessuno avrebbe potuto privarlo del suo amore. E così sarebbe stato per sempre.
Ti amo, Riza. E te lo dirò presto. E, stavolta, non mi fermerai… Pensò Roy sornione, rimettendosi a firmare carte, prima che il suo tenente tornasse armato…


FINE



   
 
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