Lo
spettro ha capelli biondi e un candido sorriso.
Avanza
con dolce eleganza, in movenze danzate, sciolte.
È alto,
e bello, di una bellezza estranea e luminosa.
Appesi
al suo collo, le bocche identiche e disordinate dei gemelli.
Giuliano
resta fermo, incerto, guardandosi intorno. Nessuno avanza per dare il
bentornato a Fortunato l'equilibrista, né per salutare i suoi straordinari
accompagnatori.
Infine
Iris si stacca dal gruppo e avanza. Scuote la testa, senza capire.
Fortunato
resta avvinghiato al bianco spettro, come se temesse di perderlo. Poi
timidamente allunga una mano e scivola nelle braccia del vecchio amico.
Sussurri
di risate e ruscelli di tenerezza si rovesciano nelle loro orecchie.
Quello
che pare il suo riflesso lo osserva con indulgenza, posa un bacio sul collo
dello spettro.
Appoggia
la guancia sulla sua spalla e resta così, felice, sorridendo alla sua gente
ritrovata.
Fortunato
siede sul tavolo e ride scuotendo i capelli.
Suo
fratello è accucciato ai suoi piedi e tiene gli occhi socchiusi, ma non smette
di vigilare sul loro spettrale compagno.
Desiderio,
questo è il suo nome, resta un po’ in disparte, occupando il solito posto di
Giuliano.
Questo
esita nel raggiungerlo, poi lo fa simulando disinvoltura.
Il
sorriso del giovane albino è accecante.
-È
incredibile vederli ridere, vederli cantare. Non smetterò mai di stupirmi, di
ringraziare il cielo per questo miracolo.
Giuliano
risponde al sorriso senza capire. Desiderio annuisce e torna a volgere lo
sguardo sui suoi amati fanciulli. –Conosco Dalj da due anni e non l'ho mai
visto sereno. Certo, Elje deve sempre aver dato un'impressione diversa, eppure
se lo si guarda a lungo negli occhi non si possono ignorare le ombre.
Giuliano
ascolta, rassegnato a una nuova storia di dolore. Sa che il dolce compagno di
Iris è differente dalla creatura che credevano di conoscere. Sa che addirittura
il suo nome era falso, Fortunato, semplice maschera ingannatrice. Quello
spirito libero è nato come Elje, e si è riappropriato del vero nome nello
stesso momento in cui riabbracciava il gemello.
Giuliano ricorda la voce di Iris librarsi, raccontare la storia dell'equilibrista, del suo lutto profondo come l'urlo rimasto cacciato in gola. Desiderio ha ragione: le ombre negli occhi sono troppo oscure per permettere alla luce di filtrare.
-Come
hai conosciuto suo fratello?
-Dalj è
un regalo di mio padre. L'ha comprato in un bordello per festeggiare il mio
diciottesimo compleanno. Non puoi immaginare la mia emozione nel vederlo.
Coperto dall'ambra della lanterna, era la creatura più bella che avessi mai
contemplato. Nonché la più ferita. Era come prigioniero dei suoi occhi, non
permetteva più al suo spirito di uscire allo scoperto. Stava annegando nel
dolore. Non è stato facile aiutarlo. Troppe volte l'ho odiato per il suo caparbio
desiderio si soffrire, di perdersi nei labirinti della mente. L'ho odiato con
una tenerezza pari solo a quella che ho provato nell'amarlo. Lui ha ripercorso
negli incubi tutta la sua vita, i suoi dieci anni di libertà. Ma non ricordava
niente di Elje. Il suo gemello era un'ombra indistinguibile, confusa agli abusi
patiti. Io stesso, con tutta la mia abilità nel leggere le menti, non avevo mai
percepito la sua esistenza. Quando riconobbe il proprio nome, credetti che il
calvario fosse finito. Eppure lui sentiva il peso di questo tremendo vuoto, era
come un coltello che rigirava nelle sue carni in continuazione.
Desiderio
chiude gli occhi, quegli occhi incredibilmente candidi, e si agita sulla sedia.
Prosegue senza guardare nulla. –La notte in cui ha riscoperto se stesso ho
commesso un peccato imperdonabile. L'ho amato. L'ho preso tra le braccia per
soffocare il suo dolore, il suo pianto, e l'ho baciato… come può tanta felicità
nascondersi dentro un errore? Avevo giurato, quando l'avevo visto la prima volta,
che non l'avrei mai toccato. L'ho fatto per rassicurarlo, per scongiurare il
suo timore di uno stupro, ma sono sempre stato cosciente del fatto che, in quel
momento, una divinità dura e intransigente era al mio fianco. E se io col
passare dei giorni scordai il mio voto, lei di certo non lo dimenticò.
Giuliano
rabbrividisce per il dolore di quella voce. Ma Desiderio sorride amaro, come un
condannato a morte. –Ti stai chiedendo come possa essere tanto ingenuo da
credere alle mie stesse parole? Eppure tu, Giuliano, conosci le maledizioni dei
gitani. So che Iris ti ha raccontato di come secondo la leggenda sia stato
originato questo mondo che occupiamo, di come l'oscurità sia scesa ad abitare
quei corpi perfetti che tanto amiamo. Chi, vedendo danzare Elje, Dalj, Iris,
potrebbe negare l'esistenza di sentieri non percorribili, perduti nelle loro
iridi paurosamente immense? Chi, Giuliano? Tu non sei tanto sciocco, anche se
come me sei nato tra i ciechi e come cieco hai vissuto, fino all'incontro con
quell'angelo guerriero che siede appollaiato sul bordo della notte.
Desiderio
tace, e osserva intensamente il suo minuscolo amante accucciato tra le gambe
del fratello. Giuliano indovina tra i due un gioco di sguardi da cui il mondo
intero sarà per sempre escluso.
Desiderio
riprende a parlare, lentamente, senza staccare gli occhi da Dalj. –Inoltre,
Giuliano, ho taciuto una parte della storia. Prima di abbandonare la mia casa
per correre a sposare il mondo zingaro, ho ucciso mio padre. L'ho fatto per
difendere Dalj, per non permettere a un gesto brutale di incrinare il delicato
equilibrio da poco ritrovato, o alla lama gelida di un coltello di recidere la
sua gola di fiore bianco. E anche forse per liberare quell'uomo estraneo dalla
follia che lentamente lo divorava. Non ho dovuto muovere un dito: il dio
testimone di quell'oscura promessa ha esaudito i miei voleri. Non ho dovuto
muovere un dito, eppure ancora adesso sento il sapore del suo sangue marcio
invischiare le mie mani di parricida. E da quella notte, un altro filo
invisibile mi lega a quel demone servizievole: sarà questo a impedirmi di
ignorare il suo richiamo, quando risuonerà nei cieli senza luna.
-Dalj sa
di questa cosa?
Desiderio
scuote la testa. –Dalj sa e non sa, la sua mente è un gioco di incastri incredibilmente
sofisticato. La pazzia abita i suoi gesti, li riempie di languore. Chi lo
avvicina non se ne accorge, resta affascinato dalla sua bellezza. Ma la
sofferenza non può essere cancellata, né estirpata: ci ho provato, ma è una
lotta impari, che io non posso vincere. Mi accontento quindi di vederlo
allegro, felice, sereno, innamorato, cercando di ignorare l'oscurità che cova
dentro, pronta a liberarsi come una tempesta. E non credere che il suo dolce
fratello sia diverso: troppi incubi li avvicinano, troppi sogni li incatenano.
Ad Elje è stato risparmiato l'incubo dello stupro; tuttavia la notte, quando le
palpebre si abbassano a celare ombre e luci, i gemelli volano nello stesso
luogo, e prigionieri di un solo affrontano le stesse esperienze. Se durante il
sonno scuoti Elje, se lo desti e gli poni una domanda sulla vita di Dalj, su un
frammento oscuro di quella vita che lui non può conoscere, ti risponderà senza
esitare. Ma sotto i raggi del sole, con la mente sveglia a vigilare sulla porta
che separa le loro menti troppo simili, neanche capirà di cosa stai parlando.
Lo so perché l'ho fatto, ho provato: e in quel momento erano gli occhi del mio
Dalj a sorridermi dal viso di suo fratello.
-Come
fai a riconoscerli? Non ho mai visto creature più simili.
-Hai
ragione, sono identici, e ogni giorno lo diventano di più. È come se i loro
corpi si affannassero per tornare specchi perfetti. Ma io riesco a vedere nelle
loro menti, so distinguere gli incubi di Dalj dalle ombre che popolano gli
occhi di Elje. Gli amori che mi portano sono come due fuochi che bruciano
diversi colori. La mia passione per Dalj è un sortilegio troppo potente per
essere ingannato da questa somiglianza.
Dalj si
alza in piedi e cammina verso di loro.
È
piccolo, minuto, bellissimo. Le ombre lo attraversano, ma lui pare non farci
caso.
Siede
sulle ginocchia di Desiderio. –Mi porti a letto?
È un
bambino, si sorprende a pensare Giuliano, un bambino con gli occhi da gatto.
-Elje
resterà tutta la notte qui. Deve danzare, e bere, stordirsi di vino. Domani ci
sarà battaglia, e lui aspetterà Zita e Aureliano.
-Tu non
vuoi aspettarli?
-Io devo
dormire- mormora il ragazzo, rifugiandosi nell'ampio petto di Desiderio. Questi
lo solleva come se stringesse un fascio di orchidee. Quel corpo di uccellino
pare avere lo stesso peso.
-Quando cala la notte, torna come bambino- spiega Desiderio a Giuliano, immobile con il bicchiere tra le mani.
Dall'altra
parte della stanza, suo fratello si prepara ad accogliere l'alba.
***
Nota dell'autrice
Bene.
Questa non è la fine, eppure non credo che scriverò altro.
In
realtà sono quasi due anni che non prendo in mano Iris. Questo capitolo
– che per via del mostruoso ritardo negli aggiornamenti giunge così tardi
- risale all'ottobre 2005.
Io nel
frattempo sono cresciuta, cambiata, e ho perso questi personaggi. Mi dispiace
perché li amerò sempre, ma così è.
Se
qualcuno di voi fosse interessato, i personaggi che appaiono in questo capitolo
– Desiderio, Dalj ed Elje – sono protagonisti di un'altra mia storia, Il Ricamo
di Lacrime. Quel che qui racconto in poche righe, traverso le parole di
Desiderio, è narrato in quelle pagine più diffusamente, e con molta più
chiarezza.
Per il
resto, non ho altro da dire.
Vi
ringrazio di essere arrivati fino a qui. Mi scuso per non aver concluso la
storia, senza averne nemmeno segnalato l'incompiutezza con l'apposito warning.
Ma che volete farci: la speranza di un ritorno d'ispirazione non muore mai.
Un bacio
a tutti, con tanto affetto. Roh