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Autore: Hermione Weasley    31/07/2007    10 recensioni
Ovvero, come uno dei soliti litigi può trasformarsi in qualcosa di molto, molto speciale. In tre parti.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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ATTENZIONE: QUESTA FANFICTION CONTIENE POTENZIALI SPOILERS PER DEATHLY HALLOWS, SE NON L'AVETE ANCORA LETTO E VOLETE RISPARMIARVI LA SORPRESA, VI CONSIGLIO DI NON ANDARE OLTRE NELLA LETTURA.

Allooooora, avevo iniziato a scrivere questa fanfiction per un concorso, ma poi sono andata fuori tema, e ho deciso di accantonare l'idea. I tre capitoli di cui è composta sono già pronti, quindi non ci saranno problemi di incompletezza (come mio solito).

DOVE, COME, QUANDO, ETC.: questa storia si svolge attorno al 2000/2001. Harry & Ron sono Aurors al Ministero, Hermione è attualmente impegnata per una promozione.

* * *

In The Pink Toilet
Parte Prima

L'orologio segnava già le una e mezza.
Ron alzò pigramente il volto per un'altra rapida controllatina, dopodiché riabbassò il capo e riprese nella sua attività di zapping notturno.
Non rimaneva sullo stesso canale per più di cinque secondi. Sapeva benissimo che se ci fosse stata Hermione gli avrebbe strappato il telecomando di mano senza troppe cerimonie.
Ma Hermione non c'era. Era questo il punto: Hermione non c'era.
Ron sbadigliò di nuovo, allungando le gambe sul pavimento, in un vano tentativo di sciogliersi un po'.
Aveva sonno, ma non voleva andare a dormire. Semplicemente perché voleva aspettarla.
Non era da molto che avevano deciso di vivere assieme, e la cosa si era rivelata sotto alcuni punti di vista piuttosto deleteria.
Entrambi avevano odiose abitudini difficilmente sopportate dall'altro, ma Hermione non se ne angustiava più di tanto, andava dicendo che era una cosa normale e che tutto si sarebbe sistemato nel giro di un po' di giorni... o mesi... o anni.
Bè, in ogni caso, Ron aveva deciso di conformarsi a quella spiegazione che Hermione gli aveva dato. Dopotutto era lei che sapeva sempre tutto, giusto?
Giusto. Non c'era dunque alcun motivo per preoccuparsi in quel modo, giusto?
Giusto.
Ma Ronald Weasley era decisamente stufo di tutti quei "giusto" che gli risuonavano nella testa senza alcun motivo apparente. Perché il problema sussisteva comunque, e non c'era alcuna frase campata per aria che potesse distoglierlo dall'evidente e incontrovertibile verità che Hermione non era in casa.
Era la quarta volta quella settimana che faceva così tardi. "Lavoro del Ministero," aveva detto lei più e più volte, fino alla nausea, ma a Ron non andava giù comunque.
Possibile che per ottenere quella dannatissima promozione fosse costretta a lavorare così tanto?
Pensò con stizza che sì, le aveva promesso di sostenerla sempre e comunque, ma la cosa si stava facendo davvero insostenibile.
Il tutto era aggravato dalla presenza di Nicholas, l'odioso collega che le era stato affiancato per quel lavoro che andava necessariamente portato a termine nei tempi prestabiliti. Il lavoro era non solo incredibilmente complicato e difficile (Ron non ci aveva mai capito un tubo di controversie legali, per questo si era limitato ad annuire alla spiegazione lunga mezz'ora che Hermione aveva inutilmente tentato di dargli), ma anche lunghissimo.
Praticamente Ron non la vedeva che la mattina quando si alzavano entrambi per andare a lavoro, qualche volta se si beccavano per i corridoi del Ministero e di sfuggita nella pausa pranzo, ma ultimamente le occasioni per potersi parlare durante la giornata lavorativa si erano ridotte a zero.
Senza contare che Ron detestava Nicholas: non solo lo riteneva uno stupido spocchioso borioso pallone gonfiato senza cervello, ma aveva anche ragione di credere che avesse messo gli occhi su Hermione anche più del dovuto.
Poteva sopportare le pacche amichevoli quando si vedevano, ma l'abbraccio fraterno che le riservava da qualche giorno a quella parte, no, non poteva proprio sostenerlo.
E poi, che Ron fosse geloso, non era decisamente una novità.
Hermione si limitava a dirgli che a lei di Nicholas non importava niente.
E Ron avrebbe dovuto crederle, giusto?
"Giusto," si ripeté mentalmente per la miliardesima volta.
Ma erano quattro notti che si addormentava senza vederla, quattro notti in cui lei e Nicholas (Ron pensava e pronunciava quel nome con un'inflessione talmente odiosa che riusciva ad innervosirsi da solo) si chiudevano nel loro simpaticissimo ufficio a discutere di cavilli legali e leggi da discutere e sul come tirar fuori dai casini il Ministero. Poteva sopportarlo? Decisamente no. E stavolta gliel'avrebbe detto chiaro e tondo.
"Chiaro e tondo," sentenziò, prendendo mentalmente nota.
Sarebbe stato ragionevole, ma fermo nelle sue posizioni allo stesso tempo. Le avrebbe fatto capire le sue ragioni e dov'è che stava sbagliando esattamente.
Sì, perché nessuno gli toglieva dalla testa che Hermione stava sbagliando a lasciarsi sfruttare in quel modo.
Insomma, era il Ministero della Magia, o un campo di concentramento? In quale altro dannatissimo luogo di lavoro obbligano la gente a rimanere occupata fino alle due di notte?
Ron tentò di ignorare il piccolo, insignificante dettaglio che gli suggeriva che un paio di esempi li avrebbe pure trovati.
E poi c'era l'imminente matrimonio di Harry e Ginny. Sul lavoro, Harry, non faceva altro che parlargliene e parlargliene dalla mattina alla sera, quella mattina era stata la mattina degli invitati: gli aveva ripetuto per filo e per segno la lista delle persone che avrebbero presenziato al loro matrimonio una decina volte (Ron era sicuro di poterla recitare a memoria se non fosse stato così stanco e assonnato). Se non altro - e qui Ron ringraziò tutti i boxer di Merlino - aveva smesso di spiegargli quanto sarebbe stata bella Ginny nel suo abito da sposa.
Non che Ron si annoiasse a sentir parlare di sua sorella, ma insomma... era pur sempre sua sorella. Assicurato che Harry fosse il miglior partito che avrebbe mai potuto trovare, gli dava comunque fastidio sentir osannare le sue doti: Ron non voleva sapere niente che riguardasse la loro vita privata.
Non avrebbero mai potuto fare quattro chiacchere sui loro problemi di coppia, ad esempio.
Il che era un attimo destabilizzante, visto che il sesso è sicuramente l'argomento preferito dagli uomini, giusto? Questa volta il "giusto" non risuonò nella testa di Ron, odiava i luoghi comuni, e li detestava ancora di più quando si rivelavano essere maledettamente veri, come in questo caso.
Insomma, temeva il giorno in cui Harry potesse intavolare una conversazione sulla sua vita sessuale.
Ron aveva già deciso che: uno, non sarebbe stato ad ascoltarlo, magari avrebbe annuito ogni tanto per dargli la sensazione di essere considerato; due, si sarebbe obliviato subito dopo in caso avesse avuto l'ardire di immagazzinare un paio delle informazioni che Harry aveva gentilmente deciso di condividere con lui.
Gli sembravano le due soluzioni più immediate e sicure. Dopotutto lui non andava di certo a raccontargli cos'è che facevano lui ed Hermione la sera... e la mattina... e anche il pomeriggio, qualche volta.
Un sorriso storto gli si aprì sulle labbra al pensiero. Okay, tra loro c'era una certa intesa... un'intesa piuttosto forte, ma insomma! Non andava di certo a vantarsene in giro!
Mugugnò qualcosa di incomprensibile mentre gli passava di fronte l'immagine di un ciccione impegnato a ballare in un tutù rosa (era la terza volta che Ron beccava quel deplorevole programma in cui dei ballerini oversize si rendevano ridicoli sgambettando su dei palchi piuttosto precari, d'altronde non poteva non ammettere di essersi messo a ridere la sera prima quando uno di loro aveva sfondato letteralmente il parquet finendo chissà dove nei meandri delle fondamenta della sala in cui si esibivano).
Prese la bottiglia di birra che aveva poggiato sul pavimento e ne bevve un sorso.
Proprio mentre sentiva il liquido fresco scendergli giù per la gola, sentì un rumore provenire dalla cucina.
"Hermione!" Pensò subito, rischiando di soffocarsi con la birra che gli era andata di traverso. Maledisse ogni santo esistente mentre tossiva furiosamente tentando di non restarci secco. Una volta scampato il pericolo di morte, si rimise in piedi, dirigendosi in cucina.
Si appoggiò allo stipite della porta, intrecciando le braccia al petto e ritrovandosi a fissare un'Hermione piuttosto provata in mezzo alla cucina.
"Allora?" Chiese lui. Non gli ci volle molto impegno per far sì che le parole gli uscissero piuttosto acide di bocca, ma più ci pensava e più si convinceva di avere il diritto di essere arrabbiato.
"Ciao," rispose debolmente Hermione tenendo ancora in mano il galeone dell'Esercito di Silente che utilizzava come Passaporta per tornare a casa. Ron si sarebbe sicuramente addolcito alla voce di lei se Hermione gli avesse dato un minimo di relazione: non lo stava guardando, aveva semplicemente posato le buste della spesa sul tavolo e stava per cominciare a sistemare tutto nel frigo e nei vari sportelli della cucina.
Di certo a Ron non passò nemmeno per la testa di soffermarsi sul fatto che non solo Hermione era impegnatissima con il lavoro, ma era anche riuscita a fare la spesa, cosa che avrebbe potuto fare tranquillamente Ron visto che era tornato a casa alle sette del pomeriggio.
Al posto di stupirsi in preda all'ammirazione più totale di fronte ad una donna simile, Ron storse le labbra in chiaro segno di insofferenza.
"Com'è andata?" Chiese, "Nicholas come sta?" Aggiunse subito dopo in tono assolutamente poco felice.
"Bene," rispose telegraficamente Hermione, chinandosi per sistemare la frutta nel cassetto più basso del frigorifero. Decisamente non lo stava ascoltando.
"E' una gioia rivederti," aggiunse simpatico. Che voleva farla arrabbiare era evidente?
Lei si rialzò, incrociando per un attimo il suo sguardo. Si infilò il galeone in tasca, interrompendo per un attimo la sistemazione delle cibarie.
"Ron, sono stanca, davvero, non ho alcuna vo -"
"Lo vedo!" La interruppe lui, senza preoccuparsi più di tanto. "Devi smetterla di fare così tardi con Nicholas," continuò imperterrito.
Vide distintamente il fuoco negli occhi di lei.
"E' per il lavoro, Ron!" Esclamò lei tentando di controllare il tono di voce, "e smettila di dire 'Nicholas' in quel modo! Sono stufa dei tuoi deliri su di lui!"
Ron si strinse nelle spalle, in modo assolutamente insopportabile.
"Uh che bello, quindi anche tu adesso lo abbracci quando lo vedi?"
"Ron smettila, adesso," disse Hermione brandendo molto poco rassicurantemente il sacchetto dell'insalata.
"Perché dovrei?" Domandò lui, "la mia ragazza torna dopo diciotto ore di lavoro con un bell'imbusto come quello là, mi tratta a pesci in faccia e sono io quello che deve smetterla?"
"Non ti sto trattando a pesci in faccia!"
"Ah no? Bè, credevo di sì data la faccia che stai continuando a fare."
"Non potremmo discuterne in un altro momento?" Chiese lei, sfregandosi una mano sulla fronte. L'unica cosa che voleva fare era un bagno caldo e andare a dormire fino alla mattina successiva.
"No, non possiamo. Sono stufo di vederti tornare a quest'ora indecente!"
"Ron, è per il lavoro!"
"L'ho capito che è per il lavoro, ma non puoi permettere a quelli del Ministero di trattarti come una schiava alle loro dipendenze!"
"Non essere idiota!"
I toni di voce si stava surriscaldando un po' troppo per i gusti di Hermione; Ron d'altro canto era sul piede guerra: discutere era esattamente quello che voleva fare.
"Non sono io l'idiota! Sei tu che sei acciecata dalla promozione! Il lavoro qui, il lavoro là, sempre e solo lavoro!"
"Ti ho già detto che è solo fino alla fine della settimana!" "E' la stessa cosa che hai detto la settimana scorsa, ma mi sembra che siamo sempre al solito punto o sbaglio?"
Hermione allargò le braccia, per un attimo a corto di parole.
"Mi sembrava che tu fossi d'accordo," optò infine, senza accennare a voler abbassare il tono.
"Lo ero! Ma la cosa ha raggiunto livelli assurdi, senza contare che Nichol -"
"LUI NON C'ENTRA!" Stavolta Hermione aveva letteralmente urlato.
Ron si staccò dalla porta, le labbra strette l'una all'altra. "Ti piace?" Chiese molto lentamente.
"CHE COSA?!" Fu la risposta acutissima e imminente di Hermione che si stava seriamente chiedendo se Ron non si fosse bevuto il cervello.
"Hai capito benissimo."
"Non dire stupidaggini."
"Non sto dicendo stupidaggini, voglio sapere che cosa fate la sera in quel cazzo di ufficio."
Si era bloccata di nuovo, e stavolta non era un'espressione stanca quella che aveva sul volto, tutt'altro: Hermione era furiosa.
"Sono stanca dei tuoi vaneggiamenti!"
"Non sono vaneggiamenti, Hermione, e lo sai! Ma lo vedi come ti guarda?"
"Sì che lo vedo, ma pensavo che -"
"Ecco allora lo ammetti anche tu che quello ha strane idee su di te."
"Può darsi, ma -"
"PUò DARSI?!"
"RONALD WEASLEY!" Esclamò all'improvviso lei. "SMETTILA!"
"No!"
"Allora me ne vado."
Okay, questo non era in programma. Ron sgranò gli occhi, inorridendo potentemente alle parole di lei.
"Te ne vai?" Chiese incredulo.
"Me ne vado," confermò lei, uscendo come una furia dalla cucina, lasciando tutte le buste aperte, il frigorifero spalancato e l'insalata per terra.
Ron la seguì per la casa.
"E per cosa te ne andresti esattamente?"
"Perché sono stanca delle tue insulse insinuazioni."
"Insulse insinuazioni?"
"INSULSE INSINUAZIONI, RON, hai capito benissimo!"
"I miei dubbi sono più che leciti!"
Lei si voltò di colpo, fronteggiandolo apertamente. Gli puntò un dito contro: dire che era arrabbiata sarebbe stato incredibilmente riduttivo.
"Mi sto dedicando anima e corpo al lavoro per ottenere quella stupidissima promozione! Lavoro giorno e notte per poter raggiungere lo scopo che mi sono prefissata non appena ho intrapreso questa carriera! Ti ho chiesto gentilmente di sopportare questa cosa e di aiutarmi, ma non lo stai facendo! Torno dopo una giornata assolutamente devastante e quello che trovo è l'ennesima discussione riguardo Nicholas e le occhiate che mi lancia?!" Era diventata rossa in volto, francamente Ron non sapeva come potesse essere capace di dire tutte quelle cose senza riprendere fiato, e a dirla tutta in quel momento non gli interessava nemmeno. Si era appena reso conto di aver sorpassato il limite.
"Sono stanca!" Gridò di nuovo lei, "stanca! Ti dovresti solo fidare di me! Non di Nicholas, DI ME!"
Conclusa la frase, si voltò di scatto e inforcò la porta della loro stanza.
Tirò fuori la valigia da sotto il letto e la sbattè sul materasso, aprendola con forza.
Spalancò le ante dell'armadio e iniziò a lanciare vestiti dai cassetti alla valigia, con una furia che Ron non aveva mai visto in vita sua.
Bè, forse quella volta in cui l'aveva fatta seriamente arrabbiare dopo essere ritornato da lei ed Harry, impegnati nella ricerca degli Horcrux, ma stavolta... stavolta gli sembrava pure peggio.
La fissava, a metà tra il furibondo e lo sconvolto. "Bene!" Disse ad un certo punto, "bene, vattene! Tanto tornerai sicuramente dopo esserti resa conto che avevi torto!"
Rincarò insensibilmente la dose. Insensibilmente e stupidamente.
Hermione non lo stava nemmeno ascoltando tanta era la rabbia che ci metteva a riempire la valigia con tutte le sue cose.
Una volta raccolto più o meno ciò che le serviva, e lasciato sul pavimento magliette e canottiere che le erano scappate e che non aveva affatto voglia di raccogliere, la richiuse con un gesto secco.
Ron non sapeva che dire, si stava attualmente limitando ad una lunga serie di improperi che gli uscivano di bocca e che non riusciva proprio a fermare.
Se l'avesse guardata si sarebbe anche reso conto che i suoi occhi si stava riempiendo di lacrime, ma era troppo preso da se stesso per poterle notare.
Si fece da parte solo quando Hermione uscì dalla stanza con valigia al seguito.
"Tieni," gli mollò in mano il galeone che usava come Passaporta, "non credo di averne bisogno," aggiunse subito dopo.
Quindi non pensava di ritornare?
"Bene!" Esclamò Ron dopo un attimo di smarrimento.
"BENE!" Gli fece eco lei.
Restò immobile dov'era, l'ultima cosa che sentì fu il leggero pop della sua smaterializzazione, e poi nient'altro.
Rimase a fissare il galeone che aveva ancora in mano, quello su cui Hermione aveva applicato l'Incanto Proteus sconvolgendo Terry Boot, di Corvonero.
Fece schioccare la lingua, rialzando lo sguardo sul caos che regnava nella camera da letto.
"Tanto torna," pensò, "torna sempre," si disse incoraggiante.

* * *


Presto, la Seconda Parte^^
  
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