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Autore: Fatelfay    12/01/2013    2 recensioni
Cosa faresti se nessuno credesse in te? Se tutti pensassero che il tuo destino sia già segnato?
Papà aveva detto: “Tesoro, la sua situazione è problematica… tutti si stanno chiedendo cosa abbiamo intenzione di fare. Hai già visto come si stanno comportando nei suoi confronti. Non vogliono che lo teniamo.” Come se fossi una cosa.
È tutta colpa mia. Non ho fatto niente di male ma nonostante questo rendo un inferno la vita dei miei. Le mie sorelle e i miei fratelli non mi considerano più già da un bel po’. Non posso biasimarli, come potrei? Vogliono solo avere una vita normale senza che tutti li guardino pensando a me, la cosa sbagliata della famiglia. La cosa che sarebbe meglio sparisse da un giorno all’altro, perché tanto è solo un problema.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Volo Libero
 

Fa freddo. Dal tetto di quest’edificio vedo la strada innevata. I lampioni sono già accesi anche se sono solo le cinque del pomeriggio. Non c’è anima viva in giro. Un leggero filo d’aria gelido soffia portandomi i fiocchi di neve che cadono da qualche albero poco distante. Controllo di nuovo i dintorni, non c’è nessuno. Oggi è una giornata silenziosa, il cielo è bianco di nuvole. È strano, credevo che sarebbe accaduto tutto in una bella giornata di primavera, avrei guardato in alto e visto un bell’azzurro limpido, forse qualche nuvoletta passeggera. Gli alberi sarebbero stati verdi, alcuni con qualche bocciolo, i prati avrebbero avuto l’erba alta punteggiata di margherite e fiori di campo, l’aria avrebbe avuto l’odore di natura e un po’ di fumo. Invece no, è tutto diverso da come l’avevo immaginato. Devo anticipare i tempi perché non ne posso più. Se ne stanno tutti fermi a guardarmi con quella compassione, tutti a commentare appena mi allontano, come se non sapessi di cosa stanno parlando e cosa dicono. “Non ce la farà mai. Ormai è andato. Questo non è il posto adatto per quelli come lui.” Grazie mille. Davvero, mi avete dato il coraggio di fare quello che altrimenti non avrei mai fatto.
Di sera i miei genitori litigano. Lo so, anche se provano a non parlare mai di me quando sono presente. Anche ieri li ho sentiti. Si erano allontanati un po’, ma non abbastanza. Papà aveva detto: “Tesoro, la sua situazione è problematica… tutti si stanno chiedendo cosa abbiamo intenzione di fare. Hai già visto come si stanno comportando nei suoi confronti. Non vogliono che lo teniamo.” Come se fossi una cosa.
“Ma è nostro figlio!” Aveva ribattuto mamma: “Non mi importa di quello che dicono loro, non voglio abbandonare mio figlio.”
“Lo so, tesoro” Mio padre era dispiaciuto, ma quello che dicevano gli altri era più importante. “Non credono che ce la farà. Anche l’ultima figlia dei nostri vicini è morta. Non sarebbe qualcosa di imperdonabile se…”
“Ma lei era nata troppo piccola. Nostro figlio è nato a posto. E poi non è ancora passato l’inverno. Se gli lasciano il tempo di rimettersi in sesto, ce la farà, ne sono sicura.” Mamma era sull’orlo delle lacrime. Soffriva solo per colpa mia.
“Non ne puoi essere certa. Potrebbe non reggere. E poi, chi lo vorrebbe? Nessuno lo considera più affidabile, sarebbe condannato a vivere da solo, per sempre.”
Mi ero tappato le orecchie a quel punto. Tanto sapevo già a memoria come sarebbe andata a finire la discussione: mamma sarebbe scoppiata a piangere mentre papà la confortava.
È tutta colpa mia. Non ho fatto niente di male ma nonostante questo rendo un inferno la vita dei miei. Le mie sorelle e i miei fratelli non mi considerano più già da un bel po’. Non posso biasimarli, come potrei? Vogliono solo avere una vita normale senza che tutti li guardino pensando a me, la cosa sbagliata della famiglia. La cosa che sarebbe meglio sparisse da un giorno all’altro, perché tanto è solo un problema.
Quelli che prima erano miei amici, o per meglio dire, quelli che prima reputavo miei amici, ora mi schivano come se avessi la peste. Tranquillamente, sfoggiano quello che loro possono fare e che io, forse, non potrò fare mai: farmi dei veri amici, trovare una compagna stupenda con cui stare, portarla fuori la sera, farle dei regali, avere una vita normale.
Qui, fermo sul tetto, guardo giù. Sono in alto, molto in alto. Se non sapessi che è impossibile, potrei avere un attacco di vertigini. Certamente, sarebbe molto ridicolo e non migliorerebbe la mia situazione. Anzi, mia madre si deciderebbe a lasciarmi da solo come tutti vorrebbero. Certo, a rimanere da solo molto probabilmente morirei, ma questo non è certo un problema loro. Tanto, stando in famiglia, non potrei mai essere indipendente e, come dicono tutti, sarei comunque solo e sarei un peso inutile.
Non potrei mai essere libero. Ma nessuno di loro ha pensato a questo. Loro, che si credono tanto liberi, felici della loro vita normale, non pensano a come anch’io vorrei essere libero. Mi vedono già incatenato ai miei genitori, nella casa di infanzia, senza una vita mia. I miei ex-amici me lo rinfacciano tutti i giorni, facendo tutto quello che la loro beneamata libertà consente loro. Ed io? Me ne rimango fermo a guardarli mentre sfoggiano tutta la loro bravura, le loro doti, mentre le mie capacità mi sono state portate via. E nessuno sa se potrò mai riaverle. Tutta colpa di uno stupido incidente. Un giorno, così, senza preavviso, sono caduto e calpestato senza tanti problemi. Nessuno si è fermato a controllare come stavo o se avevo bisogno di aiuto. Sono rimasto lì fermo a terra, in mezzo alla prima neve, dolorante e spezzato. Riuscivo a malapena a respirare, non pensavo proprio a provare a chiedere aiuto. Poi i miei genitori sono tornati a casa e hanno visto che non c’ero. Mi hanno cercato e hanno trovato accartocciato a terra quello che assomigliava a loro figlio, mezzo congelato. È stato all’inizio dell’inverno. Non sono ancora guarito completamente e la primavera è fra tre settimane. Nessuno crede che tornerò come prima. Nessuno crede che potrò mai essere libero. Neanche io credo che sarò mai come prima dell’incidente. Eppure voglio dimostrare a tutti che, in fondo, io sono libero. Molto più libero di tutti loro messi insieme. Perché loro hanno una vita già decisa, già tracciata; loro sanno già cosa accadrà. Io invece posso decidere tutto. Io sono l’unico ad avere la possibilità di scegliere. Anche se la mia scelta si limita solo a “vivere” o “morire”, io posso scegliere. E qui, sul tetto di questo edificio, io ho appena scelto. E non rimpiango niente. Anche se molto probabilmente farò felice qualcuno e rattristerò qualcun altro, anche se forse qualcuno piangerà per me. Sono felice così, consapevole di essere finalmente, completamente libero.
Mi avvicino piano al cornicione. Sono davvero in alto, più in alto del piano a cui abito con i miei. Rabbrividisco e sento che mi fanno ancora un po’ male i muscoli. Ma fra poco non mi farà più male niente. Guardo giù, la strada è innevata. Un leggero vento gelido si alza e mi soffia in faccia i fiocchi di neve caduti da qualche albero. Faccio un respiro profondo e salto. Cado, cado a lungo, l’aria che mi scivola addosso, che mi si insinua ovunque, accarezzandomi la pelle. La strada è sempre più vicina.
Apro le ali. Volo in mezzo al cielo bianco mentre ha ripreso a nevicare. Non mi sono mai sentito meglio. E sì, l’avevo detto a tutti che ne sarei stato capace.  L’avevo detto a tutti che io sarei stato una colomba che sapeva volare in mezzo alla neve.

 



Angolo del Delirio

Ciao gente! Come va? Ho questa storia finita da un po' e finalmente ho deciso di metterla qui.
Inizialmente era nata per un concorso in cui non ha avuto molto importanza, ma sono convinta che a voi (chiunque siate) possa piacere. Ma potrei benissimo sbagliarvi.
A questo punto vi lascio e se doveste lasciare qualche recensione, ne sarei davvero felice. Avviso: potete dirmi tranquillamente che fa schifo, se è quello che pensate. Non me la prendo, le critiche sanno essere molto costruttive. Di solito.
Ciao!

  
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