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Autore: Carmen Black    13/01/2013    7 recensioni
Paul, dopo l'ennesimo litigio con un membro del suo stesso branco, si allontana, ritrovandosi sulla spiaggia. E' lì, che immerso nelle sue riflessioni, intravede una sagoma da lontano. " Un pazzo suicida ", lo definisce.
Ma più la sagoma si avvicina, più i suoi contorni prendono forma e lui viene sorpreso da un evento che cambierà irrimediabilmente la sua vita. Per Sempre.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Paul Lahote, Rachel Black
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Paul
 
 
 


Dopo l’ennesima azzuffata con Embry, Sam mi aveva obbligato a tornare a casa.
Odiavo quello stupido branco di cui facevo parte e ancora di più odiavo il pensiero e la consapevolezza di dover sottostare agli ordini altrui. Ero uno spirito libero io…
Da quando ero mutato per la prima volta, non ero ancora riuscito a trovare una soluzione al mio temperamento irruento e alla mia impulsività e ogni volta mi beccavo le conseguenze, non potendo neppure replicare.
«Al diavolo», sputai, tirando un calcio contro un piccolo castello di sabbia costruito probabilmente dalla piccola Claire.
Quel giorno il cielo prometteva tempesta, non era una novità. L’oceano urlava minacciandomi con quelle sue alte onde, ma se non avessi rischiato di essere scambiato per un pazzo, mi sarei messo a urlare pure io contro di lui.
Alcuni lampi squarciavano le nuvole grigie e le poche persone che intravedevo sulla spiaggia si affrettavano a raccogliere le loro bagattelle e a levare finalmente le tende. Tanto meglio. Non avevo voglia di notare degli sguardi su di me, come se ogni volta si ritrovassero davanti a un fenomeno da baraccone.
In altre circostanze, come mi era già capitato, apprezzavo che le ragazze mi guardassero con quella strana luce di desiderio negli occhi. A volte riuscivo a sentire persino la loro eccitazione, la voglia che avevano di toccarmi.
Ma quel giorno ero nero. Più nero di una maledetta mezzanotte. 
E pensare che quello stupido di Jacob aveva rifiutato il ruolo di Alfa, brutto idiota. È proprio vero che Dio dà il pane a chi non ha i denti.
Le onde si infrangevano fragorose a riva, una dopo l’altra e il vento sferzava la salsedine sommergendo l’intera spiaggia di una strana foschia bianca simile a nebbia.
Indossavo dei vecchi jeans strappati alle ginocchia e nient’altro. La temperatura doveva essere intorno ai dieci gradi centigradi, ma il mio corpo non ne risentiva.
Con quel tempaccio, il buio arrivava più velocemente e solo in quel momento mi accorsi di aver fatto un’enorme cazzata a litigare con Embry. Il non poter andare di ronda fino al giorno dopo significava stare in casa con mio padre.
Meglio morire piuttosto…
Masticai qualche imprecazione fra me e me e mi infilai le mani in tasca pensando al da farsi.
Ridacchiai quando immaginai di uscire insieme a Leah. Quel pensiero l’avrebbe fatta infuriare e lo stesso sarebbe accaduto con suo fratello e anche con lo stesso Sam che nonostante avesse già avuto l’imprinting, non la smetteva di preoccuparsi per lei e volerle bene. 
A ogni modo dovevo trovare qualcuna con cui passare la serata e possibilmente anche la nottata. Tutto pur di non tornare a casa.
Ero terribilmente frustato e la forma umana sembrava che acutizzasse le mie cattive sensazioni. Il lupo che era in me scalpitava per uscire fuori, avvertivo una scarica elettrica nella spina dorsale, la stessa che precedeva di qualche istante la trasformazione.
Chiusi gli occhi cercando di calmarmi, se mi fossi trasformato, Sam mi avrebbe sentito all’istante e mi avrebbe punito ancora, magari più a lungo. Non potevo rischiare.
Quando riaprii gli occhi, oltre la coltre di salsedine intravidi una sagoma che camminava verso di me.
Mi diede fastidio la sua presenza. Chi era il pazzo che con quel tempo si avventurava sulla spiaggia?
Forse un suicida…
Mi sbattei una mano sulla fronte, se avesse deciso di buttarsi in acqua avrei dovuto pure salvarlo. Che rogna la vita.
Camminai ancora, tenendo d’occhio la sagoma i cui contorni divenivano sempre più nitidi man mano che si avvicinava. 
Lunghi capelli… oh era una ragazza. Una ragazza suicida.
Paul il salvatore di vittime innocenti, mi mancava.
Avanzai un passo dietro l’altro senza distogliere gli occhi da lei.
Un brivido mi corse lungo la schiena facendomi venire la pelle d’oca. Non era la stessa sensazione che precedeva la mutazione, era un qualcosa di diverso. E intenso.
Sfilai le mani dalle mie tasche per controllare se stessero tremando, ma mai erano state più ferme di allora.
Deglutii avvertendo un formicolio alla gola, il mio stomaco era sottosopra. Il rumore del mio cuore che batteva era diventato un urlo nelle orecchie.
Senza il mio controllo, i miei occhi vagarono lontano, come risucchiati da una potenza antica e sconosciuta.
Era inutile resistere.
Mi sentivo avvilito ma forte allo stesso tempo. Arrendevole e scalpitante, sorpreso e sicuro di me stesso.
Il viso della ragazza diveniva sempre più chiaro… capelli folti e scuri, viso ovale… un accenno di sorriso.
Il mio petto si alzava e abbassava velocemente, le mie gambe avevano rallentato l’andatura.
I miei occhi si puntarono nei suoi. E il mio mondo si capovolse, il mio essere perse il suo assetto. Per qualche istante fui smarrito chissà dove poi tornai al mio posto equilibrato da qualcosa di forte e invisibile.
Boccheggiai senz’aria. 
Il mio imprinting.
Era la creatura più bella che avessi mai visto in tutta la mia vita. Quegli occhi scuri e profondi dal taglio spigoloso, gli zigomi alti, la bocca carnosa e il mento un po’ arrotondato con una fossetta che spiccava. Odorava di buono, un odore dolce di donna.
Era così minuta rispetto a me…
Per un istante esitai nell’avvicinarmi, avrei potuto farle del male. I miei scatti d’ira erano fuori controllo, non potevo rischiare.
Mi fermai, ma lei continuò ad avanzare verso di me. Sulla sua fronte si era formata una piccola ruga d’espressione e adesso si era portata una mano a stropicciarsi il labbro inferiore. Era nervosa?
Il mio imprinting…
«Paul? Sei tu?».
«Ra-Rachel?».
«Allora… ti ricordi di me. Eri soltanto un ragazzino».
«E tu di me… Ero soltanto un ragazzino».
Rachel sorrise ancora e si sfregò le braccia. Spostò il peso da un piede all’altro portandosi i capelli dietro un orecchio. Aveva le mani ben curate, con le dita lunghe e affusolate.
«A dire il vero ho stentato a riconoscerti. Sei molto cambiato… sei diventato un uomo».
«Tutti cresciamo».
«Sì, ma i ragazzi di La Push sembrano avere una marcia in più. Non avevo riconosciuto neppure Jacob».
Ah Jacob, meglio tralasciare suo fratello per il momento. 
«Sei stata lontano per troppo tempo Rachel, forse dovresti rimanere più a lungo questa volta».
«Hai ragione Paul», mormorò puntando i suoi occhi nei miei. «Credo che questa volta rimarrò un po’ più a lungo».
Il modo in cui pronunciava il mio nome era sublime. Sarei potuto rimanere ore soltanto sentendola chiamarmi. 
Era una cosa così strana quella che provavo nei suoi confronti, era come se la conoscessi da anni. In effetti era così, ma non era quel tipo di conoscenza ciò che intendevo.
Sentivo una sorta di intimità, una confidenza e una familiarità che non avevo avvertito mai con nessuna prima. 
Era come se avessimo coltivato il nostro rapporto giorno dopo giorno, senza mai separarci. E invece non era così.
Lei mi aveva solo sgridato qualche volta perché facevo delle polpette di fango e le imbrattavo i capelli.
«Qui fuori si ghiaccia», costatò Rachel guardandomi il petto nudo. «Che cosa fai in spiaggia svestito?».
«Emh…è una nuova tecnica di sopravvivenza».
«Davvero ridicola. Questa è una tecnica per morire prima».
Rachel mi afferrò il polso e mi trascinò su per la spiaggia fino al sentiero che portava al villaggio. 
Ero allibito e felice. Probabilmente stavo sorridendo pure come un ebete.
Nei pensieri di Quil, di Jared e di tutti gli altri che avevano avuto l’imprinting, avevo già percepito le sensazioni che il loro corpo sentiva, ciò che la loro mente provava. Erano emozioni forti che molte volte erano riusciti a coinvolgere pure me. Spesso mi ero sentito nauseato dai loro atteggiamenti dolci e protettivi. Eravamo lupi, uccidevamo succhiasangue, ringhiavamo, combattevamo… e davanti a una donna – quella donna – qualsiasi età o aspetto avesse,  eravamo degli agnellini. 
Ero ormai ben consapevole che il potere di leggerci nella mente era molto forte e completo, niente sfuggiva all’altro. E nonostante percepissi le loro sensazioni quasi come se fossero mie, possedere l’imprinting era ancora più travolgente e stordente di com’era avvertendolo nelle loro teste.
«Andiamo a casa mia, indosserai qualcosa di Jacob, sono sicura che ti andrà bene e lui non avrà nulla da replicare».
Aspetta che capisca che sei il mio imprinting e poi vedrai se non avrà nulla da replicare.
«Sei davvero un incosciente Paul, non sei cambiato affatto da quando avevi dodici anni».
«Tu invece sei diventata bellissima».
Rachel voltò il capo per guardarmi rallentando l’andatura. Aveva un accenno di sorriso che però scomparve subito.
«Sei bollente. Sei sicuro di non avere la febbre?», chiese cambiando discorso. 
Vidi la sua mano che stringeva ancora il mio polso e non so chi mi trattenne dal liberarmi e incrociare le dita alle sue. Oppure, forse lo sapevo ma non ci volevo pensare per adesso.
Rachel era all’oscuro del nostro mondo, dei lupi e dell’imprinting. Prenderle la mano dopo qualche minuto sarebbe equivalso a passare per un deficiente, un cretino o chissà cos’altro ai suoi occhi e io non volevo bruciarmi così presto.
«Sto benone».
«E tuo padre come sta?».
«Benone pure lui».
Non appena intravidi la casa di Billy mi sentii irrequieto. Entrare in casa loro, dopo aver avuto l’imprinting con Rachel, sapendo che ne erano tutti all’oscuro, mi faceva sentire un intruso.
«Rachel, posso tornare a casa mia».
«Mezzo nudo?», chiese inarcando un sopracciglio. «Non se ne parla e poi la tua casa dista almeno dieci minuti da qui».
Non riuscii a reprimere un sorriso. Mi piaceva che si preoccupasse per me o qualsiasi altra cosa volessero dire le sue parole. 
«Sì, ma…».
«Nessun ma, Paul. A Jacob non lo lascerei mai andare in giro come fai tu».
«Lui è tuo fratello».
«E tu sei l’amico di mio fratello ed io sono più grande di te di quattro anni e mi ascolterai perché sono più saggia».
Rachel spalancò la porta di casa sua e purtroppo mi lasciò il polso. Nel punto in cui mi aveva toccato sentivo un piacevole formicolio. Immaginai cosa mi avrebbe provocato se mi avesse toccato il corpo, le spalle o se mi avesse baciato.
Ok, meglio accantonare certi pensieri.
Il mio imprinting, di cui ero già orgoglioso oltre ogni limite, si dileguò lasciandomi da solo in cucina e poi ritornò con una felpa nera di Jacob.
«Tieni», asserì porgendomela.
Storsi il naso. «Puzza di lui, che schifo».
«Era nella biancheria pulita Paul».
«Ah, scherzavo». Maledetto olfatto!
La indossai e vidi Rachel voltarsi e poggiarsi con la schiena contro il lavello. Sembrava che stesse riflettendo su qualcosa di esistenziale, ma non potevo minimamente sapere di che cosa si trattasse.
«Ti va, se ti faccio un po’ di compagnia?», chiesi a bruciapelo.
Lei annuì osservandomi con i suoi occhi scuri e facendomi quasi sussultare. Erano così intensi e profondi.
Probabilmente aveva percepito anche lei che qualcosa ci aveva unito, ma non capiva di che cosa si trattava. Poteva essere che se lo spiegasse come una questione di attrazione fisica. Invece era una questione d’imprinting.
«Pensavo che avessi qualcosa di più importante da fare che stare qui a perdere tempo con me».
Mosse le spalle, sollevò la testa al soffitto, poi si voltò nuovamente a guardarmi.
Io non riuscivo a rilassarmi, la sua vicinanza era conturbante. 
Lo scollo a V della sua maglietta lasciava intravedere le rotondità del suo seno e quelle labbra erano perfettamente disegnate.
«Qualcosa di importante, tipo?».
«Tipo una ragazza».
«Adesso sono con una ragazza».
«Intendevo la tua ragazza».
Scossi la testa accennando un sorriso. «Non sono fidanzato. E tu? Non hai meglio da fare che perdere tempo con me?».
«Tipo?», sorrise dolce.
«Tipo, parlare al telefono col fidanzato che hai lasciato all’università».
«Abbiamo litigato».
Il mio stomaco si attorcigliò all’improvviso e un campanello d’allarme risuonò nella mia testa. 
Rachel, la mia Rachel, il mio imprinting, era fidanzata?
E chi diavolo era quel brutto bastardo?
Scattai avanti in un attimo e lei mi fissò stupita e perplessa.
«Paul, va tutto bene?».
«Sì, no… cioè sì. Ho solo dimenticato che devo fare una cosa importante».
Dopo quelle ultime patetiche parole, uscii da quella casa, prima che il lupo che era in me facesse qualche danno.


Angolino Autrice

Ciao a tutti ed eccomi con una nuova storia, creata esclusivamente per una persona speciale, Alessandra. Oggi è il suo compleanno e questo è il mio piccolo regalo per lei. Tanti Auguri, cucciola <3
Ringrazio Martina per l'elaborazione dell'immagine. <3
Come per tutte le mie storie, posterò ogni domenica. Spero che vi piaccia. A presto!

 
  
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