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Autore: augustbird    13/01/2013    11 recensioni
A Baskerville, John viene infettato da un virus che lo rende un genio. Quando però l'infezione diventa neurodegenerativa, è una corsa contro il tempo per salvare se stesso. Fusione con Flowers for Algernon
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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equilibrium

NdT: Questa fanfiction rimane una delle mie preferite. E' stata tradotta con il consenso (e l'assistenza) dell'autrice. Non si è rivelato un lavoro semplicissimo a causa di due particolarità: la storia è scritta al presente, un tempo tanto carino e semplice da leggere in inglese, ma quasi orribile da leggere in italiano. Tuttavia ho deciso di mantenerlo, ho fatto del mio meglio e spero che vi abituerete dopo qualche paragrafo; è piena zeppa di termini scientifici. Alcuni di questi sono sicuramente stati tradotti male. Siete liberi di accusarmi di ignoranza, ma fortunatamente questa non sortirà effetti negativi sulla storia.
Yuri

Storia originale: Equilibrium by augustbird

Equilibrium

 

John giura di vedere la gigantesca ombra di una creatura a quattro zampe proiettata sul muro quando mormora: “Gesù Cristo,” e inciampa all’indietro. Il retro della sua gamba colpisce il cassetto di un tavolo da laboratorio e allunga una mano per recuperare l’equilibrio.

Non lo registra subito perché il mastino ringhia e i peli sul retro del suo collo sono ritti. Il suo cuore martella e lui deve muoversi, deve uscire da lì. La porta non si aprirà per cui si chiude nella gabbia e prega Sherlock si sbrigarsi, per favore, per favore­-

È solo quando una forte luce illumina il laboratorio e Sherlock insiste che andrà tutto bene che lo nota.

È affondato per metà nel suo polso.

 

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Hanno dei protocolli da seguire per le punture da aghi all’ambulatorio. John ricorda un powerpoint sulle patologie ematiche visto prima di iniziare a lavorare. Al tempo era soltanto un altro modulo informativo, stampato in piccolo, da leggere prima di firmare il contratto. Avrebbe dovuto prestarci più attenzione.

“È sicuro di non volerlo fare in privato?” chiede la dottoressa Stapleton, guardando Sherlock.

“Lo verrebbe a sapere comunque,” risponde John.

“Capisco” dice lei, tornando a guardare gli appunti che tiene in mano. “Bene, dottor Watson, devo iniziare informandola che la sostanza sull’ago ha un livello di classificazione molto alto. Abbiamo diverse sostanze controllate con impieghi che potrebbero corrispondere a diversi standard etici di tradizionali gruppi di ricerca.”

“Per favore, ci risparmi il teatro,” dice Sherlock.

La dottoressa Stapleton, bisogna riconoscerlo, non distoglie lo sguardo dal volto di John mentre gli comunica che è stato infettato da un virus.

 

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Incremento delle funzioni cognitive correlato all’infezione NTV

Abstract

Il Neurotargeting Virus (NTV) fu scoperto nel 2009 in una famiglia isolata di comuni scimpanzé. La letteratura precedente ha mostrato che il virus è difficile da trasmettere, ma può essere trasmesso attraverso lo scambio di fluidi corporei. Il meccanismo di infezione è ancora da stabilire, ma il virus ha dimostrato di infettare primariamente il sistema nervoso. Questo studio compara le abilità cognitive degli scimpanzé infettati con NTV (n=4) con animali controllati (n=5). In una serie di prove, senza eccezioni indicate, gli animali infetti hanno mostrato funzioni cognitive consistentemente più alte. Questi risultati sono significativi per possibili applicazioni del virus o per il meccanismo di azione nel trattamento di disturbi neurologici degenerativi.

 

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“Non ci credo,” dice John nel taxi di ritorno al 221B. “Come diavolo ha fatto la notizia del virus a non essere ancora esplosa nella comunità scientifica? Ho letto quasi tutti gli articoli del BMJ, da quando sono tornato, e non era menzionato da nessuna parte.”

“Non essere così sorpreso da ciò che il governo ti nasconde, John,” dice Sherlock guardando fuori dal finestrino. “Faccio fatica a pensare che questa sia la parte peggiore.”

“Questo è - questo potrebbe cambiare l’intero campo della neurologia! E loro se ne stanno seduti lì, sperando di fare cosa? Super soldati?”

Sherlock si volta e sorride a trentadue denti. “Non è molto giusto, no? Per quelli come noi che hanno speso anni coltivando il proprio genio.”

John si prende il viso tra le mani e ride. “Lo prendi come se fosse un tuo problema.”

Sherlock guarda John. Si allunga per appoggiare una mano sul suo braccio, ma lo tocca a malapena.

“Sono praticamente certo che starai bene,” assicura Sherlock. “C’è solo una minuscola possibilità che sull’ago ci fosse abbastanza sostanza da infettare un essere umano. Combinato col fatto che l’ago non ha colpito vasi sanguigni maggiori e che la distanza che dovrebbe percorrere per penetrare la barriera ematoencefalica - tutto mi suggerisce che il tuo sistema immunitario localizzerà il virus prima che possa causare un vero e proprio danno. Non sei d’accordo, dottore?”

John si massaggia la fronte, ma nella sua voce risuona una punta di gratitudine quando dice: “Credo di sì.”

 

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John lo nota per la prima volta quando riesce a smaltire le sue scartoffie mediche arretrate in meno di tre ore. Non che il lavoro sia meno noioso del solito o che, improvvisamente, lui abbia acquisito una nuova intuizione per la gestione delle cartelle cliniche dell’ospedale. Le parole gli sembrano più semplici, come se bypassassero interamente il suo cervello saltando dalle dita alla carta.

Consuma il pranzo al self-service. Sarah si siede con lui quando le loro pause coincidono, alle volte Molly si unisce a loro. Ma ci sono sempre due dottori indiani che si siedono al tavolo vicino a lui, parlando in punjabi. John si sorprende ad ascoltare a metà la loro conversazione e realizza che riesce a seguire la cadenza di quella lingua. Sta capendo quelli che potrebbero essere nomi e quelli che suonano più come verbi, soltanto ascoltando le inflessioni nella loro voce.

Ha una nuova paziente che gli dice che ha perso più di due chili nell’ultimo mese senza fare nulla di diverso. Gli dice che ha una diarrea costante, e alle volte, quando è sdraiata a letto durante la notte, le fa male inghiottire. Lui sta a malapena guardando i risultati del laboratorio sulle sue analisi del sangue quando pensa sindrome di Zollinger-Ellison e ha ragione. Non l’ha mai incontrata prima come medico - ma ora ricorda perfettamente la pagina sul libro di testo che ha letto durante il tirocinio anni e anni prima.

 

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Mycroft si presenta al 221B con un fascicolo in mano.

Sherlock non alza lo sguardo dal libro che sta leggendo e dice: “Va’ via, Mycroft.”

“Ciao,” saluta John. Sta pulendo del sangue di maiale coagulato dal lavello perché Sherlock non afferra il concetto di rischio biologico. Il suo braccio è stanco per aver strofinato mezza cucina.

“Non mi tratterrò a lungo,” Mycroft assicura a Sherlock, “sono qui sono per dare questo a John. Brucialo dopo averlo letto.”

“Se solo potessi sederti al tavolo - sì, grande, grazie.”

Nel momento in cui Mycroft lascia l’appartamento, Sherlock getta a terra il libro e si avventa sul fascicolo. John vorrebbe togliersi i guanti e domandare a Sherlock di pulirsi da solo il proprio casino, per una volta. Invece getta altro bicarbonato di sodio su un’errante goccia di sangue e spia Sherlock con la coda dell’occhio.

Sherlock sfoglia le pagine, sparpagliando le graffette. Getta occhiate alle figure, si ferma solo una volta a leggere qualcosa su una pagina. John continua a strofinare per qualche minuto, indeciso per il terrore di scoprire qualcosa in più sul virus.

Non esiste uno scenario di “nel migliore dei casi”.

Alla fine fa cadere la spugna nel lavello e afferra la sedia di fronte a Sherlock. Sherlock gli porge la pila di fogli che ha già esaminato e John inizia a leggere.

Quindici minuti più tardi, Sherlock cattura la sua attenzione picchiettandogli il dorso della mano. John solleva lo sguardo e Sherlock gli mostra l’articolo che sta leggendo.

John fa scorrere lo sguardo sul pezzo (…esemplari di scimmia producono animali in grado di comprendere la comunicazione scritta nella forma di pittogrammi a partire da quattro settimane dopo l’infezione…), e poi ride, senza entusiasmo.

“Bene”, esordisce John, tornando a fissare il foglio che ha in mano, “qualcosa a proposito di scimmie con macchine da scrivere e Shakespeare.”

E poiché Sherlock lo sta fissando formulando congetture, John mantiene gli occhi ancorati all’articolo di fronte a lui fingendo di leggere.

 

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“Ti senti diverso?” chiede Sherlock, due settimane dopo Baskerville.

John scrolla le spalle e macina altro pepe nell’olio d’oliva. Sono seduti in un bel ristorante dove Sherlock sta aspettando che il suo ultimo sospettato si mostri per confermare alcune teorie a proposito dell’uomo. John sta morendo di fame e Sherlock sta riducendo a pezzetti la sua metà di pane.

“Nessune intuizioni improvvise?” insiste Sherlock, “nessun pensiero galoppante con cui non riesci a tenere il passo?”

“Riesco a leggere più velocemente,” risponde John. E poi: “Perché hai tre pezzi di pane se non hai intenzione di mangiarli?”

 

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È un martedì mattina in ufficio quando John scopre di poter leggere un’intera pagina scritta in pochi attimi. È come se la sua mente passasse fisicamente su tutte le parole della pagina e delegasse sezioni differenti a differenti parti del suo cervello, dove vengono tutte processate simultaneamente. Vede schemi di parole, riesce a recitare singole frasi a memoria.

Non sa se sentirsi sollevato o contrariato quando memorizza quattro pagine della Critica alla ragion pura di Kant per curiosità e non la capisce più di quanto non abbia fatto prima.

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Mutazione nell’NTV permette l’infezione di topi attraverso l’incrocio di specie

Abstract

La modifica di un tratto di carica positiva (35-40, 152-157) nella glicoproteina virale 72 permette al virus NTV di compiere salti di specie da scimpanzé a topi. Anche se il meccanismo di infezione virale non è ancora del tutto caratterizzato, si crede che, a causa dello scarso fattore di trasmissione e sintomi comuni, il virus NTV murino si comporti similmente all’originale. Questa scoperta segna un progresso significativo nello studio del virus NTV poiché permette agli studi in vivo di essere condotti su più esemplari.

 

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Il messaggio di Sherlock lo porta a Battersea dove si sono verificate morti relative alla droga - non la normale attività di bande, ma tre ricchi esponenti della società che sono stati scaricati nei bidoni dietro ad alcuni nightclub, una rosa rossa cucita sulla pelle sopra al cuore e una piccola busta di plastica con un misto di eroina e cocaina infilato in bocca. Sherlock si sporge sul corpo più recente con la sua lente d’ingrandimento. John arriva appena in tempo per sentire Sherlock rimproverare Lestrade con un: “Avreste dovuto chiamarmi prima.”

“Sono stato trasferito a questo caso solo questa mattina,” replica Lestrade e fa un cenno di saluto a John. John ruba un paio di guanti da uno dei membri della scientifica e si inginocchia vicino al corpo nudo.

“Ora del decesso?” chiede Sherlock, usando un dito per spingere verso il basso la mandibola della donna. I suoi occhi sono fissi sul pacchetto di polvere bianca e John pensa, per un assurdo secondo, che Sherlock stia per chiedergli se può provare la droga.

John flette il braccio della donna - è un po’ rigido. “Stimo almeno otto ore. Nessuno a preso la temperatura?”

Sherlock agita la mano. “Ha piovuto presto, oggi. Inutile.” Fa scorrere un dito sopra la rosa. “Causa della morte?”

Non ci sono segni sul corpo che suggeriscano uno strangolamento. “Una tossina?”

“Tutte le altre vittime sono pulite,” comunica Lestrade, cercando di essere d’aiuto.

“Asfissia,” suggerisce John.

“Mh,” risponde Sherlock.

“Il sospettato è probabilmente un becchino,” aggiunge John.

Questa volta Sherlock lo guarda, ma John non riesce a capire se sia sorpreso. “Vedo che non perdiamo tempo, oggi.”

Lestrade incrocia le braccia. “Cosa mi sto perdendo?”

“I punti attorno alla rosa sono troppo netti per essere fatti da qualcuno che non abbia una mano esperta,” dice John. “Questo e il fatto che il suo trucco sembra inalterato. Se era, probabilmente ha pianto, al momento della morte. Qualcuno l’ha ritoccato. Il becchino coincide con entrambi.”

“O potrebbe trattarsi di un chirurgo donna,” dice Sherlock. “Sarebbe solo un tentativo fortunato se tu non avessi notato la formaldeide.”

John osserva il corpo. E poi: “Il pacchetto nella bocca.”

“Una sfumatura viola”, concorda Sherlock.

Dopo aver ripulito la scena del crimine, e mentre John chiama un taxi, Sherlock gli tocca la spalla e chiede: “Sei sicuro di non sentirti diverso?”

“Forse un po’,” ammette John.

 

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La dottoressa Stapleton inizia la sua conversazione telefonica giornaliera con un: “Apprezziamo molto che lei sia stato così generoso col suo tempo, durante l’ultimo mese, John,” e John sa che sta per compiere un viaggio a Baskerville. Se lo aspettava da quando Mycroft si era presentato con le carte.

“Il trentesimo giorno cade questa domenica,” continua la dottoressa Stapleton. “Non dovrà sottrarre tempo al lavoro o altro. Le procureremo una sistemazione e la ricompenseremo.”

“Okay,” dice John. “Dovrete fornirmi il trasporto.”

 

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“Vengo con te, è ovvio,” dice Sherlock quando John gli comunica che se ne andrà per il weekend. Sta leggendo il giornale con addosso la sua vestaglia, il telefono in bilico sul suo ginocchio. Nessun nuovo caso, quindi.

“Non devi farlo per forza,” dice John, appoggiano la sua ventiquattrore al solito posto, vicino alla sua poltrona. “Sono sicuro che sarà noioso. Probabilmente mi chiederanno di ripercorrere i miei passi per tutto il giorno. Ti annoierai a morte.”

“Stupidaggini,” replica Sherlock, chiudendo il giornale. “Sono sicuro che, se mi annoierò, troverò un modo per intrattenermi.” È un’infausta prospettiva di cui John, è sicuro, si pentirà più tardi, ma non vuole passare da solo le quattro ore di viaggio, perciò comunica a Sherlock che partiranno sabato pomeriggio.

 

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John non ascolta le istruzioni della dottoressa Stapleton prima di iniziare il test del QI perché è distratto dall’assistente ricercatore che dice: “Per favore, non tocchi, signore,” ogni volta che Sherlock vagabonda troppo vicino a un costoso pezzo d’equipaggiamento. Alla fine scopre che gli sono state preparate le Matrici Progressive di Raven su un computer e tutto quello che deve fare è cliccare la risposta corretta su una serie di immagini e il test lo porta alla domanda successiva.

Quando John conclude, trova Sherlock seduto al tavolo della dottoressa Stapleton che curiosa vergognosamente tra i suoi appunti. Alza lo sguardo quando John entra.

“Dov’è la dottoressa Stapleton?”

“Non ne ho idea,” risponde Sherlock, tornando a girare le pagine del quaderno di appunti del laboratorio. “Com’è andata?”

“Non sono sicuro che me lo diranno,” dice John, sedendosi di fronte a Sherlock. “Test ‘doppio cieco’?”

“Non può chiamarsi ‘doppio-cieco’ se sai di essere stato infettato,” fa notare Sherlock. “E ti hanno dato un’ora intera, ma sono passati appena 45 minuti. Non c’è bisogno di fare i modesti, John.”

“Non era così difficile,” dice John, prendendo una rivista dalla scrivania. “Mi chiedo se mi faranno vedere qualcuno degli animali infetti.”

 

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“Ci vediamo tra due settimane,” dice la dottoressa Stapleton a mo’ di saluto quando John lascia la struttura di Baskerville. Il maggiore Barrymore li scorta fuori dal locale ma non dice una parola - aggrotta solo le sopracciglia in direzione di Sherlock quando porge a John le chiavi del veicolo che li ha condotti lì.

Sherlock ha rubacchiato ciò che, John è sicuro, siano dati confidenziali e li sta sfogliando ora che John sta guidando di ritorno alla locanda. John si domanda se riceveranno una chiamata a proposito dell’importanza di mantenere private informazioni  potenzialmente segrete.

Durante la cena, Sherlock tagliuzza il suo pesce in piccoli pezzi and ne mangia forse due forchettate. John termina il suo antipasto di lasagne vegetariane in dieci minuti e resiste all’impulso di lamentarsi per la scarsità di carne sul menù del locale. Inoltre, prova a trattenersi dal fissare troppo spesso il piatto di Sherlock.

“Capisci perché uso il palazzo mentale?” chiede Sherlock, rompendo un altro pezzo di delizioso pesce. John vorrebbe allungarsi sul tavolo e afferrargli il polso, dirgli di smetterla di rovinare il proprio cibo.

“Più o meno, sì,” risponde John. “È più facile organizzare le cose in uno spazio, credo. È più facile catalogare memorie in questo modo e poi ritrovarle quando ne hai bisogno.” Ripulisce il fondo del piatto con la forchetta.

“Potrei insegnarti, se vuoi,” si offre Sherlock. “Penso che ne saresti capace, adesso, no?” Beve un sorso del Pinot Grigio che ha scelto come accompagnamento per il pesce che non ha mangiato e inclina la testa. “Puoi ordinare qualcos’altro.”

John non sa perché è così affamato e si sente un po’ in imbarazzo per essere stato scoperto. “Non ordinerò nient’altro.”

Sherlock appoggia il suo bicchiere di vino e spinge il suo piatto verso John. “Prendi il mio, allora.”

John prende in considerazione l’idea di protestare, ma desidera davvero tanto quel pesce. Lancia un’occhiata attraverso la stanza prima di prendere il cibo dal piatto di Sherlock.

“Ti va di imparare?” domanda Sherlock, alzando di nuovo il bicchiere. “Sarebbe un modo molto più efficiente di organizzare la tua mente.”

 

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John inizia a usare il 221B come luogo per organizzare i suoi pensieri. Il salotto è per le memorie associate a Sherlock: le carte sul tavolo descrivono i vecchi casi, i foglietti piegati sotto al teschio sono per i luoghi in cui Sherlock potrebbe recarsi quando non è nell’appartamento. Tiene le sue memorie della guerra chiuse nel comodino assieme alla sua pistola, sotto i libri e i fogli scribacchiati. Nella sua mente, può chiudere a chiave il cassetto.

La cucina è riservata alle conoscenze mediche, i suoi ultimi pazienti sono lettere sul bancone, una per ognuno di loro e se apre le buste può vedere ogni cartella clinica con l’occhio della mente. Tiene i libri di testo nella credenza, e quando termina lo spazio lì, li sposta nel forno.

Ma John divora articoli di ricerca nel suo tempo libero, perché comprenderli mantiene la sua mente occupata e diventa ansioso se non pensa. Creare puzzle del corpo umano è infinitamente più interessante che pensare a cosa cucinare per cena o cosa penserà Sarah della sua nuova tendenza a rimanere immobile e a fissare fuori dalla finestra per lunghi periodi di tempo dopo pranzo.

È così che ci si deve sentire ad essere Sherlock, realizza John.

 

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L’NTV si insinua nei neuroni legandosi ai recettori Ap52, NF25 e LGUR-gamma

Abstract

Il Neurotargeting Virus (NTV) fu scoperto nel 2009 e rimane un lentivirus poveramente caratterizzato con obiettivi specifici nel tessuto cerebrale. Questo documento identifica tre potenziali recettori a cui il virus si lega, i quali si trovano principalmente sul tessuto nervoso: Ap52, NF25 e LGUR-gamma. Potenziali recettori sono identificati dalla scansione dell’interazione proteina-proteina e verificati dalla co-localizzazione via microscopio confocale. La riduzione dell’espressione è stata raggiunta nelle cellule HCN-1 attraverso trasfezione di siRNA per ogni recettore identificato. Wild type e cellule HCN-1 sono state infettate con l’NTV e caratterizzate 48 ore dopo l’infezione. L’infezione virale induce una rapida proliferazione e una limitata differenziazione nelle cellule WT, mentre le cellule abbattute hanno proliferato a un ritmo molto minore. I risultati andranno verificati in vivo usando topi.

 

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Sherlock ha liberato metà del tavolo della cucina per ricostruire il modello in miniatura di una scena del crimine con un portapane e pezzi di teste di broccolo. John lo osserva, quella mattina, quando va a preparare il caffè prima di incamminarsi verso l’ambulatorio e chiede: “Ne vuoi un po’?”

“Zucchero, per favore,” risponde Sherlock dal luogo dove è disteso sul divano, un braccio a coprire gli occhi.

“Cos’è questo, sul tavolo?” domanda John quando la caffettiera inizia a gorgogliare.

“Un omicidio,” replica Sherlock, profetico.

John prende due tazze dalla credenza e le appoggia sul bancone. Si protende sul tavolo della cucina e studia i pezzi – la saliera è stata piazzata su un lato e Sherlock ha attaccato dei post-it sul portapane a indicare ogni entrata del pianterreno dove la vittima è stata assassinata. Sherlock ha disegnato le possibili traiettorie dal portapane alla saliera, equazioni scritte a casaccio. La saliera dev’essere la vittima, quindi.

John ritorna alla caffettiera e ne versa un po’ per sé in una tazza. Aggiunge due cucchiaini di zucchero nella tazza di Sherlock e mescola prima di porgergliela.

Sherlock alza lo sguardo verso di lui e prende la tazza.

“Sei sicuro che la vittima sia stata colpita dall’edificio?” chiede John, avvolgendo le mani attorno alla sua tazza di caffè. “E se invece fosse stata solo messa lì?”

 

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Trovato bossolo di proiettile nelle fogne. Chiedi a Molly se può mettermi da parte un cadavere. –  SH

Non può. – JW

Il Bart ha il gel balistico. – SH

Non ho intenzione di rubarlo. – JW

Prendi della gelatina quando vai a fare la spesa. L’ho finita. – SH

 

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Sherlock manda un messaggio per richiedere la sua presenza, ma John rifiuta a causa di un mal di testa che ha sviluppato a un certo punto durante la visita delle 4.30. Quando torna a casa dall’ambulatorio, prende due aspirine e dorme mezzora. Quando si sveglia si sente un po’ meglio.

Sherlock continua a infastidirlo con la gelatina e hanno finito le verdure, perciò si mette in spalla lo zaino che usa per portare la spesa a casa e si incammina. Sta pensando a un modo per diminuire le turbolenze nel flusso nella progettazione di stent cardiovascolari mentre fa compere, nel tentativo di tenere la sua mente lontana dal pensiero che il mal di testa è probabilmente causato dall’infezione.

Fa la spesa in automatico. Ricorda di prendere la marca di succo d’arancia stupidamente costosa che a Sherlock piace così tanto, ma è così impegnato a non pensare al suo mal di testa che dimentica la gelatina finché non si trova a una strada di distanza. Prende in considerazione l’idea di dire chissenefrega ma alla fine si gira e torna indietro.

 

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“Cosa usi come dispositivo di memoria?” chiede Sherlock. Ha fatto rimbalzare una palla sul muro del loro appartamento negli ultimi venti minuti in completo silenzio.

“Cosa?” John alza gli occhi dal giornale che ha finito di leggere quindici minuti prima, dall’inizio alla fine. Stava pensando all’effetto degli embarghi commerciali sullo sviluppo globale della tecnologia – appena accennato in uno degli articoli – e, guardando Sherlock, tutto ciò che riesce a vedere è l’equazione parabolica della palla, dal moto al potenziale e di nuovo al moto e distoglie lo sguardo.

“Il luogo dove organizzi spazialmente i tuoi pensieri.”

“Oh,” dice John, “uso il 221B.”

Sherlock lancia la palla ancora un paio di volte. Poi dice: “Mi aspettavo qualcosa di più grande.”

“Uso anche l’Afghanistan,” aggiunge John. “Non è propriamente collegato ma ho spostato là alcune delle mie conoscenze mediche.”

Sherlock posa la palla da un lato e osserva John. “Non ci sono molti dettagli riconoscibili in un deserto.”

“Non mi piace dare confini arbitrari alla scienza,” concorda John.

 

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Roehampton Club, 10 minuti. – SH

 

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Il retro della testa dell’uomo è stato fracassato con una mazza da golf.

“Raccapricciante,” continua a ripetere il manager capo quando Sherlock sollevo il lenzuolo che ricopriva l’uomo. “Assolutamente raccapricciante. Non era mai successo niente di simile nella storia di questo stabilimento.”

“Chi l’ha trovato?” chiede Sherlock. “Quando? Veloce.”

“Il custode,” risponde il manager, “appena mezzora fa.”

“È morto da molto più tempo,” dice John senza piegarsi a controllare la temperatura o lo stato di rigor mortis del corpo. Sherlock rimuove interamente il telo e gira intorno al corpo, lente d’ingrandimento in mano.

“Non permettiamo a nessuno di venire sul campo a meno che non sia un membro del circolo o dello staff,” dice loro il manager. “Il signor Keinon ha firmato il suo punteggio da solo e non c’era nessun altro quando ha firmato alla stessa ora vicino a questa buca.”

John osserva Sherlock sollevare la mano dell’uomo per ispezionare le unghie, aprirgli la bocca per vedere i denti, rottisi nel momento in cui il suo volto ha sbattuto contro il suolo. Non ha bisogno di pensarci per individuare la traiettoria della mazza che ha distrutto il teschio dell’uomo, l’altezza da cui il colpo è stato inferto, l’esatta area del cervello che è stata danneggiata, fascio assone e nuclei.  Osserva l’uomo e lo ricollega a centinaia di altri casi.

“Dov’è il custode?” domanda Sherlock.

“Vado a prenderlo,” dice il manager e corre via.

“Allora?” chiede Lestrade.

“Ho tre teorie,” risponde Sherlock.

John sposta lo sguardo dal corpo a Sherlock. Si avvicina, appoggia una mano sulla spalla di Sherlock sussurrando: “Non è ovvio?” al suo orecchio. “Ti ricordi quell’omicidio a Wormwood – quello con la casa con l’edera e i due gatti?”

“Credi che sia la moglie.” La voce di Sherlock è bassa mentre lancia un’occhiata a Lestrade.

“Guarda la posizione del colpo,” dice John accennando al corpo, “guarda l’orologio che porta. La sua camicia. Aveva una relazione con una donna trent’anni più giovane e sua moglie l’ha scoperto. Lo schema combacia.”

“Forse dovremmo considerare ogni caso su basi individuali e indipendenti,” risponde Sherlock, richiudendo la lente d’ingrandimento con un colpo secco.

Ma alla fine, John ha ragione.

 

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John si domanda per un istante se Sarah potrebbe fargli una prescrizione per l’Imitrez, se glielo chiedesse – e la sua mente gli proietta la struttura del sumatriptan e infrange le piccole molecole, creando il più efficace materiale precursore per sintetizzarlo, suggerisce possibili solventi e catalizzatori. È ridicolo perché John non studia chimica organica dall’università e solo recentemente si è cimentato nella lettura di riviste di chimica. È molto più noiosa della biologia molecolare, con cui ha già avuto a che fare – ma gli piace scoprire i meccanismi, gli piace sbrogliare le regole a base della sintesi, gli piace immaginare modelli tridimensionali di ogni composto.

Adesso, concluso il suo turno all’ambulatorio, ha l’emicrania. Stabilisce una nuova routine: due Nurofen dopo aver posato la ventiquattrore e un sonnellino di venti minuti sul divano.

Sherlock non è mai all’appartamento. Non scrive, ma John sa che è fuori a investigare su un altro caso o a fare ricerche.

John non ha più bisogno di inventarsi scuse. È Sherlock che non lo invita più a seguirlo.

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A John non dispiace cenare da solo. Non gli importa nemmeno il fatto che Sherlock abbia smesso di mandargli richieste per sms. Si preoccupa, tuttavia, del fatto che Sherlock stia passando troppo tempo sulle scene del crimine e non abbastanza mangiando o dormendo.

Comunque, a John importa quando Sherlock si siede al tavolo in soggiorno e ignora i “Oh, ciao,” e “Nuovo caso, dunque?” e “Su cos’è?” di John. Quindici minuti dopo John riprova con “Allora, cosa facciamo per cena?” e “Ti serve aiuto?”

“Non mi serve il tuo aiuto,” lo aggredisce Sherlock.

John è troppo stanco per arrabbiarsi. “È questo il problema, quindi? Hai paura che ti scavalchi e che ti rubi la gloria?”

“Risolvo casi da mezza decade,” dice Sherlock, “so cosa sono capace di fare, John.”

“Cristo,” dice John. “Sherlock, posso ricordarti chi è che mi ha rinchiuso in un laboratorio per un esperimento? Chi mi ha terrorizzato a morte solo per testare un’ipotesi?”

Sherlock si irrigidisce sulla poltrona, le nocche si imbiancano attorno ai braccioli.

“Non sono stato io a chiederlo,” scatta John e se ne va nella sua stanza.

 

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John evita Sherlock rimanendo fino a tardi all’ambulatorio, leggendo libri sulle patologie ai quali Molly fa ancora riferimento, ogni tanto.

“Per cosa state litigando?” chiede Molly scrutando, attraverso un microscopio, un campione mandato dalla polizia. “Sherlock mi ha chiesto di prestargli il mio tesserino. Credevo che avesse te, per questo genere di cose.”

John è semi distratto dalle statistiche epidemiologiche e sta pensando alle possibilità per i trattamenti anti-malaria. “Ho minacciato il suo ego e ora tiene il broncio.” Vorrebbe anche dirle ciò che Sherlock gli ha fatto, ma i documenti confidenziali che ha firmato a Baskerville gli vietano di aggiungere altro.

“Non credevo che il suo ego potesse essere minacciato,” dice Molly, alzando lo sguardo e sorridendogli. “Credevo che fosse un po’ come un buco nero – non può essere distrutto, ma risucchia ogni cosa attorno a lui.”

“Evidentemente no,” dice John, e accennando al libro: “Sono statistiche molto vecchie, vero?”

 

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Porto di Chelsea, rapimento, 5 minuti. – SH

John? – SH

Bloccato all’ospedale. Divertiti. – JW

 

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John prende due Nurofen e prova a dormire, ma non riesce a smettere di pensare abbastanza a lungo per assopirsi. Dopo dieci minuti di tentativi, John rinuncia e va in cucina. Può per lo meno cercare di fare qualcosa di produttivo.

Il tavolo della cucina è un disastro da due settimane – i campioni di Sherlock si sono disidratati nelle loro capsule petri e John è pronto a scommettere che ci sia della corrispondenza dispersa sotto la confusione di giornali e carta per appunti.

Uno svolazza fino a terra. John lo raccoglie e lo riconosce come una delle pagine degli articoli che Sherlock ha rubato da Baskerville, quando vi si sono recati per il primo check-up. L’articolo è incompleto, ma ci sono due figure che occupano la metà in basso del foglio, due pannelli di immunoistochimica: gene wild type e tessuto cerebrale infetto di scimpanzé.

John lo fissa per lungo tempo. Il suo cervello sta riempiendo tutti i vuoti – i coloranti usati, i coloranti che avrebbero potuto usare per ottenere un’immagine migliore, la funzione della struttura cerebrale dalla quale la figura era stata presa. Sta esplorando implicazioni, possibili trattamenti, usi terapeutici. Ma una sola conclusione continua a ripresentarsi, ancora e ancora e improvvisamente l’emicrania si fa più intensa.

La dottoressa Stapleton risponde al terzo squillo: “Pronto, John? È successo qualcosa?”

John sta ancora fissando il giornale quando dice: “Mi avete tenuto nascosti dei dati.”

 

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“Sto andando a Baskerville,” John comunica a Sherlock.

“Ho un caso,” ribatte Sherlock.

 

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“Dov’è il fidanzato, allora?” domanda il locandiere assegnando John a una delle loro stanze. “È tutto a posto?”

“Stiamo bene, grazie,” risponde John prendendo le chiavi.

 

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“Sembra cancro,” dice John, schiaffando la pagina che ha conservato nella tasca della sua giacca durante  tutto il viaggio da Londra. La dottoressa Stapleton abbassa gli occhi a guardarlo.

“Mi ha detto che non sapeva da dove venisse la mia emicrania,” sibila John. “Mi ha detto che nessuno degli animali ha mostrato segni di disagio. Perché diavolo mi ha mentito?”

“Abbiamo pensato che sarebbe stato più umano,” dice la dottoressa Stapleton in un mormorio, “se lei non lo avesse saputo. Se non avesse saputo cosa succederà.”

John stringe i punti fino a sbiancare le nocche quando abbassa lo sguardo su di lei. “E cosa succederà?”

 

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Sequenziale proliferazione e degenerazione dei neuroni nell’infezione prolungata da NTV

Abstract

L’infezione da NTV è stata precedentemente caratterizzata da un significativo cambiamento nel comportamento dei topi nel corso di due mesi. La letteratura precedente ha mostrato che, durante il primo mese, le abilità cognitive sembrano aumentare prima di raggiungere un picco e poi precipitare. I nostri studi hanno mostrato che questo cambiamento comportamentale è rispecchiato da cambiamenti nel tessuto neurale. Analisi istologiche su campioni di murini infetti, eseguiti ogni due settimane nel corso di due mesi, mostrano due fasi distinte. La prima fase avviene inizialmente dopo l’infezione ed è caratterizzata dalla crescita dell’assone, alta proliferazione degli astrociti, e limitato rientro dei neuroni nella fase G1. La seconda fase avviene approssimativamente un mese dopo l’infezione iniziale ed è caratterizzata dalla degenerazione del tessuto neurale. Studi futuri serviranno a determinare l’origine del tessuto degenerato durante la fase 2.

 

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“Sarà doloroso?” chiede John. La guarda in faccia, spalle dritte.

“Deve capire che i nostri risultati, finora, si sono limitati solo a pochi studi,” inizia la dottoressa Stapleton.

“Non mi addolcisca la pillola,” dice John. La sua voce è piatta. Gli sembra di avere ancora ventotto anni, con il vento afgano che gli soffia la sabbia in faccia e il ruggito degli elicotteri sopra di lui. “Sarà doloroso?”

Lei esita, ma alla fine ammette: “Verso la fine dell’infezione, i nostri animali sono apparsi sofferenti.”

 

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C’era una tecnica di sopravvivenza che John aveva adottato quando era medico da campo.

Era quella di pensare di essere già morto. Soltanto che il proiettile non lo aveva ancora trovato.

 

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“Perché?” chiede Sarah quando le dice che deve lasciare il laboratorio. “Sei stato un grande medico! Sei stato sommerso di lavoro nelle ultime due settimane. Terry e io abbiamo parlato di promozioni per la fine dell’anno e il tuo nome è saltato fuori.”

“Motivi personali,” dice John al telefono. “Non credo che starò a Londra ancora per molto.”

“Va tutto bene, John?”

“Sì,” dice John e si obbliga a sorridere, “sto bene, non preoccuparti.”

 

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Credevo che tornassi stamattina. – SH

Non so per certo quando tornerò. – JW

È successo qualcosa? – SH

Altri test. Com’è il tuo caso? – JW

Non noioso. – SH

 

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Legge quella neurologia evolutiva che ha soltanto sfiorato durante l’università, quello di cui si è farcito la testa durante il tirocinio, ma che non ha mai appreso del tutto. Legge dei marcatori epigenetici nella biologia del cancro, legge ogni rivista di virologia su cui riesce a mettere le mani. Esaurisce tutti gli articoli remotamente rilevanti di Science, Nature e Cell prima di passare metodicamente a Neurology e Annals of Neurology.

“Ha dormito?” domanda la dottoressa Stapleton quando vengono a prepararlo per una valutazione cognitiva. “Ha un aspetto terribile.”

John è troppo impegnato a pensare a come usare i coni di crescita nella creazione di specifiche sinapsi per concederle più di un sorriso assente.

Lo testano con una serie diversa di Matrici Progressive di Raven. È preoccupato, ma riesce a concludere comunque in quindici minuti.

 

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John non lascia la struttura di ricerca da più di 36 ore. Ha consumato due panini, cinque Nurofen e diverse tazze di caffè. Sta discutendo la possibilità di archiviare la memoria in forma di marcatori epigenetici con una dei neurologi quando lei inclina la testa e dice: “Ha del-“

Lei si tocca il naso e John si acciglia. Solleva la mano per asciugarsi il naso e la scopre sporca di sangue.

Cinque minuti dopo, è colpito dalla peggior emicrania che abbia mai avuto. È come se tutta la testa avesse dei crampi che cercano di comprimergli il cervello in uno spazio ancora più stretto nel suo cranio.

“Sta bene?” chiede la neurologa.

Sta per farle cenno di allontanarsi, dirle che va tutto bene – e poi tutto diventa nero.

 

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Quando John si sveglia, è steso su un letto d’ospedale con gli occhi chiusi, sperando che il silenzio nella sua testa rimanga tale.

Apre gli occhi e riconosce l’ospedale dal colore dei muri e dalla forma della stanza. Non è il Bart, ma è tornato a Londra.

Sherlock è seduto su una sedia di fianco a lui, fissando il telefono.

“Per quanto tempo sono rimasto incosciente?”

Le dita di Sherlock si fermano e lui guarda John. “Diciotto ore. Ti hanno fatto una puntura lombare per diminuire la pressione intracranica.”

John sussulta all’idea e resiste al bisogno di toccarsi le bende.

Sherlock mette da parte il telefono e si avvicina al letto di John. “Mycroft mi ha detto tutto.”

John chiude di nuovo gli occhi.

“Perché non l’hai fatto tu?”

John non sa come rispondere a quel tono sincopato. Non deve niente a Sherlock e al momento non ha né tempo né energia per fronteggiare l’ego di Sherlock.

“Quanto tempo?” chiede Sherlock.

John tiene gli occhi chiusi.

“Quanto tempo?” domanda di nuovo.

“Cinque mesi.”

Apre gli occhi. Non riesce a decifrare l’espressione di Sherlock.

“Sono stato io a causarlo,” dice Sherlock.

John deglutisce. Pensa che dovrebbe negarlo, che dovrebbe assolvere Sherlock. Ma ciò che dice, invece, è: “Va tutto bene.”

“Non è vero,” dice Sherlock e John non sa più cosa dire.

 

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“Oxford,” sentenzia Mycroft porgendo a John una busta contenente delle carte. “Hanno un’eccellente struttura e diversi scienziati esperti nel campo. Ho già predisposto tutto con uno dei gruppi di ricerca. Sanno della tua situazione e non vedono l’ora di iniziare a lavorare con te.”

John estrae la prima pagina e scorge il profilo di un’elegante donna indiana più vecchia di lui – dottoressa Patel, istruita negli Stati Uniti, dottorato di ricerca in neuroscienza. Sul suo curriculum riconosce alcune delle pubblicazioni che ha letto.

“Ho ordinato il mobilio per un appartamento vicino alla struttura,” continua Mycroft, reggendo una serie di chiavi. “Sono un po’ economici, ma spero che andranno bene.”

“Grazie, Mycroft, davvero,” dice John, “ma non sarà troppo?”

Una pausa, poi Mycroft dice: “Mio fratello mi ha rivelato le circostanze dell’infezione iniziale.”

“È per questo?” Le dita di John tastano le chiavi. “È questa la penitenza per le sue azioni?”

Mycroft abbassa lo sguardo sul pavimento e si schiarisce la voce. “Suppongo che sia un buon momento come un altro per comunicarti che Sherlock ti seguirà a Oxford.”

 

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Lestrade non avrà bisogno di te? – JW

Londra è sopravvissuta per centinaia di anni senza di me. –SH

 

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Sherlock organizza una piccola borsa di vestiti. Lascia i suoi esperimenti e il suo violino al 221B.

John impacchetta alcune camicie e il computer e mette tutti i suoi effetti personali in una borsa sportiva.

Dicono alla signora Hudson che stanno partendo per una vacanza in campagna e lei fa loro l’occhiolino e raccomanda loro di divertirsi. John si reca a firmare le dimissioni e Sarah lo abbraccia prima che lui se ne vada. Dice di chiamarla se volesse tornare, o se gli servisse qualsiasi cosa.

La mattina dopo il trasferimento, John si sveglia con Sherlock che pulisce il bancone della cucina.

“Non pulisci mai,” fa notare John.

“È un appartamento nuovo,” risponde Sherlock e il suo sguardo non incontra quello di John.

John accetta le mute scuse.

 

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“Questo edificio è stato costruito negli ultimi cinque anni, quindi tutte le strutture sono nuove,” dice la dottoressa Patel facendo far loro un giro del laboratorio. “Ho appena ottenuto il dottorato quindi posso concederle questo tavolo da lavoro. Abbiamo ripulito la scrivania.” Lancia un’occhiata a Sherlock, il quale sta esaminando la radioattività del bancone. “Possiamo far ripulire anche il tavolo dietro di lei, per Sherlock. Il tecnico si siede qui, ma possiamo farla spostare sull’altro lato.”

John si siede alla sua nuova scrivania. Qualcuno ha lasciato dei fogli per appunti e una penna a quattro colori vicino alla tastiera. Raccoglie la penna, immaginando già come riempire i fogli bianchi.

“Il signor Holmes mi ha detto di essersi accordato con l’università, pertanto avete accesso a qualsiasi struttura,” dice la dottoressa Patel. “Il governo non sta badando a spese per finanziare il suo progetto. Sono stata incaricata di procurale collaboratori esperti e farglieli incontrare prima della fine della settimana.”

“Grazie.”

“Siamo tutti molto emozionati di averla qui, John.”

John alza lo sguardo su di lei. Lei gli sorride.

Inizia a sentirsi ottimista.

 

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femtometro – basso, isolamento delle proprietà di rotazione

dimensioni, quale?

modifica C

coni di crescita

obiettivo atomico

materiali scientifico, bioingegnere, programmatore

 

monitoraggio dei neuroni –

danio rerio

murino

 

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L’assistente ricercatrice che la dottoressa Patel assume si chiama Clarinda. È sulla fine della trentina ed era impegnata nel processo di ammissione al MIT prima di avere la chance di lavorare con John.

“Hanno divulgato l’esistenza dell’NTV nella comunità scientifica appena il mese scorso,” dice la prima volta che incontra John. “Ho capito subito che si trattava dell’argomento che stavo aspettando da tutta la vita. Poi sono stata chiamata per questo posto e, beh –“ sorride e gli stringe la mano, “ –  è un onore, dottor Watson.”

Più tardi, quando John ha la testa appoggiata sul tavolo della cucina e gli occhi chiusi nel tentativo di riorganizzare i pensieri, Sherlock prepara due aspirine e un bicchiere d’acqua vicino al suo braccio e dice: “Non mi piace quella donna.”

“A te non piace nessuno,” risponde John, senza sollevare la testa.

“In te non vede altro che un curioso esperimento.” John sente la sedia grattare il pavimento quando Sherlock si siede. “Un unico campione da essere testato.”

“Non è così che mi vedi anche tu?” chiede John, mezzo distratto.

Sherlock non risponde. Alla fine John alza la testa.

Sherlock lo scruta, le labbra strette in una linea sottile.

 

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“Il suo amico, Sherlock,” dice Clarinda un giorno, mentre taglia fette di paraffina che incorporano del tessuto cerebrale. “Non ha una qualifica tradizionale, vero?”

“Ha una laurea in chimica,” risponde John, leggendo un articolo su un farmaco mirato che utilizza nanoparticelle magnetiche. “È un bravissimo patologo forense.”

“Senza offesa,” dice Clarinda, “ma lei ha bisogno di ricercatori che hanno dedicato la vita allo studio del cervello. Nel suo caso, intendo.”

John appoggia il foglio. “Sherlock è qui per mettere a disposizione il suo tempo.” La sua voce è più tagliente di quanto voglia.

Le mani di Clarinda sono immobili sulla macchina e non alza gli occhi dal suo lavoro. “Se devo aiutarla, mi occorre una squadra. Una che sappia quello che sta facendo. Una con cui possa comunicare efficacemente, senza fermarmi a spiegare concetti neurologici che dovrebbero essere stati affrontati durante un dottorato di ricerca.”

John torna a guardare il foglio. Non vuole ammettere che ha ragione.

“Mi perdoni, John,” aggiunge, “ho capito quanto siete legati.”

 

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Sherlock combatte con la retina per capelli mentre si vestono per andare a vedere gli scimpanzé di Baskerville che sono stati spediti alle strutture per animali di Oxford. Clarinda si sfila un elastico per capelli dal polso e glielo offre, ma Sherlock si acciglia e lo ignora.

“Alcuni di questi animali sono stati infettati diversi mesi fa,” dice loro la dottoressa Stapleton. Si trova ad Oxford solo per la settimana di transizione degli animali, ma John sta lavorando con la dottoressa Patel per offrirle una posizione nel gruppo di ricerca. “Vi avverto che non sono tra i più energici.”

John raddrizza la postura quando si aprono le porte. Sta soltanto esaminando i pazienti, niente di più.

“Queste sono le gabbie dei tre mesi post-infezione,” dice la dottoressa Stapleton mentre superano cinque scimpanzé divisi in due gruppi. “Gli scimpanzé girano le teste al loro passaggio – due di loro si avvicinano per avere una visuale migliore. Le gabbie sono organizzate ordinatamente, il cibo in una zona, la parte adibita a dormire in un’altra. Qualcuno ha dato agli animali una matita e dei fogli e John riesce a vedere i riconoscibili pittogrammi scarabocchiati tra le pagine.

“Queste sono quelle dei cinque mesi post-infezione,” dice la dottoressa Stapleton non appena si fermano vicino ad un'altra serie di gabbie. I tre scimpanzé sono raggomitolati su loro stessi, separati gli uni dagli altri. Il cibo è intatto. Gli animali fissano il vuoto.

John li guarda e si sente male.

Sherlock aggira la gabbia dei cinque mesi. Cammina verso quella dei tre mesi. Uno scimpanzé si sporge nella sua direzione. Lo guarda, poi tutti lasciano la stanza.

“Loro sanno,” si sente dire John. La sua mente sta rallentando, svuotandosi curiosamente.

“Come, prego?” chiede la dottoressa Stapleton.

“Loro,” John accenna nella direzione delle gabbie dei tre mesi post-infezione, “loro sanno cosa sta per succedere. Dovreste separare i due gruppi.”

Cala il silenzio. Poi Clarinda dice: “Vedrò se è possibile richiedere un’altra stanza.”

John fissa gli scimpanzé immobili e, per la prima volta dopo settimane, non pensa ad altro.

 

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Ordinano cinese take-away. Sherlock non va oltre ad aprire la scatola di riso fritto all’ananas. John riesce a mangiare due pezzi di broccolo dal suo manzo con broccoli prima di rinunciare.

“Sono-” inizia Sherlock, lo sguardo fisso sul pavimento, “-inutile, vero?”

“No,” dice John.

“Non posso risolverlo,” continua Sherlock, “ho messo in moto tutto questo e adesso mi devo fare da parte e guardare mentre si compie.”

“Ho bisogno di te,” dice John, “qui. Con me.”

Sherlock lo scruta. “Non merito il tuo perdono.”

“Ti prego,” dice John, e lo spaventa capire quanto Sherlock dica sul serio.

 

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Sto andando a prendere il mio violino e alcune cose che ho lasciato là. – SH

A dopo allora. – JW

 

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Dimmi che non mi hai mentito a proposito di Londra e che non sei andato dritto a Baskerville. – JW

A cosa stavi pensando? – JW

No, so perfettamente a cosa stavi pensando e: SEI IMPAZZITO? – JW

Dove sei? – JW

 

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Il taxi arriva a Londra a notte fonda. John ha speso tutto il giorno a parlare con uno dei più talentuosi scienziati informatici ad Oxford e non è nemmeno sicuro che Sherlock sia al 221B al suo arrivo. Non sa cosa intende dire all’altro uomo al di là dell’esplosione di folle panico nel suo petto, il modo in cui la sua mente era andata automaticamente alle scadenze del progetto, fase uno, fase due – e poi, con un nauseante distacco clinico, quanto assolutamente brillante Sherlock potrebbe essere diventato.

Sale gli scalini due alla volta e trova Sherlock seduto al buio con il solo chiarore della luna a illuminare l’intero appartamento. Non si volta quando John accende la luce.

“Gesù Cristo,” dice John tirando un sospiro di sollievo.

Sherlock unisce le dita a creare una guglia e guarda dritto davanti a sé.

“Non l’hai fatto,” dice John

“Non sono riuscito ad andare oltre le guardie,” afferma Sherlock

“Tu – cosa credevi che sarebbe successo, Sherlock?”

Sherlock lo guarda. “Avrei trovato una risposta. La cura.”

“Fottiti,” dice John incredulo. “Fottiti, bastardo.”

Sherlock si alza, a faccia a faccia con John. “Ho sbagliato? Chi meglio di me può provarci?”

“Non posso,” John tenta di dare fermezza alle sue parole, ma queste lo soffocano. “Il tuo istinto suicida. Non starò qui a sopportarlo, Sherlock.”

“E preferiresti che rimanessi a guardarti morire?” ruggisce Sherlock avanzando. “Preferiresti che restassi a guardarti diventare come uno di quegli scimpanzé che non sanno distinguere la loro testa dal loro culo, lasciarti deperire nel modo meno dignitoso possibile?”

“Posso sistemarlo,” urla John di rimando. “Ho ancora tempo! Perché non puoi fidarti di me?”

Sherlock lo spinge e le sue scapole colpiscono il muro. Sherlock si avvicina, le mani attorno al collo di John. John lo sente tremare. La sua voce è incerta quando parla.

“Non posso perderti,” dice Sherlock, “riesci a capirlo?”

 

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A: kbarrymore@cs.ox.ac.uk

Da: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Oggetto: Carte importanti e domanda

 

Salve Keith,

ho allegato due documenti importanti riguardo alla discussione di ieri. Il documento Kaiser 2003 ecc è simile al tipo di struttura che credo sarebbe appropriata per questo sistema, sebbene non proprio così complessa come sarà la nostra. Mi faccia sapere cosa ne pensa. Inoltre, si tratta di un azzardo, ma conosce per caso materiali scientifici che potrebbero risultare utili per questo progetto? Mi incontrerò con un paio di biochimici alla fine della settimana, ma tutti loro hanno lavorato per lo più per scopi farmaceutici mentre io sono più alla ricerca di un ingegnere.

Grazie,

John

 

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A: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Da: michxu@pharm.ox.ac.uk

Oggetto: Specificità?

 

Salve John,

ho molto apprezzato la nostra discussione di ieri e mi ha fatto pensare a misure non invasive di monitoraggio, specialmente con il problema della barriera ematoencefalica. Nel tentativo di trovare modi in cui il meccanismo da lei proposto non sarebbe fattibile, mi sono imbattuto in un documento che allego per una sua valutazione. Mi faccia sapere come procederebbe in merito al problema della specificità affrontato nel documento.

Michael

 

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A: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Da: clagerman@medsci.ox.ac.uk

Oggetto: spedizioni

 

Ordinati i primer che voleva. I quattro anticorpi che abbiamo ordinato martedì sono arrivati. Ho ordinato anche altri venti topi e pensiamo di iniziare i tox screen con le miscele che abbiamo sintetizzato.

Clarinda

 

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Cinque mesi e tre settimane dopo l’incidente di Baskerville, John è seduto alla sua scrivania e raccoglie il giornale da cui era stato distratto il giorno prima. Lo fissa per lungo tempo. Poi lo ripone ed esce a fare una lunga passeggiata attorno al campus.

Ha perso la capacità di leggere il mandarino.

 

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Perde l’urdu e l’hindi prima di chiamare la dottoressa Stapleton da parte.

“Credo che stia iniziando,” dice. “Quanto ci vuole perché sia pronto?”

“Subramanian non ha ancora mandato gli schemi revisionati,” risponde la dottoressa Stapleton, “e sono ancora in corso i negoziati con l’ospedale per usare la loro rete energetica.”

Gli afferra il braccio e lui si volta, “John. È sicuro?”

John deglutisce e fa cenno di sì.

 

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John trascorre la maggior parte della giornata copiando i suoi appunti stenografici in una forma che anche le altre persone possano comprendere. Qualche volta si scopre a fissare un’abbreviazione o un acronimo, una stringa di parole che per lui hanno significato qualcosa, un tempo, ma di cui ora non riesce a ricordare il senso.

Legge articoli in francese almeno una volta al giorno, solo per accertarsi di non aver perduto anche quello – ma quando spende quasi dieci minuti a lottare contro un’introduzione, si ferma.

La dottoressa Stapleton gli porge un pacchetto pinzato con un nuovo set di Matrici Progressive di Raven e dice: “Non voglio essere insensibile, John.”

“No,” dice lui e prende in mano una penna. “Capisco.”

Gli ci vuole tutta la sua concentrazione per finirlo in trenta minuti.

 

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Quando John rientra a casa, Sherlock sta suonando il violino. Una serie di brevi note rabbiose scandisce il silenzio quando John si chiude la porta alle spalle, poi Sherlock smette di suonare.

John si sfila il cappotto mentre Sherlock abbassa l’archetto e chiede: “Quand’è iniziata?”

John si irrigidisce. Mantiene un tono di voce neutro: “Prego?”

“Quand’è iniziata la fase due?” Sherlock si gira, l’archetto stretto in mano.

“Cosa ti fa pensare-“

“Non prendermi per imbecille, John,” scatta Sherlock. “Impieghi più tempo a leggere. Non scrivi più le tue idee così spesso come facevi prima e ci sono macchie di inchiostro persistenti sul lato della tua mano – stai ovviamente ricopiando i tuoi appunti. Il che può significare una cosa sola: quando è iniziata?”

John si sfrega la fronte e si arrende. “All’inizio della settimana.”

“E quanto tempo ci vorrà?”

John prende un respiro profondo e considera l’idea di mandare Sherlock a farsi fottere. Ma quello che dice, invece, è: “Due mesi, forse tre.”

 

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John è mezzo addormentato quando sente bussare alla porta.

“Cosa?” farfuglia John.

La porta si apre. Sherlock entra nella stanza. John apre meglio gli occhi e lo guarda.

Sherlock si trova ai piedi del letto. John non riesce a vedere chiaramente il suo volto nella penombra. Paralisi.

John respira attraverso il naso e infine si sposta per far spazio a Sherlock. Sherlock si arrampica fin sotto le coperte sdraiandosi al suo fianco e John si volta verso di lui.

“Sherlock?”

Sherlock gli tocca le labbra e la domanda muore prima che John possa formularla. Sherlock disegna la curva della sua guancia, la mandibola, e si ferma a sentire il battito sul collo di John. John respira piano.

“Riesci a capire?” sussurra Sherlock.

 

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John prepara il caffè. Mescola lo zucchero in una delle tazze.

“Sai cosa ho in mente di fare?” chiede. Riesce a sentire il rumore dei passi Sherlock interrompersi fuori dalla cucina.

“Se funziona, sarà rivoluzionario,” continua John.

Sherlock arriva al suo fianco. Prende la tazza con lo zucchero.

“Mi hai ispirato tu, sai,” dice John.

Sherlock beve un sorso di caffè, guardando gli studenti che passano fuori dalla finestra della cucina.

“Farò uno screenshot della mia mente,” dice John, “e quando avremo perfezionato il siero della crescita, ripristinerò il mio cervello al momento dello screenshot.”

Sherlock lo guarda.

“Funzionerà,” dice John e spera che entrambi possano credere che sia vero.

 

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A: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Da: clagerman@medsci.ox.ac.uk

Oggetto: successo

 

Gli ingegneri hanno trovato un percorso più efficace per superare il problema del surriscaldamento. Immagino che il signor Holmes le abbia già scritto in merito all’intenzione dell’ospedale di mettere da parte tre generatori in un paio di settimane. Sono abbastanza sicura che sia perché i miei amici americani hanno fiutato la macchina e stanno sbavando all’idea di poterla vedere testata. Oxford non lascerà che il NIH rubi un progetto tanto importante.

Clarinda

PS. Capisce che, se dovesse funzionare, potrebbe richiedere qualunque prezzo a qualunque istituzione, vero?

 

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A: clarigerman@medsci.ox.ac.uk

Da: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Oggetto: Re: successo

 

Per favore, mi tenga aggiornato sull’efficacia dei nuovi coefficienti del siero della crescita. Quando sposteremo gli scimpanzé?

John

PS. Lusinghiero ma improbabile.

 

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John dimentica le equazioni che regolano gli stati colorati dei gluoni. Dimentica come leggere il russo. Dimentica i legami del silicone.

Non riesce più a tradurre i suoi vecchi appunti perché non li capisce.

La dottoressa Stapleton gli consegna un nuovo test. Questa volta impiega l’intera ora. Evita di guardare l’espressione di pietà sul suo volto e glielo consegna.

 

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Quando inserisce la propria testa nella macchina, John avverte una sensazione di déjà-vu. Sa che ha progettato quella macchina, che ha contribuito a sciogliere i nodi nell’applicazione della teoria con gli ingegneri. Sa che ha aiutato a raccogliere i materiali che ora gli circondano la testa. Ma quando chiude gli occhi e prova ad elencare le funzioni di ogni singolo componente, ha un vuoto.

Sherlock lo aspetta nell’atrio. Si alza in piedi quando John attraversa le porte, leggermente instabile a cause dei blandi sedativi che gli hanno dato per farlo restare il più fermo possibile.

John quasi inciampa su un pezzo di pavimento sporgente all’uscita dell’ospedale e Sherlock lo tira indietro, tenendogli un braccio attorno alle spalle. John si appoggia contro di lui.

“Credo che dovremmo tornare a Londra,” dice John.

 

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John affronta la corrispondenza che ha tralasciato durante gli ultimi tre mesi mentre Sherlock è a Scotland Yard. La signora Hudson spolvera il tavolo della cucina e chiacchiera a proposito delle vacanze che ha trascorso in campagna nemmeno un anno prima. John cerca di entrare nella conversazione, ma tutto ciò che vuole è restare solo.

“Stai bene, caro?” chiede la signora Hudson, una mano sulla sua spalla. Lui annuisce e sorride.

“Mi preoccupo di voi tutto il tempo,” dice, dandogli colpetti sulla spalla. “Siete i figli che non ho mai avuto.”

Appoggia le mani sulle sue, gliele stringe. “Grazie, signora Hudson.”

 

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Non era la conoscenza la parte migliore. Era il potenziale delle conoscenza. Non ricordo più la sensazione di possedere la conoscenza, la sola cosa che ricordo è l’eccitazione di sapere che c’erano confini da varcare, che io avevo la capacità di varcare quei confini, che di fronte a me si trovava un vuoto senza fine e che io stavo per inoltrarmici per la prima volta. Era quella la parte migliore. Non mi manca conoscere le cose, per niente. Mi manca però l’ispirazione che ti colpisce, il momento in cui realizzi che ti sei imbattuto in qualcosa di nuovo e bellissimo.

 

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Quarterdeck, 15 minuti. – SH

 

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Lestrade lo saluta quando arriva all’edificio. “Ho parlato con Mycroft,” dice, mentre John indossa le protezioni. “Mi dispiace davvero, John.”

John annuisce. “Facciamo che rimanga tra coloro che già lo sanno.”

“Sì, certamente,” dice Lestrade. “È ovvio.”

“Sherlock è già qui?”

“Di sopra.”

John sale le scale e si domanda a chi altri l’abbia detto Mycroft.

 

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A: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Da: valeriemalcolm@nature.com

Oggetto: Richiesta di intervista

 

Salve Dr. Watson,

 

alla luce dei suoi straordinari contributi al campo della neurologia e della tecnologia biomedica, siamo profondamente interessati alla sua ricerca. Saremmo onorati se accettasse l’invito ad essere intervistato per la nostra rivista. In caso di risposta affermativa, gradiremmo fare della sua storia uno speciale per il prossimo numero. Provvederemmo, ovviamente, alle spese di viaggio e alloggio. Aspettiamo con ansia la sua risposta.

 

Distinti saluti,

Valerie Malcolm

Staff Editor

Nature Publishing Group

 

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John fruga tra le lattine nel carrello. “Hai preso tutto di marca. Perché?”

“Non fa differenza?” chiede Sherlock. Si china sul carrello col telefono in mano. “Ho sentito che fa la differenza.”

“Sì, nel tuo conto in banca, forse,” John le rimette a posto nel reparto delle zuppe in scatola.

Più tardi, Sherlock sposta le borse della spesa in una posizione migliore, mentre camminano di ritorno all’appartamento. “Quando abbiamo risparmiato, allora?”

“Fai schifo a fare compere,” risponde John, ma sta sorridendo.

 

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Dimentico sempre più cose ogni giorno che passa. Stavo navigando in internet e ho realizzato che non ero più in grado di leggere il finlandese. Non so quando ne ho perso la capacità. Cose che non so più:

- La tavola periodica a memoria

- La procedura di sintesi per creare la caffeina

- La top five delle malattie infettive di ogni paese dell’anno scorso

- Una lista di tutti i paesi con le rispettive capitali e le maggiori città

- Come non essere spaventato

 

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A: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Da: clagerman@medsci.ox.ac.uk

Oggetto: varie

 

Un po’ di novità:

Bene – il coefficiente 13:4:1 sembra funzionare bene. Abbiamo trasferito l’esperimento agli scimpanzé e avremo risultati definitivi in un paio di settimane. La macchina ripristinatrice sta venendo bene, credo davvero che tutto funzionerà.

Male – Siamo scesi a n=4 di scimpanzé del quarto mese. Stiamo ancora cercando di capire se ci sia un modo per velocizzare l’infezione.

Clarinda

 

 

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A: clagerman@medsci.ox.ac.uk

Da: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Oggetto: Re: varie

 

Cos’è successo allo scimpanzé? Problemi tecnici o a causa del virus?

Grazie per tenermi aggiornato.

John

 

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A: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Da: clagerman@medsci.ox.ac.uk

Oggetto: Re: varie

 

La verità va detta, si è ucciso.

Mi dispiace John.

Clarinda

 

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Sherlock dorme regolarmente nel suo letto da ormai una settimana, perciò una mattina, quando John si sveglia, rimane sorpreso e deluso dall’assenza del calore di un corpo premuto contro il suo fianco. C’è un incavo nelle lenzuola, ma quando John vi appoggia sopra la mano non lo sente caldo. Controlla l’ora. Le nove e mezza.

Il suo computer è aperto sul tavolo della cucina. È posizionato dal lato di Sherlock, il che significa che ha letto di nuovo le sue e-mail.

Prepara il tè mentre il computer si accende. Il suo telefono vibra sul bancone.

“Pronto?” Si siede col suo tè, cliccando sul suo account di posta.

“Ciao John,” dice Lestrade. “È tutta la mattina che cerco di scrivere a Sherlock riguardo a un caso, ma non risponde. È abbastanza urgente, per cui potresti dirgli di controllare il telefono?”

“Sherlock non è con me,” risponde John scorrendo le ultime e-mail che ha ricevuto. Il suo cuore diventa improvvisamente pesante. “Glielo dirò non appena lo vedo.”

“Grazie John,” dice Lestrade riagganciando.

 

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Tuo fratello è l’uomo più stupido che abbia mai incontrato. Mi serve un passaggio a Oxford. – JW

Non sono una compagnia di taxi. Anthea sta arrivando. – MH

 

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“John, cosa-” Clarinda si ferma appena in tempo prima di corrergli incontro con un secchio di ghiaccio. “Cosa fa qui?”

“Lui è qui, vero?” domanda John. “Lo uccido. Giuro su Dio che lo uccido.”

Clarinda non dice nulla, ma guarda verso sinistra, in direzione della saletta per le pause. John la supera.

La dottoressa Stapleton ha un presentimento quando John compare alla porta – Sherlock rimane seduto e non sembra affatto sorpreso. “John,” dice la dottoressa Stapleton, “non credevo che sareste stati qui entrambi, oggi. Avrei preparato almeno un powerpoint-”

“Potrei parlare con Sherlock?” chiede John tranquillamente. “Da soli?”

La dottoressa Stapleton li guarda entrambi prima di prendere i suoi appunti e passare vicino a John uscendo dalla porta. John la chiude dopo di lei.

“Sei qui per una sola ragione,” dice John, “e non provare a negarlo.”

Sherlock incrocia le dita sul tavolo e lo osserva. Quel sorriso è pericoloso. “E qual è questa ragione, John?”

“Non te lo lascerò fare.”

“Sono un adulto, John,” dice Sherlock, alzandosi in piedi. “La dottoressa Patel è il capo di questo gruppo di ricerca. Non puoi decidere per me.” Sta guardando John dall’alto, sfruttando ogni centimetro della sua altezza a suo vantaggio e John vorrebbe tirare un pungo a quella stupida faccia da stronzo.

“Credi di potertela cavare?” domanda John. “Credi che non finirai come uno di quegli scimpanzé? Visto che sei l’onnipotente Sherlock Holmes, nessuna di queste regole è applicabile a te?”

“Ti ascolti?” urla Sherlock “Riesci a sentire il dubbio nella tua voce? Senti le parole che ti escono dalla bocca?”

“Io ci credo,” dice John

“No, non è vero,” dice Sherlock.

John trae un respiro profondo. Sherlock esce dal suo raggio di tiro, indietreggiando mentre John avanza.

“Farei di tutto per salvarti,” dice Sherlock con occhi feroci, “cose che non puoi neanche immaginare, John. Questo? Questo non è niente.”

“Sei più utile tu a Londra che altri cento me,” dice John e questa volta è Sherlock a ritrovarsi con le spalle al muro, è Sherlock ad essere in trappola.

“Non mi importa di Londra.”

“Ti importa di me?” chiede John. “Permettimi di darti una ragione,” dice, e lo bacia.

La bocca di Sherlock si apre sotto la sua e John affonda le mani nei capelli di Sherlock, lo preme contro il muro, e desidera così tanto scivolare dentro di lui, legarlo a sé così che non se ne possa più andare, che non possa prendere decisioni stupide come gettare via la sua vita. Bacia Sherlock e spera che lui possa sentire tutto ciò che non gli sta dicendo: non tu, non per me  e il silenzioso bruciare della disperazione sotto a tutto questo.

 

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La mattina John si sveglia con Sherlock che disegna equazioni sulla sua scapola. Tiene gli occhi chiusi, riconosce un cos e chiede: “Siamo nelle coordinate polari?”

Il dito di Sherlock si ferma. John rotola di lato e apre gli occhi. La luce del mattino crea un’aureola attorno ai capelli di Sherlock.

John si solleva e lo bacia, pelle nuda scivola contro pelle nuda mentre si accomoda contro Sherlock. Sherlock fa scorrere una mano tra i capelli di John, respirando tranquillamente attraverso il naso e inclinando la testa in cerca di un’angolazione più confortevole. Rimangono così distesi per un po’, col pollice di Sherlock che accarezza il punto di pelle morbida dietro l’orecchio di John.

“Okay,” mormora John, ritraendosi riluttante. “Vuoi del caffè?”

Sherlock geme, si gira di lato e si copre gli occhi con il dorso del braccio.

“Lo prenderò come un sì.”

E più tardi quando Sherlock si veste e osserva corrucciato la tazza che John gli porge, John ride e gli bacia l’angolo della bocca prima di dire: “Buon giorno,” perché lo è.

 

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A: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Da: clagerman@medsci.ox.ac.uk

Oggetto: Aggiornamento

 

Ci sono state difficoltà con il siero della crescita, ossia che stiamo ancora cercando di trovare la dose perfetta per il coefficiente di massa corporea. Ma per lei sarà leggermente diverso e ovviamente non possiamo testarlo su nessun altro umano, perciò vogliamo essere assolutamente certi dei risultati sulle nostre scimmie prima di prendere qualunque decisione per gli umani.

Clarinda.

 

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Aspetto il giorno in cui diventerò troppo stupido per Sherlock Holmes

 

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“Ora del decesso?” chiede Sherlock frugando nelle tasche della donna.

John flette il braccio della donna e realizza che non ha idea di ciò che sta facendo.

Sherlock alza gli occhi su di lui. “John?”

John ricambia lo sguardo. Sherlock deve leggere il panico nei suoi occhi perché si alza e si volta verso Lestrade. “Ho due teorie.”

 

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Clarinda gli manda gli articoli  che il gruppo di ricerca ha pubblicato sul lavoro degli ultimi sei mesi. Hanno dominato gli ultimi due numeri di Nature e John è fiero di loro. Prova a leggere Nuovo metodo di induzione di crescita di un assone specifico nel tessuto maturo del cervello perché è il titolo meno intimidatorio tra tutti gli articoli che gli ha spedito. Legge l’abstract cercando su Google le parole che ha dimenticato e capisce forse il cinquanta per cento dell’introduzione. Tuttavia, non comprende per niente i risultati, e rinuncia molto prima del dibattito.

È patetico, realizza John, perché lui compare come primo autore nella metà di questi articoli e non meno che terzo autore nell’altra metà. Ha vaghe memorie dello stare seduto al computer digitando qualcosa sui quei manoscritti.

Non cancella le e-mail, ma non ne fa menzione a Sherlock.

Apparentemente non importa perché Sherlock compra due copie delle riviste. Lascia una copia sul tavolo della cucina per John e sistema l’altro sullo scaffale, vicino ai suoi testi di antropologia. Non li consulta mai.

John realizza che questo è quanto più vicino Sherlock possa arrivare a sapere cosa sta accadendo.

 

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Di notte, Sherlock incide le scapole di John con i propri denti e lo fotte lentamente. John solleva le anche a ogni affondo e si perde nel respiro ardente sul suo collo, le mani di Sherlock salde sul suo sedere mentre spinge sempre più a fondo.

 

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John tenta di leggere mentre Sherlock è fuori a risolvere un crimine, ma i libri hanno troppe parole e John trova difficile concentrarsi. Prova a leggere uno dei suoi vecchi preferiti – Hemingway, perché l’uomo scrive frasi brevi – ma è troppo noioso, i personaggi non fanno molto e John, semplicemente, non ne coglie il senso. È abbastanza frustrato da lanciare il libro contro il muro, ma poi se ne pente, così lo raccoglie e lo rimette sullo scaffale.

La televisione non è troppo difficile da capire così spende un sacco di tempo a guardare i programmi. Inizia con i documentari perché c’è ancora una caparbia parte di sé che insiste nel voler provare che lui è ancora intelligente, ma diventano noiosi dopo cinque minuti di interviste ciarlate a proposito di questo e quello.

Ma la sera, quando John ride troppo forte per qualche sitcom, coglie l’espressione sul volto di Sherlock mentre si gira dall’altra parte e John smette di guardare la televisione, almeno quando Sherlock si trova nella stanza.

 

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Chiama Harry perché potrebbe non essere più in grado di parlarle di nuovo. Sulle prima è sospettosa, ma poi si scalda all’idea di mettere da parte tutti i problemi di Clara a proposito di John. Per cinque minuti si lamenta del fatto che il prezzo del gin è aumentato nel suo locale senza licenza e domanda se Sherlock lo hai mai portato su una sciena del crimine con mutilazioni.

Poi John dice: “Ti voglio bene, Harry,” il che gli fa guadagnare trenta secondi di silenzio.

“Penso che neanche tu sia così male,” dice Harry alla fine. “Ti voglio bene, John.”

 

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A: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Da: clagerman@medsci.ox.ac.uk

Oggetto: Quasi!

 

C’è stato un enorme progresso nel finanziamento del progetto poiché abbiamo ripristinato con successo il cervello di un topo a uno stadio precedente. Questo è un enorme passo avanti, John! Stiamo lavorando al massimo per trovare il giusto dosaggio per gli scimpanzé, ma non credo che i festeggiamenti siano prematuri. Spero che lei stia bene!

Clarinda.

 

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A: clagerman@medsci.ox.ac.uk

Da: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Oggetto: Re: Quasi!

 

Salve Clarinda,

John non risponderà più alle e-mail, ma apprezzeremmo che continuassi a mandarci aggiornamenti. Mi assicurerò di riferirgli tutti i vostri recenti successi. Aspettiamo entrambi con ansia il giorno in cui potrà essere trattato.

Saluti,

SH

 

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Ho perso qualcosa ma non so cosa

 

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La domenica, lui e Sherlock vanno al parco. Le foglie scricchiolano sotto ai suoi piedi e a John fa piacere camminare sopra a un cumulo di esse e produrre un crepitio soddisfacente.

Si siedono su una panchina e Sherlock inizia a dedurre cose sulle persone che passano loro di fronte. Una donna ha una relazione col suo giardiniere. Un uomo che fa jogging ha dimenticato il suo anniversario.

Sherlock parla velocemente e John non afferra tutto ciò che dice, ma gli piace ascoltare il suono della voce di Sherlock. E Sherlock si lascia pure stringere la mano sulla panchina, così John è contento di restare lì per tutto il pomeriggio.

 

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A: clagerman@medsci.ox.ac.uk

Da: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Oggetto: Aggiornamenti?

 

Salve Clarinda,

Quanto manca a un trattamento? Sono preoccupato per il livello di degenerazione di John.

SH

 

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A: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Da: clagerman@medsci.ox.ac.uk

Oggetto: Re: Aggiornamenti?

 

Salve Sherlock,

Credo almeno due, tre settimane. Come sta John?

Clarinda.

 

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A: clagerman@medsci.ox.ac.uk

Da: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Oggetto: Re: Aggiornamenti?

 

C’è qualcosa che possiate fare per accorciare i tempi a una settimana, o una settimana e mezzo?

SH

 

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A: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Da: clagerman@medsci.ox.ac.uk

Oggetto: Re: Aggiornamenti?

 

Temo che facendo così si rischierebbe di mettere a repentaglio l’efficacia e la sicurezza del processo di ripristino. È del cervello di John che stiamo parlando.

Clarinda

 

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Sherlock sembra triste la maggior parte dei giorni. John non è sicuro del motivo per cui Sherlock è triste. Abbraccia Sherlock e gli dice: “Ti amo” un sacco di volte perché quelle sono le cose che consolerebbero John.

Ma Sherlock non dice mai: “Ti amo” di rimando, e questo rende John triste. Ma così sia lui che Sherlock sarebbero tristi e ci sarebbe troppa tristezza in una stanza sola.

 

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Sherlock e deluso di me

 

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A: clagerman@medsci.ox.ac.uk

Da: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Oggetto: Domanda

 

Avete trovato un modo per accelerare il progresso dell’infezione?

SH

 

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A: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Da: clagerman@medsci.ox.ac.uk

Oggetto: Re: Domanda

 

Mi aveva detto che un giorno l’avrebbe chiesto. Ho promesso a John che le scorte erano al sicuro con me – quindi no, Sherlock, non abbiamo mai trovato un modo per accelerare il progresso dell’infezione.

Clarinda

 

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Un giorno, Sherlock lo porta all’obitorio perché Molly l’ha chiamato per un consulto e John è felice di rivedere il Bart. È anche felice di vedere Sarah che lo saluta con un abbraccio, ma poi gli fa domande a cui non è sicuro di saper rispondere. Ma non ci vuole molto perché Sherlock venga in suo soccorso.

“È solo molto stanco, oggi. Ha avuto delle emicranie,” le dice Sherlock. Tuttavia non lascia che John gli tenga la mano, perciò John cerca di stringergli il polso. Sarah dice a John che spera si senta meglio in fretta. Lui ricambia il sorriso quando lei gli sorride.

Quando lei se ne va, Sherlock gli fa scorrere le dita tra i capelli e prende la mano di John. “Andiamo a casa,” dice. John vorrebbe davvero tanto andare a casa.

 

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Un giorno Sherlock torna a casa e lo trova a leggere il giornale sul divano.

“Cosa stai facendo?”

“Leggo,” risponde John, guardando la pagina successiva del giornale. Ha sperato che Sherlock sarebbe stato contento di vederlo fare qualcosa che il John intelligente avrebbe fatto.

Sherlock gli prende il giornale dalle mani e lo capovolge, prima di restituirglielo. Si siede nella sua poltrona e nasconde il viso tra le mani.

John mette da parte il giornale e va da Sherlock. Le spalle di Sherlock stanno tremando e continua a tenere il volto tra le mani. John lo abbraccia da un lato e gli dice: “Ti amo” ancora e ancora.

 

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A: jhwatson@medsci.ox.ac.uk

Da: clagerman@medsci.ox.ac.uk

Oggetto: Trattamento

 

Salve Sherlock,

L’ospedale ha acconsentito a mandarci i generatori il prossimo lunedì. Abbiamo trovato alcuni dei vecchi appunti di John e abbiamo riscosso un grande successo nell’aggiustamento del dosaggio del siero. Lo calibreremo con la macchina ripristinatrice per gli umani per il resto della settimana e saremo pronti per John lunedì. Per favore, venite domenica.

Clarinda

 

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L’odore dell’ospedale è buffo. Le persone lo chiamano “Dottor Watson” e lui si sente importante per un po’. Dopo poco, però, vorrebbe dire a tutti loro che non è abbastanza intelligente per fare il dottore.

Si ricorda di Clarinda e le rivolge un sorriso. Lei gli mostra la macchina nella quale lo faranno entrare e gli dice che è stato molto coraggioso. Lui le dice che Sherlock lo ha aiutato ad essere coraggioso e lei inizia a piangere.

Sherlock gli dice che lo faranno sentire meglio, che lo faranno tornare intelligente.

“Farà male?” chiede John.

“No,” risponde Sherlock e gli prende la mano.

“Ho paura,” dice John.

Sherlock ride e gli bacia la mano di fronte a tutti gli infermieri. “Anch’io.”

 

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Gli mettono una mascherina sul naso e gli dicono di contare all’indietro da cento.

Sherlock è lì con lui, gli tiene la mano. Gli sembra di sentire Sherlock dire: “Ti amo,” appena prima di addormentarsi.

 

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A: jhwatson@medsci@ox.ac.uk

Da: pripatel@medsci.ox.ac.uk

Oggetto: Posizione permanente

 

Dr Watson,

Ho saputo che è ancora in fase di recupero e che probabilmente non sarà alla ricerca di un posto per un po’, ma vorrei estendere l’offerta a una posizione permanente nel mio gruppo di ricerca. Sarei inoltre felice di mettere una buona parola per lei per una qualunque cattedra all’università, se sta pensando d’insegnare. Grazie per tutto il duro lavoro e le auguro una rapida guarigione.

Saluti,

Priya Patel

 

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Quando John apre gli occhi, la prima cosa che vede è Sherlock appoggiato per metà sul suo letto d’ospedale, addormentato.

John ammicca per spazzare via la nebbia nella sua mente e si protende ad accarezzare i capelli di Sherlock con le dita. Sherlock si muove e si mette seduto.

“Sei sveglio,” dice Sherlock.

“È così,” concorda John.

“Come ti senti?”

John allunga il braccio e intreccia le dita in quelle di Sherlock. Sorride.

“Mi sento me stesso.”

  
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