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Autore: Cloe901s    13/01/2013    4 recensioni
Avevo lottato per averti come forse non ho mai lottato in vita mia.
Ti avevo conquistato passo dopo passo, in una miriade di modi, che tu di certo non potevi capire appieno, e poi finalmente ce l’avevo fatta. Dopo anni di agonia e lacrime salate, consumate con la fronte rivolta verso il muro, tu mi avevi accettato. Ed eri mio, straordinariamente mio.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Seconda classificata al contest “RED. Music & Color Contest” di khika liz
 
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La paura di star bene
 
Avevo lottato per averti come forse non ho mai lottato in vita mia.
Ti avevo conquistato passo dopo passo, in una miriade di modi, che tu di certo non potevi capire appieno, e poi finalmente ce l’avevo fatta. Dopo anni di agonia e lacrime salate, consumate con la fronte rivolta verso il muro, tu mi avevi accettato. Ed eri mio, straordinariamente mio.
Se ripenso al tuo viso mi vengono in mente milioni di frammenti di te e di me, o anche di te soltanto. Dio, quanto eri bello. Ti guardavo da lontano a scuola, con le mani bene affondate nelle tasche,  in modo che nessuno vedesse come tremavano,  quando passavi. E tu non sapevi nemmeno che esistessi.
Se non fosse stato per quella festa a casa di Julie Prepter dove, per l’appunto, io non ero nemmeno stato invitato, non ti avrei mai conosciuto. O almeno tu non avresti mai conosciuto me, non che ti importasse, ovvio, ma saremmo stati divisi.
 Eri ubriaco fradicio, quando entrai in quel bagno. Ti vidi piegato in due contro il water a rimettere anche l’anima e, in un primo momento stavo andando via, perché tu mi mettevi addosso agitazione e non potevo restare, ma poi tu mi fermasti, con la tua voce strozzata, chiedendomi di aiutarti. Mi facesti  tenerezza, sai?: tu, il mago della scuola, pieno di amici e pretendenti, solo in quel fetido bagno, con la testa dentro la tazza del cesso, ad implorare me, lo sfigato dell’ultima classe a sinistra. Dov’erano i tuoi amati amici in quel momento? A scopare forse, o a farsi di canne.
Non riuscii ad ignorarti, come di certo avresti fatto tu, e mi inginocchiai accanto a te, aiutandoti a portare indietro i capelli e bagnandoti il viso di tanto in tanto. Avevi appena finito di vomitare, quando ti mettesti a sedere, poggiando la schiena contro il gabinetto, e prendesti una sigaretta, accendendola. Io ti fissai rapito, perché eri talmente bello con quella dannata maglietta nera, che ti sarei saltato addosso senza pormi particolari problemi, solo che tu eri troppo etero e troppo forte, per accettare una cosa del genere. Mi avresti spinto via e saresti corso lontano da me, ne ero certo.
Ti voltasti a guardarmi, sorridendomi. Io risposi poco convinto, prima di abbassare gli occhi. Non volevo mi vedessi arrossire e tu forse lo avevi capito, perché distogliesti lo sguardo un attimo dopo, aspirando da quella sigaretta, il cui odore mi impestava le narici.
-Non sei uno di molte parole, eh?- chiedesti, poggiando la nuca alla tazza e fissando il tetto.
-No, non direi.- risposi con poca convinzione, anche perché avevi ancora quel sorrisetto sghembo sul viso e mi facevi girare la testa.
-Che scuola frequenti?- chiedesti ancora, senza guardarmi.
-La tua..- risposi in un soffio.
Alzasti immediatamente lo sguardo su di me, sorridendo.
-Ma davvero? Non ti ho mai visto in giro.- ti voltasti del tutto in mia direzione, incrociando malamente le gambe tra loro.
Annuì prima di voltarmi dall’altro lato. La situazione era parecchio imbarazzante, anche perché non avevamo molto da dirci e, per di più, la tua presenza non mi aiutava a star bene, anzi peggiorava enormemente la situazione.
-Strano che non ti abbia notato, con questi magnifici occhi che hai.- aspirasti ancora, senza smettere di fissarmi.
Dischiusi leggermente la bocca, cercando di prendere aria.
Non era possibile che tu avessi detto una cosa del genere, eri ubriaco, cercai di ricordarlo a me stesso in tutti i modo possibili, ma il suono di quel complimento aleggiò potente nella mia mente.
-G..grazie.- balbettai, abbassando nuovamente lo sguardo.
Tu mi fissasti interdetto, prima di avvicinare una mano alla mia e di accarezzarla con un solo dito.
Guardai la mia mano e poi la tua, pensando che non poteva star accadendo davvero, dovevo  essere io l’ubriaco: mi stavo immaginando tutto, perché, davvero, era inverosimile.
Sorridesti, come se potessi sentire i miei pensieri, senza smettere di accarezzarmi.
-Ci sto provando con te, se non dovesse esserti chiaro.- sussurrasti, percorrendo con lo stesso dito tutto il braccio e facendomi tremare.
Quelle parole non mi permisero di mettere bene a fuoco le immagini per diversi secondi e poi le tue dita che solleticavano la mia pelle non aiutavano di certo.
Deglutii senza rispondere e tu sorridesti, ancora, avvicinandoti e poggiando una tua gamba sopra le mie.
-Come ti chiami?- eravamo a pochi centimetri, i nostri petti di sfioravano e le tue mani cingevano il mio bacino.
-Alexander.- risposi in un soffio, cercando di respirare normalmente e di mettere a tacere il tremore.
Ti avvicinasti ancora, facendo scontrare i nostri nasi. Sentii chiaramente il tuo alito puzzare d’alcol, ciò mi fece pensare che fossi ancora ubriaco, che avrei dovuto respingerti, per evitare di soffrire come un cane nei giorni successivi, ma non ebbi questa forza. Ti stavi offrendo a me come mai avrei potuto immaginare, non ti avrei mai rifiutato, nemmeno per tutto l’oro del mondo. Probabilmente l’indomani non avresti ricordato nulla, la tua indifferenza nei miei confronti non si sarebbe affievolita e la mia sofferenza sarebbe accresciuta, ma in quel momento non potevo pensare a tutto questo, perché tu eri lì, bellissimo, e mi stavi considerando: mi volevi, volevi fossi tuo.
-Alexander,- ripetesti ed era strano, perché detto da te il mio nome sembrò diverso. –mi piace.- sorridesti, avvicinando una mano al mio viso. Prendesti ad accarezzarmi una guancia con un tocco talmente caldo e delicato, che mi costrinse a chiudere gli occhi.
-Sei proprio bello.- soffiasti, contro le mie labbra. Io le dischiusi senza aprire gli occhi. Arrossii nuovamente, ma non abbassai il viso, perché farlo sarebbe significato interrompere quelle carezze; stetti fermo, aspettando un tuo gesto.
-Mi chiamo George.- dicesti ed io  aprii piano gli occhi.
-Lo so.- risposi, sorridendo.
Inclinasti la testa per guardarmi meglio.
-Avevi una cotta per me?- scherzasti, portando entrambe le mani al mio collo e avvicinando ancor di più i nostri visi. Le nostre fronti si scontrarono, come i nostri respiri. Cercai di controllare il mio, ma proprio non ci riuscivo; prendesti ad accarezzare la mia nuca, intrecciando le mani ai miei capelli con poca delicatezza.
Ti avvicinasti lentamente alle mie labbra e, non appena le sfiorasti con le tue, chiusi gli occhi. Erano così morbide e calde..
Fui io a baciarti la seconda volta, portando una mano al tuo collo, per tentare di annullare ancor di più le distanze. Ci baciammo per poco, la tua lingua accarezzò la mia con una lentezza estenuante, le tue labbra si aprivano e socchiudevano , strisciando meravigliosamente contro le mie. Il tuo profumo si mischiò con quello delle sigaretta, abbandonata, ancora accesa, vicino alla mia caviglia.
Mettesti fine a quel contatto, mi guardasti con degli occhi carichi di non saprei ben dire cosa e sorridesti.
-Ma dove cazzo sei stato per tutto questo tempo?- scherzasti, poggiando le tue labbra sulla mie, in un bacio veloce e casto.
A guardarti da lontano.
Sorrisi, abbassando lo sguardo.
Mi osservasti per diverso tempo, prima di alzarti deciso. Non barcollasti nemmeno, forse non eri così tanto ubriaco, ma non ci sperai.
-Vieni, voglio portarti in un posto.- mi tendesti una mano ed io l’afferrai senza remore.
Uscimmo quasi di corsa da casa della Prepter  e mi portasti nel pub più vicino.
È stata di certo la notte più bella della mia vita, non dimenticherò mai come, stringendomi i fianchi, mi facesti ballare tutta la sera; non dimenticherò il tuo respiro sul collo, né i tuoi baci veloci a fior di labbra; non dimenticherò come, non appena cominciammo a ballare noi, tutto il locale si animò, fin quando in pista c’era talmente poco posto da non potersi muovere; e non dimenticherò nemmeno quella frase, sussurrata nel mio orecchio, mentre accarezzavi con una mano la mia schiena, baciandomi di tanto in tanto il lobo.
-Voglio fare l’amore con te.-
Quante emozioni vorticanti e confuse si sparsero per la mia mente in quell’istante, quanti pensieri poco casti, quanti desideri..
L’avevi detto davvero, non lo avevo  sognato; in quel pub in fondo alla strada, mi ci avevi portato realmente; avevi afferrato la mia mano, lo sapevo; avevamo ballato tutta la notte l’uno stretto all’altro, non era una delle mie solite fantasie; avevamo impresso negli altri la voglia di fare lo stesso, era vero.
Era tutto vero, reale, anche quella frase lo era.
E per un attimo dimenticai  che tu fossi ubriaco, dimenticai le farfalle nello stomaco , che non mi avevano abbandonato nemmeno per un attimo, dimenticai tutto. Vidi solo i tuoi occhi, magnifici, sorridenti, colmi delle mie stesse emozioni, e rimasi zitto, stretto a te, con il sorriso in volto e il vuoto nella mente, a guardarti, cercando di imprimere bene nella memoria quel momento.
Così passammo la nostra notte più bella, l’unica notte in cui non ti importò che qualcuno ci vedesse.
Stemmo insieme per sei mesi dopo quella notte, perché no, non eri poi così tanto ubriaco e, la mattina seguente, quando ci svegliammo nudi e abbracciati nel tuo letto, tu non scappasti via come temevo, anzi mi stringesti maggiormente, baciandomi ovunque.
Il primo mese fu bello, l’idea che facessimo tutto di nascosto era quasi eccitante, ma poi i tuoi “amici” cominciarono a rompere, perché non stavi con una ragazza da troppo tempo, ed era impensabile che il bello della scuola non scopasse da quattro settimane con un donna. Allora eri costretto ad andare in giro a rimorchiare di tanto in tanto, ed io ero costretto a guardarti da lontano, con le mani affondate nelle tasche, non per il tremore, bensì per la rabbia, per nascondere i pugni chiusi, ogni volta che una ragazza rideva ad una tua battuta, perché sapevo bene che te la saresti portata a letto.
E iniziò uno dei periodi peggiori della mia vita, il periodo più buio, in cui tutto appariva ai miei occhi velato di nero, come se questo strano colore viscerale e ammaliante, assorbisse tutta la vita che mi trovavo dentro, masticandola e rigettandolo ancora più scura. Appresi che forse esisteva un colore più scuro del nero, un male più profondo di quello fisico.
Ti odiavo, perché volevi me, ma non eri in grado di affrontare tutto quello che stare con me sarebbe significato; ti odiavo, perché mi tradivi, senza nemmeno volerlo; ti odiavo, perché, nonostante tutto, non riuscivo a lasciarti. E quando, in lacrime, mi chiedevi scusa per tutto, baciandomi dolcemente, io non riuscivo a dirti di no, non riuscivo a mandati via, perché mi stavo innamorando di te ed era, di certo, la cosa più sbagliata che potessi fare.
Mi regalasti un anello un giorno, era grigio, con dei ghirigori neri che a me sembravano tanto del fuoco.
-Così, quando avrai dei dubbi, saprai che ti penso sempre.- dicesti, prima di mettermelo al dito.
Facemmo l’amore quella notte. Nonostante tu avessi un appuntamento con una ragazza,  rimanesti con me a baciarmi e coccolarmi, e l’anello divenne importante. Il nero non sembrò più tanto terrificante, dal momento in cui quell’anello cinse il mio anulare, anzi, esso infondeva in me una strana calma, illusoria forse, ma io non ero in grado di accorgermene, perché in quell’anello, in quel nero, c’eri tu.
Il quarto mese fu un inferno, tanto che ero certo di volerti lasciare, perché proprio non ce la facevo più.
Le ragazze aumentavano  sempre di più, andavi ogni sera ad una festa e non eri mai in grado di dire di no. Io soffrivo, come mai in vita mia e piangevo giorno e notte, talmente tanto che ormai grugnivo solo, probabilmente non avevo nemmeno  più lacrime da consumare.
Cercavo sempre di non farmi vedere da te, poi però un giorno successe.
Ti sapevo ad una festa e, immaginando cosa avresti fatto, cominciai a piangere, nel mio solito angolino.
Inaspettatamente tornasti prima, con un busta del ristorante cinese in mano. Mi guardasti sconvolto, prima di gettare tutto a terra e correre da me.
-Che è successo?- mi chiedesti, accarezzandomi i capelli.
Scossi la testa, asciugandomi il viso e voltandomi dal lato opposto.
Mi stringesti tra le braccia e io non potei fare a meno di affondare il viso nel tuo petto.
-Ero triste, perché non c’eri.- sussurrai, chiudendo gli occhi.
Prendesti il mio viso tra le mani, costringendomi ad alzarlo e a guardarti bene in viso.
Sorridesti, e mi posasti un piccolo bacio sulla punta del naso.
-Volevo farti una sorpresa, avevo comprato cibo cinese, ma adesso è tutto per terra.- scherzasti.
Io sorrisi, poggiando lievemente le mie labbra sulle tue. Tu mi baciasti, accarezzando delicatamente la mia bocca e solleticandomi il palato con la lingua. Rabbrividii per qual bacio e, a ricordarlo, rabbrividisco ancora.
-Ti amo, Als.- soffiasti contro le mie labbra.
Strinsi forte i tuoi avambracci.
-Ti amo, anche io.- risposi, baciandoti ancora.
Quella fu forse l’emozione più grande della mia vita: sentirti pronunciare quelle due parole rivolte a me.
Il sesto mese, fu forse il migliore, il più tranquillo.
Non mi tradivi più con nessuno, dicevi ai tuoi amici di aver scopato con quella o quell’altra, senza che fosse vero, tanto loro si fidavano di te.
Ed io ero al settimo cielo, perché ti avevo solo per me.
Smisi di piangere, ma non era ancora felice, volevo che tutti sapessero di noi, volevo conoscere i tuoi genitori e farti incontrare i miei, volevo che passeggiassimo per le strade mano nella mano, volevo poterti baciare ogni volta che ne avessi voglia. Ma tu avevi troppa paura e reprimevi tutto.
Fin quando un giorno, senza dirmi nulla, lo dicesti ai tuoi. Fu una sorpresa enorme per me, non seppi mai come la presero, ma immaginai bene, visto che quello stesso Natale, quando andammo a casa loro, mi accolsero gentilmente e mi sorpresi ancora di più quando tua zia Sammy ci chiese di baciarci, perché voleva scattarci una foto. Allora capii che ti avessero accettato e che l’avessero  fatto anche con me.
Ti portai a conoscere i miei il giorno dopo e ti vidi felice. Mio padre ti tartassò di domande riguardo cosa volessi fare in futuro, ma tu non ti innervosisti, anzi, rispondesti a tutto con molta cortesia. Mia madre ti baciò una miriade di volte, e tu sorridevi sempre imbarazzato, ma mi stringevi la mano e io stavo bene, perché tu stavi bene.
La notte di quel 25 dicembre facemmo l’amore, a casa dei miei, nel mio lettino che non usavo da anni, con mamma e papà nella stanza accanto, e fu bellissimo.
-Als..- mi chiamasti, quando stavamo per addormentarci.
-Mh.- risposi ad occhi chiusi.
-Sono felice.- sussurrasti, contro il mio capo, prima di posarmi un bacio sui capelli.
Sorrisi lievemente, prima di addormentarmi tra le tue braccia.
Poi venne la volta degli amici, i miei lo sapevano già, dovevi solo conoscerli ed andò tutto bene. Con i tuoi non fu lo stesso, la maggior parte fecero finta di accettare il tutto, prima di escluderti a poco a poco, con me nessuno di loro parlò mai, solo Lucas. Per lui non cambiò nulla: era gentile con me e poi non si voltava dal lato opposto quando ci baciavamo, anzi, sorrideva imbarazzato.
 
-Ubriacarmi è stata la cosa migliore che avessi potuto fare quella sera.- dicesti una notte, mentre guardavamo la tv.
-Se non l’avessi fatto, non ti avrei mai conosciuto.- continuasti.
Risi, baciandoti.
-Ma l’hai fatto, e adesso eccoci qui.- ti baciai ancora.
Tu portasti una mano al mio viso, accarezzandolo con il pollice.
Tornasti improvvisamente serio, scrutando il mio sguardo.
-Non lasciarmi mai, ok?- chiedesti, con un filo di voce.
Scossi la testa lievemente, poggiando nuovamente le mie labbra sulle tue.
-Non ti lascio.- dissi contro la tua bocca.
Sorridesti, alzandoti di scatto e tirandomi per un braccio.
-Ma che fai?- ti chiesi, ridendo e inciampando tra i cartoni della pizza.
Stringesti le braccia ai miei fianchi e io le portai al tuo collo.
-Voglio ballare con te.- sussurrasti, posandomi un bacio vicino alle labbra.
-Come quella notte?- chiesi, stringendoti.
-Come quella notte.- rispondesti, sorridendo.
Poggiai le mie braccia sul tuo collo, unendo le mani tra loro, la mie dita andarono in un movimento involontario a sfiorare quell’anello, quella promessa. E il nero tornò, ma non appariva più ai miei occhi come un colore confuso e oscillante tra il bene ed il male, sembrò perfetto, lineare, senza la minima sbavatura.
Il nero eri tu e artigliavi il mio cuore e la mia mente con lo stesso soffio spaventoso delle ombre che non si riescono a vedere al buio e che acquistano forme peggiori di quelle che hanno in realtà, ma accarezzavi la mia anima come il buio, che, fingendosi cattivo, fonde tutti in se stesso, lasciandosi amare in silenzio.
Tu eri il mio buio, impersonificavi il nero, ma eri splendente come la migliore delle gioie nascoste sotto tumuli di polvere.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Beh, salve a tutti!
La storia è stata scritta per un contest, come ho specificato sopra, a cui, con mia grande sorpresa, lo ammetto, si è classificata seconda! È il primo contest a cui partecipo, quindi posso dire di essere fiera del risultato. :)
Vorrei specificare alcune cose: il contest, come presuppone il titolo, richiedeva l’uso di una citazione, tratta da una canzone che non ho scelto io, ed un colore, rispettante gli stessi parametri.
La citazione era “È stata la notte migliore, non dimenticherò mai come abbiamo mosso l’intero posto” o qualcosa di simile! Ed il colore il nero.
Bene, dopo questo sproloquio, spero che la lettura sia stata gradevole e la storia abbastanza coinvolgente, se desiderate farmi felice, facendomi conoscere la vostra opinione in merito, ve ne sarei molto grata. :)
Grazie mille e alla prossima!
 
 
Di seguito la valutazione del giudice:
 
Seconda qualificata:
Titolo: La paura di star bene
Autrice: Cloe901
Punteggio Totale: 51.6/53
Valutazione:

Grammatica: 10/10
La grammatica è praticamente perfetta, i miei complimenti. Ho apprezzato moltissimo anche il tempo passato, rende tutto così maledettamente dolce e perfetto!
Stile e lessico: 8/8
Anche qui, perfetto, davvero. Uno stile scorrevole ed un lessico molto appropriato.
Canzone: 4.6/5
La canzone è presente, non hai riportato la frase esatta, ma era possibile individuarla facilmente, molto bene.
Colore: 5/5
Mi è piaciuto moltissimo il fatto che il colore non si riferisse solo ad un oggetto, ma anche ad una persona, quasi all’aura di quella persona, una trovata ottima, a mio parere!
Originalità e credibilità della trama: 7/8
Qui l’unica cosa che mi ha lasciata perplessa è come facessero a vivere già assieme, senza aver detto nulla ai genitori. Cioè, Als si è trasferito dal suo ragazzo, così, e ai genitori che gli ha detto? Questo mi lascia perplessa xD
Gradimento personale: 9/9
Comunque la storia mi è piaciuta davvero davvero un sacco, coinvolgente al punto giusto, ti fa male il cuore quando Als piange e quando vede il suo ragazzo che deve scopare con le altre. Però le emozioni che mi hai trasmesso sono assolutamente perfette.
Caratterizzazione dei personaggi: 8/8
Entrambi i personaggi sono caratterizzati molto bene, si riesce a capire come sono anche grazie al comportamento degli altri nei loro confronti e alle loro reazioni. Un ottimo lavoro!
Totale: 51.6/53
  
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