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Autore: MelaChan    14/01/2013    1 recensioni
Shot ambientata dopo la morte di Coulson in cui Barton ricorda tutti i bei momenti trascorsi con lui.
Pairing: Coulson x Barton
Spero possa piacervi! :)
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Agente Phil Coulson, Clint Barton/Occhio di Falco, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Cialve!
Già da un po' avevo in mente questa shot, centrata sulla coppia Barton x Coulson che a mio parere trovo adorabile :)
Dedico la storia alle mi due fantastiche editor e spero la storia vi piaccia come è piaciuta a loro, buona lettura!



-... Cosa?!-
-Mi dispiace... Se vuoi ancora fargli un ultimo saluto, è in infermeria- Natasha sembra sconvolta quanto me a darmi questa notizia, a cui persino io stento a crederci.
Perchè in effetti non può essere vero, non può! Un uomo come lui, colto alla sprovvista, non può corrispondere alla realtà!
Natasha non fiata. Strano da parte sua, sempre pronta a darti qualche dolce parola di conforto e di incoraggiamento in queste situazioni. Mi passo una mano sul viso, sudato per il continuo sforzo di annullare gli effetti dell'incantesimo di Loki, e alzo lo sguardo sul soffitto formato da grigi pannelli di metallo fusi insieme, donando quella sensazione di freddo e irreale che solo una base di spie può avere. Mi alzo con attenzione dal lettino sul quale ero disteso e muovo qualche passo incerto verso la porta, per poi aprirla. Vengo leggermente riportato alla realtà dalla fioca luce emanata dai neon e dal continuo viavai di agenti che si affrettano lungo il corridoio.
Infermeria.
Ci sono stato talmente tante volte che conosco la strada ad occhi chiusi. Cammino con esasperante lentezza verso quella meta, accelerando sempre di più il passo, ritrovandomi quindi a correre a perdifiato quando finalmente metto a fuoco la porta, socchiusa. Faccio un profondo respiro, ho il fiatone. Afferro la maniglia e varco la soglia.
Dentro ci sono Tony Stark, alias Iron Man, Steve Rogers, Captain America, e Thor, il Dio del tuono, gli unici tre che credo siano stati davvero presenti nella sua vita. Non alzano nemmeno lo sguardo quando entro. Stark è seduto alla destra del lettino, sul quale è adagiato un corpo coperto da un lenzuolo bianco macchiato di sangue all'altezza del petto, con il mento poggiato sui palmi delle mani posate sulle ginocchia. Rogers è davanti al mobile, appoggiato con la schiena contro il muro freddo, e con le braccia conserte sul petto. Thor invece è in piedi alla sua sinistra, con lo sguardo forse più cupo di tutti.
Mi avvicino al letto, molto lentamente, colpito nel profondo da quella visione irreale.
Improvvisamente entra nella stanza il direttore Fury, che fa cenno agli altri tre di raggiungerlo nella sala principale. Probabilmente conosceva qualche particolare del nostro rapporto, d'altronde non si può nascondere nulla alla miglior spia del mondo.
Siamo finalmente soli. Prendo posto sulla sedia su cui era prima seduto Stark e la trascino senza alzarmi da essa contro un lato del letto. Alzo con una mano il lenzuolo, rivelando il suo viso, e lo poso all'altezza della ferita lasciata scoperta. Non voglio guardare oltre.
Il suo viso è pallido, ma rilassato, non contratto come quello dei molti agenti visti deceduti durante la mia carriera. Gli occhi sono chiusi e hanno ripulito il rivoletto di sangue all'angolo della bocca. Allungo una mano sotto il lenzuolo a sfiorare la sua. E' fastidiosamente fredda, al contrario di tutte le volte in cui bolliva mentre gliela stringevo. Con il pollice inizio a tracciare dei cerchi immaginari sul suo dorso, mentre la prima lacrima scende a rigarmi il viso.
Non avremo più tempo per una delle nostre serate pizza più film, che di solito non guardavamo quasi mai, se non quelli in cui c'era Captain America. Non te l'ho mai detto, ma ero quasi geloso del modo in cui ti brillavano gli occhi quando lo guardavi. Te ne accorgevi sempre, però, e mi stringevi in un abbraccio che solo tu sapevi donarmi e mi baciavi la fronte. Poi poggiavi il mento contro la mia testa e restavamo per tutto il resto del film in quella posizione, mentre io quasi ogni volta mi addormentavo. Tu allora mi scuotevi leggermente e mi portavi in camera da letto, dove mi mettevi sotto le coperte e ci coprivi entrambi.
Sorrido a quel pensiero e un'altra lacrima si aggiunge alla prima.
Non avremo più occasione di prenderci gioco di noi durante le noiose giornate in cui non accadeva nulla. Ricordo quella volta in cui tu mi trascinasti nello sgabuzzino delle scope, ma io ero così incredulo che lo SHIELD ne possedesse uno che ero distratto e tu ti arrabbiasti, non rivolgendomi la parola per tre lunghi ed estenuanti giorni. Quando mi salutasti con un timido “ciao” avevo già capito che mi avevi perdonato e ti avevo abbracciato lì, davanti a tutti e davanti al tuo eroe, facendoti arrossire vistosamente.
Ti trovavo incredibilmente tenero quando arrossivi. Forse era per questo che ti mettevo spesso in imbarazzo, ma devo anche in parte dare la colpa al mio mentore, Stark, con il quale escogitavo le mie bravate. Ultimamente, però, ci beccavi sempre più spesso a tramare contro di te, forse dovuto anche al fatto che se cerchi sull'Enciclopedia la voce 'indiscrezione' non ci trovi stampata la faccia di Stark. Era divertente e ce la spassavamo parecchio a darci la caccia in questo modo.
Non potremo più dare buca a Fury per trascorrere un pomeriggio inseme, anche se perdevi la testa per tutte le chiamate perse da parte sua. Allora io spegnevo i tre cellulari, il cerca persone e le due radioline con i quali potevi essere collegato con la base operativa e Fury stesso. Mi guardavi in malo modo ma per poco tempo, dato che poi gli sguardi che mi rivolgevi nel tempo successivo includevano tutto tranne che rabbia o rancore.
Mi alzo dalla sedia e mi sporgo verso il tuo corpo, osservando per un'ultima volta la linea del tuo viso. Appoggio una mano sulla tua guancia e la accarezzo debolmente, notando le mie lacrime cadere sulla tua pelle pallida, donandole un po' di colore. Mi avvicino maggiormente e poso un bacio sulla tua fronte, ampia, che mi è sempre piaciuta, sulle tue palpebre, che abbassavi inconsciamente quando ti concentravi di più, sul naso aquilino, sulle guance che da molto spesso a causa mia si dipingevano di un piacevole color porpora, sugli angoli della bocca, dove quando sorridevi si formavano quelle piccole rughe che tu scambiavi erroneamente con l'avanzare dell'età, sulle labbra, ora blu, ma che prima erano sempre rosee e invitanti e che adoravi farti mordicchiare. Su queste ultime mi soffermo per più tempo, accarezzandole piano con le mia in un estremo contatto.
Mi ricorda il nostro primo bacio.
Due lunghi anni fa, a casa tua. Mi ricordo chiaramente quella sera. Avevi invitato a casa tua buona parte degli agenti dello SHIELD e noi sei, incluso Stark, con quale coraggio poi! C'era anche Claire, la violoncellista con quale eri uscito qualche serata, ma che avevi ignorato dopo poche volte. Non penso che quel bacio sia avvenuto per colpa dell'alcool dato che a te non piace bere e a me pure. Gli unici ubriachi quella sera erano Stark e Natasha, a mia grande sorpresa, pensando che i Russi reggessero bene l'alcool. Mi tirasti in disparte, dicendomi di raggiungerti sulla terrazza verso fine serata. Mi incuriosisti parecchio, così tanto da farmi controllare maniacalmente l'orologio. Finalmente, verso le tre passate, ti congedasti dai tuoi ospiti e mi facesti segno di seguirti. Non notai subito il principio di rossore sulle tue guance, a lo feci quando uscimmo al chiaro di luna, davvero lucente quella notte. Eri molto imbarazzato, lo notai dai tuoi movimenti impacciati e dal modo in cui parlavi. Iniziasti a parlare di Captain America che quella sera ti autografò tutte le tue figurine in tuo possesso. Ti interruppi quasi subito, scocciato che mi facesti aspettare tutto questo tempo solo per parlarmi di Rogers. Per carità, non avevo e non ho nulla contro di lui,  pensavo che dovevi dirmi qualcosa di più importante. A questo punto ti bloccasti e mi fissasti intensamente e a lungo. Quando ti decidesti a parlare, mi chiedesti del mio rapporto con Natasha. Mi incuriosì quella domanda, ma mi incuriosì di più il modo in cui me la porgesti, quasi abbattuto di sapere la risposta. A quei tempi, la fiamma tra me e Nat si era ormai spenta, entrambi ce ne eravamo accorti e per questo motivo decidemmo di farla finita e restare amici. Sembrasti sollevato nel sentire la risposta. Ti sorrisi forzatamente e ti chiesi il perchè di quel quesito, ma tu in risposta mi afferrati una mano, appoggiata sulla balaustra del balcone, e la stringesti. Quindi ti avvicinasti a me con calcolata lentezza, osservando ogni mio movimento, anche se ero totalmente immobile. Quando solo un soffio distanziava i nostri volti, mi tirai indietro, dicendoti che sarebbe stato troppo pericoloso per entrambi intraprendere una relazione. Tu mi sorridesti, un po' deluso, e mi dicesti che andava bene così e che rispettavi la mia opinione. Detto ciò, mi salutasti e muovesti qualche passo verso la portafinestra, ma io fui più veloce di te e ti strinsi da dietro, lasciandoti totalmente incredulo. Rimanemmo così un lungo istante, poi ti girasti e mi abbracciasti a tua volta, affondando il viso nella mia giacca. Sono un po' più alto di te ma non volevo farti sentire a disagio, quindi ti guidai alle due sedie da giardino notate poco prima. Ci sedemmo e ci guardammo, stringendoci le mani sopra quell'orribile tavolino di vernice bianca che ti regalò tua madre, quella magnifica donna. Apristi la bocca per dire qualcosa, ma io ne approfittai per allungarmi verso di te e ti chiusi le labbra con un bacio. Fu un contatto veloce, ma bastò per irradiarmi calore in tutto il corpo. Mi staccai subito e osservai la tua reazione, che non tardò ad arrivare. Mi poggiasti una mano dietro il collo e mi tirasti a te, baciandomi un'altra volta, questa volta più intensamente. Chiusi gli occhi e socchiusi le labbra, lasciando che la tua lingua mi esplorasse il palato mentre io facevo lo stesso con te. Ci staccammo per l'improvvisa mancanza di aria e ci guardammo nuovamente negli occhi, quindi ci abbracciammo io misi sui tuoi fianchi, alzando leggermente la tua camicia. Non protestasti, ma sospirasti profondamente, la prima di tante volte durante quella notte. Quel bacio te l'ho donato mille volte, quelle carezze anche, senza che tu mai mi allontanasti o facesti finta di niente.
Un'altra lacrima scende lungo la mia guancia, quando sento una mano sulla spalla. E' Natasha, che mi sta dicendo qualcosa che non riesco a capire. Riesco a percepire solo “Ora... Loki... New York... Jet”. Mi alza per un braccio ma le chiedo ancora qualche momento, che lei acconsente a donarmi, sorridendomi debolmente. Esce dalla stanza.
-Phil...- sussurro il tuo nome -Phil... Phil... Phil...- quel suono riempie le pareti della stanza, rotto solo dai miei ultimi singhiozzi.
Ti guardo un'ultima volta.
Sei così bello quando dormi. Non te ne sei mai accorto ma alzi di poco l'angolo destro della bocca, formando quel sorrisetto strafottente che solitamente rivolgevi a Stark quando ti rispondeva con il suo tipico sarcasmo che combattevi meravigliosamente.
Sorrido e mi allungo per darti un ultimo bacio sulle labbra.
-Ti amo, Phil.. Ti amerò sempre...- gli sussurro sulla bocca e poi mi alzo dalla sedia, rimettendoti il lenzuolo sopra il viso. Rivolgo ancora un'occhiata alla macchia di sangue sul petto ed esco dalla stanza.
  
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