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Autore: SilverAngel    14/01/2013    2 recensioni
Nabiki nasconde un oscuro segreto, tenuto nascosto per quattro lunghi anni. Il passato la perseguita come un ombra celata nel buio dietro di lei, che la osserva, la spaventa. E' il suo senso di colpa a prendere forma come punizione per i suoi peccati? O è davvero qualcuno che cerca le risposte a ciò che accadde quattro anni prima in casa Tendo? Scoprirete che tutte le leggende nascondono un fondo di verità. Vi auguro una buona lettura.
Genere: Drammatico, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Nabiki Tendo, Ranma Saotome
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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5) “Rivelazioni”
Dal discorso fatto quella stessa mattina con Happosay, Nabiki capì che la strana presenza che la perseguitava in quei giorni non poteva essere lui, era arrivato con il primo autobus della mattina da Nerima. Quindi le soluzioni potevano essere solo tre.
Un fantasma del passato, un senso di colpa trasformato in allucinazione, oppure…

Oppure, era arrivato il momento di finire questa storia una volta per tutte.
Nabiki salutò Kaori dopo essersi vestita come se stesse per andare ad un matrimonio, la sua coinquilina rimase seduta sul divano a guardare il televisore acceso senza volume, non volle farle domande, non volle sapere chi fosse quel vecchio entrato nel loro appartamento poco prima, non volle sapere dove la sua compagna di stanza stesse andando tutta agghindata, come se volesse camuffarsi. Non volle sapere nulla, per un semplice motivo, Nabiki aveva “quello sguardo”.

Quello sguardo ebbe modo di vederlo solo due volte, momenti del passato che ancora adesso la fanno rabbrividire. La prima volta fu una settimana dopo che si incontrarono per decidere i termini della divisione d’affitto dell’appartamento del dormitorio, andarono al bar “CakesSweetCandy” davanti all’università, c’era un vasto catalogo di torte decorate a mano da bravissimi pasticceri e molta scelta di diverse fragranze di Tè. Un posto perfetto per le ragazze amanti dei dolci e di un clima sofisticato ma allo stesso tempo alla moda e accogliente. Purtroppo era anche una calamita per quei ragazzi che cercando prede facili da rimorchiare, di solito sono bulletti che considerano le ragazze non più di un trofeo da conquistare per poi vantarsene con gli amici la sera davanti a una birra.

Kaori e Nabiki vennero importunate proprio nel momento stesso in cui venivano portate le ordinazioni, non ebbero nemmeno il tempo di assaggiare il primo boccone di torta di fragole che entrambe avevano già un braccio attorno al loro collo. Kaori cercò di convincerli ad andare via, minacciando di chiamare i camerieri, ma loro sapevano che quelle minacce erano a vuoto, i camerieri e chi gestiva il bar erano semplici studenti, per la maggior parte deboli e codardi, non avrebbero mai rischiato di entrare in una disputa con quegli ammassi di muscoli già ubriachi alle nove del mattino.
Nabiki cercò di ignorarli per tutto il tempo, fin quando uno dei due ragazzi non gli afferrò il viso dal mento costringendola a voltarsi verso di lui, e mentre il suo amico che stringeva e accarezzava le gambe di Kaori rideva divertito dalla scena, il primo avvicinava le sue labbra a quelle di Nabiki, che dovette aspirare per due volte il suo alito pestilenziale che assomigliava a sakè misto ad urina. Fu allora che Kaori sul punto di piangere mentre veniva  molestata e toccata, vide “quello sguardo” per la prima volta, uno sguardo vuoto, un vuoto glaciale, dove poteva risiedere l’anima di un demone imprigionato nei suoi occhi, che urlava e bestemmiava contro gli dei per la sua prigionia in un luogo tanto malefico. Prima che il bulletto potesse baciarla si ritrovò la piccola forchetta del dolce, trapassargli da parte a parte la mano poco più giù della nocca del dito medio, inchiodandola al tavolino di legno del bar. Subito dopo il suo amico, lasciando Kaori si precipitò in suo aiuto ma ebbe la sfortuna di ritrovarsi uno dei coltelli del tavolo dentro la bocca con la lama rivolta verso la sua guancia interna.
Biascicava le parole, chiedendo perdono e pietà, ma fu quando il suo amico dalla mano inforchettata si liberò e puntò la forchetta sanguinante verso i suoi occhi che il coltello da dolce, per quanto possa essere poco affilato, tagliò la guancia del secondo bulletto andando ad incastrarsi fra i denti della forchetta, che arrivò a pochi millimetri dal suo occhio, sempre freddo e impassibile. Il primo bulletto video la morte nei suoi occhi, vide qualcosa che non si doveva vedere, il male assoluto. Prese il suo amico che si teneva la faccia sanguinante e dolorante, lo sfregio lo fece assomigliare quasi a uno di quei cattivi dei fumetti dei supereroi americani. E insieme andarono via in preda al panico, da quel giorno sicuramente avrebbero smesso di comportarsi in quel modo e di infastidire il prossimo e Kaori capì che la sua futura coinquilina sarebbe stata un ottima guardia del corpo, e che non avrebbe mai dovuto dirle nulla quando aveva “quello sguardo”.

La seconda volta ce lo vide fu due settimane dopo il trasferimento nel nuovo appartamento del dormitorio. Nabiki era stanca dopo aver portato dentro tutti gli scatoloni e dopo averli svuotati per riordinare, Kaori non era con lei perché aveva un esame, arrivò a casa solo dopo, assistendo ad una discussione animata fra il sorvegliante del corridoio e la sua nuova coinquilina, a quanto pare c’era stato un errore nelle sistemazioni delle camere e lei sarebbe stata spostata in un'altra del quarto piano, a meno che non avesse aggiunto qualcosa nell’affitto mensile, in nero ovviamente. Si capiva subito che era una minaccia bella e buona, per estorcere denaro alle nuove arrivate, altrimenti con il suo potere di sorvegliante avrebbe giocato a far cambiare camera ogni volta che gli piaceva, alle coinquiline, nel contratto d’affitto infatti non specificava quale delle camere venisse affittata, era un compito che stabilivano i sorveglianti dei corridoi, e usavano questo errore burocratico a loro vantaggio, costringendo i coinquilini a pagare una sovrattassa illegale per evitare di cambiare spesso l’appartamento del dormitorio. Kaori si mise in mezzo dicendo che non ci sarebbe stata nessuna aggiunta alla mensilità prestabilita, ma al sorvegliante questo non piacque e nonostante fosse un obeso con più di cento kili di lardo brutto come la fame si avvicinò maliziosamente a lei credendo di essere il maschio più figo del pianeta, quasi sussurrando le sue parole.
“Magari” disse leccandosi le labbra come un maiale in calore “Magari possiamo trovare anche un altro tipo di compromesso” e dicendo questo afferrò il seno di Nabiki, stringendolo. Kaori vedendo quella scena ebbe i brividi e non osò guardare, la sua compagna di stanza era stanca dopo tutta la giornata di lavoro nell’appartamento, aveva solo una maglietta giallo-limone senza reggiseno, e degli shorts verde acqua.
Kaori entrò in camera chiudendosi in bagno, l’unica cosa che vide prima di chiudere la porta era un piccolo tagliaunghie nelle mani di Nabiki. Si tappò le orecchie, ma non servì a nulla, sentì le grida del sorvegliante farsi sempre più intense, chiedeva aiuto, chiedeva che qualcuno lo soccorresse, chiamava la polizia, urlava minacce, ma come disse una volta un vecchio saggio: Chi semina vento, raccoglie tempesta. Aveva abusato per troppi anni dei coinquilini del dormitorio, e nessuno era disposto ad aiutarlo, anche se affacciandosi fuori i ragazzi del corridoio assistevano alla scena, nessuno pensò nemmeno per un momento di dare una mano a quel lurido verme.

Quello che Kaori non vide, fu il momento in cui Nabiki afferrando il piccolo tagliaunghie sul mobile vicino alla porta, prese la mano che le afferrava il seno, e la portò dentro la camera richiudendo la porta con la catenella del chiavistello in uno degli ultimi anellini, bloccandogli il polso in una morsa strettissima della porta. Con il tagliaunghie nel frattempo gli staccava piccoli pezzi di carne, che venivano via come tante piccole mezzelune rosse che ricadevano sul parquet del pavimento.
Agitandosi e dimenandosi rendeva ancora più facile il lavoro di Nabiki che riusciva a staccare pezzetti sempre più grossi di carne, la porta bianca adesso assomigliava  a un quadro di pittura moderna, schizzi rossi dappertutto, Kaori ci mise tre ore per ripulire tutto con la candeggina. Quando Nabiki si saziò di quella piccola tortura liberò il polso del sorvegliante ormai violaceo e vedendolo portarsi la mano, o quel che ne rimaneva al petto cercando di proteggerla si mise a ridere, soprattutto quando esplose un forte applauso da parte di tutti i coinquilini del condominio che si erano riversati su quel piano per assistere alla scena, con vergogna e dolorante andò in ospedale, senza mai denunciare il fatto alle autorità, spiegando ai medici che era solo un incidente con un attrezzo da giardino, quel mese diede le dimissioni e il dormitorio ebbe un nuovo sorvegliante, che a differenza del primo non creò mai problemi a nessuno, riscuotendo puntualmente a fine mese gli affitti e svolgendo il suo lavoro professionalmente.

Kaori nel salotto dell’appartamento riusciva a vedere tutti i movimenti freddi e accurati di Nabiki nel prepararsi in modo veloce ma impeccabile, tramite lo specchio vicino alla finestra. Non aveva il coraggio nemmeno di guardarla direttamente, stringeva tra le mani un piccolo orsacchiotto verde di peluche, un portachiavi che aveva vinto ad una delle macchinette in sala giochi. Il solo momento in cui la vide direttamente fu quando la sua coinquilina mise i suoi occhiali da sole preferiti. Un paio di lenti viola semiovali con una montatura argentata che coprivano lo sguardo che tanto la impauriva, subito dopo la vide uscire di casa, prima di chiudere la porta disse “Tornerò verso ora di cena Kaori, prepara qualcosa di buono per stasera” Kaori non riuscì a far uscire le parole dalla bocca, si bloccarono in gola come un rigurgito che aveva paura di fare uscire. Annuì solamente con la testa. Nabiki andò via, e fu un sollievo per lei, che riprese fiato, come se lo stesse trattenendo da un ora, per poi scoppiare in lacrime. Era la terza volta che assisteva a quello sguardo, e pregava che fosse l’ultima.
Nabiki andò in centro a comprare un dolce, una piccola torta con crema, panna e piccole fragoline che formavano un cuore al centro. Poi si diresse verso la strada, e fece segno ad un Taxi di fermarsi. Dopo la corsa diede all’autista 10.000 Yen e scese con tutta la classe e lo stile che aveva, lasciando uno dei medici davanti all’istituto a bocca aperta. Si trovava infatti davanti ad una struttura sanitaria, un ospedale psichiatrico che fece molto clamore negli anni ’70 grazie a un giornalista, Okuma Kazuo che fingendosi un pazzo alcolista si fece internare per documentare i disagi dei malati di mente all’interno di quelle strutture.
“Finalmente ci rivedremo, dopo tutto questo tempo”, disse con voce fredda Nabiki mentre si avvicinava alla porta d’ingresso.

La struttura era decadente, la crisi economica giapponese aveva fatto in modo che i maggiori tagli finanziari fossero stati fatti a quel tipo di istituti, il governo non voleva sborsare denaro inutilmente per alcolizzati, drogati, suicidi, depressi e maniaci. Lo voleva investire in modo migliore, come ad esempio, scuole, ospedali, pubblica sicurezza, vigili del fuoco, eccetera. Quindi istituti come quello, erano fatiscenti e invivibili. All’interno la puzza di feci e urina era fortissima, i malati, quelli meno pericolosi, girovagavano come zombie nei corridoi, alcuni parlavano da soli, o meglio, con i loro amici immaginari, altri passavano il tempo in altri modi, accendendo e spegnendo la luce, toccando tutte le mattonelle e contandole o sbattere la testa sul muro per cercare di fare uscire quello che loro chiamavano “spiritello” dal loro cervello,  ma per fortuna uno dei medici gli aveva messo un casco da motociclista per evitare che a furia di sbattere il cranio, prima o poi qualcosa sarebbe uscito davvero dalla sua testa, e non era di certo lo spiritello.

Si avvicinò alla reception, diede i documenti all’infermiera dietro il bancone, aveva la classica divisa da infermiera, ma le scarpe erano degli stivali neri, come se stesse per andare a scalare una montagna, portava una mascherina medica sul viso per evitare di dover sopportare per tutto il giorno quell’orribile fetore da fogna.
 Nabiki stava per chiederne una anche per lei, la puzza stava diventando insopportabile, uno dei malati sollevò il camice mostrandogli i genitali che penzolavano come carne ad essiccare,  erano per lo più ricoperti di peli e con sopra una patina bianca appiccicosa, oltre a svariati tagli c’erano piccole bolle rosse fino al glande circonciso. Mentre dondolava la sua attrezzatura davanti a una disgustata Nabiki, ridacchiava dicendo frasi come “La salsiccia hihihi salsiccia hihihi è salsicciasalisiccia hihihi”. “Hidemichi, se non la smetti con questo gioco dovrò dire al dottor Jinzaburo di portarti nella camera nera, è questo che vuoi?” disse l’infermiera con tono severo, Hidemichi si ricoprì i genitali scappando via in lacrime, urlando come un forsennato “No camera nera, nooo, camera brutta, nera no, no camera”.
Nabiki tornò a guardare l’infermiera che gli diede i documenti da firmare, nome del paziente, motivo della visita e nome dell’ospite. Dopo essersi fatta dare il lasciapassare percosse il corridoio assieme a uno degli infermieri, era molto grosso, forse faceva palestra, o forse aveva pompato i suoi muscoli con qualche droga, non sarebbe difficile reperirle in quegli istituti, illegalmente ovviamente. “Mi ascolti signorina, la paziente che è venuta a visitare non è come gli altri pazienti, gli altri possono essere imprevedibili, violenti, possono essere anche catatonici o pericolosi. Ma questa ragazza incarna tutti questi difetti contemporaneamente, a volte ha anche dei cambi di personalità, dice che non è lei, e che non dovrebbe essere qui, e che è tutto uno sbaglio, il momento dopo crolla, o diventa violenta, è molto forte, per questo viene sempre tenuta rinchiusa al piano di sotto, nell’ultima cella in fondo” disse l’infermiere avvertendola.
“Non si preoccupi” lo rassicurò Nabiki, “Non mi farà del male, in fondo, sono sempre la sua cara sorella maggiore” dicendo questo spense la conversazione.

Arrivati al piano di sotto vide in fondo alle scale il pazzo che poco fa gli aveva mostrato i genitali, piangeva in un angolo coprendosi il volto con le mani e stando seduto in una pozza della sua stessa urina, con tutto il camice ingiallito. L’infermiere che era con lei lo maledisse perché sapeva che poi avrebbe dovuto ripulire tutto da solo.
Nabiki consegnò tutto ciò che poteva essere pericoloso nel cestello degli oggetti all’infermiere, fascia del cappotto, collane, oggetti affilati o anelli con pietre sporgenti. Tutto poteva essere usato come un arma. Tenne solo il dolce. “15 minuti, non di più” Disse l’infermiere dopo aver girato la chiave per aprire la porta.

Entrò senza badare al forte odore dentro la  stanza, sembrava che quella stanza non venisse pulita da anni, era buia e sporca, l’unica luce che filtrava era quella del corridoio, che diminuì filtrando dalla finestrella sulla porta riducendo ancora di più l’illuminazione, ma tanto bastava per far tranquillizzare Nabiki, perché la persona che cercava era proprio sul letto di fronte a lei, immobile, con gli occhi cerchiati di nero, la pelle secca e sfibrata piena di cicatrici.

“E’ da molto tempo che non ci vediamo, Akane” a quel nome la ragazza sopra il lettino sussultò e girò lentamente la testa verso Nabiki. “O forse non dovrei chiamarti così, perché Akane non si trova in manicomio, lei dopo aver preso il diploma ha continuato a gestire la palestra, prendendo l’appellativo di maestra del Dojo e insegna ai suoi studenti le discipline marziali tre volte a settimana, esclusi i weekend e i festivi. Ma tu questo non puoi saperlo, perché hai passato gli ultimi quattro anni della tua vita qui dentro” si avvicinò al lettino e si sedette sulla sedia vicina al materasso, prese per i capelli la ragazza e illuminò il suo volto con la luce della finestrella della porta. “Giusto? Ranma?” al suono di quel nome i lunghi capelli rossi della ragazza che venivano stretti nelle mani di Nabiki vibrarono, come se qualcuno le avesse passato del ghiaccio sulla schiena. “Sono molte le cose che non sai da quando sei stato rinchiuso qui dentro, cominciamo da quella mattina, quella mattina di quattro anni fa, quando tutto ebbe inizio” Nabiki si mise comoda sulla sedia, accavallando le gambe e incrociando le braccia, posò i suoi occhiali da sole sul tavolo vicino a lei e raccontò i fatti avvenuti quel giorno.

“Ero appena stata colta sul fatto, mentre mi drogavo, da te, che non so perché quella mattina ti sei improvvisamente interessato della sorella Tendo antipatica e hai voluto coraggiosamente salvarmi da me stessa, vincendo il premio -Cavaliere rompiscatole dell’anno- Non potevo permettere che tu parlassi e rivelassi in giro quello che facevo nel mio tempo libero, la mia immagine già rovinata dal mio carattere venale ne avrebbe risentito moltissimo, e gli ultimi anni che avrei passato in casa, con la mia famiglia, prima di partire per l’università, sarebbero stati degli anni orribili. Non potevo permetterlo. Mi capisci?” Ranma non rispose, continuava ad osservarla senza dire nulla, con lo sguardo perso nel vuoto, mentre un filo di bava gli scendeva dalla bocca. “Lo prendo come un Si” rispose Nabiki.
“Sapevo già quello che dovevo fare, entrare in camera tua, farti eccitare, e mentre la tua mente confusa e inibita cercava di riassettarsi avrei approfittato di quel momento di debolezza per ucciderti” Nabiki fissò dritto negli occhi la ragazza dai capelli rossi. “So cosa stai pensando –Oddio, Nabiki ha subito pensato di uccidere un altro essere umano, che persona crudele e senza cuore- Si caro Ranma hai ragione, sono violenta e senza cuore, mi è stato strappato via anni fa, quando mia madre è morta e non ho potuto starle vicino per colpa di una famiglia incompetente e disorganizzata che mi ha sempre trattata come la figlia in più, l’incidente, o per meglio dire la sconosciuta di famiglia.

Ho perso da allora qualsiasi stima e rispetto per mio padre e per gli altri esseri umani, preferisco circondarmi di cose, almeno loro non mi tradiscono, e se le perdo o si rompono posso sempre comprarne altre, le persone invece non sono così facilmente sostituibili, mia madre non lo era, morendo ha portato con se il mio cuore e la mia capacità di amare. Per questo non considero la vita una cosa così particolarmente preziosa, ed è per questo che quando sono entrata in camera tua e tu ti sei avvicinato a me, mentre appoggiavo il tuo volto sul mio seno non ho avuto problemi ad avvolgere quella corda, che tenevo nascosta, attorno al tuo collo, e strangolarti mentre eri intontito dal cloroformio che avevo spalmato sul vestito e sul decolté. Vidi i tuoi occhi mentre si spegnevano, vidi la vita dentro di te scomparire come una goccia d’acqua al sole d’estate. Appenderti con il cappio al collo simulando il suicidio fu facile, avevo previsto tutto, anche la lettera scritta imitando la tua pessima calligrafia dove scrivevi Gomenasai, Sayonara! Quello che non avevo previsto fu scoprire che NON TI AVEVO UCCISO!”

Nabiki pronunciò le ultime parole a voce alta facendo trasalire Ranma sul letto, e poi la spinse facendogli sbattere la testa sul muro adiacente. “Tu, bastardo, non eri morto, perché quello che avevo faticosamente strangolato e appeso come un pesce all’amo era la copia che avevi creato nella palestra per allenarti. Sono riuscita a collegare il tutto in quello stesso istante che vidi il tuo sguardo terrorizzato mentre eri legato come un salame nell’armadio e faticosamente avevi aperto una delle ante, e impassibile mi avevi spiata per tutto il tempo, fin quando non mi sono accorta di te, che terrorizzato da quello che avevo fatto non hai avuto il coraggio di dire nulla, eri impotente, di fronte a una malvagità così grande, hai avuto paura di me, e non potevi fare nulla legato com’eri. La tua copia era una copia perfetta, il miscuglio di due incensi di Happosai, quello dell’anima dove la tua parte cattiva veniva fuori sotto forma del tuo alterego femminile e l’incenso dell’ombra dove combattevi contro te stesso, contro la tua stessa ombra, uniti insieme per formare una copia perfetta di Ranma, un vero corpo ma un anima malvagia.

Dopo che mi hai fatto riprendere i sensi e sei tornato in camera tua la tua copia, credendo che fosse sparita una volta sconfitta in palestra è tornata, e prendendoti di sorpresa ti ha legato e imbavagliato, quando ha sentito i passi che venivano verso la tua stanza ti ha nascosto dentro l’armadio, hai provato a dimenarti per avvertirmi, ma tutto quello che sei riuscito a fare è stato aprire un piccolo spiraglio in una delle ante per assistere alla scena del tuo omicidio, o meglio, dell’omicidio della tua copia da parte mia.” Nabiki rise ricordando quest’ultima parte e ritornò a fissare negli occhi Ranma. “Quindi la domanda è, che cosa dovevo farne di te?”

Si girò guardando il tavolo e guardando il suo riflesso su una delle lenti viola dei suoi occhiali da sole “Ero stanca e con l’adrenalina a mille, avrei dovuto uccidere due Ranma nello stesso giorno, e poi come avrei spiegato alla famiglia tutto questo? Era già ora di pranzo, presto sarebbero rientrati tutti in casa, io dovevo sparire e tornare dopo che tutti avrebbero trovato il tuo corpo, per costruire il mio alibi perfetto. Dovevo pensare in fretta, così decisi di rimandare il tutto in un momento migliore, Ranma era morto, nessuno avrebbe cercato un secondo Ranma, era un ragionamento semplice, svuotai tutto il contenuto del cloroformio sulla tua faccia e dentro il tuo naso per assicurarmi che dormissi per un bel po’, la tua copia ti aveva ridotto ad uno straccio, non avevi la forza per ribellarti, è stato facile. Trascinarti in soffitta invece non fu facile, e non fu facile nemmeno trovare una scusa due giorni dopo per non andare al funerale. Dovetti agire mente tutti erano al cimitero per piangere le tue, oh, perdonami, le spoglie della tua copia.”
“Con un documento rubato ad Akane, una foto di Ranma ragazza, e la mia abilità di falsificatrice di documenti ho creato una perfetta carta d’identità dove tu, Akane Tendo, maggiorenne e con i capelli rossi avevi avuto un crollo psicotico grave, in effetti con tutto il cloroformio che ti ho fatto inalare probabilmente hai avuto anche dei danni permanenti al cervello, ma i medici non potevano saperlo, ho speso una fortuna per portarti in questo istituto prima che la famiglia tornasse a casa dal funerale.

Ovviamente ti ho prima trasformato in una ragazza con dell’acqua fredda, è più facile trovare oro nelle proprie feci piuttosto che un po’ d’acqua calda in un manicomio, quindi ero sicura che saresti rimasto così per molto tempo, magari, per sempre.

Ho compilato i documenti per farti internare, la mia carta dice che sono maggiorenne già da quattro anni, un piccolo trucco che ho escogitato per andare a bere alcolici con gli amici, senza problemi” Dicendo questo fece un sorrisino, chiuse un occhio e portò l’indice fra naso e bocca imitando una ragazzina che dice ad una sua amica di fare silenzio e mantenere il segreto in piena complicità. “Quindi non ho avuto difficoltà a spacciarmi per tua sorella maggiore, avevo dato loro un numero di cellulare privato, così da chiamarmi se ci fossero state complicazioni, e ne la mia famiglia, ne la tua avrebbe mai sospettato nulla.

Un piano perfetto, i medici dell’ospedale hanno fatto il resto, imbottendoti con antipsicotici e narcotici hanno permesso alla tua mente di perdersi sempre di più e di tenerti qui il più a lungo possibile, facendomi vivere tranquillamente la mia vita.” L’infermiere bussò alla porta “Signorina, altri cinque minuti” Nabiki annuì con la testa e l’infermiere andò via. “Bene Ranma, mi ha fatto davvero piacere rivederti, e vedere che sei ancora rinchiuso qui. Dovrò fare una denuncia per stalking, perché a quanto pare qualcuno in questi giorni mi sta seguendo ovunque vado, e sono sollevata che non sei tu” Detto questo infilò due dita nel dolce e ne estrasse un oggetto dalla forma allungata, che pulì con un fazzoletto e nascose dentro la manica attillata, “Il dolce ora è un po’ rovinato, ma è ancora buono, mangialo pure” poi mise una mano sul tavolino cercando gli occhiali da sole senza trovarli. “ Ma che diavolo…” guardò Ranma che a sua volta la fissava, aveva ancora uno sguardo perso nel vuoto ma la sua espressione era cambiata, era quasi divertito. “Ma bene, ora mi rubi gli occhiali anche? Non fare l’immaturo, hai vent’anni adesso, non mi sembra proprio il caso di…” Nabiki vide che Ranma gli porgeva le lenti in modo molto servile. “Ma che bravo” Disse in tono divertito “Magari se continui a fare il bravo potrei venirti a trovare più spesso, che ne pensi? Fra altri quattro anni magari?” Dicendo questo rise e prese dalla mano di Ranma i suoi occhiali, ma si bloccò di colpo, quando dal riflesso di una delle lenti vide il suo riflesso, e dietro di lei un altro riflesso, che le ricordava molto…


“RANMA” urlò girandosi di scatto, lasciando gli occhiali da sole in mano a Ranma ragazza, adesso di fronte a lei c’era la versione maschile di Ranma, vestito di nero, era rimasto nella stanza per tutto il tempo, ascoltando l’intera storia, aspettando, pazientemente che finisse. “ Non può essere, io…io… ti ho ucciso…e…ti ho fatto internare…e…ma quanti siete!?” Nabiki perse tutta la sua forza mostrando tutta la sua fragilità, mentre il Ranma ragazzo le si avvicinava e la afferrava portando il suo viso sotto la luce diretta della finestrella sulla porta. “Ma…tu non sei…” disse con un filo di voce Nabiki. “Ranma?, no, non lo sono” Rispose lui, con quella voce per nulla maschile. Aprì il soprabito nero, e vide che portava delle scarpe molto alte, come dei piccoli trampoli, il fisico era molto più snello e meno muscoloso di quello di Ranma e il suo viso più tonto, e anche se i capelli erano gli stessi, quei suoi profondi occhi verde scuro potevano appartenere solo a due persone, una era sua madre, e l’altra era…
“Akane…tu…” disse Nabiki sul punto di piangere, dimenandosi dalla stretta della sorella. “Si Nabiki, sono io” detto questo si tolse la parrucca simile ai capelli e al codino di Ranma, e la guardò dritta negli occhi. “Quando tre mesi fa nel Dojo uno degli studenti  mi rubò il portafoglio dalla borsa io andai a fare una denuncia di furto, e per riprendere i documenti mi dissero che il mio nome era nel registro della sanità già da quattro anni, ma con una data di nascita diversa, feci fare delle ricerche e mi ricordai che quattro anni prima per coincidenza era sparita la mia carta  d’identità, ma ero troppo addolorata e in pena per la perdita di Ranma per fare caso ad una sciocchezza del genere.” Nabiki si liberò i polsi e si mise di fronte alla sorella dando le spalle a Ranma che guardava con ossessione quelle lenti viola, tremando come una foglia.
“Immagina la mia sorpresa, Nabiki, quando ho scoperto che Akane Tendo era rinchiusa in un manicomio, purtroppo per motivi di privacy non potevano dirmi in quale manicomio fosse, li ho girati quasi tutti, venni anche qui, senza sapere nulla ma dovetti andare via perché non rilasciavano queste informazioni.” Akane iniziò a piangere a dirotto. “Così…” disse Nabiki “Eri tu che mi seguivi e mi spiavi in questi giorni” Akane la guardò con odio “Era l’unico modo per scoprire la verità, ti ho seguit senza mai perderti di vista, sapevo che se mi fossi travestita come Ranma il tuo senso di colpa si sarebbe trasformato in paranoia, e mi avresti condotta da lui” Nabiki sorrise divertita “Mi offendi sorellina, mi hai accusata fin dal principio senza avere la minima prova. “Non mi ha mai convinta quella cosa del suicidio, la polizia diceva che accadeva più spesso di quello che si poteva pensare, ma i voti bassi, il matrimonio combinato, il pessimo rapporto con il padre, le amicizie e gli hobby violenti non potevano giustificare una cosa simile, conoscevo Ranma, aveva uno spirito forte, un grande cuore, non lo avrebbe mai fatto, non mi avrebbe mai lasciata sola” Dicendo questo guardò Ranma ragazza che senza motivo cominciò a fissare il soffitto con la bocca aperta mentre gli occhi gli lacrimavano copiosamente. “Non ho mai smesso di credere e di sperare, dopo quattro anni scopro che una vicina ti ha visto uscire il giorno del funerale di Ranma assieme a qualcuno con il volto coperto e che camminava a fatica, e salire su un Taxi, per poi tornare da sola.” Nabiki cominciò a frugare nella sua manica nervosamente, come se volesse scorticarsi via la pelle.

“Capisco di chi parli, quella vecchia che getta sempre l’acqua davanti alla sua porta di casa” disse Nabiki. “Esatto, proprio lei, ma non disse mai nulla perché non la trovava una cosa importante, se lo ricordò solo quando gli chiesi se aveva visto qualcosa di strano in quei giorni, mi disse che di cose strane ne succedevano parecchie, persone che si trasformavano, demoni, maniaci che rubavano la biancheria, ninja, ma questa cosa la colpì, perché vide te, Nabiki, prendere un Taxi, in tutto il quartiere hai sempre avuto la nomina di taccagna e tirchia, non avresti mai speso i tuoi soldi così inutilmente” Nabiki sorrise e disse “Mh, tradita dal mio stesso vizio, che delusione, e ora cosa faremo?” Finalmente riuscì a liberare dalla sua manica la cosa che cercava, una lima per le unghie affilata artigianalmente. “Ho registrato tutta la conversazione con questo registratore” Akane fece vedere un piccolo registratore portatile che ancora registrava tutto. “Finirai in galera per le tue colpe Nabiki, e pagherai per tutta la sofferenza che hai causato a tutti noi, soprattutto al povero Ranma” detto questo cominciò a piangere più forte.

“Bene, detective Akane, mi hai scoperta, ora non ci resta che andare alla polizia così che possa costituirmi, giusto?” Akane spense il registratore e lo mise in tasca “Ma prima fatti abbracciare un ultima volta sorellina” Akane rimase immobile mentre la sorella la abbracciava. “Ti prego sorellina, non piangere, ora si risolverà tutto, non dovrai più soffrire, andrà tutto bene, tutto, bene.” Con un rapido movimento Nabiki estrasse la lima dalla manica lacerandola e puntandola alla gola della sorella, la lama affilata si fermò a pochi millimetri dalla
gola di Akane che rimase impietrita da quel gesto. Ranma aveva bloccato il braccio di Nabiki tenendo il suo gomito con forza, aveva la testa bassa, guardava il pavimento, pian piano la sollevava e Nabiki fu folgorata da quello sguardo, uno sguardo lucido, tagliente come una lama affilata e vigoroso come quello di un leone, Ranma non aveva intenzione di lasciare il gomito di Nabiki e Akane non riusciva a muoversi da quella posizione.

“Tu, MALEDETTO”  Nabiki ruotò il braccio dietro di lei per colpire Ranma con la lima affilata, con uno scatto improvviso e una velocità che sembrava aver perso da anni mosse la testa all’indietro e Nabiki non riuscì nemmeno a sfiorare la sua pelle. Ci provò e riprovò, ma anche se lo spazio era poco e la stanza era buia Ranma riusciva ad evitare tutte le sue sferzate. Akane pregò la sorella di smetterla, non aveva la forza di combattere contro di lei. Era pur sempre sua sorella.

Ranma aveva ormai le spalle al muro, e non riusciva più ad evitare gli attacchi, subì anche qualche piccolo taglio, si stava esaurendo quel vigore improvviso. Volle mantenere quella lucidità mentale ancora per un po’, si concentrò con tutte le sue forze. Prima regola, disarmare l’avversario, cercò di prendere la lama ma fallì e spuntò un profondo taglio sulla sua mano che sanguinava come un rubinetto che gocciola. Nabiki pensava di avere la vittoria in pugno, e una volta finito Ranma si sarebbe occupato anche della sorellina, e di far sparire il nastro. Sapeva che Akane non avrebbe avuto il fegato di farle del male. Ranma trasalì vedendo gli occhi lucidi di Akane, ebbe un illuminazione.

Nerima, inverno di cinque anni prima:

Akane e Ranma sono in giro per il centro a fare le classiche compere natalizie, “Akane c’è ne torniamo a casa? Fa un freddo cane” “No, Ranma, devo ancora scegliere un regalo per Nabiki” Ranma era già stanco di quei giri per i negozi “Regalale un po’ di soldi, invece di spenderli per fargli un regalo li metti in una busta per le lettere e gli dici Buon Natale sorella Venale” detto questo si mise a ridere “Sei un idiota” disse Akane in tono furioso facendo girare tutti i presenti e facendo arrossire Ranma di vergogna “Ma…che ti prende??” Akane si girò offesa “Tu non puoi capire, ma natale è un giorno molto importante, è la festa preferita di Nabiki, e non perché ci sono i regali, bensì per il fatto che la nostra mamma organizzava sempre un natale perfetto da passare tutti in famiglia, e lei adorava questa festa perché passava tutto il giorno con nostra madre, con i preparativi, e con gli addobbi, con l’albero e le decorazioni, e anche in cucina. “Io… non lo sapevo” disse Ranma, “E’ un occasione speciale per far tornare il sorriso a Nabiki” “Io la vedo sorridere spesso, e molte volte anche malignamente” disse Ranma.“Quello non è il suo vero sorriso, io me la ricordo, quando sorrideva davvero, quando amava la vita, quando pensava prima alle persone e poi ai soldi” Mentre diceva queste parole, Akane assunse un aria malinconica. “Io non riesco ad immaginare la Nabiki che mi descrivi tu…” Akane si voltò e lo guardò dritto negli occhi “Quella era la Nabiki del tempo in cui nostra madre era viva, non te l’ho mai detto, ma il giorno in cui morì lei non era con noi, non assistette ai suoi ultimi istanti di vita in ospedale” “Santo cielo Akane, è terribile, ma come avete potuto…” “Credi che non lo avessimo pensato?” Disse Akane “Credi che l’avessimo lasciata a casa di proposito?”
 
Ranma incrociò le braccia senza riuscire a capire “Ranma, Kasumi era venuta a prendermi a scuola e andammo anche all’istituto che frequentava Nabiki, ma era andata via di corsa, l’insegnante disse che aveva con se un piccolo salvadanaio, e che aveva saltato il pranzo per un mese per accumulare tutto dentro quel salvadanaio di porcellana.” “Quindi siete andate direttamente in ospedale?” chiese Ranma. “Si, Kasumi mi accompagnò in ospedale, che era più vicino di casa nostra per poi andare a prendere Nabiki, ma una volta arrivati assistemmo alla morte di nostra madre, e non pensammo più a nient’altro, io ero triste, mio padre sembrava morto e Kasumi era a pezzi, con lo sguardo perso nel vuoto. Da quel momento ogni anno cerco di fargli un regalo sempre più bello a natale, per cercare di farmi perdonare per quel che è successo quel giorno, e per farle tornare il sorriso, il suo vero sorriso” “Akane” disse Ranma guardandola negli occhi e afferrandogli il viso, facendola arrossire. “Dimmi” rispose imbarazzata la ragazza. Ranma gli voltò il viso su una vetrina, Akane osservò i loro riflessi sul vetro, e rimase imbarazzata nel vedere quanto fossero teneri, ma poi capì quello che voleva dire Ranma. Dietro la vetrina c’erano un bellissimo paio di occhiali da sole dalle lenti viola, il vetro era antigraffio e la montatura d’argento, era il regalo perfetto. Akane prese il viso di Ranma fra le mani e guardandolo negli occhi gli disse, “Grazie, Ranma” e gli diede un bacio sulla guancia, molto molto vicino alle labbra. Tornarono a casa subito dopo averli comprati mano nella mano.

Ospedale psichiatrico, oggi:

Ranma prese gli occhiali lasciati poco prima sul materasso e prima di ricevere un altro taglio li infilò in bocca stringendo fra i denti una delle lenti, ormai negli anni con poca cura odontoiatrica i suoi denti erano deboli, gialli e alcuni anche cariati, ma aveva una mole abbastanza forte da frantumare una delle lenti, strinse il più possibile.
Lenti antigraffio vuol dire molto resistenti, ma non indistruttibili. Alla fine riuscì a spezzare una delle lenti in due formando una seghettatura nel vetro. “Mi devi un nuovo paio di occhiali da sole” Urlò Nabiki mentre affondava un ultimo colpo con la sua lima. Ranma con gli occhiali in pugno riuscì a fare un taglio sul polso a Nabiki, costringendola a gettare a terra la lima. “Maledetto, maleddeto maledetto maledetto! Imprecava di dolore mentre teneva il polso sanguinante.
Seconda regola immobilizzare l’avversario. Nabiki era con le spalle al muro, Ranma si avvicinava verso di lei brandendo le lenti come un arma, Nabiki, la fredda Nabiki, l’iceberg di Nerima aveva paura, una paura che non provava più da molti anni.
Terza regola, colpire. Ranma affondò un colpo verso la sua gola ma Akane lo fermò in tempo trattenendogli il polso, “Ti prego Ranma, basta, ha già sofferto troppa gente” Mentre Akane diceva questo Nabiki si fiondò sulla lima che le era caduta poco prima a terra, non ebbe il tempo di prenderla, Ranma le diede un calcio facendogli sbattere la testa su uno dei piedi del letto.
“Non avrei mai permesso che potesse farti del male” disse Ranma con la voce soffocata e dolorante. Akane lo abbracciò e pianse lacrime di gioia, finalmente era tutto finito e Ranma era salvo, non poteva essere più felice. Gli prese il viso e lo portò alla sua bocca, non importava nemmeno che fosse nella sua versione femminile, in quegli anni si era rimproverata troppo spesso e troppe volte di tutte le occasioni mancate, ora non avrebbe mai più sprecato un solo secondo della sua vita senza di lui, e senza dimostrargli ogni giorno quello che provava e che prova ancora oggi per lei. “Ora possiamo stare insieme per sempre” disse Akane “No”, rispose Ranma, “Non possiamo, finché ci sarà lei.” Disse indicando Nabiki.

“Lei pagherà per ciò che ha fatto, abbiamo le prove, la sua testimonianza…” Akane venne interrotta. “No, non abbiamo nulla, io sono vivo, e hanno fatto un funerale ad una copia che di sicuro si sarà vaporizzata una settimana dopo la sepoltura. Non la si può incriminare di nulla, qualsiasi avvocato riuscirebbe a fargli avere una condizionale, o al massimo pochi mesi di prigione per falsificazione di documenti.” Akane non era preparata a questo “Allora Ranma, cosa possiamo fare?”
“So cosa dobbiamo fare, ma dovrai essere forte, promettimelo Akane”
 “Te lo prometto Ranma.”

La porta della camera dell’ospedale si aprì cigolando in modo fastidioso, Nabiki si diresse verso le scale dell’uscita. L’infermiere era intento a pulire l’urina dalle scale con degli stracci, e quasi non badò a lei, finché non gli fu vicino“Le avevo detto solo altri cinque minuti, signorina, no sarebbe dovuta rimanere così tanto, sono le regole dell’ospedale, poteva mettermi nei guai se c’era di turno uno dei dottori.” Disse l’infermiere mentre continuava a pulire. “Mi perdoni, disse Nabiki, ma questa è l’ultima volta che vengo, e non ci sarà la possibilità che possa succedere di nuovo.” L’infermiere la guardò con un aria dispiaciuta “Mi dispiace che sia così, quella povera ragazza ha ricevuto solo lei come visitatrice in questi quattro anni, capisco che non sia bello avere un parente con una malattia mentale ma…insomma, mi fa una gran pena, mi creda”

Nabiki si voltò per andarsene e l’infermiere la seguì per qualche gradino “Aspetti, non volevo offenderla, mi scusi se mi sono permesso, ma comunque sia, sono davvero felice che oggi lei sia venuta” “Perché?” Chiese Nabiki. “Perché io faccio l’infermiere qui da più di dieci anni, e ho visto un sacco di malattie che possono logorare il corpo e l’anima quando sono scaturite dalla mente, e a volte ho la sensazione di impazzire. Immagino che quello che provano questi pazienti sia diecimila volte più intenso. Ha presente quella leggenda metropolitana che parla di un sano di mente che per colpa di un errore burocratico finisce in manicomio, ma nessuno gli crede ed è costretto a passare tutta la vita assieme ai pazzi e ai farmaci finché anche lui finisce per impazzire a sua volta?”
Nabiki rispose “Non credo che nella realtà possa succedere qualcosa del genere” Dietro la schiena dell’infermiere ci fu un improvvisa folata di vento “Cos’è stato?” chiese impaurito “Cosa?” chiese Nabiki “Qui siamo al piano di sotto, non ci sono finestre, non è normale che circoli vento.” “Sarà solo la sua immaginazione che le gioca brutti scherzi, capita molto spesso a chi legge troppe leggende metropolitane” Detto questo Nabiki si diresse verso l’uscita. “Mi creda signorina, tutte le leggende hanno un fondo di verità. Tutte” Urlò l’infermiere a Nabiki dal fondo delle scale mentre finiva di pulire, trovò strano che in uno degli scalini bagnati dietro di lui ci fosse un impronta fresca di piede, ma non si fece troppe domande e continuò a pulire rimuovendola con uno straccio, e fischiettando la canzone - Un giorno nuovo splende su di voi-.
Quella notte, all’istituto di sanità mentale, mentre tutti dormono uno dei malati di mente del piano di sotto, avendo ascoltato la canzone fischiettata dall’infermiere comincia a cantarla a squarciagola, svegliando la povera ragazza dell’ultima cella in fondo. Si trovò in stato confusionale, si toccò la testa, aveva un bernoccolo, e gli si fermò per un attimo il cuore vedendo che aveva “solo” quel bernoccolo. I suoi capelli erano spariti, erano tutti per terra in una matassa morbida di fili rossi, guardandoli alla luce che filtrava dal fondo della porta si accorse che non erano i suoi capelli, lei aveva i capelli castani, non rossi come il fuoco.

Cominciò ad urlare attirando gli infermieri del turno di notte, che aprirono la cella sulle scale e scesero per fare smettere a uno dei pazienti di cantare, e aveva anche nel frattempo istigato un coro, e tra chi cantava e chi urlava le voci della ragazza quasi venivano ignorate. Quando aprirono la porta della sua cella vide risplendere nel buio la lama della sua lima nella matassa di capelli, e afferrandola scappo dalla camera facendo un taglio sul braccio di uno degli infermieri che con un urlo si tirò indietro e avvertì gli altri due che era armata e pericolosa, dovevano bloccarla. Riuscì a svicolare fra i due facilmente ma in cima alle scale per sbaglio attivò il rilascio delle serrature elettroniche delle celle, uno degli infermieri rimasti al piano di sopra gli diede un pugno abbastanza forte da farle mollare la lima, tutti i pazienti uscirono dalle celle contemporaneamente, la ragazza dal colpo subito in pieno volto cadde per le scale, ruzzolando in modo violento, i tre infermieri la lasciarono li mentre si sbrigavano a risalire le scale per evitare di essere linciati vivi da quella massa di pazzi violenti e scatenati. Riuscirono a rifugiarsi dietro la cella che divideva il piano superiore da quello inferiore e diedero l’allarme per un intervento delle forze dell’ordine antisommossa. La ragazza riprese i sensi e si attaccò alle sbarre chiedendo aiuto agli infermieri

“Vi prego, io non dovrei essere qui, non sono Ranma, sono Nabiki, dovete credermi, sono venuta qui stamattina, chiedete all’infermiere che era di turno stamattina, era difficile sentirla fra tutte le urla di quei pazzi. “Che sta dicendo questa?” chiede uno degli infermieri ai colleghi “Credo di saperlo, oggi ha ricevuto una visita dopo quattro anni e ha dato di matto, la sorella ha detto che non sarebbe più tornata, quella stupida si era dimenticata li dentro una lima, questa’’ Disse facendo vedere l’arma sottratta alla ragazza. “Avrebbe potuto ferire seriamente qualcuno, guarda che taglio mi ha fatto al braccio, si è pure rapata a zero, è un vero peccato, ho trovato tutti i suoi capelli sparsi per il pavimento della cella.
“Vi prego, sono Nabiki, non sono Ranma” Piangeva e si disperava mentre gli altri malati la palpeggiavano e l’annusavano, da dietro le sbarre gli infermieri non potevano fare nulla per lei, erano tutti violenti psicopatici, da tenere internati “Già stronzetta, peccato che il tuo vero nome non è nemmeno Ranma, ti chiami Akane.” Nabiki si era dimenticata della falsa identità “SI, SI, SI, è vero, l’avevo dimenticato, non sono Akane, sono Nabiki, credetemi.” Gli altri pazienti hanno cominciato a spogliarla per togliergli il camice d’ospedale “Che fate? Lasciatemi maledetti, MALEDETTI!” La portarono in fondo alle scale, e gli infermieri impotenti potettero solo sentire le sue grida disperate mentre chiedeva aiuto, ma l’ospedale era in una zona isolata, ci avrebbero messo molto tempo ad arrivare le squadre antisommossa. Quando finalmente arrivarono la trovarono in stato catatonico, aveva molte escoriazioni sul corpo causate da graffi e morsi, fu stuprata per almeno due ore da trenta uomini, l’emorragia vaginale non sembrava grave, ma il danno ricevuto psicologicamente la portò a non dire mai più una parola, la paziente Akane Tendo, conosciuta da tutti come la ragazza dai capelli rossi, ritornò dopo le cure mediche nella sua cella, sperando che prima o poi il suo stato catatonico possa guarire, ma nessuno vuole illudersi troppo.

Ranma e Akane ora vivono nel Dojo insieme, per far fuggire Ranma dalla cella Akane tagliò metà dei suoi capelli, spargendoli per il pavimento creando un tappeto di capelli rossi, erano allungati molto in quei quattro anni e il taglio glieli aveva riportati alla misura originale, che poi legò con un laccio dopo avergli intrecciato un bel codino. Tagliò a zero i capelli di Nabiki e con la crema del dolce alle fragole attaccò tutti i capelli della sorella sulla sua testa, la spogliò e si mise i suoi abiti, dando il soprabito nero a Ranma, lei venne rivestita con il camice d’ospedale e lasciata sul pavimento sopra i capelli recisi a Ranma. Imitando la voce di Nabiki, Akane aveva distratto la guardia, in modo che dietro le sue spalle Ranma potesse scappare percorrendo le scale senza essere visto.

Inventarono una storia dove Ranma quel giorno di quattro anni prima, dopo essere stato battuto dalla sua copia decise di fare un viaggio in luoghi sperduti della Cina per affinare le sue tecniche combattive, e la copia, sapendo che sarebbe sparita in poco tempo decise di suicidarsi facendo credere a tutti che fosse il vero Ranma per scherno nei suoi confronti, stracciando la lettera dove spiegava le motivazioni della partenza e sostituendola con una di suicidio. Successivamente Ranma ebbe un incidente in Cina, e rimase a vivere sulle montagne, come un animale finche un giorno, battendo la testa gli ritornò la memoria e riuscì a tornare a casa, questo spiegava il suo stato malconcio, poco curato e disastrato. Tutti cedettero a quella storia, nessuno si insospettì di nulla, fu tutta una serie di sfortunate coincidenze, Kasumi era felice per Akane che aveva ritrovato il suo amore, Tendo e Genma erano tornati a parlarsi dopo quattro anni di silenzio, tutti gli amici di Ranma e i suoi rivali furono felici del suo ritorno, molti di loro decisero di porre fine a tutti i passati dissapori e le rivali in amore di Akane si misero il cuore in pace, soprattutto perché dopo quattro anni erano andate avanti per riuscire a rifarsi una vita. Ranma seguii i corsi di riabilitazione assieme al dottor Tofu, ritornò in forma in poco tempo, dovette sostituire alcuni denti che ormai erano irrecuperabili.

L’incubo di quella cella era finito, l’effetto degli psicofarmaci nel suo organismo era stato debellato, tornò ad avere di nuovo la sua sanità mentale e la sua forza spirituale, quello stesso anno furono fissate le sue nozze con Akane, parteciparono in massa tutti gli amici, i conoscenti e i parenti. Fu una grande festa, l’unica che mancava fu Nabiki, non si era riusciti a contattarla in quei giorni. E forse non si sarebbe più fatta vedere, visto che era ricercata per omicidio, ma in quel momento la gioia per il ritorno di Ranma era troppo grande.

La sua compagna di stanza non diede mai notizie della scomparsa di Nabiki, non ne ebbe il tempo,  il giorno in cui Nabiki uscì per andare all’istituto di sanità mentale Kaori rimase a casa per preparare la cena, sperando che si fosse calmata una volta tornata a casa. Quando suonarono alla porta e aprì, invece di accogliere la sua coinquilina Kaori ricevette un pugno sul viso. Il precedente sorvegliante a quanto pare aveva tenuto dentro di se in quegli anni una grande rabbia e desiderio di vendetta, ha pagato uno dei vicini del palazzo di fronte un po’ di yen per fare la spia su quell’appartamento, voleva sapere l’esatto momento in cui Nabiki sembrava fuori di se dalla rabbia e usciva lasciando la coinquilina sola in casa. Con dei guanti in lattice afferrò un coltello dalla cucina, uno di quelli nel ripiano privato di Nabiki, a lei piaceva tenere per se le sue cose, non era la tipa che condivideva.


Kaori era ancora in terra cercando di riprendersi dallo shock di quel pugno sul naso all’improvviso, cercò di rialzarsi, ma il coltello che aveva in mano l’ex sorvegliante gli penetrò uno dei suoi occhi e arrivò fino al cervello. Dopo qualche spasmo di pochi secondi Kaori morì e il coltello aveva le impronte di Nabiki, prese i vestiti, la biancheria e gli effetti personali di Nabiki, li mise in una valigia e uscì di casa, portò la valigia al suo complice che dall’altra parte spiava di solito le ragazze fare la doccia, un grasso Otaku che viveva a spese dello stato in un piccolo monolocale, adorava annusare i vestiti e la biancheria delle ragazze, quella fu la sua ricompensa più grande, dopodiché venne chiamata la polizia per denunciare urla e schiamazzi di ragazze da un telefono pubblico. Il piano dell’ex sorvegliante era far arrestare Nabiki con l’accusa di omicidio e tentata fuga dal paese, ma a quanto pare solo metà del suo piano funzionò, perché Nabiki non fu mai più ritrovata, si pensa che sia andata in Cina per fuggire dalla legge giapponese, la sua famiglia non se ne fece mai una ragione. Quando la polizia abbandonò le ricerche di Nabiki, l’ex sorvegliante si uccise impiccandosi nel suo appartamento, il suo cadavere venne scoperto svariate settimane dopo, e solo a causa di un tremendo odore che veniva dalla sua abitazione.

Ranma e Akane ora gestiscono insieme la palestra, che un giorno verrà ereditata dai loro figli, e da quelli dopo di loro, e da quelli dopo ancora.

Nell’ospedale psichiatrico poco fuori Tokyo, in fondo alle scale del piano terra, nell’ultima stanza in fondo al corridoio, nell’angolo più buio della camera, una ragazza, accarezzandosi la testa completamente pelata e le ferite subite al corpo, continua a ripetere una sola serie di frasi sconnesse, mentre si dondola e apre e chiude gli occhi a tempo. “Io so chi sono, io so chi sono, io so chi sono, io so chi sono, io so chi sono” Stringendo fra le mani molte ciocche di capelli rossi. “E’ un terribile segreto, terribile, terribile segreto, shhhh....”

Fine

Silver Angel’s Note: Grazie a tutti per la vostra infinita pazienza, spero che la storia vi sia piaciuta, l’ultimo capitolo è un po’ lungo, ma dovevo riassumere tutti i fatti per far capire bene cosa è successo durante gli altri capitoli, ricostruendo minuziosamente tutti i precedenti fatti accaduti.
Spero di poter tornare di nuovo a scrivere uno di questi giorni, per ora accontentatevi della mia opera, e a presto, byebye.

  
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