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Autore: pleinelune    15/01/2013    3 recensioni
Abbassai lo sguardo sulla lettera, leggermente stropicciata, che tenevo in mano da troppi minuti. Il gelo, intanto, annunciava l’arrivo della stagione del vento freddo, della pioggia e della neve, ed io mi accingevo ad accompagnarlo, fredda e svuotata di ogni sentimento.
Tutto era ormai racchiuso in quella busta spiegazzata.
Il mio corpo, di fronte alla cassetta rosso cremisi delle lettere, -mezza arrugginita e rovinata dal tempo e dalla goliardia dei giovani-, era fermo, come un ordigno inesploso.
Pronto a scoppiare quando meno ci si aspetta.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Angeli sbagliati - ALL IN'
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19 - DOVE ERAVAMO RIMASTI

   
 

Erano passati due mesi dall'ultima volta che io ed Edoardo avevamo 'litigato' e ci eravamo quasi lasciati. Lasciarsi quando in realtà non si stava nemmeno insieme non aveva molto senso, però ci aveva fatto capire che non ci piaceva, e da allora evitavamo di discutere, ci vivevamo il momento e stavamo quasi bene. Quasi, perché Guglielmo mi parlava ancora a giorni alterni. Quasi, perché nonostante io e Azzurra avessimo 'fatto pace' continuavo a non sopportare di vederla vicina a Edoardo, o a Guglielmo. Quasi, perché quando il terzetto di 5° composto da Niccolò, Emiliano e Stefano ci faceva visita all'intervallo, -e la cosa accadeva piuttosto spesso-, Edo diventava intrattabile e non mi stava accanto. 
Azzurra sembrava aver dimenticato tutto il periodo in cui non faceva altro che lanciarmi frecciatine e sembrava piuttosto impegnata a conquistare il cuore di Emiliano. 
Emiliano, dal canto suo, la accontentava quando lei gli chiedeva di accompagnarla al piano di sotto a prendere un thè caldo e sorrideva ad ogni sua civetteria senza mai sbilanciarsi troppo.
Niccolò era diventato un fratello minore per me, dal giorno in cui mi aveva trovato nei bagni ai piani alti, e amavo parlare con lui di qualsiasi cosa. Malamente cercavo di sopperire alla mancanza di Guglielmo, che si faceva sentire in biblioteca, quando leggevo la quarta di copertina di un libro e mi ricordava lui ma non potevo dirglielo perché non era affianco a me oppure durante l'ora di matematica, quando l'espressione mi riusciva alla perfezione e l'unica cosa che potevo fare era guardarlo da lontano chino sul foglio. 
Niccolò non riusciva a compensare la sua mancanza, ne tanto meno Edoardo. Avevo provato, in una delle nostre uscite pomeridiane segrete, a portarlo in biblioteca, superando il timore che potesse esserci anche Guglielmo, e l'unica cosa che eravamo riusciti a fare era stato farci sbattere fuori per via dei nostri 'amoreggiamenti', come aveva detto la vecchietta di turno. In realtà ci eravamo solo scambiati qualche bacio, ma una cosa era certa, Edoardo non era un tipo da biblioteca. Si vantava continuamente di avere, chiusi nell'armadio, dei libri presi in prestito alle medie. 
Io non sarei più tornata in quel posto in sua compagnia, quindi mi ci rintanavo da sola, sperando di incontrare Guglielmo e di riconquistare la sua amicizia proprio in quel posto che ci aveva reso tanto uniti qualche tempo prima. Sfortunatamente il destino sembrava remarmi contro, poiché non ero riuscita a incrociare il suo sguardo nemmeno una volta.
“Allora, usciamo oggi?”, esordì Azzurra, sorridendo al gruppetto di 5° che come al solito si era unito a noi all’intervallo.
“Non saprei, a fare che?”
“Perla sei sempre così apatica”
“Fa freddo, e io voglio stare a casa!”
Sembravo veramente una nonnetta di ottant’anni quando mi ostinavo a dire che stare a casa a volte era meglio di uscire, ma per una volta c’era qualcuno a darmi ragione.
“Secondo me con questo freddo un bel film sotto le coperte è il massimo”, aveva biascicato uno Stefano stranamente poco convinto delle sue parole.
Lo guardai, ringraziandolo mentalmente, e poi mi voltai verso Azzurra.
“Quindi oggi ce ne stiamo tutti a casa, e buonanotte!”, sfoderai un sorriso a trentadue denti e mi scostai dal calorifero dove mi ero attaccata a inizio ricreazione, per dirigermi in classe. In quel preciso istante suonò la campanella e con un cenno salutai i tre ragazzi.
Azzurra mi raggiunse alla velocità della luce.
“Cavolo Perla! Volevo uscire!”
“Dove vuoi andare con questo freddo?”
“Volevo uscire con Emiliano, sai che me ne frega del freddo!”
“Mi spiace”
Feci per sedermi e mi rannicchiai sul banco, con la testa tra le braccia.
“Non hai intenzione di uscire oggi?”, la voce di Edoardo, pungente, mi arrivò alle orecchie ovattata per via delle maniche del maglione sulle orecchie.
“Hai qualche idea?”, chiesi, sbuffando.
“No, mi fa piacere che non esci, anche perché oggi non posso tenerti con me, quindi starai a casa.”
Lo guardai, cercando di capire se scherzasse o meno, ma la sua faccia sembrava seria.
“Tesoro, guarda che io esco anche se non ci sei tu eh, non è che vivo intorno alla tua persona”, farfugliai, scocciata.
“Bene, esci allora”, capii che si era infuriato dalla nota che prese il finale della frase, e dallo spostamento repentino della sedia verso la lavagna.
Durante la lezione evitò bellamente di rivolgermi la parola, ma io riuscii comunque a organizzarmi per uscire con Azzurra. Un po’ perché mi dispiaceva averle risposto male all’intervallo, un po’ perché non mi piaceva esser trattata in quel modo da Edo, che non era nemmeno il mio vero fidanzato. Non sarei rimasta a casa per compiacerlo.
I dubbi su un suo evidente bipolarismo mi attanagliarono al successivo cambio d’ora, quando, in mezzo al corridoio isolato mi prese per il braccio e mi portò in un angolo come al solito. Dopo un momento di panico dovuto alla possibilità che potesse andare male anche questa volta, che potesse finire con una litigata colossale e con un successivo abbandono, mi rilassai, notando la pressione delle sue labbra sulle mie. Era bipolare, ma non mi avrebbe lasciato andare di nuovo. Almeno, speravo fosse così.
"Cosa avete deciso per oggi pomeriggio?"
Mi guardai attorno cercando un diversivo.
"Andiamo a vederci un film io, Azzurra e Gu." Biascicai alla fine.
Lui si irrigidì all'istante.
"Vengo anche io"
"No, hai detto che hai da fare", mi affrettai a rispondere.
Mi guardò, a metà tra l'arrabbiato e il confuso, e attese una delucidazione.
"Per la prima volta dopo chissà quanto tempo Gu sceglie di uscire spontaneamente con me. Si, beh, c'è Azzurra, ma non può parlare solo con lei. È la mia unica occasione per riallacciare una sorta di rapporto con lui, e se vieni anche tu so che rovinerei tutto."
Il discorso filava liscio sia nella mia mente che espresso a voce alta, ma, chissà perché, ero convinta che sarei riuscita comunque a rovinare tutto.
"Perché ci provi così tanto? È lui che ci perde."
"Per te è facile, non hai bisogno di essere carino o di usare le buone maniere. Hai il tuo senso dell'umorismo che parla per te, sei un cretino e tutti ti perdonano qualsiasi cosa. Non hai notato che con te non si arrabbia nessuno? Solo io lo facevo, allora. Per me è un po' diverso, ho bisogno di ogni momento propizio per riuscire a fare colpo o a farmi perdonare. Per te il momento giusto è sempre, per me è raro, e quando arriva  lo sfrutto il più possibile."
"A te non serve essere carina, io lo so. Anche il trucco che metti, potresti evitarlo e ti assicuro che io", mi guardò, accarezzandomi una guancia con il palmo della mano, "che Gu" sostituì l’IO con il nome dell’amico con una punta di gelosia, "ti troveremmo comunque bella"
"Che ne sai come sono io senza trucco? Magari sono orrenda!", risi, cercando di sdrammatizzare, sapevo quanto quell'intero discorso su Gu -che stava monopolizzando il nostro momento insieme-, desse fastidio a Edo.
"Io lo so come sei, ti ho vista. Non ti ricordi?"
"Cosa dovrei ricordare?"
"È stato due anni fa più o meno. In pullman dopo quella gita. Hai pianto ed io ero affianco a te. Mi fa piacere che non te lo ricordi, “sorrise, “forse ti ho vista peggio che al naturale, avevi tutto il mascara che colava lungo le guance.." Concluse con una risata sarcastica.
Mi stupii che lo ricordasse. La mia mente lo aveva celermente relegato negli episodi da non ricordare, sperando che uscendo dalla mia memoria sarebbe uscito anche da quella di Edoardo ma non era andata così. Non aveva mai scherzato a proposito di quell'episodio, ma non lo aveva rimosso come me.
Era successo un pomeriggio in prima superiore, quando ancora nessuno si conosceva veramente bene. Durante tutta la giornata Azzurra si era comportata da male e io avevo resistito fino a sera quando, seduta in pullman, ero scoppiata a piangere, sfogando tutta la mia frustrazione.
Edoardo mi si era seduto accanto e mi aveva posato una mano dietro la schiena, rimanendo in silenzio.
Non lo avevo neanche ringraziato, uscendo di corsa dal pullman vergognandomi delle mie stesse lacrime, ma lo avevo guardato dal marciapiede attraverso le porte scorrevoli chiuse, correre in avanti e scomparire alla vista. Solo a quel punto avevo ripreso coscienza di me stessa, mi ero asciugata le lacrime dal viso e avevo ricominciato a camminare.
"Non pensavo te lo ricordassi".
"Non si può scordare il tuo viso in quel momento".
Suonò la seconda campanella di fine lezione e ci spostammo silenziosamente dal nostro nascondiglio, confondendoci tra i gruppi di ragazzi usciti dalle classi.
Quindi era questa la Perla che Edoardo amava, la ragazza semplice e pura.
La Perla che metteva l'amicizia al primo posto, la Perla che non amava le apparenze, la Perla che metteva i calzettoni sotto i jeans e gli stivali larghi per non sentire freddo d'inverno, la Perla a cui non importava il giudizio degli altri, la Perla che comprava le scarpe di un numero più grande per stare comoda, la Perla che si tirava su  capelli in una acconciatura alta e li scioglieva cinque minuti dopo perchè pensava di stare male, la Perla che si preoccupava di non ferire i sentimenti delle persone.
Ma Edoardo la amava questa Perla?

***

"Ragazzi io devo andare in bagno. Zu, mi accompagni?"
"Io vi aspetto qui", disse Gu, indicando la bancarella dei libri fuori dal supermercato.
Stava andando male, male e ancora male.
Non sapevo cosa fare, dire. E Azzurra non aiutava affatto, non coinvolgendomi nelle loro conversazioni. Era passata più o meno mezz'ora e avevamo scambiato si e no cinque parole, 'ciao' e 'come stai' comprese.
"Azzurra, fai qualcosa! Aiutami!"
Quasi gridai appena varcata la soglia dei bagni delle donne.
"Tesoro io lo farei anche, ma non so cosa dire che posa interessare a entrambi."
"Inventati qualcosa, ti prego!"
Uscimmo dal bagno pochi minuti dopo e lo scorgemmo davanti a una pila di libri, intento a scrivere un sms.
"Guarda, sta scrivendo il titolo di qualche libro sul telefono così da ricordarlo. Zu, quando arriviamo li da lui chiedigli cosa stava facendo, vedrai che ho ragione."
Ci avvicinammo e cercai di sorridere il più possibile, nonostante i pronostici non fossero i migliori. Guglielmo alzò il viso dal telefono ed evitò per l'ennesima volta il mio sguardo, sorridendo velocemente ad Azzurra.
"Che stai facendo?"
"Oh niente, mi sono segnato un titolo", Azzurra mi guardò, lo sguardo sorpreso, "Perla! Come facevi a saperlo?", sorrise, e Gu, per la prima volta nella giornata, alzò lo sguardo su di me e mi sorrise.
"Certo che lo conosci proprio bene", aggiunse poco dopo Azzurra, mentre camminavamo.
"Allora dovresti sapere che invece lei fa la foto alla copertina, giusto per non passare per quello che non ti conosce", sorrise Guglielmo, continuando a camminare.
Io lo guardai girare la testa verso di me e per un attimo giurai che fossimo tornati indietro, a quando lui mi amava senza saperlo, e a quando anche io lo amavo, e non lo dicevo.
In quel momento capii che tutti gli sforzi sarebbero valsi ad avere anche per un impercettibile momento di nuovo il suo sorriso.
Perché in quel momento, piccolo e irripetibile, il suo sorriso era solo ed esclusivamente per me, non apparteneva ad altri e non era rubato da conversazioni non mie. Era Gu, ero io. Eravamo io e lui e basta.
Quella serata sarebbe potuta andare in qualsiasi modo, io avevo avuto ciò che desideravo, almeno per quella sera.

***

Andai a letto quella sera con la consapevolezza di aver fatto un passo, seppur minimo, verso Gu, verso la nostra amicizia e verso di noi.
Sognai di abbracciarlo e di lasciare indietro tutto quel brutto periodo che avevamo passato, sognai di parlargli e dirgli cose che non avrei detto a nessun'altro, come quel pomeriggio dell'estate scorsa in cui, sdraiati su una panchina all'ombra di un albero nel parchetto affianco alla biblioteca, ci eravamo scambiati confidenze, e lui mi aveva raccontato di quegli strani sogni che faceva.
Ma, chissà per quale oscura ragione, i sogni e le congetture che durante la notte sembrano geniali, la mattina si trasformano in mere fantasie irrealizzabili. Gu non era più la persona che era stata un tempo, non con me, e non potevo pretendere che dimenticasse tutto da un giorno all'altro. Il fatto che avessimo fatto parte di qualcosa di solo nostro per qualche istante non significava nulla.
Camminai verso scuola con la consapevolezza che persino le foglie provassero compassione e pena per me, così persa nel ricordo di un'amicizia da non riuscire ad aprirmi completamente a qualcosa di nuovo.
Perché era quello che mi stava capitando, per salvare ciò che credevo fosse rimasto di una amicizia che non ero stata io a voler distruggere stavo creando tremila scuse per non prendere nemmeno in considerazione una relazione con Edo.
Era si vero che stavamo 'insieme' nel senso lato del termine, ma tutti i problemi e le discussioni erano nate a causa mia.
Mi rendevo conto di non comportarmi in modo completamente corretto con Edo, che dalla sua parte aveva questo suo modo di farmi scoprire lentamente ogni parte nascosta di sé. Parti che probabilmente non me lo avrebbero fatto odiare per tutti quegli anni se solo le avesse mostrate un po' prima.
Feci il percorso fino a scuola con l’idea di dover risolvere delle cose, di dover cambiare e decidere ciò che erano i miei rapporti con quelle due persone, così differenti eppure legate da un impercettibile filo pronto a rompersi.
Avrei dovuto fare una scelta. Scegliere tra la possibile ricostruzione di un’amicizia perduta con Guglielmo, e la relazione che sarebbe potuta nascere con Edoardo.
Mi sedetti al mio posto, in fondo alla classe e dietro al banco di Edo, senza aver preso ancora una decisione.
Forse la risposta arrivò inconsapevolmente, arrivò senza nemmeno essere stata interpellata. Arrivò, ma sicuramente non grazie a me.
Si fece strada in una mano di Edoardo, che con finta ingenuità e con una dolcezza sconosciuta fino a quel momento prese la mia e la strinse sotto al banco, lontano da sguardi indiscreti.
L’intensità di quel contatto, il suo sguardo su di me e l’elettricità di quella situazione mi fecero arrivare a una conclusione.
Non arrivò in quel momento, nella mia testa, la decisione. Piuttosto si fece spazio lentamente, tra vecchi libri nascosti negli anfratti della mia testa e ricordi offuscati. Si fece strada tra promesse non mantenute e parole crudeli. Quelle dita intrecciate, strette senza far male, senza possedere, senza gelosia, senza richieste, strette solo per la voglia di essere l’una nell’altra, così semplici e innocenti, entrarono nella mia mente e decisero per me.
 

 
-notepocoserie-
Lo so. Lo so.
Quanto tempo è passato? Sono una persona imperdonabile e vi capirei se decideste di scrivermi parolacce al posto di recensioni.
Ma vedete, una storia è un qualcosa di veramente complesso e così personale, intimo, da non poter essere scritta a comando, a richiesta.
Ho passato questi mesi a pensare a Edo, a Perla e a Gu. A ritrovarmi a vivere certi momenti nella mia testa e ad uscire con le persone che mi hanno ispirato questi personaggi.
Le parole, però, non uscivano, non scorrevano sulla pagina bianca di word come invece hanno fatto ora.
Non sto dicendo che torno, non sto dicendo che la storia finirà e che ci saranno aggiornamenti frequenti. Non ve lo posso promettere. Però volevo farvi questo regalo per l’anno nuovo.
Forse, se fosse stata una storia più ‘staccata’ dalla mia persona non avrei avuto problemi a continuare, a creare una trama che variasse, che magari fosse decentrata dall’idea iniziale. Ma, seppur semplice e poco pretenziosa, questa storia è per me molto personale e delicata.
In questi mesi ci sono stati momenti in cui avrei desiderato cancellarla completamente, farvi sapere che la vera storia non è realmente così, che ci sono pezzi che ho aggiunto colta dall’enfasi del momento, ma non l’ho fatto, perché questa è la storia e voglio che voi la vediate finire. Non so ancora quando, come e perché, ma vi giuro che continuerò a scrivere quando riuscirò, e che vi posterò anche il più corto capitolo.
Scusatemi per l’assenza, davvero. E’ dispiaciuto tanto a voi quanto a me. Amo questa storia e amo come la recepite voi.
Spero mi scriverete qualcosa, che ci siete ancora, che non mi avete dimenticato.
Con amore, a presto, Sonia.

   
 
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