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Autore: Ayumu_    16/01/2013    3 recensioni
Dopo un breve capitolo con Caroline protagonista, si avrà una storia concentrata sulla visione di un nuovo personaggio.
Nathan scoprirà cose che neanche nei sogni sapeva esistessero. Si innamorerà, si farà amici e nemici.
Scoprirà che Mystic Falls non è una semplice città.
Intanto Klaus cercherà in tutti i modi di ammaliare Caroline.
** La storia è ambientata dopo la terza stagione_
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus, Nuovo personaggio, Tyler Lockwood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Inconsueta realtà

 
 
Chiusi la valigia e mi recai alla porta d'entrata. Klaus era scomparso.
Sinceramente non sapevo né dove andare, e tanto meno dove mi trovassi, ma il desiderio di scappare, anche in un posto sconosciuto dal mondo, divenne tanto forte da essere la priorità in assoluto. 
Mentre camminavo sparata, convinta della mia decisione, intravidi la signora Grinc rovistare tra i coltelli in un cassetto in cucina. Me ne infischiai totalmente di lei e di tutto ciò che appartenesse a quella casa. Aprii la porta lentamente, in modo che nessuno dei vecchi coinquilini fosse certo della mia fuga. Mi girai a destra e a manca, come fossi una straniera appena scesa da un taxi, e corsi via, in cerca di un grasso spuntino.
 Fu un gioco da ragazzi trovare un animale nella solita foresta vicino Mystic Falls, ma la cosa che mi sorprese maggiormente non fu l'aria gelata che stava inondando la città, ma la scarsa quantità di cervi e scoiattoli di cui disponeva la foresta: che Stefan non uccidesse umani era scontato, ma non ricordavo che anche altri privilegiassero gli animali. 
Saltando da un albero all'altro, sentii le gambe appesantirsi, tanto da sembrare che mi pregassero di fermarmi. Fu così che mi ritornarono in mente le parole della pazza casalinga. Mi fermai, appoggiai una mano sull'addome. Che fossi realmente incinta di Tyler? Questa situazione mi faceva impazzire: come la maggior parte delle donne, anche io desideravo una famiglia, un bambino da crescere, da poter donargli amore e serenità. Ma chi mi assicurava che tutto questo fosse vero? La signora Grinc non era una fonte sicura da cui prendere informazioni, ma allora cosa stavano a testimoniare quelle inspiegabili fitte che quotidianamente mi pervadevano il ventre? Dovevo trovare una spiegazione, e cominciai a credere che i Salvatore potessero aiutarmi. Così, sforzandomi di sopportare il dolore alla pancia, corsi verso la casa di Elena: lei avrebbe sicuramente capito la situazione, e si sarebbe procurata informazioni sufficienti per rassicurarmi.
La casa dei Gilbert era molto grande, anche se incuteva terrore a tutte le abitanti del quartiere, che la ritenevano una dimora sfortunata. Infondo nessuno sapeva la vera storia della morte di Miranda e di suo marito, non sapevano nemmeno dove fosse finita la signorina Sommers, e non capivano come fosse possibile che quegli adolescenti, che una volta erano tanto felici e spensierati, ora fossero in continuo movimento, con volti sempre cupi e inespressivi. Dopotutto cercarono di comprendere la loro situazione, e quindi di rassicurarli ogni volta che fosse stato possibile.
 Infatti in quella presta mattinata, una fioca luce illuminava la cucina dei Gilbert. Ero certa di trovare fratello e sorella litigare come vampiro e licantropo, invece, dopo aver bussato assiduamente alla porta d'entrata, mi trovai di fronte la mia amica Bonnie.
- Caroline! - il suo volto si fece di un candore preoccupante, poi mi saltò addosso con un sorriso colmo di gioia. Volevo bene a Bonnie, ma sinceramente avevo dubitato del nostro rapporto di amicizia: da quando Damon strappò via la mia natura umana, e la cambiò con quella vampiresca, il nostro frivole legame aveva perso quel non so che di speciale. 
- Bonnie! - mi trovai di stucco, e dopo averla allontanata con le mani, aggiunsi: - Come stai? 
- Oh Caroline, - sembrò non avesse sentito, poi con sguardo lucido riprese: - dove eri finita? Ti abbiamo cercata ovunque! Come ti senti? È stato Klaus? Devi dirmi tutto! - e tutto questo senza mai prender fiato, tant'è che alla fine dovette fermarsi per forza.
- Calma Bonnie! Sto bene! - esclamai, sfoderando un sorriso a trentadue denti, mentre l'abbracciavo nuovamente. 
Grazie ai miei sensi sviluppati riuscii a sentire dei passi provenire dalla cucina, così, dopo che Bonnie smise di stringermi come un morbido peluche, avanzai e diedi uno sguardo all'interno. La casa era più silenziosa del solito e l'arredamento  del salone era stranamente luccicante.
- Elena si è data alle pulizie? - chiesi ironicamente, mentre una donna cupa, affetta da una leggera ipercifosi dorsale, si avvicinava alla strega. Era bassa, con i capelli corti di un grigio scuro. Sul naso portava un paio di occhiali con lenti rotonde, e indossava un vestitino dalla fantasia floreale con una spaccatura sul lato.
- Bonnie, credo sia ora di andare. - La donna prese le mani dell'amica, e dopo aver detto qualcosa di incomprensibile nell'orecchio di lei, alzò la mano come segno di saluto, e uscì fuori di casa. 
- Chi era? - la mia curiosità finì per rovinare quel momento di gioia.
- È una vicina; il più delle volte viene qui e ci porta qualcosa da mangiare. - mi accompagnò in cucina, neanche fosse la padrona di casa, mi fece accomodare e cominciò il monologo. 
- Meredith ha iniettato il sangue di Damon nel corpo di Elena. L'ha resa vampira, ma qualcosa è andato storto. Le sue condizioni erano disastrose, e il suo corpo non ha reagito come previsto. Stiamo cercando una soluzione, qualcosa che ci possa portare alla cura. - si fermò per un istante, fissando senza batter ciglio le sue dita intrecciarsi. 
- Bonnie, mi dispiace. - non sapevo cosa dire, o meglio, Elena era sempre stata una sorella, e perderla sarebbe stato doloroso, crudele. 
- Caroline, dobbiamo salvarla! - si alzò, prese una busta di patatine dalle credenza, e cominciò a masticarle rumorosamente. Che il cibo potesse portarle un'idea? Fatto sta sentii un certo bisogno di mangiare quel pasto umano. Allungai la mano e ne assaggiai una, indifferente dall'occhio di Bonnie puntato addosso. Dopo averla gustata lentamente, cercando di assaporarla nel modo migliore, mi sentii strana. Non provai quella sensazione sgradevole come spesso accadeva, ma non ebbi neanche il coraggio di assaggiarne un'altra.
- Ci sono! - il suo volto si illuminò di quell'estasi da scienziata realizzata, - Il sangue di un ibrido può di sicuro aiutarla. Si trasformerà, ma almeno sarà viva!
- Bonnie, se pensi che devo ritornare da Klaus per farci aiutare... - la strega avvicinò la sedia al tavolo e appoggiò una mano sulle mie. 
- Tuo figlio! - continuò a parlare con entusiasmo, ma quella frase mi bastò per andare in paranoia. Cominciai a farmi mille domande in un ristretto lasso di tempo: "Chi glielo ha detto?" "Forse una strega è capace di tutto questo?" "Cosa ne sa di Klaus, di me e del bambino?"
- Bonnie, tu credi realmente che io possa avere un figlio? - le chiesi con tono di sfida, distaccato e ferito. 
- Sì... Sai di essere incinta, vero? - si fermò per un secondo, guardandomi con un'espressione da ebete. 
- Non so niente, Bonnie! Come fa una vampira ad essere incinta?! - alzai il tono di voce, mi alzai appoggiando le mani nei capelli. - Non ci sto capendo niente.
- Caroline, calmati! - si alzò e mi venne di fronte. - Non so nemmeno io cosa possa essere successo, ma avere dei rapporti con un licantropo non è una cosa di tutti i giorni. 
- Come posso calmarmi?!
Che avesse ragione? Era tutto così assurdo. Cominciai a credere di essere una spettatrice con kili di pop-corn sulle gambe, attenta nel guardare l'esistenza di un'altra: non era più la mia vita. 
 Il pensiero di aspettare un bambino mi stava uccidendo. Avrei voluto urlarlo al mondo, dirlo alle persone a me care, ed avere una vita nuova. Ma ero una vampira! Tutto ciò che mi circondava non era altro che "l'assurdo". Ero destinata a uno schifo totale: accusai me stessa per non essere normale.
Dopo essermi calmata grazie l'aiuto di Bonnie, cominciai a non pensare più esclusivamente alla mia situazione, e mi sforzai di dare una mano alla persona che realmente stava soffrendo: Elena Gilbert. Non dissi nulla che riguardasse la mini-relazione con Klaus, né feci cenno ad un solo episodio della nostra convivenza. Cercammo un modo per salvarla, e alla fine, in assenza di idee realizzabili, optammo per quella più ovvia per la strega: iniettare un po' del mio sangue nel suo corpo. 
Dopo poco tempo decidemmo di mettere subito in atto il nostro piano, così prendemmo il necessario ed uscimmo velocemente da casa. Incamminandoci verso la macchina, vidi l'anziana donna, che avevo conosciuto sull'uscio di casa, fissare la strega con uno sguardo attento e tanto impassibile da far mettere i brividi. 
Entrammo in macchina e, non dando importanza alla scena di poc'anzi, mi sedetti con estrema eleganza sul sedile del passeggero. Il breve viaggio durò un attimo, quindi fummo ben presto a casa dei fatidici Slavatore. 
 Arrivammo subito a casa dei Salvatore, dove vidi avvicinarsi una fosca ombra all’entrata. La stessa aprii la porta e ci fece accomodare in casa. In realtà non disse una sola parola, e con una bocca semiaperta, le braccia irrigidite e gli occhi spalancati, balbettò qualcosa  facendo segno di entrare dentro. Sentivo di conoscerlo, anche se quella marea di ricci biondi mi ricordavano Matt, la sua amicizia, il suo coraggio, la sua... colpevolezza. 
Entrata in casa, girai lo sguardo a destra e a manca per scrutare conoscenti, e più di una volta mi chiesi se tra le tante cose che erano successe, i Salvatore non avessero cambiato dimora, vendendo questa vecchia villetta a un ricco giovane in cerca di un qualcosa ignoto al mondo intero.
- Caroline, ti ricordi di Nathan?- Bonnie si levò il giacchetto, emise un semplice "brrr", e il  'Nathan' chiuse la porta con un buffo movimento di precisione. Quando si girò e mi fissò negli occhi, ebbi paura di aver a che fare con un temuto stalker.
- No. Dovrei? - il volto dello sconosciuto si incupì tutto ad un tratto, poi prese fiato e riuscì a pronunciare delle frasi con senso compiuto.
- C-Caroline, t-ti ho portata io all'ospedale. T-ti ricordi di quel g-giorno? - La mente era offuscata dalle mille preoccupazioni che inondavano il mio cuore e mi riusciva difficile ricordare il suo volto nei miei ricordi. 
- Dai, levati la giacca. 
Abbandonò quella goffa timidezza, andò alle mie spalle e mi sfilò il cappotto. 
- Come sta Elena? 
Bonnie non diede alcuna importanza alla strana felicità del ragazzo, e con occhi da maestra cattiva incentivò Nathan a dare un'istantanea risposta.
- Sono nella solita stanza, le stanno iniettando del sangue. - senza neanche ascoltarlo, si avvicinò e mi pregò di restare con lui e di non coinvolgerlo in questa storia. 
Cominciai a sentirmi in imbarazzo, così, recandoci nel salotto, mi sedei sulla poltrona, occupando meno spazio possibile. Lui andava su e giù senza fermarsi un secondo, con le mani congiunte dietro la schiena, e gli occhi che ammiravano il vecchio parquet.
- Allora, - iniziai il discorso facendolo fermare all'istante - sei tu che mi hai portata all'ospedale? 
- Sì, sono stato io.  
Si sedette su l'altra estremità del divano, e ancora una volta il suo sguardo era lontano dal mio. 
- Mi dispiace, ma non ricordo niente. Ho la mente troppo confusa e... - fui fermata all'istante. 
- Non preoccuparti, non fa niente. Spero solo che non sia successo niente di male. - alzò lentamente il volto, e con sforzo immane riuscì a guardarmi negli occhi.
- Tutte cose risolvibili. - accennai un falso sorrisetto e mi concentrai nel contemplare quel bel fusto. In verità non mi ero accorta di quanto fosse carino. Era sicuramente il mio tipo, con quei capelli biondi e gli occhi da ingenuo adolescente. Sembrava un angioletto caduto per sbaglio nel triste inferno. Però era... come dire? Troppo piccolo per me. Non che fossi la solita ragazza pedofila, ma un ragazzo del genere non poteva darmi emozioni.
- Sono contento! - ancora una volta trascinò lo sguardo altrove; la gamba cominciò a muoversi con un imbarazzante ticchettio. 
Rimanemmo zitti per non so quanto tempo, quando un'insopportabile silenzio mi costrinse a parlare. 
- Eh... senti... sei di queste parti? 
- Mi sono trasferito da poco. - ricominciò il silenzio. 
Misi le mani sotto le gambe, mi morsi un po' il labbro superiore e volsi il capo per passare il tempo.
- Sai, quando ti ho avuto tra le braccia mi sono chiesto se non fosse un sogno. Ho cercato di svegliarmi, ma tu eri  lì. Un'allucinazione? No, ero lucido. Eppure non sembrava vero: troppo irreale. - si fermò un istante, mentre il mio viso era impassibile da tali parole.- So poco e niente dell'amore e sono abbastanza scettico sull'argomento, ma vorrei farti una domanda: tu credi nell'amore a prima vista?
 - Mm.. Credo che l'amore a prima vista sia una mera illusione, è per coloro che giudicano senza sapere: a pelle! É solo una scusa per non ammettere chiaramente che i ragazzi di oggi sono attratti esclusivamente dal fisico, e ciò che si ha dentro vale meno di zero. 
- Sì, forse è vero. Tuttavia quando ti ho avuta tra le braccia ho provato un'emozione fantastica: il cuore mi batteva a mille e tremavo come una foglia. Forse è attrazione fisica, forse sono solo un ragazzo viziato. 
 Quando tutto sembrava eclissarsi dalla ricercata normalità, sentii un urlo provenire dalla camera adiacente. I nostri sguardi si incontrarono un istante; i suoi erano lucidi, genuini, i miei severi e pietosi.  
Corsi verso le grida, mentre sentivo un vuoto nello stomaco. 
Rimasi in piedi, immobile sotto l'arco della porta. Il tempo sembrò fermarsi, gli sguardi increduli miravano la scena. 
Rividi Elena. Era sveglia, forte, capace di tutto. Era l'unica a muoversi, l'unica a provare gusto in tanta sofferenza. Sorreggeva il fratello con le braccia, tanto da sembrare un abbraccio mortale. Aveva la bocca insanguinata, mentre due piccoli rossi fori incidevano il collo del ragazzo. Sembrò non accorgersi di nulla, si leccava il prelibato sangue fraterno e con le mani sporche dallo stesso liquido si toccava il collo, il petto. Aveva i vestiti stracciati, logori, macchiati di un rosso vivo. Sembrava un diavolo, un essere estraneo dalla inconsueta realtà. 






Angolo autore:
eccomi ritornato. Scusatemi per i vari errori.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto il capitolo precedente.
Spero che vi piaccia e beh.. non amo tanto discorrere, quindi parlate voi: fatemi sapere! Non so, ditemi le vostre impressioni, cosa vorreste che accadesse, se tutto è troppo velocizzato, non lo so, qualunque cosa vi passi per la mente. 
Ringrazio la mia Beta Nimueh e le sue grandi perle di saggezza ahahah
Alla prossima :)
   
 
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